Contrariamente a quel che raccontano Berlusconi e i cerchiobottisti del “Corriere della sera”, la magistratura anche allora non era proprio “rossa”, e gli anni Settanta sono pieni di processi così. Anch’io d’altra parte, per il mio impegno non accademico a fianco del movimento operaio a Bari, ho conosciuto nel biennio caldo 68-69 una dozzina di processi assurdi, cancellati nel 1971 da un’amnistia, contro cui non feci ricorso dato che non avevo la stessa fiducia di Pisapia nella magistratura, e soprattutto non avevo un padre “principe dei penalisti”. La mia sfiducia era comunque ben fondata: subito dopo l’amnistia mi arrestarono al termine di un corteo sindacale attribuendomi la responsabilità (che non avevo minimamente) di una protesta delle commesse della Standa, per imputarmi i reati di radunata sediziosa e grida sediziose. Il magistrato, che era di sinistra e sapeva perfettamente che si trattava di una montatura, mi inflisse ugualmente una lieve condanna (mi pare di ricordare di sei mesi con la condizionale), e spiegò a quattr’occhi al mio avvocato che doveva farlo, perché se mi assolveva, la procura avrebbe fatto ricorso in appello…
Ma c’è un altro personaggio chiave della vita politica milanese che ha sostenuto Pisapia: l’ex magistrato e oggi senatore PD Gerardo D’Ambrosio, protagonista di primo piano dei processi di “Tangentopoli” negli anni Novanta, ma anche autore nell’ottobre 1975 della scandalosa sentenza sulla morte “accidentale” di Giuseppe Pinelli che assolveva Luigi Calabresi e gli altri uomini della Questura milanese.
Un appoggio che si spiega però abbastanza facilmente: Pisapia ha avuto il coraggio di sostenere: “È da tutti ormai riconosciuto il fatto che Luigi Calabresi è un servitore dello Stato e ha fatto il suo dovere senza avere responsabilità sulla morte di Pinelli come di fatto ha ricostruito con estrema correttezza il magistrato D'Ambrosio che non a caso è al mio fianco in questo impegno comune per il cambiamento di Milano". Da tutti? Parla per te!
E quanto ai meriti acquisiti nei processi di Tangentopoli da D’Ambrosio (e anche da Di Pietro e altri magistrati “democratici”), sarebbe bene ricordare che gran parte della corruzione che fu “scoperta” in quegli anni era ben nota da tempo, ma veniva tollerata fino a quando si decise che era diventata troppo costosa e non sopportabile, e si diede via libera a un settore della magistratura per un operazione di pulizia. È una precisazione che non intende negare l’utilità di quella campagna moralizzatrice (anche se a volte condotta con metodi spettacolari da telefilm americano), ma semplicemente ricordare che anche in quel caso l’indipendenza della magistratura era relativa.
In ogni caso la cautela nel valutare il “fenomeno Pisapia” (che ha affascinato anche settori dei centri sociali o di “San Precario”) ha una ragione molto più semplice, ma concretissima: come ha fatto Vendola in Puglia e come spera di fare oggi a livello nazionale, Giuliano Pisapia (che però non ha la stessa esperienza di politico navigato che ha l'immaginifico Nichi), ha conquistato la testa di una coalizione in cui la parte del leone la fa e la farà il Partito Democratico, a cui in caso di vittoria la legge elettorale garantisce automaticamente una maggioranza assoluta insieme ai partiti minori moderati, liste civiche, Bonino, ecc., anche senza l’apporto della Federazione della sinistra, a cui si offrirà solo l’alternativa tra ingozzare altri rospi o essere tagliata fuori da una coalizione su cui ha puntato molto. Non è difficile immaginare cosa potrà accadere. O dovremo medicare le piaghe di una nuova amara “sorpresa”, in realtà tutt’altro che imprevedibile?
(a.m. 19/5/11)
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