STEFANO FASSINA, IL FURBO INCANTATORE DEI SINISTRATI EUROSCETTICI
di Giuseppe Angiuli
In una fase storica
contraddistinta da una contrapposizione frontale e difficilmente
sanabile fra i popoli del nostro continente e le oligarchie
finanziarie riunite attorno alla tecnocrazia U.E., una delle peggiori
disgrazie che sono capitate al popolo italiano è stata quella di
essersi trovato fra i piedi la peggiore sinistra politica che sia
esistita da almeno due secoli a questa parte.
In questi decenni in cui
il grande capitale speculativo trans-nazionale, facendo leva
sull'imposizione di un assurdo sistema di vincoli di stabilità
finanziaria (elemento connaturato ed ineluttabile per un'eurozona
nata fin dal principio su presupposti anti-democratici), ha proceduto
come un treno inarrestabile nel percorso di sistematico attacco ai
diritti sociali che avevano garantito per un lungo periodo il
benessere di buona parte degli italiani, il ceto politico un tempo
formatosi fra le fila del vecchio partito comunista più forte
dell’occidente ha sempre svolto egregiamente, con uno zelo servile
assai gradito ai padroni del vapore, il suo ruolo di cane da guardia
degli interessi dei grandi poteri oligarchici euro-atlantisti,
accompagnando le classi lavoratrici ed i ceti produttivi del nostro
Paese, fin dai tempi dell’approvazione del Trattato di Maastricht,
verso una lenta ed ineluttabile agonia, venduta come il meraviglioso
paese di Bengodi.
Ma mentre la maggior
parte degli ex comunisti italiani (a partire da Napolitano, D'Alema,
Veltroni e Bersani) non hanno mai nascosto la loro cieca e fideistica
adesione al processo di sistematica erosione della sovranità
popolare man mano che prendeva corpo il sempre maggiore accentramento
di poteri in capo agli organismi tecnocratici dell'eurozona - al
punto che oggi essi appaiono in grave difficoltà dinanzi ai loro
storici elettori e sono quasi costretti a rinunciare ad un impegno
politico in prima persona - vi è qualcuno, forse più scaltro e più
cinico di loro, che ha sempre avuto l’abilità di preservarsi una
immagine di uomo dall'intelligenza duttile e creativa, più al
passo coi tempi, al punto da essere oggi accreditato, specie dopo la
nascita della sua inedita associazione politica.
chiamata Patria e
Costituzione, come il più presentabile dei leader della
sinistra storica italiana, l’unico apparentemente ancora in grado
di dare una lettura articolata della crisi dell'eurozona, l’unico
con una visione generale ancora quanto meno legata alla realtà
oggettiva dei fatti.
Stefano Fassina,
economista di scuola bocconiana, nonostante sia risaputo il
suo contributo scientifico fornito per alcuni anni al Fondo
Monetario Internazionale (tempio dell’ideologia neo-liberista
mondiale), è riuscito a ritagliarsi un ruolo di nicchia che, nel
panorama desertificato della sinistra odierna, lo proietta come
potenziale punto di riferimento per tante persone di sensibilità
progressista che, disorientate dalla decomposizione degli schemi
ideologici novecenteschi, quantunque oggi manifestino ostilità alla
Unione Europea ed alle sue politiche di austerità, non se la sentono
di unire le loro forze a quelle del cosiddetto campo “populista”
(Lega e Movimento 5 Stelle).
Tuttavia, un’attenta
ri-lettura delle scelte e delle vicende nella storia recente di
Stefano Fassina dovrebbe fornire a noi tutti una nutrita serie di
argomenti per dubitare seriamente dell’effettiva affidabilità del
Nostro quale potenziale leader di una possibile o fantomatica
area politica di sinistra patriottica o sovranista.
La
politica, come insegna il Machiavelli nel suo mai sufficientemente
letto Principe, è spesso l’arte della dissimulazione dei
propri intenti strategici, ragion per cui i bene accorti sanno che
per valutare in modo attendibile i reali intenti di un uomo politico
non ci si può solo soffermare sulle parole o sui discorsi che questi
pronuncia in pubblico bensì occorre prima di tutto osservare la
coerenza nei comportamenti e nelle scelte che ne segnano il percorso.
Ebbene,
applicando tale metro di valutazione agli anni più recenti della
carriera politica di Stefano Fassina, non può che emergere un
ritratto assai poco limpido dell’economista bocconiano, il quale
troppo spesso ci ha dato l’impressione di non credere fino in fondo
nelle sue improvvise sterzate euroscettiche alle quali ci ha di tanto
in tanto abituato ed a cui ha poi sempre fatto seguire degli
improvvisi e puntuali rientri nell'ovile sinistrato, specie in
coincidenza con le più importanti scadenze elettorali.
Ci
spiace rilevare che quando in questi anni di drammatica crisi si è
trattato di affrontare seriamente la Troika e le sue
inaccettabili imposizioni ai popoli europei, Stefano Fassina,
nonostante le apparenze, non è mai stato in grado di fare seguire
alle sue parole i fatti.
Di
sicuro, non si può non riconoscergli delle notevoli doti di
camaleontismo e di equilibrismo politico con cui è spesso riuscito
ad affabulare i sinistrati più euroscettici, illudendoli di essere
pronto a costruire per loro una vera casa politica per poi lasciarli
puntualmente all'addiaccio, privi di una guida e di una strategia,
sedotti e abbandonati, mentre lui non ha avuto molti problemi nel
farsi rieleggere al Parlamento nelle fila del raggruppamento
post-dalemiano Liberi e Uguali.
Stefano
Fassina al Roma Pride nel 2015
Eppure,
anche per i sinistrati più colti ed euroscettici, quelli che hanno
compreso le cause strutturali dei guasti della moneta unica leggendo
i libri di Bagnai o di Cesaratto, non dovrebbe risultare molto
difficile comprendere che in realtà Fassina non ha mai fatto sul
serio quando si è trattato di fare i conti con il mostro
tecnocratico dei tempi odierni, chiamato U.E.
Se
non bastasse il fatto di essere stato un importante dirigente del PD
all’atto della nascita del Governo Monti nel 2011, il Nostro sarà
a lungo ricordato soprattutto per avere ricoperto il ruolo di vice
Ministro dell'Economia (non proprio un dicastero qualsiasi) nel
Governo Letta nel 2013, proprio in coincidenza con un periodo
terribile per il popolo italiano, in cui le oligarchie di Bruxelles e
di Francoforte imponevano l’adozione di due misure draconiane che a
tutt’oggi costituiscono una vera camicia di forza per la nostra
economia, rendendo di fatto impossibile l’adozione di sensate
misure fondate su investimenti pubblici e spesa a deficit:
stiamo parlando del fiscal compact e della famigerata modifica
dell’art. 81 della Costituzione con l’introduzione dell’obbligo
del pareggio di bilancio nella nostra magna charta.
E
giusto a proposito di tali interventi esiziali per le sorti
dell’economia italiana, Fassina nel 2013 – palesando una
sudditanza psicologica verso l’Europa a trazione teutonica - aveva
impudentemente dichiarato che tali misure di controllo rigoroso sui
conti pubblici, “pur sbagliate sul piano economico”, erano
comunque utili sul piano politico al fine di “dare garanzie
all’opinione pubblica tedesca” (sic)1.
Non
è difficile rintracciare in quelle parole di Fassina lo stesso
cinismo manifestato da Mario Monti quando ebbe a definire la crisi
greca come “il più grande successo dell’euro”, giacché
con quella crisi che pure ha fatto tanti morti e feriti si sarebbe
comunque riusciti a convincere la Germania della presunta
sostenibilità della moneta unica nel medio-lungo periodo.
In
altri termini, lo stesso Fassina il quale oggi strepita contro la
presunta incapacità del Governo giallo-verde di sapere imporsi con
la Commissione Europea, all'epoca in cui il famigerato regime del
fiscal compact stava giusto entrando in vigore, difendeva le
finalità di fondo di quel tipo di misure austeritarie
anti-democratiche, che soffocano sul nascere qualsiasi vagito di
sovranità degli Stati nazionali e la cui cogenza costituisce il vero
fattore che ha impedito al Governo Conte di imprimere dei connotati
maggiormente espansivi alla manovra finanziaria per il 2019.
Stefano
Fassina in compagnia di Yanis Varoufakis
Ed
anche negli anni successivi alla sua plateale rottura con Renzi e col
PD, il Nostro, pur essendosi insistentemente proposto – finora con
evidente scarso successo - come possibile guida politica di una nuova
area di sinistra patriottica, costituzionalista ed apparentemente
anti-eurista, non ha mai mancato di lasciarci basiti per avere sempre
immancabilmente assunto, in tutti i passaggi decisivi del suo
percorso, delle scelte e delle posizioni politiche oggettivamente
funzionali ai desiderata dei poteri finanziari globalisti.
Poco
più di un anno e mezzo fa, nell'aprile del 2017, quando si era nel
pieno svolgimento del ballottaggio alle Presidenziali francesi,
Fassina non aveva mancato di esortare la sinistra d'oltralpe a
prendere posizione netta contro il presunto "pericolo
xenofobo" a suo dire costituito da Marine Le Pen e così,
aderendo alla più consunta vulgata dell'antifascismo d’accatto, il
Nostro aveva dato anch'egli il suo piccolo contributo alla scalata
all'Eliseo di Emmanuel Macron, vero garante della finanza
cosmopolita e parassita, oggi investito da una vera e propria
insurrezione popolare con delle conseguenze geo-politiche tuttora
imprevedibili per le sorti della malconcia Francia1.
A
ben vedere, in quella improvvida uscita che sapeva tanto di implicito
sostegno a Macron sta tutto lo spirito gesuitico di Stefano
Fassina.
In
tale occasione, infatti, il Nostro non aveva dichiarato un sostegno
esplicito al rampollo del Gruppo Rothschild – la cui candidatura
era stata partorita in tutta fretta, in certi salotti parigini che
contano, al fine di scongiurare un pericoloso scivolamento della
Francia nel campo “populista” - ma nel rivolgersi al compagno
Jean-Luc Mélenchon (leader indiscusso della sinistra
anti-eurista francese) aveva impiegato quei tipici toni da aut-aut
a cui si è soliti ricorrere negli ambienti conformisti di sinistra
per manipolare a dovere gli ingenui militanti di base ed il cui
significato era: “Sì è vero, Macron rappresenterà pure gli
interessi della grande finanza ma non vorrai mica schierarti con la
neo-fascista Le Pen”?
Nel
marzo dello stesso anno 2017, nell'accogliere il citato Jean-Luc
Mélenchon a Roma in occasione dell’importante convegno
internazionale sul Piano B per l’uscita dall'euro, Fassina aveva
accettato supinamente il veto alla presenza al convegno del prof.
Alberto Bagnai (primo economista italiano ad avere portato
all'attenzione della nostra opinione pubblica i guasti sistemici
dovuti all’incauta adozione della moneta unica), un veto postogli
con toni ultimativi da Eleonora Forenza, euro-deputata
eletta a Strasburgo con Rifondazione Comunista e da sempre distintasi
per delle posizioni apertamente filo-globaliste1.
In
questi ultimi tempi, in piena continuità col suo spirito gesuitico,
abbiamo assistito ad un Fassina spesso intento ad attaccare
insistentemente e con una veemenza oratoria degna di miglior causa
l'azione del Governo Conte, quasi che il suo principale obiettivo
tattico fosse quello di mettere in difficoltà l’esecutivo proprio
nei momenti più delicati della sua azione di
contrapposizione/contrattazione con gli organismi implacabili del
mostro tecnocratico chiamato U.E.
E
mentre attacca il Governo giallo-verde vestendo i panni del vero
sovranista ferito nella sua dignità, lo stesso ineffabile Fassina
non mostra di avere alcun imbarazzo nel proporre delle improbabili
tavole rotonde sul tema delle nazionalizzazioni con candidati
impegnati nella corsa alla segreteria del PD2,
così come, appena pochi mesi fa, egli non ha avuto alcun ritegno nel
rivolgere una lettera aperta all'attuale Presidente della Regione
Lazio Nicola Zingaretti per invogliarlo ad accogliere una rinnovata
unità d'azione tra la sinistra sparuta e in cerca d’autore e le
componenti anti-renziane interne allo stesso PD3.
Con
tutto il rispetto per Fassina, se per lui la ricostruzione della
sinistra storica passa per una rinnovata collaborazione con il PD
(ossia con quel soggetto politico che agli occhi della storia porterà
la principale responsabilità per avere attuato, su diktat dei
mercati finanziari, una regressione dei diritti sociali a livelli
pre-novecenteschi per decine di milioni di lavoratori e giovani
precari italiani), noi ci dichiariamo ormai stufi dei suoi consueti
funambolismi e facciamo non poca fatica a credere che il suo vero
obiettivo politico sia mai stato effettivamente quello di proporsi
come credibile soggetto motore di una eventuale area di "sinistra
anti-euro".
Forse sarà ancora in
grado di incantare i sinistrati più colti ma ingenui, Fassina,
portandoli fuori strada per l’ennesima volta per poi lasciarli
privi di un contenitore politico degno delle loro attese ma non potrà
farcela ad ingannare i patrioti costituzionali più avveduti, i quali
oggigiorno, dopo anni di umiliazioni e di sventure inferte al popolo
italiano, hanno finalmente capito da quale parte sta l’economista
bocconiano, già in forza all’F.M.I. e pertanto faranno volentieri
a meno dei suoi consigli per provare a dare risposte in senso
keynesiano al grande bisogno di svolta largamente avvertito dalle
classi lavoratrici e dai ceti produttivi del nostro Paese,
penalizzati da anni di massacro sociale e di distruzione economica
compiuti sull'altare dell’austerità eurocratica.
Non ce ne voglia Stefano
Fassina ma noi crediamo che, in fin dei conti, tanto la nostra Patria
quanto la nostra Costituzione oggi abbiano bisogno di ben
altri alfieri per tornare finalmente a risplendere di luce
piena.
NOTE
3 Per il resoconto dettagliato della vicenda che fece infuriare Alberto Bagnai, sospingendolo definitivamente fra le braccia di Salvini e della Lega, si legga qui: http://goofynomics.blogspot.com/search?q=Fassina+convegno+Piano+B
4 https://www.facebook.com/events/301223977164077/
5 Cfr. il testo della “Lettera aperta a Nicola Zingaretti, per una sinistra che riparta”, qui pubblicata: https://www.huffingtonpost.it/stefano-fassina/lettera-aperta-a-nicola-zingaretti-per-una-sinistra-che-riparta_a_23468974/
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