I GIOVANI, LA POLITICA E LA SINISTRA
di Maurizio Zaffarano
Ogni volta che si ha l'occasione
di partecipare a qualche assemblea rifondativa della Sinistra (non so cosa
succede dalle altre parti politiche ma immagino avvenga qualcosa di molto
simile) sembra di ritrovarsi ad un raduno di un'associazione di Combattenti e
Reduci di una guerra lontana nel tempo. In assoluta maggioranza si ritrovano
vecchi dirigenti politici, vecchi militanti, vecchi professori, vecchi
giornalisti – che non vanno certo derisi per questa indomabile fiducia nella
possibilità del cambiamento ma anzi, purché senza secondi fini, assolutamente
apprezzati – e di giovani solo l'impalpabile presenza. E quando ci si lascia
prendere dall'entusiasmo nel ritrovarsi in sale affollate bisognerebbe sempre
aver presente che per raggiungere una partecipazione di gran lunga superiore
basta trovarsi non dico ad una importante manifestazione sportiva o musicale ma
semplicemente ad un evento con qualche personaggio televisivo di quart'ordine,
che sò un tronista o un concorrente del Grande Fratello, o che coinvolga
qualche personaggio minore del campionato di calcio.
La realtà è che in un quadro
socio-politico-culturale italiano dominato (e non solo da vent'anni!) dall'egoismo,
dall'individualismo, dal familismo, dall'opportunismo, l'idea che la
partecipazione attiva alla politica – per di più screditata da personaggi
inqualificabili e resa subalterna al volere delle grandi oligarchie
economico-finanziarie – consenta di perseguire il bene comune e sia mezzo per
cambiare la vita concreta di ognuno è cosa sempre più rara in particolare tra i
giovani (e al più quando esistono attenzione e interesse per la politica questi
vengono dirottati e depistati verso una rappresentazione della politica come
spettacolino televisivo in stile wrestling).
E non mi sembra che si stia
facendo abbastanza per invertire questa tendenza anche a sinistra che pure
della partecipazione attiva dei cittadini ha bisogno come un pesce dell'acqua.
Ora se si prova a scomporre la
struttura di una costruzione politica si possono individuare, a mio avviso,
almeno cinque elementi costitutivi fondamentali:
- il popolo (i ceti/le classi sociali) a cui si rivolge;
- gli obiettivi da raggiungere, i bisogni del proprio popolo che si promette di soddisfare;
- l'elaborazione teorica (il programma) sulle soluzioni concrete da adottare per raggiungere gli obiettivi;
- il quadro dei valori in cui si agisce;
- il percorso da seguire per l'organizzazione del soggetto politico.
Ecco a me sembra che la sinistra
paghi l'errore (a volte frutto di un retaggio culturale colposamente reiterato,
a volte dolosamente perpetrato per coprire con la fuffa scelte
intellettualmente disoneste) di avvitarsi all'infinito solo su due di quei
cinque elementi fondamentali che indico: i valori e il percorso.
Costruzione dall'alto o dal
basso, radicalismo e riformismo, spazio politico, beni pubblici, lotta di
classe, mobilitazione, conflitto, rivoluzione, sovranità monetaria, primarie
(aperte o chiuse), riforma elettorale, la stessa difesa della Costituzione sono
le espressioni più in voga a Sinistra ma che, quando non tradotte in cose
comprensibili e tangibili, scivolano come l'acqua rispetto al vissuto della
grande maggioranza dei cittadini.
La discussione politica diventa
dunque autorefenziale, astratta, riservata agli addetti ai valori, non colpisce
– come si usa dire – la pancia e la testa delle persone.
Al contrario la destra
berlusconiana (ed ora quella strana creatura politica che risponde al nome di
grillismo), a fronte di un'analisi della composizione sociale e delle
convinzioni dominanti in quella che è la propria base di consenso, va diritta
senza esitazioni a quello che tanti (ahimè), anche nei ceti popolari anche
nella classe lavoratrice, aspettano di sentirsi dire. E lo fa proponendo le
proprie soluzioni, ripugnanti per noi di sinistra ma propagandisticamente efficaci:
via gli immigrati (per la Lega il capro espiatorio prima era rappresentato dai
meridionali ora dagli stranieri) che tolgono il lavoro agli italiani, basta con
le tasse, repressione dura contro chi commette reati (anche se si parla solo
dei cosiddetti reati di strada) e via discorrendo.
E Grillo di fronte al degrado
sociale, ambientale, economico, politico italiano e al blocco della mobilità
sociale ottenuto con il precariato e l'inamovibilità delle oligarchie al potere
parla di reddito di cittadinanza, di rifiuti zero, dice no agli inceneritori e
alle grandi opere, di mandare a casa tutta una vecchia classe dirigente.
La Sinistra - ferma agli slogan,
al linguaggio, alle analisi, persino ai vecchi rancori di 40 o 50 anni fa o
oltre – sembra invece incapace di trovare quelle tre o quattro proposte
attraverso cui tornare a radicarsi nel Paese, a destare l'attenzione dei
cittadini.
Non vorrei con queste
affermazioni dare l'impressione di non credere nella necessità di una
riflessione politica "alta", di non essere consapevole della complessità – sul
piano delle idee e dell'organizzazione - della costruzione di un'Alternativa di
sistema, di propendere per una sorta di indifferenza ideologica e di
considerare esaurita la distinzione tra destra e sinistra in cui al progetto di
costruire un mondo diverso e alla coscienza della divisione
della società tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressori e oppressi si
sostituisce il 'siamo tutti sulla stessa barca' e 'basta il buon senso'. O
ancora peggio che possa pensare che il tutto possa ridursi a mero marketing
politico.
Però parto dalla constatazione
che senza una partecipazione, un seguito, un consenso, una condivisione di
massa nessun progetto di trasformazione politica – si intenda affermarlo
attraverso la contesa elettorale o per mezzo di una sollevazione popolare – può
realizzarsi.
Non basta evocare il conflitto,
la mobilitazione, la lotta sociale in un comunicato politico perché il disagio
si trasformi magicamente in azioni concrete: non si può fare finta che
nonostante la più grave crisi economica del dopoguerra, nonostante che una
quota sempre più tragicamente grande della società viva ormai sotto la soglia
di povertà o a cavallo della soglia di povertà l'Italia viva una sostanziale
pace sociale con l'eccezione di limitati e tra loro non connessi conflitti
locali.
Non si può ignorare la profonda
trasformazione che ha caratterizzato negli ultimi decenni il sistema della
produzione, la profonda debolezza del mondo del lavoro dilaniato da infinite
segmentazioni e soggetto al ricatto, nel quadro della globalizzazione, della
concorrenza insostenibile dei Paesi emergenti.
E allora una Sinistra che voglia
rappresentare i ceti popolari e riacquistare la necessaria forza deve trovare
degli argomenti forti, concreti, diretti per essere compresa e credibile e su
questi incentrare prioritariamente la propria comunicazione politica: che il
lavoro per tutti non lo crea il mercato ma solo l'intervento pubblico, che ad
esempio il costo dell'affitto di una casa deve essere di 200 e non di 1000 euro
al mese per essere proporzionato alle retribuzioni medie o che per fare una Tac
quando si sospetta di avere un brutto male non si possono aspettare sei mesi o
ancora che non ci si può indebitare per pagare il dentista o per mandare a
scuola o all'Università i propri figli.
La battaglia per la gratuità e la
qualità dei beni e dei servizi essenziali dovrebbe essere oggi per la Sinistra
la bandiera da sventolare. Perché risponde da un lato all'esigenza di lavoro di
milioni di persone (impiegabili in larga parte per la produzione di tali beni e
servizi) e dall'altro rappresenta la forma concreta di lotta alla povertà, alle
ingiustizie sociali, alla perdita inesorabile di potere d'acquisto anche per
gli 'occupati' in qualche forma di lavoro, per la qualità della vita in grado
di unire tutti i ceti subalterni e che vivono un disagio sociale.
Costituirebbe il volano
attraverso cui redistribuire ricchezza e far ripartire la domanda interna, per
restituire ai lavoratori la forza per rivendicare i propri diritti, per
affrontare le questioni ambientali consentendo di essere meno dipendenti dalle
produzioni materiali senza penalizzare il benessere delle persone, per far sì che
le nuove tecnologie possano finalmente tradursi in riduzione generalizzata
dell'orario di lavoro e dunque consentire, anche grazie a ciò, di riassorbire
disoccupazione e sottocupazione.
Non basta. Per ricominciare ad
incontrare il proprio popolo, fuori dalla televisione e oltre il web, una
organizzazione politica che si proponga una radicale trasformazione delle cose
esistenti deve camminare sulle gambe di iniziative di tipo cooperativo e
mutualistico (e con esse identificarsi) che diano nell'immediato risposte
concrete al disagio dei cittadini ed in tal modo diffondere una cultura della
solidarietà, del “ci salviamo tutti insieme o nessuno” e la consapevolezza del
campo di cui si fa parte.
Un nuovo "Soccorso Rosso" che
prenda le forme dei gruppi di acquisto, della tutela legale gratuita, di tutte
le modalità di auto aiuto (co-housing, car pooling, banche del tempo), delle
monete complementari, degli orti urbani; un "Soccorso Rosso" che così facendo
si assicura le risorse per sostenere occupazioni, vertenze, conflitti.
Un "Soccorso Rosso" in cui le
sezioni dei partiti che vogliono cambiare il sistema diventano dei centri
sociali e delle case del popolo per formare una rete di lotta e di solidarietà
che consenta di superare le divisioni e le rivalità, apparentemente
irrisolvibili, dentro la Sinistra.
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