di Maurizio Zaffarano
L'accusa al capitalismo e al libero mercato - “l'economia che uccide” - di essere alle origine delle inaccettibili disuguaglianze e povertà diffuse nel mondo e della distruzione dell'ambiente naturale, il riconoscimento della Palestina come Stato, la definizione dell'ergastolo quale pena di morte mascherata, l'elogio ricevuto da Raoul Castro per il decisivo intervento volto alla rimozione delle sanzioni economiche da parte degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, l'incontro con i movimenti e i centri sociali per riaffermare che terra, casa e lavoro sono diritti inalienabili degli esseri umani, l'invito a Naomi Klein a partecipare ad una conferenza in Vaticano sul riscaldamento globale..
Chiunque auspica la trasformazione del mondo (e dell'Italia) nel senso dell'uguaglianza e della liberazione dal bisogno non può ignorare il contributo che la “svolta” di Papa Francesco sta dando al dibattito politico.
E di questa svolta infatti si trova
ampia eco nella Sinistra: con commenti positivi o addirittura
entusiastici soprattutto nell'Area Benecomunista e Decrescista ma non
solo (Guido
Viale e Gianfranco
Amendola, Megachip
e Comune-Info,
Paolo
Ciofi e Pierluigi
Fagan solo per citare alcuni esempi)
accompagnati da dure prese di distanza e denunce dell'ipocrisia
papista, in particolare nel mondo dell'ortodossia
marxista e di coloro che non vogliono rinnegare
il dogma della “religione oppio dei popoli”. Sta di fatto che
Papa Francesco riesce ad essere citato sia dal “riformista”
Landini che dall'antagonista Cremaschi.
E' stato detto che la predicazione di Papa Francesco è in sostanziale continuità con la tradizionale dottrina sociale della Chiesa Cattolica. Non sono in grado di dire la mia al riguardo e francamente non mi interessa: la novità rilevante a mio avviso sta nel fatto che mentre nei decenni scorsi i temi sociali restavano sullo sfondo e subalterni rispetto ai “valori non negoziabili” (morale sessuale, aborto, divorzio, eutanasia, famiglia “tradizionale”, educazione scolastica cattolica, ecc.) a fronte dei quali la Chiesa cattolica sceglieva i propri referenti politici (in Italia Berlusconi e CL) oggi si realizza un ribaltamento delle priorità. Sono i cosiddetti “valori non negoziabili” (peraltro certamente non rinnegati) a passare in secondo piano e la centralità viene assunta dal tema della giustizia sociale. Al punto che di fronte alla marginalità delle forze progressiste italiane in molti arrivano ad affermare che bisogna ascoltare il Papa per sentire finalmente nel nostro Paese qualcosa di Sinistra.
Premesso che sarebbe sbagliato interpretare l'azione di Papa Francesco unicamente dentro le logiche politiche italiane (quasi che stesse provando a colmare il vuoto determinato dall'annientamente della Sinistra) non riconoscendo che i suoi interlocutori sono fondamentalmente quelle masse di diseredati dei Paesi in via di sviluppo ed in particolare dell'America Latina che il percorso di rivoluzione sociale e di liberazione hanno intrapreso da tempo, provo a spiegare perché secondo me le forze dell'Alternativa non dovrebbero sminuire o ignorare l'importanza di quanto sta accadendo.
Non si tratta evidentemente di attribuire un ruolo politico attivo di cambiamento al Papa e alla Chiesa cattolica, non si tratta di lasciare la politica ai preti come dice qualche vecchio socialista, non si tratta di dimenticare la funzione di sostegno al potere storicamente svolto dalle gerarchie ecclesiastiche ed in generale dalle religioni (trasformando il “bisogno” spirituale della maggioranza degli individui in strumento di controllo sociale), non si tratta di disconoscere che Papa Francesco fa parte di una strategia bimillenaria di autoperpetuazione dell'Istituzione Chiesa cattolica che dopo gli scandali pedofilia e finanziari aveva necessità di ricostituirsi un'immagine pulita e credibile, non si tratta di ignorare i crimini storici della Chiesa cattolica né le sue stridenti contraddizioni passate e presenti.
Il punto è che qui c'è una voce,
ascoltata da centinaia di milioni di persone nel mondo e che non può
essere silenziata dai media, che infrange la dittatura del pensiero
unico liberista. Quel pensiero per cui i diritti delle persone devono
essere subordinate alle esigenze del mercato e del profitto, per cui
l'unica ragione di vita è il consumo, che opera il sistematico
lavaggio del cervello dei cittadini raccontandoci di un mondo che
funziona solo con la competizione, il merito, la ricerca del
successo, la crescita del PIL, gli indici di borsa, lo spread, le
start up (o sei un genio fortunato che riesce a far nascere
un'attività imprenditoriale di successo oppure rassegnati alla
disoccupazione e al precariato)..
Mi sembra cosa non di poco conto se assumiamo che la sconfitta della Sinistra, in Europa e in Italia, è anzitutto una sconfitta culturale. L'incapacità cioè di far comprendere alle masse popolari che la soddisfazione dei propri bisogni passa dalla radicale trasformazione del sistema economico e del modello sociale, nel passaggio dal capitalismo al socialismo.
Tanto più in un Paese come l'Italia
dove il senso comune attribuisce la colpa della crisi di volta in
volta alla “casta” politica o a migranti e diversi e dove si
scende in piazza spontaneamente quasi solo per il tifo sportivo o per
affermare non i propri diritti ma per negare che altre persone
possano veder riconosciuti i propri. Dove la colpa della crisi – in
Italia come in Grecia – sta nel fatto che abbiamo vissuto al di
sopra delle nostre possibilità (pensioni, sanità, assistenza
sociale) e che dunque ora dobbiamo ferocemente stringere la cinghia
per ripagare l'enorme debito pubblico accumulato. Ne è ulteriore
dimostrazione la composizione
sociale del voto in cui la rabbia dei ceti
bassi e medio-bassi non riesce che a produrre consenso verso Lega e
Forza Italia.
Nell'enciclica Laudato
Si' si indicano, con parole semplici e
comprensibili a tutti, i valori e gli obiettivi umani che vanno
perseguiti: il rifiuto delle disuguaglianze e dello sfruttamento,
l'equa distribuzione delle ricchezze tra tutti i popoli della Terra,
il lavoro come indispensabile fattore di dignità degli esseri umani
e non come merce, la tutela dell'ambiente naturale. A tutti coloro
che ne pretenderanno l'applicazione sul piano politico non potranno
dare risposte convincenti Renzi o Salvini o Berlusconi e nemmeno
Grillo: sta qui un'opportunità che si offre per la Sinistra..
Piaccia o no Papa Francesco rappresenta oggi l'apertura di una breccia nel muro del pensiero unico liberista (e contemporaneamente bisognerebbe riconoscere l'incidenza che ha sull'evoluzione del pensiero collettivo il carisma di alcune persone): sta poi a tutti coloro che vogliono costruire nel Paese un'Alternativa popolare e di massa per il socialismo cogliere anche questo elemento per dare corpo e concretezza alla propria azione politica.
Marx appoggiò due lotte fortemente influenzate dal clero cattolico: quella irlandese e quella polacca. Il problema non era la religione - a dispetto della celebre frase mutuata dall’illuminista settecentesco d’Holbach sull’oppio dei popoli - ma il contenuto sociale di tali lotte. Marx, come molti dirigenti comunisti, era ebreo e festeggiava in famiglia le più importanti feste religiose, non a caso suo nonno era il rabbino di Treviri Mordechai Halevi ben Schmuel Postelberg. Nel Capitale, prima di citare l’infausta frase del d’Holbach, Marx sottolinea che “la religione è il sospiro della creatura oppressa”.
I
marxisti non a caso sanno che la società è divisa in classi e non
in credenti ed atei. Anzi i sinceri credenti che contrastano la
degenerazione capitalistico -consumista della società occidentale,
quale che sia la fede che li anima, ebraica, islamica, cristiana,
sono persone consapevoli dello scontro, prima ancora culturale che
politico, con l’ideologia dominante. Lenin nel Congresso
dell’Internazionale Comunista di Baku del 1920, tenuto a in
Azerbaijan proprio per avvicinarsi alle masse islamiche delle
costituende Repubbliche Sovietiche centro - asiatiche, chiamò i
popoli islamici a sollevarsi nella jihad contro il dominio
colonialista e spinse i comunisti indonesiani a lavorare dentro il
movimento islamico. Appelli analoghi furono lanciati da Radek e
Zinovev. In America Latina la Teologia della Liberazione fu
determinante: Camilo Torres negli anni ’60 influenzò i movimenti
cristiano-socialisti, con la sua opera ed il suo pensiero, in
Colombia, Brasile ed Argentina, tanto da aderire lui stesso alla
lotta rivoluzionaria nella sua Colombia nelle file del’ELN,
Esercito di Liberazione Colombiano.
In
Argentina i Montoneros, peronisti di sinistra, furono fortemente
caratterizzati da questa corrente culturale ed è bene dire che
costituirono la spina dorsale della Resistenza armata contro la
dittatura militare. Nasrallah, leader degli Hezbollah, viene dalla
gioventù comunista libanese. La Rivoluzione Islamica Iraniana
rappresenta a tutti gli effetti l’irruzione dello spirituale nel
politico, come diceva Michel Foucault, e l’esempio di un impegno
sociale sui temi classici dei diritti a casa, scuola, lavoro, salute,
tutela degli anziani, in cui sebbene il richiamo sia fortemente
fondato sul Corano e non sul socialismo, la sostanza è quella di un
costante impegno sociale per i propri cittadini e di un coerente
antimperialismo a livello internazionale. Il socialismo bolivariano,
dichiaratamente fondato sui diritti sociali e antimperialista, con i
presidenti Hugo Chavez, Nicolas Maduro, Evo Morales e Rafael Correa
si richiama stabilmente a una visione cristiana e socialista
dell’uomo e del suo progresso. Proprio l’incontro tra
antimperialismo e religione segna figure come Deniz Gesmiz, Mohamed
Deif o Musa Al Sadr. Ben Bella, stesso, negli ultimi anni valorizzò
la sua fede islamica. Come ha scritto Davide Rossi nell’articolo
“Il
tramonto del dio dell’Occidente” (n.
165 - settembre 2014) non
le fedi posso essere il discrimine, ma la visione sociale, di classe.
Lottare contro la diseguaglianza e l’imperialismo per un mondo di
pace, uguaglianza e solidale, non è un problema religioso, ma
politico.
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