LE CINQUE GIORNATE DI GENOVA CHIAMANO LA SINISTRA DI CLASSE ...
di Giancarlo D'Andrea
Genova la rossa, Genova dei camalli e della rivolta contro
il Governo Tambroni, ha vissuto cinque
giornate significative per la sua importante storia di lotte sindacali e
politiche.
Questa volta protagonisti sono stati i lavoratori delle aziende
del trasporto pubblico genovesi in rivolta dura e rabbiosa contro la delibera di PRIVATIZZAZIONI varata dalla Giunta Doria, sindaco in quota SEL.
Si è trattato infatti di una mobilitazione straordinaria, non
priva di limiti e contraddizioni, ma
comunque straordinaria: per ben cinque giorni i lavoratori hanno sfidato la
Giunta Comunale, i partiti e i sindacati ufficiali, senza indietreggiare di un
millimetro neanche di fronte alla precettazione con annesse salatissime multe
per interruzione di pubblico servizio.
A Genova è scoppiata una rabbia profonda accumulatasi nell’arco degli
anni, con istituzioni incapaci di prendere decisioni, partiti imprigionati
nelle logiche delle compatibilità impossibilitati a dare indicazioni a fronte di un dissesto finanziario delle aziende
partecipate del trasporto, dissesto che ormai tutte le più autorevoli fonti
inseriscono nel dissesto generale del trasporto pubblico dell’intero Paese, che
vede ormai tecnicamente in default il 44% delle aziende di trasporto pubbliche
italiane, nel frattempo, mentre si insiste in progetti costosi e fallimentari
come la TAV, la soluzione è la privatizzazione a scapito dei livelli
occupazionali e salariali dei lavoratori e a costi sociali altissimi .
Le improvvide dichiarazioni del Sindaco Doria, cui si sono
aggiunte le posizioni apertamente antipopolari del PD, hanno rischiato di
aprire la porta a qualche Masaniello della destra di cavalcare la protesta
correndo il rischio di sbocchi pericolosi.
Nonostante i disagi fortissimi per la popolazione costretta a
piedi ininterrottamente per ben cinque giorni, si percepiva immediatamente che la
simpatia del popolo genovese era tutta per i lavoratori in lotta, studenti,
lavoratori, anziani non hanno esitato a sostenere e simpatizzare attivamente
con i tranvieri in lotta. Tutta Genova ha espresso una solidarietà forte
creando il clima, l’atmosfera favorevole, che ha sostenuto la dura lotta dei
tranvieri e spinto lavoratori di altre aziende, e gli studenti medi e
universitari a scendere in piazza e nelle strade piene di migliaia lavoratori .
E il sindacato?
Quelli confederali e gli autonomi, in particolare quelli dei
tranvieri, compreso che senza l’autorevolezza necessaria ad un’opera di contenimento,
una volta scoppiata la protesta e constatato che assumeva radicalità e durezza
col passare dei giorni, ha tentato di cavalcarla: senza indicare obiettivi concreti
tali da costituire una vera piattaforma rivendicativa, senza una strategia
chiara e condivisa dai lavoratori, dimostrando una grande irresponsabilità.
I lavoratori si sono così trovati in una strettoia tale per cui o si
sarebbero strappati risultati concreti accettabili oppure si sarebbe stati costretti ad andare
avanti a oltranza, con la consapevolezza che in ogni caso si sarebbero fatte
avanti la stanchezza, le sanzioni, la
pressione per riprendere il servizio .
La rabbia crescente e la compattezza dei lavoratori ha spinto il
sindacato ad avviare una trattativa senza alcun mandato diretto dei lavoratori
che si è conclusa con la firma di un accordo che prevede l’ingresso del privato
in AMT attraverso l’esternalizzazione delle linee collinari, la copertura del buco finanziario con risorse in
parte improbabili (recupero dell’evasione), e infine “garanzie” su occupazione e
retribuzione per i lavoratori sulla cui inesigibilità si aprono grandi perplessità.
Emblematica è stata la conclusione nella incredibile assemblea
svoltasi sabato 23 , che ha visto una grande esposizione mediatica.
Il pasticcio finale della
“votazione o di qua o di là “ in assemblea, come se non fosse bastata la
condotta irresponsabile seguita dalle burocrazie sindacali, ha creato le
premesse per risentimenti e ulteriore
rabbia che solo in parte si è manifestata con la contestazione ai sindacalisti
e il lancio di decine di tessere contro la presidenza segno evidente che il sindacato, come la Giunta Doria e i
Partiti politici, ne escono con un
crollo di credibilità ricco di opportunità per la sinistra di classe ma anche
carico di pericoli di derive spurie.
Ormai appare evidente che il peso della crisi economica, il
crollo di credibilità della politica e delle istituzioni, stanno comprimendo
una rabbia sorda e profonda, che così come è successo a Genova potrebbe esplodere
con violente e rabbiose esplosioni di collera, ormai il problema di una
strategia per uscire dalla crisi a sinistra è all’ordine del giorno, la
sinistra di classe deve farsene carico e farne una ragione decisiva per gettare
le basi per una unità programmatica, politica ed organizzativa, altrimenti
l’uscita dalla crisi potrebbe avvenire verso altre , tragiche, direzioni.