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lunedì 16 settembre 2013

I GIOVANI, LA POLITICA E LA SINISTRA di Maurizio Zaffarano




I GIOVANI, LA POLITICA E LA SINISTRA
di Maurizio Zaffarano



Ogni volta che si ha l'occasione di partecipare a qualche assemblea rifondativa della Sinistra (non so cosa succede dalle altre parti politiche ma immagino avvenga qualcosa di molto simile) sembra di ritrovarsi ad un raduno di un'associazione di Combattenti e Reduci di una guerra lontana nel tempo. In assoluta maggioranza si ritrovano vecchi dirigenti politici, vecchi militanti, vecchi professori, vecchi giornalisti – che non vanno certo derisi per questa indomabile fiducia nella possibilità del cambiamento ma anzi, purché senza secondi fini, assolutamente apprezzati – e di giovani solo l'impalpabile presenza. E quando ci si lascia prendere dall'entusiasmo nel ritrovarsi in sale affollate bisognerebbe sempre aver presente che per raggiungere una partecipazione di gran lunga superiore basta trovarsi non dico ad una importante manifestazione sportiva o musicale ma semplicemente ad un evento con qualche personaggio televisivo di quart'ordine, che sò un tronista o un concorrente del Grande Fratello, o che coinvolga qualche personaggio minore del campionato di calcio.
La realtà è che in un quadro socio-politico-culturale italiano dominato (e non solo da vent'anni!) dall'egoismo, dall'individualismo, dal familismo, dall'opportunismo, l'idea che la partecipazione attiva alla politica – per di più screditata da personaggi inqualificabili e resa subalterna al volere delle grandi oligarchie economico-finanziarie – consenta di perseguire il bene comune e sia mezzo per cambiare la vita concreta di ognuno è cosa sempre più rara in particolare tra i giovani (e al più quando esistono attenzione e interesse per la politica questi vengono dirottati e depistati verso una rappresentazione della politica come spettacolino televisivo in stile wrestling).
E non mi sembra che si stia facendo abbastanza per invertire questa tendenza anche a sinistra che pure della partecipazione attiva dei cittadini ha bisogno come un pesce dell'acqua.
Ora se si prova a scomporre la struttura di una costruzione politica si possono individuare, a mio avviso, almeno cinque elementi costitutivi fondamentali:
  • il popolo (i ceti/le classi sociali) a cui si rivolge;
  • gli obiettivi da raggiungere, i bisogni del proprio popolo che si promette di soddisfare;
  • l'elaborazione teorica (il programma) sulle soluzioni concrete da adottare per raggiungere gli obiettivi;
  • il quadro dei valori in cui si agisce;
  • il percorso da seguire per l'organizzazione del soggetto politico.
Ecco a me sembra che la sinistra paghi l'errore (a volte frutto di un retaggio culturale colposamente reiterato, a volte dolosamente perpetrato per coprire con la fuffa scelte intellettualmente disoneste) di avvitarsi all'infinito solo su due di quei cinque elementi fondamentali che indico: i valori e il percorso.
Costruzione dall'alto o dal basso, radicalismo e riformismo, spazio politico, beni pubblici, lotta di classe, mobilitazione, conflitto, rivoluzione, sovranità monetaria, primarie (aperte o chiuse), riforma elettorale, la stessa difesa della Costituzione sono le espressioni più in voga a Sinistra ma che, quando non tradotte in cose comprensibili e tangibili, scivolano come l'acqua rispetto al vissuto della grande maggioranza dei cittadini.
La discussione politica diventa dunque autorefenziale, astratta, riservata agli addetti ai valori, non colpisce – come si usa dire – la pancia e la testa delle persone.
Al contrario la destra berlusconiana (ed ora quella strana creatura politica che risponde al nome di grillismo), a fronte di un'analisi della composizione sociale e delle convinzioni dominanti in quella che è la propria base di consenso, va diritta senza esitazioni a quello che tanti (ahimè), anche nei ceti popolari anche nella classe lavoratrice, aspettano di sentirsi dire. E lo fa proponendo le proprie soluzioni, ripugnanti per noi di sinistra ma propagandisticamente efficaci: via gli immigrati (per la Lega il capro espiatorio prima era rappresentato dai meridionali ora dagli stranieri) che tolgono il lavoro agli italiani, basta con le tasse, repressione dura contro chi commette reati (anche se si parla solo dei cosiddetti reati di strada) e via discorrendo.
E Grillo di fronte al degrado sociale, ambientale, economico, politico italiano e al blocco della mobilità sociale ottenuto con il precariato e l'inamovibilità delle oligarchie al potere parla di reddito di cittadinanza, di rifiuti zero, dice no agli inceneritori e alle grandi opere, di mandare a casa tutta una vecchia classe dirigente.
La Sinistra - ferma agli slogan, al linguaggio, alle analisi, persino ai vecchi rancori di 40 o 50 anni fa o oltre – sembra invece incapace di trovare quelle tre o quattro proposte attraverso cui tornare a radicarsi nel Paese, a destare l'attenzione dei cittadini.
Non vorrei con queste affermazioni dare l'impressione di non credere nella necessità di una riflessione politica "alta", di non essere consapevole della complessità – sul piano delle idee e dell'organizzazione - della costruzione di un'Alternativa di sistema, di propendere per una sorta di indifferenza ideologica e di considerare esaurita la distinzione tra destra e sinistra in cui al progetto di costruire un mondo diverso e alla coscienza della divisione della società tra sfruttatori e sfruttati, tra oppressori e oppressi si sostituisce il 'siamo tutti sulla stessa barca' e 'basta il buon senso'. O ancora peggio che possa pensare che il tutto possa ridursi a mero marketing politico.
Però parto dalla constatazione che senza una partecipazione, un seguito, un consenso, una condivisione di massa nessun progetto di trasformazione politica – si intenda affermarlo attraverso la contesa elettorale o per mezzo di una sollevazione popolare – può realizzarsi.
Non basta evocare il conflitto, la mobilitazione, la lotta sociale in un comunicato politico perché il disagio si trasformi magicamente in azioni concrete: non si può fare finta che nonostante la più grave crisi economica del dopoguerra, nonostante che una quota sempre più tragicamente grande della società viva ormai sotto la soglia di povertà o a cavallo della soglia di povertà l'Italia viva una sostanziale pace sociale con l'eccezione di limitati e tra loro non connessi conflitti locali.
Non si può ignorare la profonda trasformazione che ha caratterizzato negli ultimi decenni il sistema della produzione, la profonda debolezza del mondo del lavoro dilaniato da infinite segmentazioni e soggetto al ricatto, nel quadro della globalizzazione, della concorrenza insostenibile dei Paesi emergenti.
E allora una Sinistra che voglia rappresentare i ceti popolari e riacquistare la necessaria forza deve trovare degli argomenti forti, concreti, diretti per essere compresa e credibile e su questi incentrare prioritariamente la propria comunicazione politica: che il lavoro per tutti non lo crea il mercato ma solo l'intervento pubblico, che ad esempio il costo dell'affitto di una casa deve essere di 200 e non di 1000 euro al mese per essere proporzionato alle retribuzioni medie o che per fare una Tac quando si sospetta di avere un brutto male non si possono aspettare sei mesi o ancora che non ci si può indebitare per pagare il dentista o per mandare a scuola o all'Università i propri figli.

La battaglia per la gratuità e la qualità dei beni e dei servizi essenziali dovrebbe essere oggi per la Sinistra la bandiera da sventolare. Perché risponde da un lato all'esigenza di lavoro di milioni di persone (impiegabili in larga parte per la produzione di tali beni e servizi) e dall'altro rappresenta la forma concreta di lotta alla povertà, alle ingiustizie sociali, alla perdita inesorabile di potere d'acquisto anche per gli 'occupati' in qualche forma di lavoro, per la qualità della vita in grado di unire tutti i ceti subalterni e che vivono un disagio sociale.
Costituirebbe il volano attraverso cui redistribuire ricchezza e far ripartire la domanda interna, per restituire ai lavoratori la forza per rivendicare i propri diritti, per affrontare le questioni ambientali consentendo di essere meno dipendenti dalle produzioni materiali senza penalizzare il benessere delle persone, per far sì che le nuove tecnologie possano finalmente tradursi in riduzione generalizzata dell'orario di lavoro e dunque consentire, anche grazie a ciò, di riassorbire disoccupazione e sottocupazione.
Non basta. Per ricominciare ad incontrare il proprio popolo, fuori dalla televisione e oltre il web, una organizzazione politica che si proponga una radicale trasformazione delle cose esistenti deve camminare sulle gambe di iniziative di tipo cooperativo e mutualistico (e con esse identificarsi) che diano nell'immediato risposte concrete al disagio dei cittadini ed in tal modo diffondere una cultura della solidarietà, del “ci salviamo tutti insieme o nessuno” e la consapevolezza del campo di cui si fa parte.
Un nuovo "Soccorso Rosso" che prenda le forme dei gruppi di acquisto, della tutela legale gratuita, di tutte le modalità di auto aiuto (co-housing, car pooling, banche del tempo), delle monete complementari, degli orti urbani; un "Soccorso Rosso" che così facendo si assicura le risorse per sostenere occupazioni, vertenze, conflitti.
Un "Soccorso Rosso" in cui le sezioni dei partiti che vogliono cambiare il sistema diventano dei centri sociali e delle case del popolo per formare una rete di lotta e di solidarietà che consenta di superare le divisioni e le rivalità, apparentemente irrisolvibili, dentro la Sinistra.

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