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mercoledì 9 dicembre 2015

APERTI ANCHE A NATALE: QUAL È LA SOLUZIONE? di Lorenzo Mortara






APERTI ANCHE A NATALE: QUAL È LA SOLUZIONE? 
 di Lorenzo Mortara 



Sempre più negozi allungano oltre misura l’orario di apertura, anche 24 ore su 24, compresi sabati e domeniche. Ogni centro commerciale che allunga l’orario, dal Carrefour di Vercelli che apre anche di notte, alle Gru di Torino che chiudono a mezzanotte anziché alle 10, ha immancabilmente lo stuolo di sostenitori a prescindere. 

 È normale che servi di partito, zerbini vari dei giornali, in breve il canile abbaiante al comando di lor Signori, pretenda pronta obbedienza e adattamento da parte dei lavoratori. Dal loro punto di vista di squali e profittatori, fanno solo il loro interesse. E non vorremmo nemmeno star qui a parlarne, tanto è ovvio. Qua vogliamo infatti parlare della risposta al problema un po’ meno ovvia e in fondo sbagliata che viene data da chi dovrebbe fare l’altro interesse, nella fattispecie il nostro. 

Non ci riferiamo tanto alla risposta completamente destrorsa ma disorganizzata, quindi vagamente innocua, che viene dai tanti ormai assuefatti al sistema: e allora io che lavoro a Natale? – Ringrazia che hai un lavoro – tu almeno sei fisso, eccetera eccetera. Se andassimo sempre a ritroso, infatti, finiremmo col giustificare il ritorno alle 12 ore di lavoro perché tanto, i nostri nonni, già le facevano. 


Ci riferiamo invece alla risposta pericolosissima che sta prendendo piede sui social network, veicolata a spron battuto dai piani alti della nostra illuminata intellighenzia di pseudo sinistra, abbacinata da tanta vuotaggine, e che consiste nell’additare al linciaggio il cosiddetto consumatore, reo di rovinare le domeniche dei lavoratori sfruttati, perdendole ai supermercati anziché allo stadio o a messa come fanno le normali famigliole rovinate dai più canonici vizi della società di mercato. 

In realtà, non sono i consumatori a rovinare le domeniche dei lavoratori, ma i padroni. Però i padroni non avrebbero fatto scempio delle loro domeniche, se una burocrazia inqualificabile che ha in mano il sindacato non avesse firmato tutte le capitolazioni che poteva firmare, fiaccando e scoraggiando ogni loro volontà di lotta. Se la dirigenza Cgil oggi va dal sindaco a chiedere pietà per le domeniche alle Gru, denunciando una «scelta sbagliata, frutto di una posizione ideologica che mira a incentivare una logica da acquisto compulsivo» (Luca Sanna, Segretario Organizzativo FILCAMS CGIL), è perché non può andare a protestare direttamente da Davide Rossi, numero uno del centro commerciale, visto che ha firmato nell’ultimo contratto del commercio la liberalizzazione delle domeniche, con possibilità per 16 settimane di allungare l’orario a 44 ore e senza neanche pagare lo straordinario, dato che i padroni potranno poi accorciarlo con turni di riposo passate le feste, quando avranno gabbato, più che i clienti, lo santo lavoratore gratuito

Il cosiddetto consumatore, può stare tutta la vita al supermercato, non sarà mai lui il responsabile delle domeniche al lavoro di cassiere e addetti ai banconi. Responsabile in tutto per tutto è chi non sciopera. E se anche la colpa è del gruppo dirigente della Cgil, purtroppo ricadrà su cassiere e addetti ai banconi se ne asseconderanno la logica vigliacca con cui la scaricano verso gli innocenti consumatori, senza mai nominare i padroni che non vogliono colpire. Tocca ai lavoratori inchiodare al muro della responsabilità che non sanno assumersi, i loro dirigenti, e pretendere che non si rendano ridicoli chiedendo ai consumatori di lottare al loro posto, perché loro la lotta non la vogliono fare. 

Non è questo un invito a fiondarsi di domenica in un centro commerciale. Anzi, chi scrive di solito lo evita e spera che chi legge faccia altrettanto, anche solo per un minimo di solidarietà. Ma la nostra solidarietà va solo ai lavoratori che lottano, non ai dirigenti che pretendono che la solidarietà degli altri diventi l’unica lotta. Lo slogan Mai in un supermercato di domenica non sarà mai il nostro slogan, ma quello di una burocrazia sindacale che per tornaconto ribalta l’approccio al problema, demandando completamente all’esterno una soluzione che è tutta all’interno. Ecco perché le piace tanto: perché ai nostri dirigenti non par vero di poter portare tutti i lavoratori delle Gru “in gita” dal sindaco. Tutto sono disposti a fare i nostri dirigenti, financo il boicottaggio, purché venga fatto all’esterno e soprattutto da qualcun altro. Purché si eviti l’unica cosa che serve davvero: toccare nel portafogli i padroni con scioperi all’interno. 

Per non scioperare, i dirigenti, troveranno la scusa della crisi. Hanno sempre una scusa pronta per non mobilitarsi. Lo sappiamo benissimo che c’è la crisi. Quello che non sanno i dirigenti o fanno finta di non sapere, è che loro l’hanno aggravata firmando accordi a perdere non richiesti. Per fortuna, non è la crisi economica a fermare gli scioperi, ma sempre e solo la crisi di coscienza di classe. Se i dirigenti che non ce l’hanno si dimettessero, non ci sarebbero più motivi per non scioperare. 

Un’altra scusa che tireranno fuori dal cilindro inesauribile delle loro giustificazioni, è che durante le feste i centri commerciali si riempiono di precari. È vero, ma forse ce ne sarebbero di meno se non avessero dato la possibilità ai padroni, per un anno o anche due, di assumere persone inquadrandole di ben due livelli al di sotto della paga normale. La precarietà, aggravata dai nostri dirigenti, complica ancora di più la lotta, ma non la può eliminare. Ci sono posti di lavoro dove si lotta, nonostante i precari, e posti dove non si lotta neanche se si è “fissi”. La burocrazia può andare avanti all’infinito con giustificazioni di questo tipo, non cambierà il fatto che le condizioni per lottare efficacemente ci sono anche oggi, dovunque ci si trovi, basta solo trovare il coraggio di farlo. Quel coraggio che manca a una dirigenza irrecuperabile, lo devono mettere per forza i lavoratori. 

L’idea di demandare ad altri i nostri problemi, oltreché moralmente scorretta, è anche, purtroppo, come tutte quelle campate per aria, sbagliata da qualunque lato la si guardi, perché completamente priva di senso e irreale. 

Nessun supermercato sta aperto la domenica perché la gente ci va. Resta aperto perché nessuno si è opposto all’apertura. Infatti, al momento dell’apertura, nessun padrone poteva sapere se la gente ci sarebbe andata, ma ha aperto lo stesso, perché sapeva di aver sottoscritto coi sindacati arrendevoli un accordo che glielo consentiva. Ed è per questo che i lavoratori, disorientati dalle loro stesse organizzazioni, non hanno fiatato alla prima domenica d’apertura. Poi alla seconda si sono ritrovati pure la paga ordinaria anziché straordinaria ed hanno cominciato ad accorgersi della truffa orchestrata alle loro spalle. Dovranno risvegliarsi al più presto, altrimenti alla terza, sempre complici i nostri finti paladini, dovranno pure pagare per andare a lavorare. 

È inoltre impossibile che un’intera cittadinanza prenda coscienza al 100% dei problemi dei lavoratori, perché la cittadinanza è interclassista, non è composta al 100% di lavoratori. Commercianti e piccola borghesia forense son destinati a sbattersene le suddette, specialmente se sono chiamati ad interessarsi da chi fa mille parole di propaganda ma nessuna azione. Ne segue che anche nella migliore delle ipotesi, solo una parte di cittadini potrebbe prendere per buono l’invito a non andare al supermercato. Ma non lo farà neanche questa parte, perché appartiene nel 90% dei casi a quell’avanguardia che leggerà queste righe e le condividerà. E nessuna vera avanguardia spreca la sua coscienza per andare in giro a propagandare la soluzione sbagliata di quella finta, girata a rovescio, degli altri. 

Chi predica simili rivoluzioni aleatorie di coscienza, lo fa perché ignora completamente come si formi quella dei lavoratori. I cosiddetti cittadini, per prendere coscienza del problema, dovrebbero contattarsi uno per uno prima di andare in un centro commerciale. Ma nessuno ci va sentendo il suo vicino. Ognuno dei clienti dovrebbe quindi prendere coscienza da sé, chiuso nel suo cantuccio. Ed è per questo che un simile innalzamento di coscienza è, salvo miracoli, praticamente impossibile, perché la crescita della coscienza è in generale un processo sociale, non individuale. La burocrazia Cgil si appella all’individualismo dei clienti perché è lo specchio della sua volontà di tener isolati i lavoratori, ma l’individualismo è borghese, perciò la sua predica contro chi va nei supermercati la domenica, si riduce all’invocazione alla classe borghese e piccolo borghese perché prenda coscienza dei problemi della classe lavoratrice. Ergo, è destinata al fallimento in partenza. Perché solo i lavoratori possono e devono prendere coscienza dei loro problemi e risolverli. Nessun altro lo farà per loro, tanto meno la loro classe nemica. Infine, per un lavoratore di un centro commerciale che lavora, ci sono almeno cento potenziali clienti da servire. È quindi più facile che prendano coscienza cento persone che lavorano gomito a gomito, anziché 10˙000 persone sparpagliate che manco si conoscono. Solo la nostra intellighenzia sindacale, incapace di organizzare 100 persone già potenzialmente unite dal posto di lavoro, suonata come una campana com’è, pretende di organizzarne 10˙000 sparpagliate, cioè completamente disorganizzate qual sono per definizione. 

Esempi di lavoratori che si organizzano, prendono coscienza e lottano, se ne possono trovare a centinaia, anche oggi coi tempi reazionari che corrono. Ma di supermercati deserti la domenica perché i clienti hanno preso coscienza del male fatto ai lavoratori, manco l’ombra. Solo la burocrazia sindacale può pensare una cosa del genere. Il massimo che ci si può realisticamente attendere, è un calo per altre mille svariate ragioni, dall’apertura di un centro commerciale vicino, alla mancanza di liquidità dei clienti, eccetera. Ma non sarà di fronte al calo di clienti che i padroni rinunceranno alle domeniche aperte. Al contrario, coscienti del fatto che i lavoratori hanno dei capi pronti a capitolare ad ogni richiesta, prenderanno la palla al balzo per una nuova offensiva. I lavoratori che speravano così di starsene a casa la domenica, lo faranno davvero ma perché in cassa integrazione, oppure perché licenziati, oppure ancora non lo faranno neanche in questo caso perché continueranno a lavorare ma con la paga ulteriormente decurtata. E saranno nuovamente sistemati per le feste. 

A quel punto, se si rivolgeranno agli unici sindacalisti dalla loro parte, quelli combattivi come noi del SINDACATO È UN’ALTRA COSA, forse cominceranno ad organizzarsi e a scioperare. Quel giorno si apriranno per loro nuove prospettive e tutto sarà visto sotto una luce diversa. Un lavoratore che lotta, infatti, non vede affatto come un problema la corsa forsennata all’acquisto compulsivo. Solo per sindacalisti della maggioranza è un problema. Per noi dell’Opposizione Cgil è come la manna dal cielo. Magari tutti i lavoratori delle fabbriche potessero godere di questo particolare afflusso natalizio tipico dei centri commerciali. Il danno che si può fare a Natale a un Carrefour qualunque, scioperando, non ha paragoni con nessun’altra iniziativa di lotta. Tre ore potrebbero anche bastare per conquiste che in altri posti richiederebbero giorni. Non solo: in tre ore di lotta vera, i lavoratori potrebbero anche incappare nella solidarietà dei clienti che per caso si trovassero coinvolti. Non è raro, infatti, vedere molte persone, che apparentemente non c’entrano niente, trascinate nel turbine della lotta dall’entusiasmo dei lavoratori. È già successo molte volte e succederà ancora, non appena rimetteremo in pratica le tradizionali forme di sciopero. Al contrario, la pretesa del gruppo dirigente della Cgil, che i clienti siano solidali col loro piagnisteo, li spingerà addirittura a infierire disgustati sui lavoratori immobili. Perché nessun cliente potrà mai fare la prima mossa al posto dei diretti interessati. 

Quando i padroni terrorizzati dalla perdita del profitto si precipiteranno al loro capezzale, i lavoratori capiranno che si può anche venire a lavorare la domenica, purché la paga sia tripla, non dimezzata. Conquista dopo conquista diventeranno più audaci. Non servirà più la tripla paga straordinaria per venire a lavorare, sarà sufficiente raddoppiare quella ordinaria per risparmiarsela. Ancora un altro passo e capiranno che si può venire al sabato e la domenica, e financo al lunedì, purché non ci siano capi e padroni tra le balle. Perché un centro commerciale può funzionare giorno e notte, ma non ha bisogno di capi e padroni per farlo. Più aumentano i padroni, infatti, più aumenta la disoccupazione e, viceversa, meno padroni ci sono in giro, più c’è lavoro per tutti. 

Da qui alla rivoluzione, naturalmente, la strada è ancora molto lunga. L’importante però è cominciare. È l’unico vero augurio che ci sentiamo di fare ai lavoratori. Un augurio sincero e di cuore perché di lotta. Non c’è altro modo per augurargli davvero Buon Natale. Solo così lo sarà davvero, dovunque lo passeranno, al lavoro ma finalmente rispettati e pagati, oppure, meglio ancora, a casa a mangiarsi il panettone alla faccia dei padroni. In caso contrario, sarà veramente pessimo, proprio come tutti gli altri giorni. 

Coi migliori auguri a tutti i compagni e a chi lotta sul serio 

Lorenzo Mortara

RSU FIOM YKK
IL SINDACATO E' UN'ALTRA COSA 

Stazione dei Celti 
Sabato 5 Dicembre 2015 


grazie mille al compagno Enrico Pellegrini per i preziosi consigli



Dal sito IL SINDACATO E' UN'ALTRA COSA - Piemonte -

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