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lunedì 4 novembre 2013

MA DOVE VA A FINIRE IL CETRIOLO? di Renato Costanzo Gatti





 MA DOVE VA A FINIRE IL CETRIOLO?
di Renato Costanzo Gatti



Air France chiede una ristrutturazione dei debiti di Alitalia abbattendoli del 70-80% del loro valore. Naturalmente è difficile pensare che questo onere possa ricadere sui maggiori creditori AdR e Eni. Uno strumento possibile sarebbe la creazione di una bad company così come fu qualche anno fa con il fallimento Alitalia (la bad company) e CAI (la good company). Come sia finita è sotto gli occhi di tutti. Risiamo all’eterno ritorno della storia di Alitalia, una avventura che più che impossibile sembra essere diventata disperata.
Non è che non ci si renda conto delle conseguenze occupazionali e di sistema di un fallimento di Alitalia-CAI, ma occorre anche pragmaticamente lucidi nel chiedersi se il nostro governo, in questo momento di estrema difficoltà nei conti pubblici, possa o debba usare 75 milioni per un’operazione disperata ovvero per investirli in un investimento produttivo e/o infrastrutturale con una ricaduta certa e permanente anche a livello occupazionale. Purtroppo il governo ha ignorato un problema noto da anni, per affrontarlo solo quando esso è diventato un’emergenza, un aut aut, una corsa dell’ultimo minuto, con un ricatto morale che non permette di ragionare con un progetto chiaro a lungo termine, credibile. Ma abbiamo parlato di eterno ritorno, ma potremmo parlare di moral hasard ; cosa è stato fatto per controllare che la nuova Alitalia rispettasse i suoi piani iniziali? E perché non si è intervenuti quando gli scostamenti tra budget e dati effettivi denunciavano l’irrealizzabilità del progetto? Ma ci siamo dimenticati che i contribuenti si sono fatti carico di 5 miliardi per finanziare il progetto di salvataggio di Berlusconi e che quell’investimento si è dimostrato un disastro? Ma come fa Poste italiane ad investire 75 milioni in una azienda che perde un milione al giorno? Per dargli ossigeno per 75 giorni? E poi l’eterno ritorno, o meglio il moral hasard. Ma può il governo costringerci ad investire per via fiscale i nostri soldi in avventure impossibili o disperate?

Cambiamo fronte. I disastri causati dalla crisi che stiamo attraversando è costato all’Europa circa 4.000 miliardi per salvare le banche, colpite o complici, delle perversioni del capitalismo finanziario. Banche nazionalizzate, banche sovvenzionate, debiti ristrutturati e altri operazioni similari. Ora Romano Prodi dopo aver proposto di sgravare le nostre banche da crediti inesigibili in un suo articolo sul Messaggero del 6 ottobre, ritorna sull’argomento, sempre sul Messaggero del 2 novembre. Cosa è una bad bank. E’ un veicolo per cui una banca con molti crediti inesigibili crea una bad bank cui conferisce tutti i crediti spazzatura, sgravando la good bank da quel peso ingombrante, e tornando a operare sul mercato erogando crediti e aiutando le imprese a ripartire. L’obiettivo è nobile, è corretto, è sperimentato. Il nostro paese ne ha bisogno, e sarebbe colpevole rimandare questa operazione. 
Rimane tuttavia il punto che la bad bank deve avere un capitale per comperare a valore facciale crediti che in effetti valgono zero o giù di lì. E’ pacifico che nessuna persona sensata sottoscriverebbe azioni destinate a perdere tutto il loro valore. Ovviamente ci deve pensare lo stato, e quel pozzo di San Patrizio che sembra essere diventata la Cassa Depositi e prestiti. In sintesi lo Stato si fa carico dei disastri bancari, e scarica sui contribuenti l’onere delle colpe altrui. I peccati dei capitalisti finanziari ricadono sui lavoratori produttivi. Un eterno ritorno allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
La Spagna per gli stessi motivi è ricorsa all’Europa. L’Italia ha pagato alla comunità europea 51 miliardi per salvare i guasti causati dalla crisi finanziaria alle banche inglesi e tedesche, non potrebbe ora, come suggerisce Alberto Quadrio Curzio, chiedere che l’Europa facesse ora la sua parte nei nostri confronti? M tralasciando questa possibilità, la proposta Prodi sarebbe più attrattiva se disegnasse un’uscita dalla logica “paga Pantalone”. Ragioniamo. Questo sistema da una parte ha generato il disastro cui stiamo assistendo; dall’altra ha generato un accelerazione nel trend dell’indice Gini, in altre parole questo sistema ha arricchito i ricchi e ha impoverito i poveri. Ed allora invece di scaricare sui contribuenti produttivi i costi del dissesto del capitalismo finanziario, non si potrebbe pensare di scaricare quell’onere su chi ha beneficiato dello stesso? In sintesi, perché Prodi non ci parla di una patrimoniale?




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