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martedì 19 agosto 2014

In risposta all'articolo "Se anche a sinistra si invoca la Trojka", ovvero la tempesta ferragostana del sovranista furioso

Si pubblica di seguito la risposta di Riccardo Achilli all'articolo "Se anche a sinistra si invoca la Trojka", di Moreno Pasquinelli.



Pasquinelli, trasecolando e schiumando, invia una appassionata critica al mio articolo di qualche giorno fa, “L'inevitabile arrivo della Trojka”. Arrivando a paragonarmi a Scalfari ed a Monti, cioè a coloro che hanno lavorato, culturalmente e politicamente, per portare il Paese allo stato in cui è attualmente, cioè alla mercé della Trojka. Mentre io constato l'ineluttabilità di questo processo, oramai arrivato nella sostanza al punto di non ritorno, mancando solo una formalizzazione ufficiale, il Pasquinelli mi accosta esplicitamente a coloro che hanno creato il processo. Come dire: lo spettatore accostato all'attore.

Il mio articolo è sin troppo chiaro, non è equivoco. Parlare, come fa Pasquinelli, di una “sinistra che invoca la Trojka” è quindi una voluta strumentalizzazione dello stesso. E' del tutto evidente che nessuno stia invocando la Trojka, anche per una ragione di solare evidenza, a tutti tranne che a Pasquinelli, che (e questo è il suo errore fondamentale di lettura della realtà) nel suo articolo continua a farneticare di presunti “ultimi brandelli di sovranità”, per usare le sue parole. In realtà, è dal 2011, dalla famosa letterina di messa in mora di Berlusconi e Tremonti, che ciò che rimaneva della nostra sovranità è scomparso, e la Trojka è viva e lotta con noi. Sono anni che non c'è più sovranità nelle politiche economiche. Quindi sarebbe quantomeno inutile, da parte mia, invocare qualcosa che c'è già, ammesso e non concesso che fosse questo il mio intento.

E' invece molto utile auspicare che il teatrino di una fasulla autonomia nazionale nel fare le riforme “che ci chiedono i nostri figli”, come con abilità istrionica dice il nostro premier, crolli e che le dinamiche reali di eterodirezione delle nostre politiche economiche e sociali si palesino in modo evidente e visibile a qualsiasi cittadino, anche al meno informato politicamente. Perché questa evidenza è la condizione per una possibile, eventuale e sperabile, reazione di riscossa di un Paese che sta subendo in modo totalmente passivo il massacro sociale in atto. Senza che le dinamiche retrostanti siano chiare ed evidenti, è sempre facile manipolare l'opinione pubblica e incanalare lo sdegno verso falsi obiettivi. Diciamo che quello che sto affermando, ovvero che i pupari emergano in prima fila, anziché manovrare da dietro, dovrebbe essere un obiettivo fondamentale proprio di Pasquinelli e dei suoi soci alla ricerca di una reazione di orgoglio nazionale e patriottico, che non ci sarà mai fintanto che l'uomo della strada pensa di essere governato da qualcuno che “ha scelto lui”.

L'illusione ottica che vi sia ancora una sovranità nazionale da difendere, dopo 12 anni di moneta unica, dopo il fiscal compact, dopo il Six Pack, dopo l'entrata a regime del MIP, con i suoi meccanismi preventivi e sanzionatori per chi non rispetta le “raccomandazioni” formulate dal Consiglio Europeo al Governo nazionale, dopo che persino i disegni di legge di stabilità devono essere portati alla Commissione Europea per un vaglio preventivo, porta il Pasquinelli ad affermazioni che sarebbero grottesche, se non fossero tragiche. Accusa il sottoscritto di bramare oscure trame autoritarie, quando le riforme renziane stanno di fatto demolendo ogni residuo di democrazia parlamentare e pluralismo partitico, addirittura senza nemmeno che l'Europa abbia chiesto particolare attenzione alle riforme istituzionali (come dice Draghi quasi quotidianamente, come ripetono quotidianamente editorialisti del Sole 24 Ore, al servizio dell'euro-borghesia italiana, le riforme istituzionali non sono una priorità). Possibile che il nostro non veda il disegno bonapartista tutto domestico e casereccio nell'operato del premier rignanese? Possibile che tutti i mali debbano essere sempre esterni? Che una classe dirigente domestica in declino culturale e politico non sia in grado di elaborare, autonomamente, un progetto autoritario, nella speranza di sopravvivere ad una crisi che non riesce a risolvere? Accusare sempre un nemico immutabile di ogni male è, psicologicamente, un brutto sintomo.

Ad ogni modo, la politica è fatta di senso della realtà. Io propongo un commissariamento immediato che acceleri tutti i processi, sia lo smantellamento definitivo di una classe dirigente domestica oramai del tutto inadatta per qualsiasi cosa (a meno che Pasquinelli non la pensi diversamente su Renzi, nel qual caso me lo dica), sia una possibile reazione popolare, sia, e questo lo affermo co ngrande serenità, un sia pur piccolo cambiamento nell'asse delle politiche europee. Deflazione e recessione stanno iniziando a toccare anche la Germania. Possibile che la Merkel non se ne sia accorta? E come mai la Bundesbank non fa più opposizione ostracistica, come un anno fa, alle politiche monetarie espansive della Bce?

Ora, può anche darsi che io mi sbagli, e che invece non ci sarà né un cambiamento di classe dirigente nazionale, perché essa si metterà sotto protettorato europeo, né una reazione popolare, e nemmeno un cambiamento sia pur minimo di direzione delle politiche europee. Il problema è che altre strade a mio avviso non ci sono. A Pasquinelli che mi accusa di essere un incompetente in economia solo perché non aderisco alle sue proposte (bell'esempio di democrazia, che si chiama”stalinismo”, detto en passant) vorrei spiegare che il ripudio del debito, lo riscadenzamento del debito, la moratoria del debito, tutti rimedi peraltro suggeriti anche da economisti borghesi (qualcosa di simile lo suggerisce, per il nostro Paese, il non certo marxista Daily Telegraph, quotidiano della borghesia finanziaria britannica non certo animato da generose intenzioni rispetto all'Italia, che è pur sempre un concorrente) non sono contemplati nei Trattati europei. Poiché non ci sono le condizioni politiche per cambiare i Trattati, perché nessuno oggi in Europa è in grado di piegare la Germania, per fare le cose di cui sopra occorrerebbe rompere, cioè uscire dall'euro. Con conseguenze, in termini di fughe di capitali (solo in piccola parte contrastabili da controlli amministrativi, che peraltro, se prolungati, asfissiano l'economia, come avviene in condizioni prolungate di autarchia) e di boicottaggio da parte dei mercati finanziari inimmaginabili. Proprio la storia dell'Argentina che il Pasquinelli cita dovrebbe insegnarci che ci sarà sempre un giudice Griesa, da qualche parte, pronto a farci pagare con gli interessi un eventuale ripudio, anche parziale, del debito estero. Al netto del giudice Griesa, e di ciò che succederà realmente nei prossimi mesi in Argentina, sarebbe interessante capire da Pasquinelli chi investirebbe in un Paese a moneta svalutata e con una credibilità pari allo zero sui mercati finanziari. Dove questo Paese otterrebbe la valuta estera necessaria per pagare le importazioni necessarie a far funzionare la sua economia (atteso che l'Italia, per esempio, non è autosufficiente dal punto di vista energetico). E non voglio nemmeno citare le conseguenze più generali del ripudio di un debito pubblico immenso, detenuto per il 35% da soggetti esteri. Che rischierebbe di creare una nuova bolla di crisi finanziaria globale, inevitabilmente rivolta anche al nostro Paese, vista l'interdipendenza globale delle singole economie nazionali e dei mercati finanziari e creditizi.

C'è, a dire il vero, un rimedio suggerito dalla borghesissima Lucrezia Reichlin: una forma evoluta di haircut del valore nominale della quota capitale del debito pubblico ,da far pagare quasi essenzialmente al piccolo risparmiatore italiano. Una soluzione di questo genere potrebbe passare a livello europeo, perché gli haircut sono stati già utilizzati nel caso greco. Ma a pagare sarebbe la vecchietta che ha investito in Bot la sua pensione. Non certo le banche d'affari. Gli altri rimedi suggeriti dal Nostro, come spiego sopra, non sono praticabili, si ritorcerebbero contro di noi, e non varrebbe nemmeno la pena di parlarne, in un dibattito fatto con i piedi per terra, non sulla luna.


Probabilmente la calura estiva e l'ozio agostano, o forse la necessità di trovare un'audience cui mostrare muscoli da "duro e puro", spingono il Nostro a perdere tempo a ricercare inesistenti complotti Achilli/Scalfari (facendo troppo onore anche alle modeste capacità di influenza e relazione del sottoscritto, un semi-disoccupato vittima della crisi), cui appiccicare patentini di amici o nemici del popolo. O forse sollecitano il malumore. Non è un problema mio come gli altri impiegano il loro tempo libero ferragostano, d'altro canto.   

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