Queste proposte e riflessioni di SINISTRA ANTICAPITALISTA naturalmente sono rivolte anche a tutte/i coloro che nella sinistra di alternativa si pongono questa problematica.
*********************
DALLE LOTTE E PER LE LOTTE LA COSTRUZIONE DI UNA SINISTRA DI CLASSE PER UNA ALTERNATIVA POLITICA
Abbiamo seguito con attenzione come forza politica fin dall’inizio il percorso della lista Tsipras, condividendo in particolare il rigetto delle politiche di austerità della Troika e lo spirito internazionalista che l’ha animata: la costruzione di un progetto alternativo alla Europa delle multinazionali e delle banche in contrapposizione a quello liberista delle forze filocapitaliste, ma di contrasto anche a quello nazionalista declinato da forze di varie collocazioni politiche.
Condividiamo quindi le analisi sulla gravità della situazione economica e politica, sulla necessità di un progetto alternativo nonché gli obbiettivi di giustizia sociale, di democrazia, di difesa dei diritti, dell’ambiente, dei migranti, contro la guerra, avanzati nei materiali in discussione per la prossima assemblea.
Al momento delle europee 2014, pur non facendo parte della lista, abbiamo dato un sostegno esterno ad essa nel corso della campagna elettorale. Abbiamo seguito e partecipato alle vostre assemblee locali e poi a quella nazionale di Bologna.
La vittoria di Syriza in Grecia, frutto di una lunga e difficile lotta del popolo greco, con gli innumerevoli scioperi generali, con le mobilitazioni sociali che hanno attraversato tutto il paese coinvolgendo strati popolari molto vasti, delinea una nuova situazione in Europa. Indica la possibilità di un percorso di lotta, di alternativa, di rigetto delle politiche dell’austerità e di rifiuto del ricatto del debito che strangola tanti paesi e che è lo strumento con cui la borghesia europea e il suo braccio politico, la Troika, garantisce il flusso ininterrotto della rendita finanziarie e la difesa dei profitti.
Il popolo greco e il governo di Syriza sono impegnati in un duro compito ed anche in difficili discussioni politiche su come farvi fronte; è una discussione che interessa ed interroga anche noi e la nostra azione.
Per questo è compito centrale oggi costruire la mobilitazione e la solidarietà a fianco del popolo greco, sensibilizzando l’opinione pubblica del nostro paese per far comprendere che quella lotta è anche la nostra lotta; che il suo successo sarebbe anche il nostro successo, dandoci maggiori possibilità di respingere l’attacco del governo e dei padroni. Dobbiamo dire che vogliamo fare come in Grecia, lavorare con tutte le nostre energie perché nel nostro paese si sviluppi e si affermi una mobilitazione sociale contro le politiche di Renzi, (che sono la versione italiana di quelle Europee), per costruire le condizioni di una reale alternativa politica e sociale.
E’ in tal modo che potremo contribuire in modo internazionalista alla lotta che oppone le classi lavoratrici del continente alle politiche di austerità delle classi dominanti.
Questo nostro contributo alla discussione serve dunque per interloquire tra tutti noi per dare un apporto alla costruzione politica e organizzativa di una sinistra di classe con un’influenza di massa e capace di affrontare lo scontro politico e sociale con i nostri avversari.
1. Nell’autunno scorso abbiamo assistito a un crescendo di manifestazioni e di lotte che hanno segnato la fine della passività sociale e la ripresa di un movimento dei lavoratori, ma anche di altri settori sociali, come gli studenti e i precari, nelle grandi giornate che hanno caratterizzato quei mesi, dal 10 ottobre contro la buona scuola, alla grande manifestazione del 25 ottobre e poi allo sciopero sociale del 14 novembre, fino allo sciopero generale, pur tardivo, del 12 dicembre. Lo sciopero di dicembre non può e non deve rappresentare la chiusura di quel movimento, anche perché, nonostante le grandi mobilitazioni, governo e padroni per ora hanno vinto imponendo la loro controriforma con decreti legislativi del Jobs Act e lo stravolgimento dello Statuto dei lavoratori.
E non dobbiamo dimenticare che il movimento delle lavoratrici e dei lavoratori e tutte le organizzazioni sindacali si troveranno nella morsa dell’accordo capestro sulla rappresentanza, sulla esigibilità degli accordi e sulle sanzioni contro i delegati combattivi sottoscritto il 10 gennaio 2014 con la Confindustria e delle nuove leggi sul lavoro. Tutto ciò proprio quando più che mai sarebbe necessario sviluppare fino in fondo la lotta per la difesa, del salario, dell’occupazione e del reddito.
Qui si esprime il durissimo scontro di classe in corso tra governo e padronato uniti e una classe lavoratrice ahimè troppo divisa e frammentata da anni di mancanza di una risposta adeguata all’aggressione padronale; l’esito di questo scontro segnerà il futuro del nostro paese, delle classi popolari e, dunque, le sorti della sinistra.
La gravità della situazione, la debolezza della sinistra, le difficoltà di tutte le proposte sindacali in campo impongono la creazione del più vasto e unitario fronte comune di lotta e di azione.
Dobbiamo lavorare perché riprenda una mobilitazione, grande, partecipata, dal basso e si costruisca l’unità tra tutte le forze sindacali e sociali che combattono le politiche dell’austerità. Dobbiamo lavorare perché nelle piazze si esprima una radicalità di contenuti contro le norme del Jobs Act, dello Sblocca Italia, della Legge di stabilità, si impongano misure di salvaguardia del salario e dell’occupazione, si giunga alla cacciata del governo Renzi.
E’ questa la strada anche per contrastare le forze dell’estrema destra e fasciste che, di fronte ai guasti terribile prodotti dalle politiche liberiste, hanno conquistato spazio, puntando sulla demoralizzazione, sulla contrapposizioni tra i diversi settori dei lavoratori, tra italiani e migranti, attizzando il razzismo, la xenofobia, la divisione degli sfruttati, facendo cioè il loro sporco lavoro reazionario.
L’incupirsi della situazione internazionale, i venti di guerra che non si sono mai sopiti, ma che ora stanno spirando con forza sempre maggiore anche in Europa o ai suoi confini, rendono ancora una volta di attualità la rivendicazione della pace e della cooperazione tra i popoli. Si tratta più che mai di una tematica che nessun altro può sostenere se non una forza di sinistra coerente e unitaria.
Tutte le forze più consapevoli della gravità della situazione devono incalzare le maggiori organizzazioni, la CGIL e la Fiom perché si facciano carico degli obiettivi e delle scelte di lotta che i lavoratori hanno chiesto nelle piazze dell’autunno. Per poterlo fare occorre una piena autonomia di giudizio e di azione nei confronti delle direzioni sindacali, su cui pesa la grave responsabilità di aver accettato per anni senza reagire l’attacco padronale, favorendo così la rassegnazione e le sconfitte.
La qualità e il radicamento sociale del soggetto politico alternativo che si vuole costruire dipenderanno molto dall’esito dello scontro in atto.
2. Il governo Renzi si muove anche sul piano istituzionale per riportare il paese indietro di un secolo, picconando definitivamente la Costituzione del ’48, dentro un progetto di totale supremazia dell’esecutivo e con un parlamento asservito. E’ quel che vogliono le classi dominanti, una democrazia del tutto formale, priva di contenuti in cui le loro scelte economiche e sociali intrinsecamente impopolari non incontrino ostacoli né nella società né nelle istituzioni.
La due ultime elezioni regionali segnano, con lo straordinario incremento dell’astensione, un nuovo passo avanti della crisi di ciò che resta della democrazia nel nostro paese.
L’astensione è diventata per molte/i l’espressione del rifiuto della politica ufficiale, delle azioni di chi ci governa a livello nazionale e locale, ma anche della incapacità delle opposizioni a agire in modo efficace e credibile contro il governo. L’astensione massiccia è una condanna per un centrosinistra del tutto allineato alle scelte delle banche e delle grandi imprese; per un centrodestra, colpevole di aver sgovernato il paese per anni; per un Movimento 5 stelle incapace di rappresentare efficacemente nelle istituzioni e nella società la grande fiducia accordatagli due anni fa.
Ma è anche un segno della drammatica debolezza della sinistra, dovuta ai suoi terribili errori del passato ma anche alle ambiguità dell’oggi, ancora largamente percepita come parte del mondo politico che tanta parte della società rifiuta.
Va da sé che le prossime elezioni politiche devono poter vedere in campo una forza unitaria ed alternativa della sinistra da costruire su basi chiare.
Ma anche le prossime elezioni regionali avranno una valenza politica nazionale. Per questo la discussione politica in corso non può essere “regionalizzata”, un menu à la carte in cui ognuno sceglie la collocazione politica e le alleanze che più gli aggradano. Le scelte della sinistra di classe non possono dipendere dal dibattito del PD e dal posizionamento più o meno “renziano” dei suoi esponenti locali. E’ necessaria una posizione nazionale chiara, univoca ed omogenea che si proponga di costruire liste alternative ai blocchi filocapitalisti dominanti in tutte le regioni. Sulla base della vicenda delle europee ma anche delle diverse esperienze già realizzate dagli esiti elettorali diversificati, ma con una comune valenza politica positiva, occorre uno schieramento caratterizzato dalla contrapposizione all’Unione Europea e alle sue politiche di austerità e nello stesso tempo dall’indipendenza e dall’autonomia dal sistema PD e dalle amministrazioni del centro-sinistra ad ogni livello. Non dimentichiamo che le politiche di austerità comunitarie e nazionali si esprimono anche a livello regionale e locale e il grado di autonomia dei governi locali dalle scelte politiche ed economiche nazionali e comunitarie è nullo; sono solo i gestori ultimi delle politiche di austerità. E una sinistra degna di questo nome non si può alleare con quelli i gestori europei, nazionali e locale delle politiche che stanno portando alla rovina le classi popolari.
Per altro questo è l’insegnamento che ci viene dall’esperienza di Syriza, che ha costruito la propria credibilità anche sulla capacità di non farsi coinvolgere in disastrose esperienze con i socialiberisti del Pasok e di quelli che furono i suoi satelliti.
Non si può costruire un soggetto alternativo senza assumere questa posizione di fondo.
3. La necessità di costruire una vasta aggregazione politica per intervenire nella crisi italiana è davanti agli occhi di tutti; va in questa direzione la discussione in corso per far crescere l’Altra Europa da soggetto elettorale congiunturale ad un vero progetto politico a più lungo termine; è un compito a chi ha a cuore la sorte del movimento dei lavoratori e delle classi popolari non può sottrarsi.
Vogliamo perciò porre all’attenzione in modo molto sintetico 4 ordini di problemi.
Come abbiamo già ricordato, pensiamo che al centro di tutto sia l’impegno unitario nella costruzione del fronte sociale e politico contro le politiche dell’austerità, il lavoro per l’organizzazione democratica e dal basso dei movimenti, quelli nazionali, quelli su vertenze locali ed ambientali, ecc.). E’ una condizione necessaria per un percorso di riaggregazione ampia a sinistra; in mancanza di questo si rischia una fusione a freddo poco efficace, o, peggio, di non fare alcuna fusione. Una forte ed ampia riaggregazione può avvenire solo grazie ad una nuova speranza, nel quadro di un entusiasmo politico generato dal rilancio della mobilitazione sociale.
Il processo unitario deve tenere conto di due diverse esigenze, legittime e necessarie. E’ utopistico prescindere dalla convergenza delle organizzazioni esistenti e dai loro gruppi dirigenti, anche se sono chiari a tutti (ne abbiamo già parlato relativamente al fenomeno dell’astensione elettorale di massa) i loro limiti, i loro errori, la fasulla autosufficienza che hanno mostrato in tanti passaggi politici. Alle organizzazioni e ai gruppi dirigenti va chiesto di accettare e rispettare il percorso democratico da discutere e costruire insieme. E la costruzione di un nuovo soggetto deve passare attraverso il coinvolgimento, la partecipazione e il protagonismo di tutte le compagne e i compagni dei comitati locali e di tutte/i coloro che vorranno partecipare, cioè attraverso la più ampia democrazia di base. L’equilibrio tra la partecipazione delle componenti organizzate e il protagonismo e la democrazia di base non è facile, ma neanche impossibile, se si ci si confronta nel lavoro concreto di costruzione della lotta sociale.
Un percorso di questo genere presuppone naturalmente importanti condivisioni nei contenuti, nel programma e nelle politiche, condivisioni che fungano da collante anche di fronte alle difficili prove che saremo chiamati a sostenere. L’accordo politico partirà certo da contenuti antiliberisti, ma sappiamo che molti di questi obbiettivi assumono, se perseguiti con determinazione, una forte valenza anticapitalista. Occorre rigettare le politiche di austerità nella loro interezza e accordarsi sugli strumenti, cioè sugli strumenti della mobilitazione sociale. Corollario conseguente ed essenziale é che non si può, in alcun modo, essere alleati del PD, che gestisce per conto delle classi dominanti le politiche della Troika.
Il soggetto politico auspicato dovrà svilupparsi in un quadro di vita interna in cui il pluralismo politico e la democrazia siano pienamente accettati e praticati da tutti; in cui il baricentro sia nell’attività sociale e non nelle istituzioni, in cui ci sia rotazione degli incarichi, un vero controllo degli eletti, la possibilità della revoca degli incarichi dirigenti, cioè un metodo di lavoro molto diverso da quello che ha segnato anche il declino di tante forze della sinistra in Italia, ma non solo in Italia.
9 marzo 2015
SINISTRA ANTICAPITALISTA
dal sito Sinistra Anticapitalista
Nessun commento:
Posta un commento