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domenica 7 gennaio 2018

I COMPITI A CASA DELLA SINISTRA POPOLARE di Norberto Fragiacomo





I COMPITI A CASA DELLA SINISTRA POPOLARE
di
Norberto Fragiacomo



Per quanto appena partita, la campagna elettorale 2018 ci ha già proposto l’assaggio di inverosimili promesse da marinaio, nessuna delle quali verrà mantenuta, e un carnascialesco affollamento a “sinistra”, ammesso che si possano ascrivere a una generica area progressista il PD renziano sfacciatamente padronale, un partitello d’ispirazione analoga, ma che surroga la sfacciataggine di Renzi con l’aristocratico “buonismo” della Boldrini (Liberi e Uguali), e la pattuglia ultraliberista, atlantista e sorosiana raccolta intorno alla Bonino, cui il versatile Tabacci ha doverosamente offerto una corsa in taxi per il Parlamento.

Poco spazio residuerà per le voci autenticamente critiche, che saranno sommerse dalla canea riformistico-europeista e dal suo approssimativo contraltare; cionondimeno le forze popolari dovranno utilizzare lo spiraglio concesso da una campagna elettorale altrimenti inutile per inviare un messaggio chiaro ai cittadini prima che agli elettori. Vano sarebbe soffermarsi su piccole, sconce vicende di cronaca: tocca costruire il futuro, non rammendare un logoro presente. Si riparta allora dalla Costituzione, strenuamente difesa un anno fa dagli italiani, per pretendere che la sua prima parte – quella che assicura diritti – venga finalmente attuata: “basterebbe” questo a far cadere le innumerevoli controriforme (del lavoro, della sanità, della scuola ecc.) che, nell’ultimo ventennio, hanno riportato la condizione di famiglie e lavoratori italiani a quella degli anni ’50. 

Vanno inoltre sanate le ferite inferte alla Carta, togliendo di mezzo l’articolo 81 nella formulazione attuale, scritta proprio per sterilizzare i diritti sociali e impostaci da un’Unione Europea che, malgrado i peana rivoltogli dai chierici e gli agitprop del sistema, dell’Europa dei popoli, della filosofia, dell’illuminismo e delle cattedrali rappresenta un doppio grottesco. Non è la “nostra” Europa la UE - ed è irriformabile, per la banale ragione che è stata edificata per fare ciò che sta puntualmente facendo, cioè trasformare quest’angolo di mondo in un mercato ove ad essere tutelati sono le merci e chi le produce, non l’umanità senza volto (si ripensi all’ecatombe greca). Prioritario sarà rompere il legame di vassallaggio con il feroce imperialismo statunitense, ma anche il fenomeno migratorio andrà affrontato con spirito critico e laico: come possiamo credere all’umanitarismo e alle buone intenzioni espresse da un’elite segnalatasi finora solo per la propria spietatezza, e che quando non si contenta di affamare le masse le esilia dalle loro terre con guerra, sfruttamento e blandizie? 

A certe condizioni l’accoglienza è un dovere, ma l’incentivazione dei flussi, generosamente sponsorizzati da sedicenti “filantropi” d’oltreoceano, punta a scopi precisi: infoltire le schiere di un esercito di riserva disposto a lavorare per pochi spiccioli ed annegare in un generale rimescolamento di etnie e tradizioni quelle identità locali che per la miopia di qualcuno restano robaccia “di destra” (dialetti, jota e frico, messa dello spadone, pignarul e Stille Nacht: tutto fascistume?), eppure costituiscono un freno all’omologazione consumistica, alla creazione in vitro di quell’"uomo medio" teorizzato, fra gli altri, da Eugenio Scalfari che, spogliato di ogni punto di riferimento sociale e culturale, sarà il docile schiavo di domani, in un’Europa che non sarà più Europa.




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