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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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giovedì 17 luglio 2014

GAZA:UN'ALTRA STRAGE DI BAMBINI, DISASTRO UMANITARIO di Marco Santopadre



GAZA:UN'ALTRA STRAGE DI BAMBINI, DISASTRO UMANITARIO
di Marco Santopadre
La strage israeliana a Gaza continua indiscriminata a colpire civili inermi, donne, anziani, disabili, bambini che costituiscono l’80% degli ormai 220 morti e delle migliaia di feriti.
Tra i morti di oggi sotto le bombe israeliane ci sono anche sei bambini. Quattro dei quali – tra i 9 e gli 11 anni - sono stati falciati mentre si trovavano sulla spiaggia della piccola enclave assediata, in un bar sul lungomare. I quattro bambini sono stati mitragliati da una motovedetta israeliana o secondo altre fonti (ma sembra improbabile) da un drone.

Secondo l’agenzia di stampa Afp, il cui inviato alloggia nell’hotel di fronte alla spiaggia in cui è stato compiuto il massacro, un primo attacco israeliano è avvenuto intorno alle 15 ed ha spinto bambini e adulti a disperdersi sulla spiaggia. Il secondo e poi un terzo attacco hanno colpito la folla mentre correva sulla spiaggia, con capanne che prendevano fuoco e bambini terrorizzati che cercavano di scampare ai proiettili. Ma sono anche altri i bambini uccisi oggi da uno degli eserciti più forti – e feroci – del mondo. Una bimba di cinque anni è precipitata da un palazzo colpito da un missile israeliano a Rafah, località al confine meridionale della Striscia, ed è morta sul colpo. Un altro bambino è morto in un raid di Tel Aviv a Gaza City; un altro ancora è stato ucciso nel corso di un bombardamento a Khan Yunes. 
Nonostante la martellante propaganda israeliana sul carattere selettivo e mirato dei raid, i bombardamenti non risparmiano ospedali e altre strutture sanitarie della Striscia di Gaza. Lo ha denunciato oggi al quotidiano britannico Guardian il direttore generale del ministero della Sanità, Medhat Abbas, sollecitando la comunità internazionale a fare pressioni su Egitto e Israele perchè vengano aperti i valichi di Gaza per consentire l'arrivo dei medicinali necessari per far fronte a oltre 1.500 feriti che le strutture locali non sono in grado di curare adeguatamente. "Non c'è alcun luogo sicuro nella Striscia di Gaza dove i civili possano nascondersi. Non ci sono rifugi, hanno colpito ospedali, strade, zone residenziali - ha detto - sono stati colpiti due ospedali, lo European Gaza hospital e il centro di riabilitazione Wafa. E hanno preso di mira un istituto di riabilitazione, uccidendo tre persone disabili presenti all'interno e ferendone altre tre. E minacciano di colpire ancora l'ospedale di Wafa. Hanno chiesto al personale medico e ai pazienti disabili di andarsene".
Oggi anche l'Agenzia dell’Onu per gli aiuti ai rifugiati palestinesi ha condannato la distruzione indiscriminata di edifici nella Striscia di Gaza durante i nove giorni di offensiva israeliana dal cielo, dal mare e da terra. "Il livello di perdite umane e di distruzione a Gaza è davvero immenso", ha dichiarato un portavoce dell'Unrwa, Sami Mshasha, durante una conferenza stampa presso la sede delle Nazioni Unite di Ginevra. "Una gran parte delle vittime sono donne e bambini", ha denunciato. Inoltre 560 case sono state completamente rase al suolo e migliaia di edifici, di cui alcuni pubblici – compresi scuole e ospedali - sono stati danneggiati. L'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi rende anche noto che ben 47 centri dell'Agenzia sono stati colpiti dai bombardamenti.
Intanto il Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr) denuncia che centinaia di migliaia di persone nella Striscia di Gaza non hanno possibilità di approvvigionamento di acqua potabile. "Nell'arco di pochi giorni l'intera popolazione della Striscia potrebbe essere senza acqua", ha detto Jacques de Maio, capo della delegazione Cicr nella regione, citato dall'agenzia di stampa Dpa. Secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, "l'acqua inizia a essere contaminata" e c'è "un serio rischio di diffusione di malattie".
16 marzo 2014
dal sito Contropiano

mercoledì 16 luglio 2014

L’ORIZZONTE UNIVERSALE DI CATERINA di Sara Palmieri

 

L’ORIZZONTE UNIVERSALE DI CATERINA*

di Sara Palmieri


Caterina non ha più bisogno di nulla.
Sa fare a meno delle comodità dei nostri tempi.
Una virtù non da poco se si considera l’ampia gamma di mezzi e servizi di cui disponiamo e che, alla fin fine, si sono tramutati in nuove e più insidiose forme di schiavitù, da cui dipendiamo come tossicomani testardi e inconsapevoli.
Il personal computer portatile è il solo strumento che ha portato con sè nell’angolo di mondo in cui ha deciso di vivere i suoi prossimi anni.
In questa baracca piantata in riva al mare, con le onde che si infrangono lente ma mai uguali a se stesse, circondata da un fitto palmizio, c’è l’atmosfera giusta per scrivere, dare sfogo alla sua eterna passione. Il villaggio più vicino è a venti chilometri, ma lei lo raggiunge poco, solo per rifornirsi di frutta e verdura, che cuoce su un fornello e consuma lentamente sotto la veranda di canne.
Si è lasciata alle spalle il mondo e le sue contraddizioni, il suo inquietante retaggio di corrotti e di corruttori, di vizi e di inganni, di promesse non mantenute e di false apparenze. Finalmente può scrivere in pace, gustare una ad una le parole che la mente le sgrana come un rosario che però si rinnova ad ogni recita, metterle in fila fino a creare una storia, dare vita a donne e uomini nuovi, scegliere il finale più adatto o nessun finale.
Da quando si è trasferita ne ha scritte tante di storie, ognuna ha uno spunto reale, che poi è superato dalla più sciolta fantasia.
Non ama i romanzi, predilige la forma del racconto, che ritiene la più adatta all’ispirazione del momento, la meno costruita, e che, come avviene per la musica, ha una sua misura esatta.
Un racconto – secondo Caterina – segue i tempi delle partiture musicali (lei che è stata violoncellista lo sa) e, come accade in queste con le note, devono essere rimodulate le parole stonate, le sovrastrutture che impediscono al testo di scorrere fluido come acqua di ruscello.
Una volta scritto, il racconto deve, proprio come un buon vino, decantare.
Così Caterina lo lascia lì, custodito nel nome di un file per qualche giorno.
Poi lo riprende e, rileggendolo, percepisce con maggiore forza le disarmonie, che elimina o sostituisce.
Compie più volte questa operazione: fino a che il testo non ha raggiunto la giusta musicalità. A questo punto non potrà più essere modificato.
Ora che la sua vita ha preso la piega più giusta e confacente, una nuova prospettiva si è schiusa grazie alla passione per la scrittura.
Non riesce a scrivere, Caterina, di furenti passioni, di epopee ridondanti, di saghe infinite quanto surreali, di concetti complicati in cui la vicenda umana si avviluppa con l’unico obiettivo di ingannare il lettore.
Le sue storie sono semplici, parlano di persone ordinarie, di sentimenti comuni, di emozioni lievi, spesso impercettibili, di ciò che passa in uno sguardo, in un gesto, in una parola solo in apparenza casuale.
Vivere attraverso la scrittura le vite dei suoi personaggi, dopo essersi seduta per un poco ad osservarli come un ospite discreto e silenzioso, le procura un piacere straordinario e incredibile, le apre spazi nuovi e infiniti.
Il suo orizzonte si è espanso e genera senza sosta altri orizzonti che ora appartengono ai personaggi che ha creato e a coloro che - anche in un altro tempo e in un altro luogo - ne leggeranno le storie.




* Dedicato a Katherine Mansfield.





martedì 15 luglio 2014

LA VOLPE E LE GALLINE di Norberto Fragiacomo




la volpe e le galline
di
Norberto Fragiacomo


Matteo Renzi è davvero più pericoloso dei suoi predecessori, Monti compreso?
La domanda è abbastanza oziosa, per una varietà di ragioni. Anzitutto perché, in assenza di termini di paragone obiettivi (Mario e la sua Empy sono ormai consegnati agli annali, il fiorentino è appena agli esordi), si rischia di rispondere emotivamente – ed è cosa nota che i timori e le sofferenze presenti sbiadiscono i patemi passati, proprio perché lontani nel tempo, non più attuali. E’ irragionevole aver paura di ciò che è già capitato; pensiamo a quanti adulti ridano scioccamente delle proprie “tragedie” infantili, senza considerare che, a otto anni, un brutto voto a scuola e la sottrazione di un giocattolo possono costituire un autentico dramma. Tuttavia, non sono soltanto la psicologia umana e la carenza di dati affidabili a rendere difficile il confronto: a ben vedere, Renzi è la prosecuzione del professor Monti, perché ricopre il medesimo ruolo e si propone gli stessi scopi. Non mi riferisco alla carica di Presidente del Consiglio, ma per l’appunto al ruolo, al compito di “privatizzazione integrale” della società che ai due personaggi è stato assegnato. Da chi? Dal gotha della grande finanza multinazionale, cui il bocconiano appartiene di diritto ed alla quale l’ambiziosissimo Matteo ha venduto furbescamente i suoi servigi.

lunedì 14 luglio 2014

IL PATTO LEONINO PER LA SALUTE di Riccardo Achilli




IL PATTO LEONINO PER LA SALUTE 
di Riccardo Achilli




E’ in via di ultimazione la firma fra Governo e Regioni, dopo mesi di trattative molto dure, e fra notevoli e diffuse lamentele da parte dei governatori (specie del Mezzogiorno) del Patto per la Salute 2014-2016. Tale documento programma l’entità e l’utilizzo del Fondo Sanitario Nazionale per gli anni dal 2014 al 2016, delineando quindi la configurazione generale del sistema sanitario pubblico.
Mai come in questo caso la comunicazione (notoria abilità del Governo Renzi) serve per nascondere la realtà di una politica sanitaria volta a smantellare parti del sistema, ed a impoverirlo, finanziariamente e in termini di capacità d’intervento. Mentre il Governo, surrettiziamente, esenta le cliniche private convenzionate dal pagamento della Tasi (con il decreto firmato il 26 giugno dal Ministro Padoan) indipendentemente dalle tariffe (spesso salate) che impongono ai pazienti, con un nuovo regalo alla sanità privata, quella pubblica inizia un percorso di smantellamento.

domenica 13 luglio 2014

«CUCIRE INSIEME. STRACCIO PER STRACCIO» di Michele Berti






Pubblichiamo questo interessante intervento di Michele Berti il quale invita le forze mediatiche rivoluzionarie ad unirsi per costituire un polo informativo alternativo. Insomma a creare "una nuova Radio Londra che fornisca alle persone gli strumenti cognitivi per capire il mondo che ci circonda e quali sfide ci aspettano".
Per quanto ci riguarda come Redazione di Bandiera Rossa in Movimento siamo pienamente disponibile a questo progetto.
Stefano Santarelli




10 luglio. CONTINUA IL DIBATTITO SULL'INTERVISTA DI EMILIANO BRANCACCIO.
Segnaliamo i due precedenti interventi di Beppe De Santis "Combattiamo invece di darci per vinti" del 4 luglio, e quello di Filippo Santarelli "Non tutti i reazionari vengono per nuocere" del 7 luglio.


Brancaccio, da sempre lucido nelle proprie analisi mi fornisce due spunti per alcune riflessioni. Una prima considerazione riguarda lo scenario "ambidestro" ipotizzato. 
Il mio parere è che tale analisi trovi già tenui conferme nella lettura della situazione politica odierna dove emerge sempre più nitidamente uno scontro, o meglio una contrapposizione, tra quella che si può definire la destra mondialista definita nell'intervista “europeista e tecnocratica” affascinata dal nuovo ordine mondiale, elitaria e caratterizzata dal disprezzo verso il ceto medio e lavoratore, con la destra nazionalista vecchia scuola di cui tutto già sappiamo. 

Questo scontro per ora solo promesso, tra il capitalismo multinazionale e la destra nazionalista, provinciale, razzista e xenofoba, può essere intelligentemente usato a fini politici dal soggetto che, consapevole della battaglia campale che si svolgerà nei prossimi mesi, riuscirà ad incunearsi in questo apparente conflitto. Impegnata tra due fuochi, ogni iniziativa dovrà giocarsi tutto sulla capacità di creare convergenza sui valori democratici espressi dalla nostra Carta Costituzionale. 

Non si riparte da zero, si riparte da ciò che unisce tutti, dalla nostra storia, da quei principi che i padri fondatori hanno scritto per noi dopo il periodo buio del regime fascista e che noi siamo obbligati a difendere fino alla fine. Un nuovo fronte popolare , di sinistra ovvero dalla parte del lavoro con intransigenza, dovrà nascere ed iniziare a “narrare”, riprendendo le parole di Brancaccio, la realtà del nostro Paese riprendendosi gli spazi che il pensiero unico ha occupato e colonizzato: le menti. 

E qui Brancaccio mette il dito nella piaga e mi porta ad una ulteriore riflessione. La differenza tra narrazione e realtà deve essere una delle chiavi su cui impostare un nuovo ragionamento che porti un effettivo cambiamento nella società italiana. Le ultime elezioni europee, tra le tante indesiderate conferme, ci hanno insegnato che la televisione nel nostro paese è ancora lo strumento principe nella costruzione dell'opinione pubblica e di conseguenza del voto. Per incidere sulla realtà in modo efficace dobbiamo essere consci che la battaglia che stiamo perdendo è quella che si combatte nelle menti delle persone mutandole antropologicamente, come dice Giovanni Sartori, da Homo Sapiensin Homo Videns. Se non comprendiamo che dobbiamo armarci per combattere questa disfida, per ora impari, con il potere e pensiero unico, non riusciremo a dare ampio respiro al nostro movimento di resistenza. 

Uniamo le forze mediatiche, creiamo un polo informativo resistente, una nuova Radio Londra che fornisca alle persone gli strumenti cognitivi per capire il mondo che ci circonda e quali sfide ci aspettano. Televisione digitale, web TV, web radio, blog e giornali online in un' unica realtà mediatica capace di veicolare contenuti alternativi fino ad arrivare alla maggioranza degli italiani. Anche qui non si parte da zero, tutti gli strumenti mediatici esistono già, ma non sono coordinati e supportati in modo coerente. Cucire insieme, straccio per straccio, un polo informativo alternativo è un' urgenza nazionale per tornare a narrare la realtà per ciò che è, ad esaminarla con il giusto senso critico e a trasformarla con scelte che mirino al benessere collettivo e alla giustizia sociale. Ci aspettano mesi ed anni difficili. Tutto l'arsenale mediatico di mistificazione e disinformazione verrà dispiegato a livello nazionale ed estero per attutire l'impatto del titanic neoliberista. Mi unisco alla voce di Beppe De Santis nel dire: organizziamoci, prepariamoci, organizziamoci.


dal sito Sollevazione



sabato 12 luglio 2014

NO ALL'EUROPA DI GOVERNANTI E BANCHIERI







NO ALL'EUROPA DI GOVERNANTI E BANCHIERI!

…...SI RIUNISCONO A FIRENZE

(12 Luglio 2014)
28 MINISTRI EUROPEI, COLPEVOLI DELLO SFRUTTAMENTO E DELLA MISERIA DEI POPOLI D’EUROPA SI RIUNIRANNO A FIRENZE IL 14 LUGLIO 2014 PER UN NUOVO VERTICE. I SIGNORI D’EUROPA PREPARANO UN MONDO DI SFRUTTAMENTO CON MENO LAVORO, MENO SALARIO, MENO DIRITTI, MENO SERVIZI.

PRESIDIO DI PROTESTA LUNEDI 14 LUGLIO 
ore 19.00 - 21.30 
PONTE SANTA TRINITA -FIRENZE
 

UN'AGENDA NEMICA DEL POPOLO E DEI LAVORATORI: 

1. PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATO nei settori della cooperazione e dello sviluppo; ossia accordi tra imprese internazionali responsabili della distruzione ambientale, sociale e economica di territori e nazioni. Elargiscono tramite ONG spiccioli ai popoli mentre sfruttano il loro territorio e le loro risorse. 

2. L'EXPO 2015 presentare la riduzione globale del costo del lavoro come mezzo di salvaguardia del sistema, propone falsamente di sfamare il mondo quando in realtà vuole Affamare i Lavoratori! Visti anche i contratti da fame stipulati per i lavoratori addetti in expo 2015 (3,50 euro lordi orari), con avvallo dei sindacati concertativi. 

3. Il TTIP (Transatlantic Trade and Investiment Partnership); ossia un accordo su libertà di commercio e investimenti che elimina licenze per esportazioni, certificati di qualità, normative ambientali, contratti collettivi di lavoro, tutele e regole governative. Il TTIP è l'attacco finale allo stato sociale, in quanto stralcia le regole ambientali, svende il patrimonio e i servizi pubblici, calpesta i diritti dei lavoratori e dei cittadini (vedere appelli NO TTPL del movimento http://stop-ttip-italia.net). 

4. Il TISA (Trade In Services Agreement) Accordo scambio sui servizi; che mira a privatizzare l'intero settore dei servizi essenziali: acqua, energia, sanità, scuola, trasporti, previdenza. La loro "Promozione economica e culturale del nostro territorio" è in realtà sfruttamento della nostra terra; desertificazione produttiva manifatturiera e virata decisiva su modello " Città Vetrina" con i contratti precari del JOB ACT. 

5. Preparazione del G7 DEL 2017 DA OSPITARE IN FIRENZE. Dopo i criminali esiti dei Vertici di Genova 2001 e L'Aquila 2009 vogliono ospitare la fiera del capitalismo nella "Città operatrice di pace" "Firenze Social Forum" ed asservirla, militarizzando cantieri e infrastrutture utili all'evento 

I POPOLI D'EUROPA HANNO INVECE BISOGNO DI: 

· Costruire un sistema fondato sui beni comuni, sulla piena occupazione e sulla 
redistribuzione del reddito e delle ricchezze, sui diritti dei lavoratori/trici e su uno sviluppo ecologicamente sostenibile. 

· Ribadire l'uguaglianza dei popoli, la parità dei diritti economici, sociali e politici, indipendentemente da nazionalità, origine, religione, sesso e genere delle persone. 

· Rivendicare il diritto universale ai servizi pubblici come la scuola e l’educazione, la sanità, i trasporti, l’energia, l’acqua e la casa. 

SE CONDIVI QUESTO VOLANTINO INVIALO ALLE MAIL DEL SINDACO DI FIRENZE IN SEGNO DI PROTESTA: 


PROMOTORI: CUB - Confederazione Unitaria di Base, Coordinamento No Austerity, PMLI, PC , Clash City Worker, Altra Europa con Tsipras, PCL, Una Città In Comune, perUnaltracittà , PDAC , Cub Rail, Piattaforma Comunista, Giovani Comunisti\PRC, No Tunnel TAV Firenze, Ancora In Marcia



Fonte


o    email: cub-trasporti@libero.it









venerdì 11 luglio 2014

SALVACONDOTTI, MANCE E SCIATTERIE: ECCO IL “NUOVO” DI RENZI di Norberto Fragiacomo




SALVACONDOTTI, MANCE E SCIATTERIE: ECCO IL “NUOVO” DI RENZI 
di Norberto Fragiacomo




Non c’è, ve lo siete inventato! Si sgolavano capitan Matteo e i suoi complementi, ma alla fine il clandestino è sbucato sul ponte con indosso un’uniforme cucitagli su misura – più dimessa, ma per ciò stesso maggiormente vistosa di quella ordinaria.Eh sì, perché il quarto comma, inserito in extremis, di soppiatto, nell’articolo 11 del D.L. 90/2014 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), si fa notare non solo per il contenuto: sulla Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno ci appare in un carattere diverso dal Times New Roman utilizzato per le restanti norme (http://www.segretaricomunalivighenzi.it/2014-06-25-dl-90-2014.pdf). 

Il Matteo furioso fa le pentole ma non i coperchi, e ottiene il risultato di evidenziare tre righette che avrebbe preferito nascondere.Invero, rispetto alla versione che era circolata in rete nei giorni scorsi, ispirando pure qualche pezzo giornalistico, la formulazione definitiva è meno esplicita, più sobria: è scomparso il riferimento alla «temporaneità» e al «carattere fiduciario del rapporto di lavoro» dei membri dello staff, così come la sottolineatura della non indispensabilità di titoli di studio e professionali specifici ai fini dell’«accesso alle corrispondenti qualifiche ed aree di riferimento». Sobrietà apparente, comunque: resta ferma la licenza per il sindaco di attribuire compensi dirigenziali a propri collaboratori diretti «prescindendo dal possesso del titolo di studio». Tragicamente comico è l’incipit del nuovo comma 3-bis del Testo Unico 267: «resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale». Tradotto dal burocratese: il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di assumere Tizio, semianalfabeta ma fedelissimo, e di pagarlo come un dirigente – a patto però che non diriga un bel nulla. Fantastico! Ci voleva l’innovatore Renzi per sdoganare sul piano legislativo la vecchia sinecura.
E’ tornato anche il tempo delle leggi ad personam? Tutti sanno della condanna al risarcimento inflitta in primo grado a Renzi per aver inquadrato in categoria D quattro neoassunte sprovviste di laurea, ma nel decreto legge si largheggia, parlando addirittura (ed esclusivamente) di trattamento economico dirigenziale. Non c’è, come si vede, perfetta corrispondenza tra caso concreto e previsione, ma nel più ci sta il meno, e dunque l’effetto sanante dovrebbe essere garantito: Matteo sarà di nuovo senza macchia e senza paura.A dire il vero di macchie in questo decreto ne troviamo tante: si va dai trasferimenti coattivi in altra città a parità di stipendio (in genere basso, e bloccato sine die) alla generalizzazione di uno Spoils system contrastante con l’articolo 97 Cost. – ma su tutto questo ci siamo già diffusi.Può darsi che in un Parlamento ridotto a bivacco di renziani qualcosa muti, qualche asperità venga limata – ma non ci scommetterei, se l’avessi, una mesata dirigenziale, e neppure una quota del mio assai più modesto salario.
L’unico motivo di ottimismo è rappresentato, per chi scrive, da un dato sinceramente inatteso ma oramai evidente: al decisionismo autoritario che impronta la gestione Renzi si accompagnano una sciatteria e un pressapochismo sconfinanti nell’incompetenza, e l’irritazione del formalista Napolitano di fronte al balletto dei testi ne è la miglior prova.Forse il nuovo ventennio durerà assai meno… questo almeno mi auguro, per amore dell’Italia decente: quella dei pensionati dopo decenni di altoforno, degli studenti che si impegnano e sfilano, dei pendolari in attesa di un treno che tarda, di chi per onestà e amor proprio ha sempre disdegnato le scorciatoie, e non briga per una paga immeritata. Un’Italia che con chi, per ingraziarsi il capo, lo paragona al fuoriclasse Messi non ha proprio niente a che fare.Ma ripetiamoci e ripetiamo: Matteo Renzi e le sue ancelle non sono affatto l’ultima possibilità rimasta - anche perché, se così fosse, saremmo fritti.


26 giugno 2014



lunedì 7 luglio 2014

RENZI, LE RIFORME E LA COSTITUZIONE di Michele Ferro




RENZI, LE RIFORME E LA COSTITUZIONE
di Michele Ferro



Renzi dovrebbe smettere di turlupinare gli italiani con bugie e falsità sul problema delle riforme istituzionali.
Non è vero che le riforme istituzionali le ha chieste l’Europa. Anzi sarebbe gravissimo se così fosse. I Paesi europei non possono permettersi di interferire sulle modalità che ciascun Paese ha scelto per organizzare, secondo la propria storia e le proprie tradizioni, il sistema di democrazia interna, purché questo sistema rispetti i principi fondamentali della democrazia parlamentare.
L’Europa ha chiesto di riformare il nostro sistema economico perché esso sia confacente con le regole economiche che regolano l’Unione. (ed anche su questo ci sarebbe da obiettare che il nostro sistema economico deve rispondere, non solo alle esigenze dell’Europa, ma prioritariamente alle esigenze irrinunziabili del nostro Paese, soprattutto in materia di lavoro e di occupazione, ma anche di sviluppo e di protezione internazionale del nostro sistema industriale).

L’obiettivo di Renzi è quello di costruire un sistema parlamentare che sia il più controllabile possibile da parte del Governo. La riforma del Senato con un sistema elettorale indiretto che rischia di creare un Senato quasi monocolore, un sistema elettorale maggioritario che cancella totalmente il principio costituzionale della rappresentatività e che consente ai Capi dei Partiti di scegliere i deputati secondo il loro grado di sudditanza, costituiscono il più grave e subdolo tentativo nella storia della Repubblica di attentato alla nostra Democrazia.
Tenuto fermo il principio dell’intoccabilità della prima parte della Costituzione, la seconda Parte, l’Ordinamento della Repubblica, può avere, nel corso del tempo, necessità di adeguamento alle mutate situazioni politiche e sociali, ma tali interventi debbono tener conto degli equilibri e dei contrappesi che i Nostri Padri costituenti riuscirono ad introdurre nella Carta costituzionale. E’ perciò senz’altro possibile rivedere i poteri e le competenze del Senato tenendo conto che comunque Questo deve esercitare un potere di controllo e di seconda lettura su alcune importanti materie rilevanti per l’intero sistema democratico.

Per quanto riguarda la Legge elettorale Renzi sa perfettamente che l’attuale proposta dell’italicum presenta notevoli aspetti di incostituzionalità e quindi è soggetta ad essere respinta dalla Corte costituzionale, ma sa anche che i tempi che la Corte impiegherà per farlo sono talmente lunghi che comunque la nuova legge può essere utilizzata per almeno due legislature e questo gli permetterebbe comunque, per questo periodo, di governare con un Parlamento costituito a sua immagine e somiglianza.
I più rilevanti aspetti di incostituzionalità della legge elettorale riguardano il premio di maggioranza che potrebbe consentire ad un Partito che ottenesse il 37% dei voti di impossessarsi del Governo del Paese a scapito del rimanente 63% dei cittadini che non lo hanno votato, e le soglie di sbarramento che impedirebbero a organizzazioni politiche che pur ottenendo un rilevante numero di voti (4% o perfino l’8%) di essere rappresentati in Parlamento (in tutte e due i casi il principio di rappresentatività verrebbe disatteso).

L’unico speranza per evitare questa deriva è che i Parlamentari (Deputati e Senatori) che hanno a cuore le sorti della Democrazia e il rispetto della Costituzione, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, votino secondo la propria coscienza e non secondo le indicazioni dei propri Capi – partito.


sabato 5 luglio 2014

LA CAPORETTO EUROPEA DI RENZI di Riccardo Achilli



LA CAPORETTO EUROPEA DI RENZI
di Riccardo Achilli




Il Nostro Eroe fiorentino, che, a beneficio del suo pubblico, tuona contro i banchieri che gli finanziano le campagne elettorali, avrebbe a suo dire riportato, fieramente da Bruxelles, in cambio del voto all'iper-liberista Juncker, una "flessibilità dentro le regole europee". Chiariamo. Flessibilità dentro le regole già esistenti NON significa portare fuori dal Patto di stabilità gli investimenti pubblici, come da obiettivo formulato dal Governo prima del vertice. Significa avere un pò più di tempo per raggiungere l'obiettivo di pareggio strutturale del bilancio, oppure avere la possibilità di usare il margine fra l'effettivo rapporto deficit/PIL e la soglia del 3% per fare investimenti, a patto, però, di realizzare riforme strutturali penalizzanti per la crescita e l'equità distributiva, come quelle del mercato del lavoro, della P.A., del welfare (già il Patto per la Salute appena stipulato contiene una clausola di possibile taglio del Fondo Sanitario Nazionale nel 2015 per esigenze di finanza pubblica) o magari un nuovo round di riforme previdenziali.

Prendiamo i dati ufficiali e le previsioni governative contenuti nel Documento di Economia e Finanza appena pubblicato dal Governo Renzi, aggiornandoli con le stime di crescita, più severe di quelle governative, recentemente proposte dal Centro Studi Confindustria. e facciamo qualche conto. 
Un rinvio di un anno dell'obiettivo di pareggio di bilancio strutturale "varrebbe" uno sconto di circa 7,9 miliardi per il 2015  (il condizionale è d'obbligo. Stiamo infatti parlando di una ipotesi teorica; il rinvio di un anno richiesto dal Governo è stato infatti appena bocciato, proprio mentre Renzi faceva il guappo a Bruxelles) . Poiché però a partire dal 2015 scatta l'obbligo di ridurre di un ventesimo il debito/PIL, con tutti i margini di flessibilità oggi esistenti, ciò comporterebbe una legge di stabilità pari a poco più di 18 miliardi, sempre considerando le stime di crescita. Quindi, al netto di un eventuale beneficio di flessibilità, una ulteriore manovra restrittiva di 10 miliardi, fra maggiori entrate o minori spese, su un'economia esangue. Che poi, considerando anche una stima realistica del servizio del debito, si tradurrebbe in non meno di ulteriori 9 miliardi di risparmi per l'anno successivo, e così via.Guarda caso, anche gli analisti di Mediobanca parlano di una manovra restrittiva di 10 miliardi per l'autunno prossimo ( http://www.huffingtonpost.it/2014/07/03/manovra-correttiva-per-mediobanca-inevitabile_n_5555314.html?utm_hp_ref=italia-economia ), partendo, peraltro, da una stima di crescita intermedia fra le previsioni del Governo e quelle più restrittive, di Confindustria (e di altri analisti, come il Credit Suisse). 

Questo per dire che Renzi ed i suoi non stanno ottenendo assolutamente niente. Una sconfitta che, essendo stata sancita,come impegno programmatico e politico ufficiale, dentro il discorso ufficiale di avvio della Presidenza italiana (in cui lo stesso Renzi ha ribadito il pieno rispetto dei trattati oggi vigenti) non potrà essere ribaltata nei prossimi mesi, e che ci condannerà a continuare a ristagnare nella palude del declino economico e sociale.  



venerdì 4 luglio 2014

IL FIORE RECISO DELLA PRIMAVERA DELLA PATRIA (a Goffredo Mameli) di Carlo Felici


IL FIORE RECISO DELLA PRIMAVERA DELLA PATRIA
(a Goffredo Mameli)

di Carlo Felici




Non c'è mai stato in Italia un eroe romantico più grande, appassionato e devoto alla causa come Goffredo Mameli, artista, poeta rivoluzionario, di cui purtroppo molti tra gli italiani (o quelli che almeno sono rimasti a considerarsi seriamente tali) sanno solo che è l'autore del nostro inno nazionale. Nessuno, infatti, ne parla nelle scuole, nessuna antologia scolastica contiene le sue poesie o i suoi interventi politici, nessuna casa editrice, dal centenario della sua nascita, si è più preoccupata di ristampare la sua intera opera, tuttora reperibile solo nel mercato antiquario dei libri.
La sua fu, e decisamente resta, una sorte sfortunata, se almeno consideriamo la dovuta conoscenza che egli avrebbe meritato e gli onori che avrebbe dovuto avere sin da dopo la sua morte.
E invece proprio dopo la sua morte iniziò una serie di disgraziate vicissitudini, destinate a concludersi quasi un secolo dopo.
Mameli morì con la Repubblica Romana, primo, straordinario e fulgido esempio di democrazia socialmente avanzata in Italia e nel mondo. Una Repubblica non atea o giacobina, o tanto meno inficiata di bonapartismo, come quella francese, né di fatto timocratica come quella americana e neppure schiacciata su una ideologia da imporre a tutti, ma che rispettò ed attuò pienamente la sovranità popolare, combatté il potere temporale del clero, senza minimamente minacciare i principi religiosi su cui essa stessa si fondava, inserendo nella sua bandiera il detto “Dio e Popolo”, che spezzò i monopoli, le rendite parassitarie, distribuì terre ai contadini, case ai più poveri e che diede persino un albergo di villeggiatura, prima appartenuto ai gesuiti, ai malati di mente prima reclusi dalle autorità ecclesiastiche in una zona malsana di Roma . Sarebbe opportuno parlarne a lungo, ma lo faremo magari in un'altra occasione con un intervento specifico a parte.

giovedì 3 luglio 2014

PANOPLIE CAPITALISTICHE di Fausto Rinaldi



PANOPLIE CAPITALISTICHE 
di Fausto Rinaldi


L'opera di forgiatura della coscienza collettiva perseguita dal potere in atto - declinato in tutte le sue derivazioni ed individuato sulla base delle sue infinite sfaccettature - si prefigge l'obiettivo di legittimare, attraverso un processo di razionalizzazione del principio di autorità, il proprio ruolo; da ciò discende tutto quell'insieme di condizioni capaci di garantire la messa in atto di sistemi di «governance», in grado di assicurare lo svolgimento delle funzioni di conduzione di una nazione. Evidentemente, tutto ciò avviene in condizioni di grave deficit democratico: alla collettività non viene data la possibilità materiale di determinare l'orientamento delle scelte politiche del Paese né, tantomeno, di sviluppare quell'insieme di conoscenze in grado di dare luogo ad una solida coscienza critica. 
Tuttavia, questa negazione di un diritto basilare non viene percepita in tutta la sua gravità, perché le moltitudini vengono sviate dalle sofisticate forme di distrazione  operate dal potere ideologico, esercitato con la complice partecipazione dell' «intellighenzia»  e dei mezzi di informazione.

Tutto sommato, il grande «atout» del capitalismo è stato quello di aver plasmato mente e volontà della gente alla mera concezione feticistica della «forma valore» (merce, denaro, capitale), piegandone l'intelletto, i desideri, le aspirazioni alle religione pagana (ma non troppo: Weber docet) dell'appropriazione, dell'affermazione e della competizione sociale.
A questo punto, che potremmo fare noi, povere anime corrotte?
Abiurare, uccidere il padre, rinnegare l'essenza stessa della nostra cultura?
Come Maslow insegna, soddisfatti i bisogni fondamentali (bere, mangiare, dormire, etc.), si passa inevitabilmente al tentativo di appagare desideri, caratterizzati da minore forza ed urgenza, situati ad un livello superiore: sicurezza fisica, appartenenza ad un tessuto sociale, stima e autostima, autorealizzazione. Su quest'ultimo punto si innesta la cultura capitalista del consumo voluttuario: slegata da bisogni effettivi, e delineata con mirabile lucidità da Thornstein Veblen, la spesa per assicurarsi beni costosi ed ostentativi perviene a rappresentare un segno di distinzione e di prestigio sociale, e va a corroborare quel costruito di qualità personali in grado di connotare l'individuo «di successo»: quindi, il consumo identificato come messaggero di prestigio sociale. Laddove Veblen aveva designato alla classe «agiata» queste logiche di consumo, l'etica capitalistica le espande alla quasi totalità delle classi sociali, ampliando smisuratamente i confini di un mercato destinato a diventare onnivoro, per soddisfare le ipertrofiche necessità produttive del sistema industriale, votato alla produzione materiale infinita.
Ormai avvelenate da logiche produttivistiche e consumistiche, le classi sociali della moderna democrazia planetaria a capitalismo avanzato non sono in grado di saltare fuori dalla schiacciante aporia di un sistema che, per evolversi, deve spingersi sempre più verso la propria estinzione. Siamo ormai lontani dalla possibilità che le masse prendano coscienza della necessità indifferibile di fluire entro meccanismi di produzione e di riproduzione sociale che non sacrifichino a loro stessi le condizioni biologiche di sopravvivenza della specie umana su questo pianeta.
Il capitalismo attuale pervade ogni ganglio della vita umana, interessando non solo la sfera politica ed economica della vita sociale ma anche il rapporto dell'uomo con la natura, i rapporti interpersonali, la psicologia individuale, le relazioni sociali e famigliari, la percezione della realtà.
Cambiare le prospettive future dell'uomo significa uscire dal dominio del feticismo delle merci, delle cose e del denaro, fonte di alienazione e di ripiegamento individualistico delle proprie prospettive esistenziali. Non possono bastare strumenti di politica economica e monetaria a riequilibrare i rapporti di convivenza tra le persone; non sarà la speranza di un ritorno a un capitalismo regolato a far cambiare rotta ad una società perduta dentro il mito dell'accumulazione quantitativa.

In sostanza, servono uomini nuovi per far sì che, con i tempi storici che si riveleranno necessari, la coscienza collettiva possa ergersi a baluardo contro lo spettro, quanto mai vivo e attivo, della subalternità economicistica delle masse, del loro assoggettamento alle vocazioni predatorie del sistema di produzione e accumulazione reclamato dal capitale.








mercoledì 2 luglio 2014

KEYNES O MARX? di Moreno Pasquinelli

 















KEYNES O MARX? 

di Moreno Pasquinelli




L’attuale crisi sistemica del capitalismo occidentale sta mandando in pezzi la scuola monetarista di Milton Friedmann e con essa l’ortodossia liberista e i suoi due massimi assiomi.  Il primo è di natura squisitamente filosofica e consiste in questo: ogni uomo, perseguendo egoisticamente la propria felicità contribuirebbe a realizzare quella di tutti. Il secondo, di carattere economico, considera il mercato  il sistema che meglio di ogni altro contribuisce alla ricchezza generale e alla sua equa distribuzione.


Ci si poteva attendere che una crisi di tale portata avrebbe rinvigorito spinte anticapitalistiche di massa e riportato velocemente in auge l’ideale del socialismo. Non è stato così. Troppo fresche le devastanti ferite subite dal movimento rivoluzionario a causa del crollo, catastrofico quanto inglorioso, del “socialismo reale”, troppo profondo il processo di imborghesimento sociale e coscienziale del proletariato occidentale maturato negli ultimi decenni. Questo contesto spiega perché il pensiero di Carlo Marx, il principale studioso del capitalismo e delle sue contraddizioni, nonché il principale assertore della necessità e fattibilità del suo superamento, lungi dal risorgere, resti confinato nell’oblio, con lo sconsolante effetto collaterale per cui gli stessi intellettuali di sinistra, tranne rare eccezioni, quasi si vergognino di dichiararsi marxisti.

Assistiamo, di converso, ad una prepotente rinascita del pensiero economico di J. M. Keynes a tal punto che è possibile affermare che la maggior parte degli economisti (di quelli seri, non per forza di quelli che usufruiscono di una cattedra in qualche blasonata università) si considera keynesiana.

Essendo tra quelli che più decisamente insistono sulla centralità assoluta del discorso sulla crisi —di qui la nostra insistenza per lo sganciamento dall’Unione europea e l’abbandono della moneta unica come precondizioni necessarie per venirne fuori—, di questo revival keynesiano, ne sappiamo qualcosa. Dieci economisti keynesiani su dieci condannano senza appello le politiche delle euro-oligarchie e della Bce. Tra questi solo una minoranza, partigiana dell’Unione, ritiene che l’euro sia compatibile con le terapie keynesiane e implora la Bce affinché inverta la rotta. La maggioranza di loro sostiene invece che l’euro è comunque condannato  e propugna il ritorno alle sovranità monetarie statuali. Avrete capito perché di keynesiani ne sappiamo qualcosa: con i migliori di loro —quelli che non solo invocano astrattamente la fine delle politiche di macelleria sociale ma che sostengono come necessaria la riconquista della sovranità nazionale, politica e monetaria— abbiamo in comune il nemico, e logica vuole che le forze si uniscano.

lunedì 30 giugno 2014

LA QUALITA' DEL RACCONTO di Giandiego Marigo





LA QUALITA' DEL RACCONTO
di Giandiego Marigo





Sono uno scrittore ed un poeta inedito, nonostante io mi picchi d'essere un buon scrittore. Dico questo non per trovare in questo ambito il mio mentore, ma per fare comprendere il motivo del mio titolo.
La Qualità del racconto è il suo messaggio … ed il modo in cui viene svolto e narrato, non sono questi tempi di contenuti, infatti, sono pochi coloro che riescono a pubblicare in modo decente ed eticamente accettabile … ed ancora meno quelli che li leggono o che sarebbero disposti a farlo. Spesso la forma prevale ed anche il marketing copre il senso stesso di quel che si cerca di scrivere.
Ora, voi mi chiederete, perché ci parli di questo … cosa ci interessa, perché qui?
Molto semplice, perché questo ragionamento si può trasporre, senza abusare della proprietà transitiva, nella vita e quindi anche nella politica. 
Perchè alla fine le cause che motivano e muovono questo vuoto culturale e spirituale sono le medesime.
Stiamo vivendo un periodo di intensa proposta, sin troppa, ad essere del tutto sinceri, personalmente l'ho detto spesso, sembra che ciascuno senta il diritto/dovere di alzarsi la mattina e di proporre un proprio soggetto, personalizzato e su misura, per l'unità della sinistra. Questo è bello ed al medesimo tempo preoccupante e dispersivo e comunque derivato in linea diretta da quella tendenza alla frantumazione infinitesimale che ha caratterizzato e continua a caratterizzare … la sinistra di fine ed inizio millennio.
Quello però che appare costante è la ripetitività dei metodi e dei contenuti. Il clichet, il format.
Sono fra gli assertori della Prima Ora di questa necessità, posso dirlo senza tema di smentita ed ho confidenza con il gioco dell'appello, dell'attesa di adesioni del tentativo di creare un'associazione su scala nazionale … per stimolare e spingere.
Anche adesso Con “Sinistra Unita- AreA di Progresso e Civiltà” sto facendo esattamente questo, insieme ad altri compagni di strada.
Quello che riscontro, al di là della ripetitività, già segnalata ed alla ricorrenza della nascita, ormai quotidiana, di una cordata verso l'unità è però, tristemente, la tendenza all'omissione dei contenuti.
Ci si accontenta, appunto, dell'urgenza, dell'immanenza, della necessità storica.
Si approccia al problema in modo pragmatico e pratico, dando per scontate le premesse, dando per condivisi una serie di accezioni e di fondamenti che si ritengono comuni ed acquisiti … siamo poi così certi che sia così … oppure ci è comodo pensarlo?
È poi così vero che culturalmente e spiritualmente ci sia tutto questo acquisito e condiviso?
Esisterebbe quindi una elaborazione di comportamenti, scelte di vita, fondamenti culturali, scelte spirituali, relazionali … un tessuto ed una filosofia di fondo che ci “accomuna”, ma se questo fosse così vero … non ci si spiegherebbe come si possa essere giunti a questo punto?

sabato 28 giugno 2014

28 GIUGNO: CENTO ANNI DALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE





28 GIUGNO: CENTO ANNI DALLO SCOPPIO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE



Alla rievocazione nazionalista della “gloria italiana” nella “Grande guerra”, in occasione del centenario, a cura dell'imperialismo di casa nostra, ci pare giusto non fare mancare una analisi degli eventi da un'ottica classista. Le parti riportate tra virgolette riproducono il testo della prima parte del Paragrafo 2.1 dell'opuscolo autoprodotto, intitolato “LA GUERRA”, edito nel Giugno 2008. (dal n°18 di "Alternativa di Classe")


“La Prima Guerra Mondiale (1914-’18) [che intitola il Paragrafo 2.1 di “La Guerra” – n.d.r.] ha le sue premesse storiche nella formazione degli Stati nazionali, ancora in atto in tutto il mondo nei precedenti decenni, con i numerosi scontri avvenuti per il colonialismo, sia per la nascita di colonie “di insediamento”, che per quelle a carattere “commerciale”. Soprattutto in queste ultime si rifletteva lo scontro tra i capitali nazionali più forti e potenti, gli Stati controllati dalla finanza: gli imperialismi. Il centro del contendere, il primato economico, fino ad allora detenuto dalla Gran Bretagna (il Paese dallo sviluppo industriale più precoce), veniva insidiato dal grande e relativamente rapido sviluppo, anche coloniale, della Germania; essa, dal 1871, era divenuta impero (Reich), sotto l’egemonia prussiana, dopo la vittoria militare di Sedan dell’anno precedente sulla Francia, che gli aveva portato l’Alsazia e la Lorena. Il vero potere era però detenuto dal Cancelliere O. Bismark, espressione della alleanza conservatrice tra i “junker”, aristocrazia agraria, e gli industriali.” 
Va tenuto conto del fatto che il periodo che precedette la “Grande Guerra”, e che va all'incirca dal 1873 al 1895, fu denominato di “Grande depressione”, in quanto l'economia capitalistica, pur non vedendo cadere i PIL delle principali potenze, registrò cali della domanda di beni e profitti in decrescita, con conseguenti licenziamenti e diminuzione dei salari. Oggi possiamo dire che si trattò storicamente di una “crisi di crescita”, economicamente di sovrapproduzione, con il passaggio al dominio di grandi monopoli, come i trusts, e la diffusione del colonialismo; con la Prima Guerra Mondiale questa crisi fu superata del tutto, con nuovi equilibri di potenze fra gli imperialismi. 
“Negli anni successivi ebbe inizio nei principali Paesi imperialisti una “corsa agli armamenti”, che presto portò a diverse guerre locali (importante, nel 1878, quella “anti – turca” vinta dalla Russia). La Germania, pur con i suoi successi coloniali (soprattutto in Africa), si sentiva accerchiata da Francia e Russia, alleate fra loro fin già dal 1894, nonostante che il “Trattato di Contro-assicurazione” del 1887 firmato con la Russia, avesse previsto, oltre al reciproco disimpegno dai Balcani, la neutralità russa in caso di guerra dei tedeschi con la Francia. Nel 1907 anche la Gran Bretagna si alleò a Francia e Russia, dando luogo alla “Triplice Intesa”. 
Continuando la Russia a premere sui Balcani, vi fu una risposta dell’Austria nel 1908, che occupò la Bosnia e l’Erzegovina, annettendosele. Nel frattempo, nel 1905 e nel 1911 le “crisi marocchine” registrarono la contrapposizione fra Germania e Francia, scaldando ulteriormente il clima internazionale. Così, già prima del Giugno 1914, momento del pretesto, con le due “guerre balcaniche” del 1912-’13, i corpi centrali dei due schieramenti imperialisti che si fronteggeranno nella “Grande Guerra” si erano formati: l’Austria-Ungheria e la Germania da un lato (con l’Italia nella “Triplice alleanza”), la Francia, la Gran Bretagna, la Russia e la Serbia dall’altro.” Stava terminando la “belle epoque”, un periodo considerato “aureo” dalla borghesia europea, visto che gli scontri armati e le stragi erano avvenuti fuori dai suoi territori, e lo sviluppo capitalistico di allora viene ancora oggi considerato, in sostanza, come pacifico... Che stesse finendo lo dimostrarono alla borghesia nostrana, gli scontri della “Settimana Rossa”, avvenuti nella prima metà del Giugno '14 ad Ancona ed in altre località.

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