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martedì 24 maggio 2011

L'attualità di Livorno e il gracchiare dei corvi dell'opportunismo di Onorato Damen

Da Battaglia comunista n. 1 — 1961
La scissione di Livorno ha aperto il solco invalicabile di classe; ha diviso definitivamente i riformisti dai rivoluzionari ed ha caratterizzato fin qui, e caratterizzerà fino alla loro conclusione, le forze politiche che si richiamano al proletariato.
C’è una eredità ideologica e tattica di Livorno che va ancora una volta difesa contro i ricorrenti tentativi di mistificazione che vorrebbero fare apparire quella scissione come un madornale errore politico, a cui si vorrebbe far risalire il posteriore declino dell’azione politica di un proletariato al quale sarebbe stata preclusa ogni possibilità di partecipazione diretta al governo democratico del paese.
Risalendo ai processi intentati a Livorno, bisogna ricordare che già Gramsci, agli inizi del 1924, inaugurando la nuova serie della rivista Ordine Nuovo, aveva affermato la necessità di un ritorno ad una situazione pre-Livorno, per la ragione che a quel Congresso il taglio era stato operato troppo a sinistra. Lungo tale linea di revisione si muoveranno poi, il grado dell’opportunismo non conta, tutti coloro che, come Nenni, facendo il processo alla ideologia di Livorno, intendono farlo alla dottrina e alla prassi del marxismo rivoluzionario.
L’importanza storica di Livorno sta nella nascita del Partito di classe, con la sua rigida interpretazione del marxismo, con la visione strategica della rivoluzione come il solo mezzo esistente per rompere il corso reazionario e fascista del capitalismo. La storia del ventennio non avrebbe avuto lo sviluppo che in realtà ha avuto, se dal profondo travaglio che si è concluso a Livorno non fossero usciti i quadri di combattimento e la decisa avversione di classe al fascismo, e se tutto ciò non avesse rappresentato il presupposto ideale e fisico alla lotta su due fronti, continuata fra le più grandi difficoltà materiali, contro il capitalismo a maschera fascista e contro la degenerazione stalinista che rappresenterà più tardi l’altra maschera, quella democratica e antifascista dello stesso capitalismo.
Abbiamo affermato più volte che il Partito nato a Livorno si è trovato di fronte ad una situazione obiettiva nella quale il problema strategico dell’assalto al potere era storicamente sostituito da quello concretamente più urgente di operare, combattendo con i resti di un proletariato già praticamente sconfitto, una difficile ritirata per salvare il salvabile e tenere in piedi ciò che in uomini, in organismi e in mezzi materiali, avrebbe dovuto assicurare la continuità delle idee, del programma e dello spirito di Livorno. Si aggiunga a ciò la constatazione che la lacerazione del partito socialista avveniva con due anni di ritardo per un errore di prospettiva commesso dalla Sinistra che non aveva saputo porre tempestivamente, al Congresso di Bologna, il problema fondamentale del partito rivoluzionario, disperdendo gli sforzi in un espediente tattico di dettaglio, contingente e di importanza, comunque, marginale come quello dell’astensionismo.
Nell’ipotesi opposta, quella della non scissione e della vittoria del massimalismo serratiano, la Sinistra rivoluzionaria sarebbe rimasta incapsulata nelle maglie dell’opportunismo e non si sarebbe in alcun modo evitato quello che poi è storicamente avvenuto nella situazione nazionale e internazionale del ventennio nazifascista. La Sinistra rivoluzionaria si sarebbe così esaurita in una sterile posizione nell’interno del partitone; le sue idee e la sua azione sarebbero rimaste senza eco di fronte al proletariato e infine sarebbe stata messa nella impossibilità di ancorarsi ad un saldo centro di iniziativa rivoluzionaria nella fase storica precedente il Secondo conflitto mondiale.
Nenni non equivochi coscientemente nel criticare la scissione di Livorno partendo dal bilancio negativo che gli ha offerto e gli offre il partito di Togliatti. Nenni sa perfettamente che tale partito è stato ed è ben lontano dal rappresentare la continuità di Livorno da quando, almeno, ha fatto proprie le idee e le posizioni tattiche del massimalismo serratiano di allora e del minimalismo… nenniano di oggi.
A quarant’anni di distanza questo è il bilancio delle forze politiche presenti al Congresso di Livorno del 1921. Il PSI continua in senso peggiorativo la posizione del centrismo serratiano; il PCI ha cambiato bandiera lungo la sua strada, cessando di essere guida del proletariato rivoluzionario per divenire strumento passivo degli interessi del capitalismo di Stato che ha il suo centro vitale nella esperienza russa.
A quarant’anni da Livorno c’è una convergenza ideale e tattica sul piano della rivoluzione democratica; la stessa convergenza esiste ed è operante in una aperta e concreta avversione alle idee, alla tattica e alle forze politiche che si richiamano al marxismo rivoluzionario. Questi due partiti apparentemente disuniti a Livorno, hanno atteso il momento giusto per manovrare sullo stesso piano di fronte all’antifascismo, tipo Fronte Popolare; di fronte alla guerra di liberazione; di fronte alla loro partecipazione al governo della repubblica. Sempre con l’obiettivo di imporre una soluzione democratico-parlamentare contro quella rivoluzionaria e socialista; per imporre il governo di sua maestà la repubblica contro il potere del proletariato e della sua dittatura di classe.
E Nenni, in nome del PSI, è sincero nella sua affermazione di controrivoluzionario quando scrive sull’Avanti:
E tuttavia non è arbitrario dire che la scissione di Livorno concorse a dilacerare le forze proletarie proprio nel momento in cui la loro unità era un fattore indispensabile di resistenza; non è arbitrario pensare che se il movimento operaio avesse conservato la propria unità e avesse nel 1920-21 impostato il solo problema risolvibile, che era quello della Costituzione e della Repubblica e cioè della rivoluzione democratica, tutta la storia del quarantennio sarebbe stata diversa.
Togliatti, al contrario, si avvale del ricordo di questi quarant’anni che ci dividono da Livorno per mascherare la merce avariata del suo partito sotto il manto degli ideali e del ruolo storico dell’autentico Partito di Livorno.
Tale mistificazione è così grossolana da sembrare persino infantile e ridicola. Tuttavia trova ancora credito la panzana che attribuisce a Gramsci e Togliatti la paternità della costruzione del Partito di Livorno, come trova credito una supposta coerenza del PCI alle indicazioni teoriche e tattiche della piattaforma di Livorno.
Davvero che non è ancora giunto il tempo del crollo di tanti falsi idoli e di tante stupide frottole…

Fonte:http://www.leftcom.org/it/articles/1999-10-01/l-attualit%C3%A0-di-livorno-e-il-gracchiare-dei-corvi-dell-opportunismo

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