Pasquinelli, trasecolando e schiumando, invia una appassionata critica al mio articolo di qualche giorno fa,
“L'inevitabile arrivo della Trojka”. Arrivando a paragonarmi a
Scalfari ed a Monti, cioè a coloro che hanno lavorato, culturalmente
e politicamente, per portare il Paese allo stato in cui è
attualmente, cioè alla mercé della Trojka. Mentre io constato
l'ineluttabilità di questo processo, oramai arrivato nella sostanza
al punto di non ritorno, mancando solo una formalizzazione ufficiale,
il Pasquinelli mi accosta esplicitamente a coloro che hanno creato il
processo. Come dire: lo spettatore accostato all'attore.
Il mio articolo è sin
troppo chiaro, non è equivoco. Parlare, come fa Pasquinelli, di una
“sinistra che invoca la Trojka” è quindi una voluta
strumentalizzazione dello stesso. E' del tutto evidente che nessuno
stia invocando la Trojka, anche per una ragione di solare evidenza, a
tutti tranne che a Pasquinelli, che (e questo è il suo errore
fondamentale di lettura della realtà) nel suo articolo continua a
farneticare di presunti “ultimi brandelli di sovranità”, per
usare le sue parole. In realtà, è dal 2011, dalla famosa letterina
di messa in mora di Berlusconi e Tremonti, che ciò che rimaneva
della nostra sovranità è scomparso, e la Trojka è viva e lotta con
noi. Sono anni che non c'è più sovranità nelle politiche
economiche. Quindi sarebbe quantomeno inutile, da parte mia, invocare
qualcosa che c'è già, ammesso e non concesso che fosse questo il
mio intento.
E' invece molto utile
auspicare che il teatrino di una fasulla autonomia nazionale nel fare
le riforme “che ci chiedono i nostri figli”, come con abilità
istrionica dice il nostro premier, crolli e che le dinamiche reali di
eterodirezione delle nostre politiche economiche e sociali si
palesino in modo evidente e visibile a qualsiasi cittadino, anche al
meno informato politicamente. Perché questa evidenza è la
condizione per una possibile, eventuale e sperabile, reazione di
riscossa di un Paese che sta subendo in modo totalmente passivo il
massacro sociale in atto. Senza che le dinamiche retrostanti siano
chiare ed evidenti, è sempre facile manipolare l'opinione pubblica e
incanalare lo sdegno verso falsi obiettivi. Diciamo che quello che
sto affermando, ovvero che i pupari emergano in prima fila, anziché
manovrare da dietro, dovrebbe essere un obiettivo fondamentale
proprio di Pasquinelli e dei suoi soci alla ricerca di una reazione
di orgoglio nazionale e patriottico, che non ci sarà mai fintanto
che l'uomo della strada pensa di essere governato da qualcuno che “ha
scelto lui”.
L'illusione ottica che vi
sia ancora una sovranità nazionale da difendere, dopo 12 anni di
moneta unica, dopo il fiscal compact, dopo il Six Pack, dopo
l'entrata a regime del MIP, con i suoi meccanismi preventivi e
sanzionatori per chi non rispetta le “raccomandazioni” formulate
dal Consiglio Europeo al Governo nazionale, dopo che persino i
disegni di legge di stabilità devono essere portati alla Commissione
Europea per un vaglio preventivo, porta il Pasquinelli ad
affermazioni che sarebbero grottesche, se non fossero tragiche.
Accusa il sottoscritto di bramare oscure trame autoritarie, quando le
riforme renziane stanno di fatto demolendo ogni residuo di democrazia
parlamentare e pluralismo partitico, addirittura senza nemmeno che
l'Europa abbia chiesto particolare attenzione alle riforme
istituzionali (come dice Draghi quasi quotidianamente, come ripetono
quotidianamente editorialisti del Sole 24 Ore, al servizio
dell'euro-borghesia italiana, le riforme istituzionali non sono una
priorità). Possibile che il nostro non veda il disegno bonapartista
tutto domestico e casereccio nell'operato del premier rignanese?
Possibile che tutti i mali debbano essere sempre esterni? Che una
classe dirigente domestica in declino culturale e politico non sia in
grado di elaborare, autonomamente, un progetto autoritario, nella
speranza di sopravvivere ad una crisi che non riesce a risolvere?
Accusare sempre un nemico immutabile di ogni male è,
psicologicamente, un brutto sintomo.
Ad ogni modo, la politica
è fatta di senso della realtà. Io propongo un commissariamento
immediato che acceleri tutti i processi, sia lo smantellamento
definitivo di una classe dirigente domestica oramai del tutto
inadatta per qualsiasi cosa (a meno che Pasquinelli non la pensi
diversamente su Renzi, nel qual caso me lo dica), sia una possibile
reazione popolare, sia, e questo lo affermo co ngrande serenità, un
sia pur piccolo cambiamento nell'asse delle politiche europee.
Deflazione e recessione stanno iniziando a toccare anche la Germania.
Possibile che la Merkel non se ne sia accorta? E come mai la
Bundesbank non fa più opposizione ostracistica, come un anno fa,
alle politiche monetarie espansive della Bce?
Ora, può anche darsi che
io mi sbagli, e che invece non ci sarà né un cambiamento di classe
dirigente nazionale, perché essa si metterà sotto protettorato
europeo, né una reazione popolare, e nemmeno un cambiamento sia pur
minimo di direzione delle politiche europee. Il problema è che
altre strade a mio avviso non ci sono. A Pasquinelli che mi accusa di
essere un incompetente in economia solo perché non aderisco alle sue
proposte (bell'esempio di democrazia, che si chiama”stalinismo”,
detto en passant) vorrei spiegare che il ripudio del debito, lo
riscadenzamento del debito, la moratoria del debito, tutti rimedi
peraltro suggeriti anche da economisti borghesi (qualcosa di simile
lo suggerisce, per il nostro Paese, il non certo marxista Daily
Telegraph, quotidiano della borghesia finanziaria britannica non
certo animato da generose intenzioni rispetto all'Italia, che è pur
sempre un concorrente) non sono contemplati nei Trattati europei.
Poiché non ci sono le condizioni politiche per cambiare i Trattati,
perché nessuno oggi in Europa è in grado di piegare la Germania,
per fare le cose di cui sopra occorrerebbe rompere, cioè uscire
dall'euro. Con conseguenze, in termini di fughe di capitali (solo in
piccola parte contrastabili da controlli amministrativi, che
peraltro, se prolungati, asfissiano l'economia, come avviene in
condizioni prolungate di autarchia) e di boicottaggio da parte dei
mercati finanziari inimmaginabili. Proprio la storia dell'Argentina
che il Pasquinelli cita dovrebbe insegnarci che ci sarà sempre un
giudice Griesa, da qualche parte, pronto a farci pagare con gli
interessi un eventuale ripudio, anche parziale, del debito estero. Al
netto del giudice Griesa, e di ciò che succederà realmente nei
prossimi mesi in Argentina, sarebbe interessante capire da
Pasquinelli chi investirebbe in un Paese a moneta svalutata e con una
credibilità pari allo zero sui mercati finanziari. Dove questo Paese
otterrebbe la valuta estera necessaria per pagare le importazioni
necessarie a far funzionare la sua economia (atteso che l'Italia, per
esempio, non è autosufficiente dal punto di vista energetico). E non
voglio nemmeno citare le conseguenze più generali del ripudio di un
debito pubblico immenso, detenuto per il 35% da soggetti esteri. Che
rischierebbe di creare una nuova bolla di crisi finanziaria globale,
inevitabilmente rivolta anche al nostro Paese, vista
l'interdipendenza globale delle singole economie nazionali e dei
mercati finanziari e creditizi.
C'è, a dire il vero, un
rimedio suggerito dalla borghesissima Lucrezia Reichlin: una forma
evoluta di haircut del valore nominale della quota capitale del
debito pubblico ,da far pagare quasi essenzialmente al piccolo
risparmiatore italiano. Una soluzione di questo genere potrebbe
passare a livello europeo, perché gli haircut sono stati già
utilizzati nel caso greco. Ma a pagare sarebbe la vecchietta che ha
investito in Bot la sua pensione. Non certo le banche d'affari. Gli
altri rimedi suggeriti dal Nostro, come spiego sopra, non sono
praticabili, si ritorcerebbero contro di noi, e non varrebbe nemmeno
la pena di parlarne, in un dibattito fatto con i piedi per terra, non
sulla luna.
Probabilmente la calura
estiva e l'ozio agostano, o forse la necessità di trovare un'audience cui mostrare muscoli da "duro e puro", spingono il Nostro a perdere tempo a
ricercare inesistenti complotti Achilli/Scalfari (facendo troppo onore anche alle modeste capacità di influenza e relazione del sottoscritto, un semi-disoccupato vittima della crisi), cui appiccicare patentini di amici o
nemici del popolo. O forse sollecitano il malumore. Non è un problema mio come gli altri impiegano il
loro tempo libero ferragostano, d'altro canto.
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