di Norberto Fragiacomo
In un articolo scritto, qualche giorno fa, per “La Repubblica”, Roberto Saviano mette a confronto il violento Gramsci con l’eretico Turati, e decreta la schiacciante vittoria morale del secondo: il mondo socialista esplode in un applauso scrosciante, liberatorio, senza rendersi conto (immagino) che all’autore di Gomorra interessa molto il presente, pochissimo il passato.
Saviano non trucca propriamente le carte: sfoglia un libro pubblicato di recente (“Gramsci e Turati. Le due sinistre” di Alessandro Orsini), ne estrapola alcuni passaggi significativi ed esprime, citazioni alla mano, la sua convinta adesione ad un riformismo che “fa paura ai poteri, alle corporazioni, alle caste, perché prova, cercando consenso, ponendosi dubbi, ragionando e confrontandosi, di (prova… di?) risolvere le contraddizioni qui e ora.”
Poteri, corporazioni, caste… è la scelta accurata di parole oggidì sulla bocca di tutti a svelare la furbizia del nostro, ad indicarci il fine realmente perseguito – che non è di certo lo “sdoganamento” dei vilipesi socialisti italiani. Non a caso, essi neppure vengono menzionati nelle tre frasette che contengono il messaggio per il lettore: “Naturalmente, oggi, nel Pd erede del Pci, non c’è più traccia di quel massimalismo verboso e violento, e anche il linguaggio della Sel di Vendola è molto meno acceso. Ma c’è invece, fuori dal Parlamento, una certa sinistra che vive di dogmi. Sono i sopravvissuti di un estremismo massimalista che sostiene di avere la verità unica tra le mani.”
Niente male: conciso, ma chiaro – e durissimo. Non arrostiranno più i bambini, i comunisti, ma sono rimasti intolleranti, ottusi, fanatici e distruttivi al punto da augurarsi un peggioramento delle condizioni di vita, “perché (tale peggioramento, s’intende) accresce l’odio contro il sistema e rilancia l’iniziativa rivoluzionaria.”
Ce n’è anche per chi si oppone alle avventure militari occidentali: “Amano Cuba e non rispondono dei crimini della dittatura castrista — mi è capitato di parlare con persone diffidenti verso Yoani Sánchez solo perché in questo momento rappresenta una voce critica da Cuba — , non rispondono dei crimini di Hamas o Hezbollah, hanno in simpatia regimi ferocissimi solo perché antiamericani, tollerano le peggiori barbarie e si indignano per le contraddizioni delle democrazie. Per loro tutti gli altri sono venduti.”
A parte la considerazione che non si vede perché un attivista debba “rispondere” di (ipotetici) crimini commessi da altri, il gioco di Saviano è fin troppo scoperto: per denigrare e “squalificare” l’unica opposizione ancora esistente, egli non esita a farne, in patente malafede, la caricatura. Così, chi dice no alla manipolazione del diritto internazionale ed alla distinzione tra massacri “giusti” e “sbagliati” diventa senz’altro un sostenitore di Assad; chi, anziché recitare il credo composto (forse) da una blogger, riconosce i grandi meriti del regime castrista in campo educativo e sanitario viene additato come antidemocratico ecc.
Apprendiamo anche, dal bravo scrittore progressista, che “indignarsi per le contraddizioni delle democrazie” è roba da settari: in fondo, ci viene insegnato, l’unica alternativa è la barbarie, il totalitarismo. Gradiremmo sapere, da Saviano, se egli annoveri tra queste “contraddizioni” - tra queste bagatelle - anche il commissariamento o la sostituzione di governi eletti per ordine di tecnocrazie prive di legittimazione democratica, la spoliazione di Paesi interi senza riguardo per la volontà e le esigenze popolari, la cancellazione delle tutele sociali per i ceti meno abbienti, il disprezzo per i risultati referendari, e così via.
Forse che sì, forse che no: se è vero che Roberto il turatiano ama il riformismo, e quelle del welfare sono etichettate come “riforme”, esse dovrebbero andargli a genio – tutte, senza eccezioni. Guai comunque a dire che i “riformisti” sono alleati dei capitalisti: l’odio nei confronti dei primi (e magari anche dei secondi, perché no?) è “il pilastro dell’ideologia dell’intolleranza” (copyright Orsini/Saviano).
Con buona pace di quanti, tra i socialisti, hanno ingenuamente esultato per la rivalutazione di Turati, l’intervento di Roberto Saviano parlava di tutt’altro.
Il suo elogio del vecchio leader d’anteguerra è, in realtà, una lode al PD moderno, atlantico e liberal/“riformista” che appoggia Monti (there is no alternative, of course!), condita da un feroce attacco a chi, non rassegnandosi all’andazzo dei finanzieri, va sbeffeggiato con la medesima violenza e la stessa intolleranza che l’eroe di Gomorra intravede in qualche scritto gramsciano.
La sola differenza è che, rispetto a Saviano, Antonio Gramsci aveva più cose da dire, e non si occupava di propaganda – per tacere del fatto che, dei due perseguitati, l’uno languiva in una cella fascista e affidava i suoi pensieri a una matita e al buio, l’altro è ospite coccolato di seguitissime trasmissioni televisive, e mette in fila le proprie comode verità sulla prima pagina del principale giornale italiano “di sinistra”.
Una sinistra, quella esaltata dallo scrittore, pronta a difendere (letteralmente) a spada tratta i diritti di siriani, iraniani e russi, per meglio occultare le responsabilità avute nella svendita dei nostri al Capitale internazionale.
Checché ne pensi il suo interessato estimatore, siamo convinti che Filippo Turati denuncerebbe, oggi, il gioco sporco dei “riformisti” per procura, e – da eretico tosto e coraggioso – dissentirebbe, con le parole e con gli atti, da chi, abbarbicato al seggio parlamentare, mostra di aver interiorizzato la logica del “tanto peggio (per noi), tanto meglio” (per lorsignori).
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