L’ASSALTO
AI
COMUNI
di
Norberto
Fragiacomo
Per
un naufrago su un isolotto laziale ce ne sarebbero, oggidì, di
messaggi da affidare alle onde, chiusi in qualche bottiglia di
(pessimo) vino “de li Castelli”: un’analisi della battuta
d’arresto renziana, che evidenzia la modestia politica
dell’omiciattolo solo al comando; un elogio dell’intelligenza e
delle capacità manovriere dimostrate da Tsipras – che ironizza
sull’irragionevolezza dell’Europa e chiama finalmente le
politiche del FMI col loro nome –; molti interrogativi sulla
crescita di Podemos in Spagna, e sulla sua fregola di alleanze
ovunque e con chicchessia. Oppure, spaziando con lo sguardo, un
tentativo di interpretazione delle mosse americane in Europa
orientale, possibile prodromo di uno scontro con la Russia, o ancora
una riflessione politicamente scorretta sull’emergenza migranti,
figlia di primo letto delle ingerenze di un certo Presidente della
Repubblica nelle politiche di un certo Governo.
E
invece no: scelgo un tema banale, impopolare, negletto – l’agonia
dei Comuni.
Una
premessa: non ho il tempo materiale per andare al di là d’uno
schizzo. Una seconda: se volete sentir parlar male di quest’ente
bistrattato rivolgetevi altrove.
Dunque,
il Comune – riconosciuto (come entità preesistente) e “promosso”
dalla Repubblica (art. 5 della nostra Costituzione), “equiordinato”
alle altre entità che la compongono, Stato compreso (art. 114),
affidatario – ci racconta l’articolo 3, comma 2, del TUEL - dei
compiti di curare gli interessi della comunità e promuoverne lo
sviluppo.
Parole
che si vorrebbero incise nella pietra, e invece sono scritte “nel
vento e nell’acqua corrente”.
Il
cittadino medio è stato educato ad odiare la politica in quanto tale
(quando semmai dovrebbe detestare i politici… una vocale fa la
differenza!), e non distingue tra il ministro e il consigliere a
gettone: tutti corrotti e mangiapane a ufo! In questa atmosfera di
generale sfiducia, accompagnata però dal disimpegno, i tagli di
spesa paiono meno indigeribili - dolorosi forse, ma non
ingiustificati. Poi però, quando si vede che la strada è piena di
buche, monta la protesta: perché non si fa più manutenzione?
Risposta:
perché tra tagli ai trasferimenti e applicazione del patto di
stabilità le risorse degli enti locali stanno semplicemente
svanendo, e senza soldi non si riasfaltano le strade. Ma mica tutti
stanno in deficit, ribatterà qualcuno. No, non tutti: alcuni
sarebbero addirittura “agiati”, se le loro finanze non fossero
ostaggio dei cervellotici saldi di un patto che, in quanto imposto
dall’alto (Ce lo chiede l’Europa!, come tutto il resto), non è
mai stato tale. Stabilità e crescita: un ossimoro che condiziona la
vita di decine di milioni di italiani.
Che
i Comuni siano agonizzanti lo certificano le cifre: la Legge di
stabilità 2015 prevede un taglio del Fondo di solidarietà pari a
1,2 miliardi dal 2015. Humour nero, quello del legislatore nazionale,
visto che il fondo stesso è finanziato dalla quota di IMU spettante
per legge ai Comuni, cioè da risorse già loro.
I
tagli si aggravano di anno in anno, tanto che oggi i Comuni “pagano”
il 27% ca. della manovra statale. Colpa loro, chioserà qualche
“tecnico”: il decollo del debito pubblico, a fine ‘900, non fu
forse influenzato dal protagonismo dei sindaci che, forti del mandato
elettorale diretto, si misero a scialare come cicale? No, risulta
proprio di no: la crescita dell’indebitamento iniziò oltre un
decennio prima, a causa del divorzio tra Ministero del tesoro e
Bankitalia, e quanto allo sperpero - al netto dei titoli pubblici,
emessi dallo Stato per coprire il fabbisogno della PA - il debito
delle Amministrazioni centrali è di 257,8 miliardi, pari a quasi 7
volte quello dei Comuni (38,2 – dati CGIA Mestre 2014). Normale?
Vista l’importanza delle funzioni assegnate allo Stato certamente
sì; molto meno normale, ed anzi allarmante, che le rasoiate si
abbattano di preferenza sulla periferia, risparmiando – ad esempio
– la spesa per l’acquisto dei mortiferi F35.
E’
prossima la morte per inedia dell’ente locale? Diciamo che le
probabilità sono alte. Al di là delle spoliazioni giova infatti
tener conto di due fattori: il primo è l’atteggiamento della
Consulta che, in questi anni, ha consentito allo Stato di fare il
bello e il cattivo tempo, consegnandogli la chiave delle finanze
locali sotto forma di “coordinamento della finanza pubblica” (che
sarebbe competenza concorrente, ma vallo a dire alla Corte!); il
secondo la prossima entrata a regime della riforma contabile (D. Lgs.
118/2011) che, in ossequio al principio dell’equilibrio di bilancio
(art. 81 Cost., mai troppo noto), ridurrà drasticamente la
possibilità per gli enti di ricorrere all’indebitamento. Per
qualcuno si tratta di un’eccellente notizia, così come appare
rassicurante l’attitudine della “contabilità armonizzata” a
sventare congiure contabili (uso allegro delle partite di giro e
creazione di residui attivi fasulli a copertura di spese reali). Ora,
la messa al bando di fondi neri e contabilità parallele è
senz’altro una buona nuova; rifletta però il lettore sul fatto che
non sempre questi trucchetti venivano escogitati per losche finalità:
talvolta essi permettevano di assicurare la continuità dei servizi e
magari di costruire qualche opera pubblica. L’artifizio, insomma,
era a fin di bene.
Sotto
l’imperio della legalità europea i conti riacquisteranno la
verginità perduta, ma a farne le spese saranno gli italiani. Sappia
il cittadino che, messo fuori legge l’indebitamento, agli
amministratori locali restano due leve: quella fiscale (su comunità
sempre più povere) e quella della riduzione della spesa corrente
(leggi servizi alle persone). Morale: la strada nuova varrà lacrime,
sangue e prestazioni in meno… e forse queste non avranno
contropartita, visto che la riduzione dell’indebitamento fa premio
sugli investimenti in opere pubbliche.
Ma
il politico locale starà al gioco, non denuncerà, non si opporrà?
Nei Comuni medio-piccoli, in fondo, è ancora una figura
relativamente popolare, e comunque ben conosciuta e inserita. Nei
Comuni medio-piccoli tra rappresentante e rappresentati c’è
ancora dialogo, e spesso il contributo al torneo cavalleresco o
alla fiera del manzo non è denaro buttato, perché mantiene coesa la
comunità, rafforza il senso identitario, promuove lo sviluppo.
La
soluzione escogitata è semplice: cancellare i Comuni medio-piccoli…
cancellarli davvero, e senza passare per la fusione, che presenta tre
inconvenienti. Primo: le fusioni vanno incentivate con soldi freschi.
Secondo: è indispensabile l’approvazione dei cittadini. Terzo: nel
nuovo Comune gli amministratori vengono eletti - e il vincolo
fiduciario non si spezza del tutto, perché in una comunità di 7-8
mila persone ci si conosce un po’ tutti, almeno di vista. No,
niente fusione: meglio l’Unione, che è a costo zero, consente di
creare macroaggregati (nel piccolo Friuli Venezia Giulia renziano il
limite minimo è 40 mila abitanti!) e, dopo aver sgusciato i Comuni,
ne abbandona sul territorio il carapace. Gli organi “sopravvivono”
come simulacri, ma le decisioni si spostano ad un livello superiore –
quello dell’Unione, i cui vertici sono individuati dalla legge e
dagli amministratori più influenti, non dall’elettorato.
Vogliamo
chiamarla una beffa? Suggerisco di sì, perché un istituto nato nel
’90 come facoltativo, e realmente pensato per offrire maggiori
servizi alle collettività, ha nel corso degli anni mutato pelle,
trasformandosi in obbligo e vessazione.
Fossimo
complottisti, potremmo concludere che il decantato principio di
sussidiarietà, di marca UE, ha finalmente trovato piena attuazione:
nel mondo global il comunello è doppiamente inadeguato,
perché residuo di democrazia ed espressione di un legame con
territorio e tradizioni che potrebbe rallentare l’avvento di
un’umanità di zombie alla Bladerunner, senza cure mediche ma con
lo smartphone in mano.
Visto
che il complottismo non ci appartiene, riscontriamo in questo
triplice assalto (economico/finanziario, normativo e propagandistico)
all’ente locale e a chi ci vive l’ennesimo indizio del grandioso
e tragico mutamento in atto in quella che una volta era l’Europa.
Nessun commento:
Posta un commento