di Alberto Belcamino
Sulle orme di Jean Cavaillès (1903-1944) che aveva pubblicato, in seguito a corsi universitari su Hegel, negli anni ’30, le sue idee epistemologiche con il libro Sur la logique et la theorie de la science, Althusser qualificava correttamente la filosofia come “una disciplina non scientifica che deve provare a conformarsi alle norme del discorso scientifico”. Partendo da questo presupposto, egli si scagliò contro l’interpretazione sartriana di Marx, allora dominante, basata sull’uomo e la sua coscienza, per affermare il punto di vista “antiumanista” quale espressione di un “razionalismo radicale” (distinto perciò da quello di un Heidegger mediante cui la “filosofia della coscienza” doveva essere rimpiazzata dalla “filosofia del concetto”. Per Althusser la filosofia doveva partire, anziché dall’uomo, dalle forze obiettive sociali (ossia: forze produttive-rapporti di produzione), incoscienti, che determinano la coscienza e le intenzioni dell’uomo. La sua lettura di Marx, grazie al suo rigoroso metodo filologico che scruta i testi originari e la lettera degli stessi, sciogliendoli dai commentari della tradizione e del “diamat” stalinista, lo condusse a riappropriarsi della loro coerenza interna. Un lavoro certosino che lo appaiava a quello dello psicanalista Lacan, il quale ritornava, anche lui all’epoca, alla lettera dei testi freudiani. Entrambi concentrati su una lettura “sintomatica”, attenta più a ciò che i testi non dicono, piuttosto che a ciò che essi dicono. Questa lettura analitica e filologica si compie tra il 1960 e il 1964, periodo durante il quale egli pubblicò Pour Marx (nel 1965, con un libro, ma i cui testi erano apparsi prima su delle riviste) e, nello stesso anno, Lire le Capital, come risultato di un seminario che registrò gli interventi di Althusser e dei suoi allievi come Balibar, Macherey, Establet, Alain Badiou, etc. Questi testi fecero scalpore perché rovesciavano le idee su Marx sostenute dal marxismo ufficiale, tanto che lo stesso Althusser si rende conto che tutto il movimento comunista internazionale, dal 1890 al 1960, aveva letto male Marx (tranne per il periodo in cui Lenin era vivo). Una posizione critica così audace, questa, che solo Lenin si era azzardato a rinfacciare a tutta l’intellettualità comunista della sua epoca, che aveva apostrofato duramente “per non aver capito il pensiero di Marx, a cinquantanni dall’uscita del Capitale (credo in occasione della lettura di Hegel verso il 1915). In seguito, Althusser tentennerà nel trarre tutte le conseguenze di questo giudizio, basato sui risultati scientifici della sua ricerca, di fronte al PCF degli anni ’70-’80, tanto che già nell’edizione italiana di Lire le Capital, egli rinnegò i risultati della sua ricerca, onde si apprestò a riformularli occultando la dimensione propriamente politica del lavoro filosofico, definendo la filosofia come “lotta di classe nella teoria” (Risposta a John Lewis,1973). Egli non lasciò il partito in quei difficili anni ’70, limitandosi a contrastarlo dall’interno. Per Althusser la filosofia viene ridotta a una “teoria delle pratiche teoriche” senza un conseguente sbocco nella pratica politica, ossia: facendola diventare una teoria dell’azione rivoluzionaria che vivifichi, nei fini rivoluzionari, la lotta di classe, organizzando la conquista del Potere statale in mano alla borghesia capital-imperialista! In questo modo egli evirava la scienza materialista della Storia scoperta da Marx.
Ma prendiamo l’aspetto scientifico del suo lavoro di ricerca e utilizziamolo per portare sino in fondo il discorso scientifico che egli non ebbe l’audacia di sviluppare anche sul terreno teorico-politico per non danneggiare la formazione del PCF stalinista! Per esempio, la scoperta, nell’evoluzione del pensiero marxiano, di una “coupure” epistemologica che separò la scienza dall’ideologia nel percorso intellettuale di Marx! Una “coupure” che si produsse nel 1945 con l’apparizione delle Tesi su Feuerbach e che si concluse con la scrittura (assieme ad Engels) dell’Ideologia Tedesca, opera sconosciuta fino al 1932, e mediante cui Marx divenne materialista scientifico, abbandonando le posizioni centrate sul soggetto e la sua essenza “alienata”, espresse nei Manoscritti economico-filosofici (1844). Qui il processo di dis-alienazione è di natura etica, non scientifica. Essa esprime “ancora una concezione umanista, non ancora materialista, non ancora marxista”. Con la nuova visione che permette a Marx di costruire la scienza materialista della Storia, anche la dialettica idealista di Hegel acquista un senso più preciso, ossia quello di essere la teoria dei modi in cui la struttura essenziale delle cose (la causa invisibile rappresentata da forze produttive e rapporti di produzione) produce l’ordito delle forme fenomeniche sul terreno sociale, politico ed ideologico nei loro processi di cambiamento. Insomma, una teoria del “discorso” che parte dalle forme fenomeniche che si producono nella sovrastruttura ideologica per scoprire, dietro il contenuto manifesto delle cose “visibili”, il movimento latente dietro il prodotto, cioè l’atto del produrre (le lotte di classe); ma anche nel tenere ferma alla connessione, scoperta da Marx, tra rapporti di produzione (= il contenuto, l’oggetto della sovrastruttura ideologica) e coscienza, ossia: il risultato esterno, visibile e soggettivo delle forme ideologiche che si fissano lungo i piani sovrastrutturali del reale (scienza, filosofia, religione). Da qui la “surdeterminazione” tra condizioni storiche di produzione e processi, oggettivi-spontanei della sovrastruttura ideologica che, nelle sue forme peculiari, di apparente autonomia, ci rivela la subordinazione dell’ideologia alla struttura ontologica del processo di produzione e di scambio storicamente determinato (e al suo moto ciclico e di sviluppo storico). Althusser si rammaricava che ancora non si fosse dato mano, da parte dei filosofi marxisti, all’elaborazione della filosofia marxista a cui Marx stesso non potè dedicarsi, mentre era vivo, in quanto tutto ripiegato, com’era, a costruire la scienza materialista della Storia. Althusser indicava di puntare gli sforzi verso questo traguardo, si era nel 1965, additandolo come compito attuale di sviluppo della teoria marxista. Invece, si assistette alla regressione, non solo personale del filosofo algerino-francese, sfociata più tardi in dramma, ma anche a un generale arretramento del pensiero teorico marxista a partire proprio dall’inizio degli anni ’80. Mentre solo oggi, dopo quasi trent’anni, attendiamo con speranza segnali di riapparizione della “nòttola di Minerva, al calar della sera, mentre spicca il volo nel cielo imbrunato...”.
1 commento:
A ben leggere questo scritto pubblicato nel Blog, non mi pare fuori di luogo chiedere quali siano le referenze bibliografiche che, ben chiaramente, sembrano aver nutrito l'intero articolo. Questo onde favorire in tutti i lettori interessati la chiara identificazione degli autori della messe di frasi virgolettate, chiuse tra parentesi che sortiscono l'effetto di fondare le ragioni dello scritto. Sappiamo degli scritti di Althusser, ma quali altri sono riportati in questo articolo ? Ebbene sapere che fin dal 2003, anche nella letteratura anglosassone degli editori vicino ai labour o alla sinistra europea in genere, non è raro trovare scritti che si esprimono nel verso, più o meno esplicito, elaborato dall'autore del presente articolo. Sono grato sin d'ora.
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