CON SARKOLLANDE
VINCE SOLO LA UE
di
Norberto
Fragiacomo
Dopo aver incendiato la Francia con profezie
sottratte al sulfureo Houllebecq, il premier unionista Manuel Valls
si ripresenta ai media in uniforme austera da pompiere, dicendo
pressappoco così: “non abbiamo ceduto niente, ma il pericolo non è
eliminato.” Se “non canta vittoria” (così i giornali nostrani)
è per salvare le apparenze: sulla carta, i vincitori delle elezioni
amministrative 2015 sono i Républicains
di Sarkozy, cioè un partito “rivale”. La realtà è ovviamente
diversa: a trionfare è stato il blocco di potere europeista, che per
esigenze di marketing si propone ogni volta agli elettori indossando
una collezione di maschere.
Tredici a zero: non finivano così neanche le
partite del ruspante Lussemburgo anni ’80. Il risicato successo di
Marine Le Pen alla tornata del 6 dicembre si è rivelato una vittoria
di Pirro – anzi, qualcosa di meno, paragonabile a quelle sparate
che ti intasano il profilo Facebook per un giorno, e l’indomani
finiscono dritte nel dimenticatoio. I giornalisti – disinformatori
spesso disinformati – volevano farci credere che 5-6 regioni
fossero già in saccoccia al Front National, ma era una balla: il
meccanismo elettorale francese ricorda un po’ quello delle coppe
europee, con partite di andata e ritorno e la particolarità che, nel
retour match, una delle squadre può scendere in campo a ranghi
rinforzati. E il ballottaggio di cui si favoleggiava? E’ una figura
mitologica: non esiste proprio.
Non simpatizzo per il FN, e in una classica
elezione proporzionale mi guarderei bene dal votarlo. Fossi stato
francese, ieri la mia scelta sarebbe stata tuttavia “eretica”.
Provo a spiegarmi. A parte il loro elettorato,
Marine e Marion avevano contro tutti – ma proprio tutti – quelli
che contano: dalla chiesa agli industriali, dai partiti classici
(aggiungo “di sistema”) alla UE, senza contare i mercati. Alla
vigilia della tornata la confindustria francese aveva lanciato
l’allarme: questi vogliono aumentare il salario minimo e abbassare
l’età pensionabile a 60 anni… fanno promesse irresponsabili, da
comunisti!
Per non parlare poi dell’avversione a Bruxelles e al sacro dogma
degli Stati Uniti d’Europa, tanto cari a madame Boldrini…
Insomma: la xenofobia - un po’ reale e un po’ ingigantita - era
il classico specchietto per le allodole, a preoccupare sul serio
l’establishment erano i programmi economico-sociali “fuori moda”
del FN. L’esperienza Tsipras ci insegna che i programmi elettorali
sono fogli di carta di cui ci si disfa con disinvoltura, ma visto che
il tempo è denaro sempre meglio non rischiare: l’usato sicuro si
fa preferire, visto che la sua ubbidienza è a tutta prova. Per i
potentati economici che a rappresentarli siano socialisti o
repubblicani, socialdemocratici o conservatori, piddini vecchia
maniera o nouvelle vague
renziana fa lo stesso: l’importante è che i politici prestino
orecchio ai suggerimenti delle lobby più influenti.
In breve: l’esito di domenica 13 era
scontato, a patto che si riuscisse a mobilitare gli elettori
azzeccando le parole d’ordine. Così è stato (l’affluenza è
cresciuta addirittura di 15 punti percentuali), ed è andata come
doveva andare. I ritratti fotografici di una Marine Le Pen stordita,
quasi affranta, ci dicono che la donna è intelligente, ha già
compreso: a meno di sconvolgimenti imprevedibili le presidenziali del
2017 saranno una replica dell’ultima puntata, e lei passerà alla
Storia (se ci sarà ancora, una Storia) come una marescialla
perennemente sconfitta. Secondo l’autore di Sottomissione, il
destino ha in serbo per la figlia di Jean Marie due consecutive
batoste presidenziali: chissà, forse la seconda toccherà alla
bella, giovane e bigotta Marion Maréchal (nomen
omen?). La prima dovrebbe esserle
inflitta da Hollande: non è da escludersi, anche se il federatore
potrebbe essere il rampante Valls o qualsiasi altro portaordini
social-repubblicano.
Allo stato attuale dalla prigione UE non si
esce né da sinistra né da destra, e le prossime elezioni spagnole
confermeranno il dato di esperienza. In questo quadro il ruolo
interpretato dalla c.d. “sinistra estrema” è senz’altro
marginale. Lo sarebbe a prescindere, perché le regole del gioco
prevedono trucchi, e vantaggi d’ogni genere per uno dei giocatori:
sarebbe pertanto ingeneroso colpevolizzare il Front de Gauche perché
non ha vinto. Il miserrimo 4% ottenuto in un Paese in via di
impoverimento e la perdita del voto operaio (e giovanile) a beneficio
del FN non sono tuttavia accidenti addebitabili alla ria sorte: la
sinistra francese si rimpicciolisce perché, anziché affrontare i
nemici veri, continua a duellare con i fantasmi. Incapace di
aggiornamento, seguita a confondere copertine e contenuti: le
proposte gauchiste della Le Pen sono comunque rifiutate per la loro
provenienza, i sedicenti socialisti, malgrado le politiche
schiettamente di destra, sono “compagni” con cui, di fronte
all’emergenza “fascista”, è necessario trovare un accordo
purchessia. E l’Unione Europea? Critichiamola con
juicio! sembra essere il motto
(anche dell’evanescente Podemos, fumo senza arrosto né piatto).
Sarà pure iperliberista, d’accordo; guerrafondaia e al servizio
della NATO e degli USA, senza dubbio; morbosamente attaccata al
principio di concorrenza e a quello di libertà di stabilimento,
impossibile negarlo… sarà anche la portatrice malsana del virus
dell’austerità di massa, ma almeno i suoi funzionari non hanno le
teste rasate e poi, in fondo in fondo, chi dice che non sia
riformabile?
Lo dicono i fatti, che hanno la testa dura, ma i nostri bravi
marxisti ce l’hanno più dura ancora, e continuano a vagolare,
scagliare anatemi e concionare aspettando una Rivoluzione che di
cognome fa Godot.
La Gauche aveva due opzioni, domenica scorsa.
La prima – rispettabilissima e “moderata” – era dire ai
propri elettori: tra la destra xenofoba e quella economica il meno
peggio non esiste, statevene a casa! La seconda – più coraggiosa,
ma certo scioccante per un elettorato in crisi di identità – era
mettere in evidenza come, al giorno d’oggi, il pericolo maggiore
venga dal capitalismo senza freni né pietà impersonato dalla UE,
che va fermata a qualsiasi costo (sempre che sia possibile, ed io
dubito che sia possibile, perlomeno con l’arma spuntata del voto…
ma tentar non nuoce). Non un’indicazione esplicita, sarebbe stato
troppo: bastava un ragionamento. E di ragioni per votare
controcorrente ce n’erano almeno due: una piattaforma programmatica
da sottoporre alla prova dei fatti (il duo Holland-Valls non
riserverà sorprese: è neoliberista fino al midollo) e l’opportunità
di destabilizzare la UE, di cui la Francia è una trave portante. Un
marxista francese avveduto avrebbe colto l’occasione al volo, senza
per questo riappacificarsi col vecchio nemico.
La terza opzione non c’era, a meno di non
voler battezzare “opzione” un riflesso pavloviano. Non c’era,
ma il Front de Gauche se l’è inventata: accordarsi con la destra
di Hollande, strisciare dalla porta di servizio nel salone delle
ammucchiate, “guadagnarsi” il pane nero della sopravvenienza
politica. A posteriori
le scuse si trovano sempre: abbiamo sostenuto Tizio e Caio perché
integerrimi ecc. Scuse, per l’appunto: votare PSF significa oggi
avallare le politiche neoliberiste di Presidente e premier. Quattro
per cento, ma il residuo di credibilità sta ben al di sotto di
quest’infima percentuale, destinata a ridursi anno dopo anno, fino
al raggiungimento dello zero assoluto.
Il marxismo non è roba da travet, non ha per
stella polare affinità sorpassate e poltrone di terza fila. Si
accettano scommesse su un altro “vaticinio” di Houllebecq: tra
dieci anni i francesi sentiranno in un talk show televisivo Mélenchon
criticare pacatamente un regime oppressivo ma astutamente “liberale”.
Forse non si realizzerà, ma non mi pare affatto sballato.
Per quanto concerne l’Italia, già si odono
voci favorevoli ad importare il modello fronte repubblicano per far
fuori il M5S in ipotetici ballottaggi (autentici). Prevedo
difficoltà: il movimento di Grillo e Di Maio non ha scheletri
fascisti nell’armadio; inoltre, la destra ufficiale italiana è
meno spendibile, per gli eurocrati, di quella d’Oltralpe.
Andrà a finire che ringrazieremo Berlusconi
per la sua inaffidabilità…
Nessun commento:
Posta un commento