UN PRIMO BILANCIO ELETTORALE
di Stefano
Santarelli
In
questa breve riflessione scritta a caldo non si può non riconoscere
che ci siamo trovati di fronte ad una brutta campagna elettorale
funestata dall'attentato razzista di Macerata e dalle preoccupanti
provocazioni fasciste. Si è votato con una pessima legge elettorale
e per l'ennesima volta ci troviamo di fronte ad un parlamento di
nominati, costituito da dei perfetti sconosciuti, che fa rimpiangere
addirittura la Camera dei Lord inglesi la quale nella sua
composizione è più democratica.
Ed
in questo contesto bisogna sottolineare che francamente
nessun osservatore politico si aspettava una grande partecipazione
elettorale come quella che si è vista ieri. Infatti ha votato il 73%
dei cittadini, pochi punti percentuali in meno rispetto al 76,4%
registrato alle politiche del 2013, anche se è bene ricordare che in
quell'occasione le urne furono aperte per due giorni, mentre nelle
Europee del 2014 i votanti sono stati soltanto il 58,7% e nel
Referendum costituzionale del dicembre del 2015 il 65%.
Insomma si è ribaltato il trend
di aumento dell'astensionismo culminato con le elezioni siciliane
dello scorso novembre (46,76%) e di quelle di Ostia, un municipio
romano che ha quasi gli stessi abitanti di una città come Venezia,
(36,1% e nel successivo ballottaggio 33,60%).
Mi scuso per avere citato queste aride
cifre, ma sono fondamentali per comprendere che questa volta gli
elettori hanno sentito la necessità di votare e di dare un segnale
di cambiamento alla politica italiana.
Ma questa volontà di cambiamento non è
coincisa con un significativo risultato elettorale di quello che
resta della sinistra italiana, tutt'altro. Questa volontà di
cambiamento si è espressa invece attraverso il trionfo elettorale
del M5S con quasi il 33% e della Lega che con il suo 17,4 % guida
oggi il Centro Destra. Infatti oggi l'ottantunenne Berlusconi è
costretto a passare il testimone al giovane Salvini che ha
trasformato la vecchia Lega Nord in un partito presente oramai su
tutto il territorio nazionale. Gli elettori però si sono scordati
che la Lega non solo ha già guidato il nostro paese, ma ha avuto un
ruolo di primo piano nel fare passare la controriforma pensionistica,
la precarizzazione selvaggia e la distruzione della scuola pubblica.
Il M5S nato come forza di protesta
nei confronti di una casta politica che definire nauseante e dire
poco si sta trasformando, sotto la guida di Di Maio, in un alleato
della grande borghesia e nel caso dovesse guidare il governo
difenderà fatalmente i loro interessi. Su questo non possiamo farci
illusioni.
Il Partito Democratico è stato
pesantemente punito per le sue politiche di austerità e l'arroganza
del suo leader subendo una pesante sconfitta (18,7%) la quale
sicuramente provocherà le dimissioni di Renzi, dimissioni che
peraltro erano già dovute dopo la sconfitta del Referendum
costituzionale di quindici mesi fa.
Ma sia ben chiaro una cosa: il M5S, il
Centro Destra ed il Centro Sinistra rappresentano la stessa faccia di
una stessa medaglia per quanto riguarda la politica nei confronti dei
ceti medio-bassi della nostra società.
Queste forze politiche, siamo facili
profeti, non toccheranno la riforma pensionistica della Fornero e si
continuerà nella politica di tagli selvaggi alla sanità,
all'istruzione, ai trasporti.
Questa volontà di cambiamento si è
purtroppo riversata su forze reazionarie che aumenteranno la
disuguaglianza sociale e le politiche di austerità.
Tutto questo è dovuto anche (e
soprattutto) alla politica imbelle ed incapace della sinistra
italiana che a malapena oggi vale un milione di voti.
La sinistra boldriniana rappresentata
da Liberi e Uguali (in fondo la vecchia SeL) nonostante e
probabilmente grazie alla presenza dei presidenti uscenti della
Camera e del Senato è entrata di nuovo in Parlamento per il rotto
della cuffia con un risicato 3,3%. D'altronde nessuno può pensare
che il cambiamento della sinistra possa essere rappresentato dai vari
Bersani e D'Alema tra l'altro pesantemente penalizzati dal proprio
elettorato.
Un capitolo a parte merita la pesante
sconfitta di Potere al popolo ed il cui obiettivo era di
superare la soglia del 3% obiettivo fallito totalmente con un misero
1,1% che fa rimpiangere il risultato elettorale della lista di
Rivoluzione Civile guidata dall'ex magistrato Antonio Ingroia e a cui
avevano aderito il PdCI di Diliberto e Rifondazione comunista che
prese un modesto 2,25% alle passate elezioni politiche del 2013.
Questa lista si è presentata
all'esterno come prodotto di una moderna “immacolata concezione”,
di una lista nata dal basso ed espressione di movimenti purtroppo
totalmente immaginari. In realtà questa lista è stata costituita da
un minestrone di varie forze politiche che vanno dai Centri sociali
fino ai transfughi del PSI con un programma in cui c'è tutto ed il contrario di tutto.
Bisogna notare che Rifondazione
comunista, che oltre a governare con il PD in varie realtà locali da
più di dieci anni non si presenta con il proprio simbolo utilizzando
varie sigle e loghi (Arcobaleno, Federazione della Sinistra, Cambiare
si può, Rivoluzione Civile, L'altra Europa con Tsipras e oggi Potere
al popolo).
E francamente non si riesce a
comprendere cosa avevano da festeggiare. questa notte nello storico
quartiere romano di San Lorenzo alcuni compagni insieme allo loro
portavoce Viola Garofalo.
Ed è estremamente grave e preoccupante
non riconoscere una pesante sconfitta politica come quella di Potere al
popolo. Non ammettere che ci troviamo di fronte alla più grave
sconfitta della sinistra dal dopoguerra ad oggi non solo è idiota e
non corrispondente alla realtà ma potrebbe costituire per il
prossimo futuro una tragedia.
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