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venerdì 7 luglio 2017

MIGRAZIONI: UNA FUGA DALLA CANNIBALIZZAZIONE di Carlo Felici




Come integrazione ed approfondimento del significativo intervento di Rinaldi mandiamo nell'immediato una riflessione che trae spunto da esso.



Il paradosso più grande dei nostri giorni e del secolo incipiente consiste nel fatto che è in atto una migrazione biblica dal continente più ricco del mondo: l'Africa, da sempre oggetto di sfruttamento da parte di tutti gli altri continenti e di tutte le altre nazioni coloniali, a cui si aggiungono oggi anche paesi fortemente in via di sviluppo come la Cina. La domanda di materie prime africane da parte dell'Asia oggi è infatti inversamente proporzionale alla caduta dei prezzi delle medesime materie, e questo sta spingendo al collasso quello che è da sempre il continente con la maggiore spinta demografica e che è anche il più affamato del mondo.

Considerare di potere inviare aiuti ai paesi africani senza mutare le condizioni inique in cui essi commerciano i loro prodotti significa solo perpetrare ed aggravare il sistema di sfruttamento a cui il continente africano è condannato da secoli. Soprattutto fino a quando i governi corrotti di molti di questi paesi, collusi con quelli che operano politiche imperialiste e neocoloniali, continueranno a cannibalizzare i profitti a danno della stragrande maggioranza della popolazione dei loro concittadini, ma forse sarebbe meglio dire sudditi.

L'Africa, da sola, vanta circa il 10% delle riserve planetarie di petrolio, ha il 40% dell'oro della Terra, un terzo delle riserve di cobalto e immense potenzialità agricole che non sono adeguatamente sfruttate e valorizzate per non rendere competitivi i prodotti africani e per favorire gli interessi delle multinazionali che utilizzano le monocolture con la complicità dei governi locali corrotti, per fini di mero profitto e a tutto danno delle coltivazioni locali necessarie per le popolazioni povere.

Dall'inizio di questo secolo all'Europa e all'America si è aggiunta la Cina che ha quintuplicato i rapporti commerciali con l'Africa, e incrementato un sistema che prevede di comprare di tutto e di più e pagare sempre di meno o niente.

La classe dirigente africana è una delle più corrotte al mondo, nel periodo coloniale collaborava con le potenze imperialiste, impedendo uno sviluppo industriale nei paesi africani, oggi si guarda bene dall'incrementare la produzione locale e il mercato interno, e continua ad importare prodotti dai paesi neocoloniali, in cambio della cessione delle risorse ai peggiori speculatori ed investitori corrotti di tutto il mondo.

E il mercato di importazione dei prodotti in Africa vede al primo posto le armi, i manufatti e l'alcool, con cui le stesse oligarchie corrotte africane tengono interi popoli in condizioni di miseria e li drogano o li terrorizzano se provano ad alzare la testa.

Fino alla guerra fredda principalmente il territorio africano era spartito tra le sfere di influenza delle due superpotenze e qualche speranza di emancipazione era possibile anche se in breve tempo frustrata, si veda il caso di Lumumba e di Sankara, ma oggi interessati alla rapina del continente africano ci sono anche molti paesi emergenti, tra questi Cina, Iran, Venezuela, India, Brasile, Arabia Saudita, Kuwait e Oman. E i governi locali africani non fanno altro che sviluppare un tragico collateralismo con gli interessi di questi paesi neocoloniali per divorare le economie locali e mantenere un dominio assolutista sulle popolazioni del continente africano. Gli unici centri sanitari o le scuole che riescono a funzionare ancora in quei paesi sono riservate ai figli o ai membri di quelle oligarchie, il resto della popolazione in crescita demografica è condannato alla miseria o all'emigrazione. Oppure ad essere arruolato come cane da guardia del loro sistema, pena la morte, la tortura oppure la completa sparizione.

Non tutte le ONG contrastano efficacemente questa tendenza anche se alcune hanno ottenuto buoni risultati per denunciarla, molte, piuttosto, sono pienamente integrate direttamente o indirettamente con il sistema complessivo di sfruttamento, occupandosi solo di prevenire o ammorbidire gli eventuali conflitti collaterali che esso può determinare.

Sono gli stessi esperti in politiche internazionali come David Sogge a denunciare il fatto che le ONG nulla fanno affinché le popolazioni locali possano emanciparsi dall'egida delle oligarchie locali corrotte che le tengono in una condizione di semischiavitù, o siano capaci di intraprendere un programma di costruzione di infrastrutture locali tali da dare lavoro e incrementare l'economia di quei paesi, praticando così la politica del pesciolino gratis e nemmeno per tutti, senza insegnare a nessuno seriamente a pescare

La conseguenza di tutto ciò è una emorragia di capitali e di persone sempre più copiosa dal continente africano, ci calcola che in quasi 40 anni siano usciti dall'Africa circa 700 miliardi di euro, solo come dato ufficiale datato 2010, e con una crescita continua, mentre, allo stesso tempo, la stragrande maggioranza delle popolazioni affamate che ammonta ormai a più di 900 milioni di persone è tuttora in condizioni estremamente precarie ed in via di fuga dal continente Africano.

Solo in Etiopia la gente fugge o muore di fame perché il governo di quel paese ha concesso tre milioni di ettari di terra ad arabi e cinesi che li sfruttano con alta e costosa tecnologia, anche utilizzando serre, per rivendere i prodotti nei loro mercati. Una società statunitense ha affittato a costi irrisori 800.000 ettari nella regione meridionale e più povera del Sudan, e cosa fa l'Unione Europea, oltre a strombazzare di aiuti per la povera Africa e inondare le televisioni con immagini di bambini africani scheletriti? Ha deciso di incrementare la produzione di biocarburanti che, oltre a danneggiare le pompe della benzina di ciascuna auto con cui circoliamo, comportano l'acquisto di decine di milioni di ettari nel continente africano nei prossimi anni.

Diceva Thomas Sankara: "Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità."

E Lumumba: “Si procederà con la decolonizzazione mentale, perché hanno indottrinato il popolo per 80 anni alla falsità. Con i nostri cervelli, le nostre mani, svilupperemo il Congo."

Per ora le popolazioni africane, afflitte da povertà e  mancanza di cultura che favorisca una coscienza unitaria, emigrano e, come è del tutto evidente, non possono fare a meno di farlo, dato che l'ipocrisia dell'Occidente non sta aiutando i loro paesi, ma solo le oligarchie che servono a sfruttarli e ad incrementare ulteriormente l'emigrazione dall'Africa.

Ma un giorno, forse grazie anche all'emancipazione culturale che si spera possano avere nel corso delle loro generazioni persino nei paesi occidentali, rifiuteranno di perpetrare il lavaggio dei loro cervelli e magari assieme agli stessi popoli occidentali spinti sempre di più verso la soglia della miseria e dell'emarginazione faranno fronte comune per un progetto rivoluzionario internazionale. Perché l'Africa e l'Europa si salveranno insieme solo grazie ad un grande progetto rivoluzionario comune di emancipazione culturale e sociale dei popoli europei ed africani, in una prospettiva evidentemente internazionalista, tale da contrastare alla radice un modello di globalizzazione a senso unico speculativo e turbocapitalista, non mediante un misero recinto sovranista. Ma piuttosto con un habitus mentis e con un vestito nuovo per ciascuno, non con toppe raffazzonate su un vestito logoro e stracciato per tutti.

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