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mercoledì 5 marzo 2014

LA FUNZIONE SOCIALE DEL CAPITALE di Renato Costanzo Gatti




LA FUNZIONE SOCIALE DEL CAPITALE

di Renato Costanzo Gatti




Secondo uno studio della BCE, la ricchezza netta pro-capite degli italiani, pari a 108.700 euro, supera di poco quella dei francesi (104.100 euro) e dei tedeschi ( 95.500 euro). Siamo quindi più ricchi dei nostri concorrenti più diretti ed allora c’è da chiedersi:
• come è distribuita questa ricchezza e
• come essa viene impiegata. 
• Per domandarsi poi quale sia la funzione sociale del capitale e
• se questa funzione sociale sia ben assolta dal capitalismo italiano.

DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

Secondo uno studio di Banca d’Italia del 2012, “In Italia i 10 individui più ricchi posseggono una quantità di ricchezza che è all’incirca equivalente a quella dei 3 milioni di italiani più poveri" [Cannari e D’Alessio 2006]; ciò esemplifica il divario che anche in un paese sviluppato come il nostro separa i ricchi dai poveri.
La disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza è in effetti assai più pronunciata di quella sul reddito . Considerando l’ultimo anno per cui è disponibile il dato definitivo, il 2008, si verifica che l’indice di Gini della ricchezza netta è pari a circa
0,63 contro lo 0,29 che si osserva per il reddito equivalente; il 10 per cento delle famiglie più ricche possiede oltre il 40 per cento dell'intero ammontare di ricchezza netta mentre il 10 per cento delle famiglie a più alto reddito riceve invece solo il 27 per cento del reddito complessivo. Seconde stime provvisorie (Banca d’Italia [2011]), nel 2010 l’indice di Gini sarebbe lievemente cresciuto, presumibilmente a causa degli effetti della grande recessione.
Ma qual è stato l’andamento della disuguaglianza della ricchezza in Italia negli ultimi decenni? 

Rispondere a questa domanda è più difficile di quanto si pensi, a causa domande riguardanti i redditi e la ricchezza, mettono in atto comportamenti reticenti, che si traducono in una sottostima degli ammontari dichiarati [Cannari e D'Alessio, 1993, D'Aurizio, Faiella, Iezzi, Neri, 2006]. 

Tuttavia la tabella allegata al report di Bankitalia espone le cifre sotto esposte.

Tab. A3. Indici di Gini della ricchezza familiare netta e delle sue componenti(*), 1977-2008

Reale Finanziaria
1977 -………. 0,656………0,674
1987 -………..0,649……. 0,688
1998 -………..0,635……. 0,766
2008-……….. 0,608……. 0,744

IMPIEGO DELLA RICCHEZZA

Recentemente il CER (Centro Europeo Ricerche) ha pubblicato un report nel quale si mettono a confronto i rapporti tra la capitalizzazione di borsa (capitale proprio) e prestiti bancari (capitale di terzi). Le cifre sono esplicite:

Rapporto alla fine del 2012 (Percentuali del PIL)

PAESE……BANCHE..MERCATOAZIONARIO.BANCA/AZIONI
ITALIA …......123%.................. 24%.......................... 5.125
GERMANIA..101%.................. 43%...........................2.349
FRANCIA…..116%...................69%...........................1.662

Se ne deve dedurre che i capitalisti italiani non sono “coraggiosi”, non hanno alcuna propensione al rischio e preferiscono rischiare con i soldi delle banche. Ne consegue che l’imprenditoria italiana (troppo spesso familistica ed identificante la figura dell’imprenditore con quella del capitalista) rimane “banco dipendente” e limitata dall’”ignavia del capitale”.

L’IGNAVIA DEL CAPITALE

Gardner Ackley, nella sua Teoria Macroeconomica (Einaudi editore) parla proprio, a pagina 629 a proposito di disoccupazione strutturale, della cronica carenza del capitale nell’economia italiana. Una limitata partecipazione del capitale costituisce un oggettivo ostacolo allo sviluppo rappresentando, nella curva del grafico della combinazione dei fattori produttivi capitale/lavoro, una linea retta che osta ogni possibile incremento dell’occupazione.
Diventa così legittima la domanda sulla legittimità del comportamento del capitale che non assolve alla sua funzione sociale in una comunità, se non addirittura non venga posto in dubbio la legittimità del possesso del capitale da parte di capitalisti ignavi.
Sotto questa luce, la patrimoniale choc assume una nuova ragion d’essere, non uno strumento punitivo, neppure soltanto uno strumento equitativo ma una necessità storica per rendere produttivo un fattore della produzione che preferisce rinchiudersi e tesaurizzare o inseguire le sirene della finanza.





La vignetta è del Maestro Enzo Apicella




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