Cerca nel blog

i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
.

mercoledì 17 settembre 2014

KAUTSKYANI O TROTSKYSTI? Sul fianco sinistro del blocco eurista...

di Moreno Pasquinelli














16 settembre.

CON LA SCUSA DELL'INTERNAZIONALISMO.
Terza puntata della rassegna sull'estrema sinistra e la questione dell'euro.



Questa volta ci occupiamo di Sinistra Anticapitalista[1] Il 13 settembre è apparso sul sito di questa organizzazione un lungo articolo (firmato con lo pseudonimo Olmo Dalcò) dal titolo "Euro o non euro: quel che ha da venire poi". E' presentato come "contributo" in vista del seminario nazionale de gruppo in questione.



Premessa



Abbiamo faticato non poco a seguire i ragionamenti del Nostro. La "sostanza" è stato arduo rintracciarla, poiché sepolta tra molta cianfrusaglia. Salta invece agli occhi il carattere profondamente mistificante del "contributo". Olmo Dalcò (o chi per lui), nella sua critica a coloro che propongono di uscire dall'euro, prende in considerazione solo gli argomenti più puerili, banali, ovvero quelli delle destre, deliberatamente tacendo sugli argomenti delle sinistre no-euro (marxiane e keynesiane).

Lo fa perché ignora l'argomento (la letteratura scientifica sull'uscita dall'euro è infatti oramai sterminata) oppure perché sa, ma, furbescamente, preferisce costruirsi un falso e facile bersaglio allo scopo di stampellare il suo ragionamento fazioso? Forse tutte e due le cose: egli ignora e quindi, per sorreggere la sue tesi, si costruisce un bersaglio alla sua portata.
Di certo non è degno di uno che si ritiene marxista svolgere una critica ad una posizione su una questione certo complessa, buttarla in caciara, ovvero misurarsi con le tesi anti-euro più pacchiane  e semplicistiche e non invece con quelle serie, scientifiche.





Finanza, banche, moneta: solo sovrastrutture?



Sentiamo il ragionamento di Olmo:

«Non c’è da stupirsi, nel senso che dovremmo ormai essere abituati a fronteggiare le narrazioni ideologiche che persistono a mettere le sovrastrutture monetarie e finanziarie innanzi a tutta la struttura dell’economia reale. (...) Hai voglia a spiegare che il debito e la finanza, pubblica o privata, non c’entravano nulla con la causa della crisi; che la crisi è economica e reale e non monetaria e finanziaria; che si tratta di una crisi di sovrapproduzione, ciclica e necessaria, e non di sottoconsumo, ossia contingente e possibile; che la crisi non è affatto etica ma il frutto della duplice contraddizione da un lato della distribuzione antagonista tra lavoro salariato e capitale, dovuto all’eccesso di lavoro non pagato, dall’altro dello scontro imperialista tra capitali, dovuto alla spietata concorrenza transnazionale».
Sorvoliamo sulla bizzarra definizione della crisi di sovrapproduzione e andiamo alla tesi, provando a spiegare perché è completamente sballata. 

Chiunque abbia sale in zucca sa che il sistema finanziario/bancario non è affatto una sovrastruttura, che è invece parte integrante della struttura sistemica dei paesi capitalistici, tanto più di quelli "avanzati". E' avvilente che occorra ripetere questa banalità ad uno che si dice comunista, e ciò a ben 108 anni dalla pubblicazione de L'imperialismo di Lenin.

L’insostenibile leggerezza della Germania, di Riccardo Achilli





Il fondamento della dottrina di politica economica tedesca, nella tempesta di questa crisi, è riassumibile nei due grafici che seguono. Il primo riguarda il saldo commerciale della Germania con l’area euro, il secondo con il resto del mondo fuori dall’euro. Come è possibile vedere, se il saldo commerciale intra-euro peggiora progressivamente, fino a diventare negativo (per via della contrazione della domanda dei Paesi euromediterranei sottoposti ad austerità) quello con il resto del mondo migliora. La politica economica tedesca, sin dagli anni pre-crisi del Governo Schroeder, ha prodotto un contenimento della crescita dei costi, insieme a forti investimenti di sistema mirati ad accrescere la produttività totale dei fattori. Con la conseguenza che, se la Germania, insieme ad un gruppo di Paesi nordici fortemente integrato al suo interno, ha una tendenza a contenere l’andamento del CLUP, cioè del costo del lavoro rispetto alla produttività, allora i Paesi dell’euro ad alto debito, pubblico o bancario, ed a basso potenziale di crescita, sono costretti a seguire questa tendenza, che comporta una politica deflazionistica, per avvicinarsi ai trend tedeschi di CLUP, pena uno spiazzamento competitivo in un’area dove non esiste uno schermo valutario a difenderli dalla bassa competitività: spiazzamento che produrrebbe inevitabilmente un ingente e sfavorevole processo di redistribuzione dei capitali e degli investimenti, ed una caduta di competitività internazionale tale da spingerli fuori da tale area (ma nessuna economia a basso potenziale di crescita ed a alto debito, checché ne pensino frange ultraminoritarie, è in grado di pagare il costo economico e politico connesso con l’uscita dall’euro. Tale ipotesi può essere trattata solo come piano B in caso di assoluta impossibilità di cambiare la direzione disastrosa delle politiche europee nel prossimo futuro, un po’ come i due protagonisti di quel famoso film americano, l’Inferno di Cristallo, che per evitare la morte sicura da combustione si buttano giù da un grattacielo, comunque con la quasi certezza di sfracellarsi). 

lunedì 15 settembre 2014

EURO O NON EURO: QUEL CHE HA DA VENIRE POI… di Olmo Dalcò



EURO O NON EURO: QUEL CHE HA DA VENIRE POI…

 


di Olmo Dalcò

Euro o non euro: questo è il nuovo dilemma shakespeariano che affanna politici ed economisti di ogni razza da quando la crisi ha colpito il vecchio continente. Non c’è da stupirsi, nel senso che dovremmo ormai essere abituati a fronteggiare le narrazioni ideologiche che persistono a mettere le sovrastrutture monetarie e finanziarie innanzi a tutta la struttura dell’economia reale. Si insiste a raccontare che il capitalismo è sano, ma la finanza è malata, che gli imprenditori stanno dalla parte del lavoro mentre banchieri e speculatori sono avvoltoi, sanguisughe, avidi e privi di scrupoli etici.
Purtroppo il senso comune abbocca; far tornare a prevalere il buon senso sul senso comune, secondo la dialettica gramsciana, è un’impresa egemonica che necessita di un’opera gigantesca e delicata di demistificazione di tutto quanto viene ripetutamente cianfrugliato dagli economisti, divisi in mille tribù, ma pur sempre accomunati dall’incanto della forma monetaria piuttosto che interessati scientificamente alla sostanza reale del lavoro. Il senso comune è offuscato dalle ideologie e dalle mistificazioni borghesi; il buon senso riflette la materialità della condizione sociale e di classe.
Già con le cause dello scoppio della crisi gli economisti avevano torturato il senso comune propagandando da un lato la mancanza di etica nella finanza delle banche attraverso le loro società ombra alle prese con una elefantiaca operazione di speculazione finanziaria; dall’altro con la solita litania da buone mamme casalinghe e da diligenti buon padri di famiglia che ammonivano che era tramontata l’epoca di vivere al di sopra delle proprie possibilità. Debito privato da un lato e debito pubblico dall’altro. Hai voglia a spiegare al senso comune che il debito e la finanza, pubblica o privata, non c’entravano nulla con la causa della crisi; che la crisi è economica e reale e non monetaria e finanziaria; che si tratta di una crisi di sovrapproduzione, ciclica e necessaria, e non di sottoconsumo, ossia contingente e possibile; che la crisi non è affatto etica ma il frutto della duplice contraddizione da un lato della distribuzione antagonista tra lavoro salariato e capitale, dovuto all’eccesso di lavoro non pagato, dall’altro dello scontro imperialista tra capitali, dovuto alla spietata concorrenza transnazionale.

venerdì 12 settembre 2014

RIFLESSIONI SULLA FORMA-PARTITO NEL XXI SECOLO di Riccardo Achilli





RIFLESSIONI SULLA FORMA-PARTITO NEL XXI SECOLO: 
IL PARTITO NON E' MORTO EVVIVA IL PARTITO
di Riccardo Achilli



 I partiti strutturati stanno morendo? 

 Ho recentemente letto il libro di Revelli, “Finale di Partito”, edito da Einaudi. E devo dire che la diagnosi della crisi del partito è condivisibile. Non c’è dubbio che negli ultimi trent’anni si siano verificati cambiamenti epocali, che possono così sintetizzarsi: la parziale liquefazione dei blocchi sociali novecenteschi, l’orizzontalità crescente delle forme di produzione introdotta dal toyotismo e dai criteri della lean production, l’emergere di un ceto medio marxianamente proletario ma sovrastrutturalmente auto-assimilatosi alla borghesia in termini di visione di sé stesso, il frazionamento della classe lavoratrice in segmenti diversi, non di rado artificialmente messi l’uno contro l’altro dalla stessa propaganda di sistema (si pensi al conflitto fra lavoratori a tempo indeterminato e precari, al conflitto intergenerazionale fra pensionati e giovani inoccupati, alimentato evidentemente per colpire gli interessi di entrambi) il rafforzamento di un conflitto fra piccola e grande borghesia, che si vede nella frattura interna alle filiere produttive fra committenza ed indotto di subfornitura, ma anche fra accesso ai mercati finanziari e al relativo profitto da parte delle grandi imprese, e sopravvivenza stentata, spesso segnata dalle crescenti difficoltà di accedere persino al credito ordinario, da parte delle piccole. Non c’è dubbio, inoltre, che tali cambiamenti pongano sfide molto serie al partito-massa novecentesco. Problemi di programma, di rappresentanza sempre più difficile della società (in termini di composizione di interessi sempre più frazionati). Ma vi è anche, nei Paesi più colpiti dalla crisi economica, una deriva di sfiducia per la politica e per le classi dirigenti. Ciò, da un lato, si traduce in un crescita della disaffezione elettorale, e dall’altro in un atteggiamento anti-casta (forte soprattutto in Italia, ma presente, con declinazioni meno evidenti, anche in Spagna ed in Grecia) che, specialmente nel nostro Paese, si traduce in un’adesione di massa a provvedimenti che tagliano le gambe alle stesse strutture organizzative dei partiti, come il taglio al loro finanziamento pubblico ad a quello alla stampa di partito. 

martedì 9 settembre 2014

PROPOSTA DI MODIFICA DEI TRATTATI E DELLE POLITICHE ECONOMICHE EUROPEE proposta dalla Consigliera Federica Aluzzo -Mov 139





COMUNE DI PALERMO

MOZIONE

                

OGGETTO: Proposta di modifica dei trattati e delle politiche economiche europee
finalizzate allo sviluppo economico e alla crescita.



IL CONSIGLIO COMUNALE

Premesso che i governi italiani alternatisi negli anni hanno sottoscritto vincolanti trattati europei, tra i quali:

- Trattato sull’Unione Europea (Trattato di Maastricht)
- Protocollo sullo Statuto del Sistema Europeo di banche centrali e della Banca Centrale Europea
- Patto di stabilità e crescita
- Trattato di Lisbona
- Il Patto di bilancio europeo (Fiscal compact)
- Modifiche al trattato di Lisbona inerenti il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES)

Preso atto che:

i sopraccitati trattati e i conseguenti atti disposti dai governi italiani dall’entrata del paese nell’Eurozona, in particolare le cosiddette “Austerità”, rischiano di confliggere con la Carta Costituzionale Italiana ed in particolare con il diritto al lavoro.

Considerato che:

·         in questi ultimi anni l’amministrazione comunale di Palermo, cosi come il resto dei comuni italiani, ha dovuto affrontare enormi problemi di liquidità determinati dal complesso delle azioni governative centrali atte a rispettare i suddetti trattati e in particolare il Patto di Stabilità, trovandosi in grandi difficoltà nella fornitura dei servizi.

·         Le politiche di tagli e austerity effettuate in questi anni per riportare i conti pubblici in ordine e rispettare il limite del 3% nel rapporto deficit/PIL, appaiono inique e destabilizzanti per il tessuto sociale e produttivo della nazione e in primis dei comuni.

·         I diciassette paesi che hanno adottato la moneta unica hanno rinunciato alla possibilità di emissione monetaria da parte dello Stato e contemporaneamente accettato di usare una moneta, l’euro, che va necessariamente chiesta in prestito ai mercati di capitale sul mercato secondario.

·         La logica del pareggio di bilancio compromette gli investimenti pubblici finalizzati all’assorbimento della disoccupazione e alla crescita economica, a causa della mancata possibilità dello Stato di alimentare il circuito economico depresso con nuove risorse e nuovi capitali.

·         In virtù degli accordi come il Fiscal compact lo Stato Italiano dovrà risparmiare 45 miliardi di euro l’anno per finanziare l’abbattimento del debito sotto la soglia del 60% in rapporto al PIL, soldi che dovranno necessariamente essere sottratti al bilancio statale e di conseguenza anche dei comuni.

·         Le scelte di politica economica alla base dei trattati europei sopraccitati, sono basate unicamente sulle ricette della branca neoliberista e monetarista del pensiero economico risultate in moltissimi casi fallimentari, e che i principi Keynesiani alla base dello sviluppo economico dell’occidente sono stati quasi completamente ignorati.

·         Non esiste giustificazione scientificamente provata che l’emissione monetaria a deficit positivo generi automaticamente iperinflazione.

·         Le politiche di austerity hanno generato recessione economica e aumento del debito pubblico che invece si intendeva contrastare.

·         Le politiche di tagli indispensabili al pareggio di bilancio hanno determinato un enorme fabbisogno di grandi e piccole opere oltre che di figure professionali socialmente utili.

·         Il ritorno alla spesa pubblica a deficit, in un periodo di recessione come quello che stiamo attraversando, comporterebbe una crescita economica che automaticamente si tradurrebbe in  aumento del PIL con la conseguente crescita delle entrate fiscali che di fatto annullerebbero l’aumento del debito.

·         Le politiche economiche, ad oggi completamente sbagliate, hanno favorito la grande finanza speculativa e impoverito i popoli che ormai corrono il rischio di rigettare l’idea stessa di Europa unita che invece andrebbe salvaguardata.


IL CONSIGLIO COMUNALE
IMPEGNA IL SIGNOR SINDACO

A creare una colazione di sindaci italiani per la trasmissione di un documento comune indirizzato al Presidente della Repubblica, al Presidente della Camera, al Presidente del Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale si chieda espressamente che le suindicate istituzioni nazionali si attivino a livello europeo per:


-        Il finanziamento della crescita mediante l’emissione monetaria diretta da parte della Bce (senza il ricorso al mercato dei titoli di stato), o in alternativa tramite la concessione agli Stati dell’accesso al mercato primario dei capitali al tasso di riferimento attualmente utilizzato (tetto massimo 0,25%).

 le risorse potrebbero essere usate:

-        per piani di lavoro per l’abbattimento della dilagante disoccupazione;
-        per la ricostruzione delle zone colpite dalle calamità naturali e relativa prevenzione;
-        per il restauro e messa in sicurezza dell’ immenso patrimonio artistico italiano;
-        per l’ ammodernamento della rete infrastrutturale, degli asili, scuole ed ospedali.


-        La rinegoziazione in sede europea degli accordi sul Fiscal Compact, del Mes e del Patto di Stabilità oltre che la necessaria modifica allo statuto della Bce indispensabile per la realizzazione dei punti sopraccitati.

IL CONSIGLIO COMUNALE
RILEVA

·         Che, in mancanza di un preciso segnale in tal senso, tutti gli organi comunali (sindaco, consiglio comunale, giunta) come primi rappresentanti sul territorio delle istituzioni e immediato baluardo a tutela delle comunità, dovranno – data la drammatica situazione - mettere in campo azioni autonome e alternative a difesa dei cittadini.


IL CONSIGLIO COMUNALE

dà mandato all’Ufficio di Presidenza del Consiglio comunale di trasmettere copia del presente provvedimento all’ANCI.

Proponente:  
La Consigliera Comunale di Palermo
 Federica Aluzzo Mov139

Il Capo gruppo Mov139

Aurelio Scavone


sabato 6 settembre 2014

CHI E PERCHE' STA SCHERZANDO COL FUOCO IN UCRAINA di GIUSEPPE ANGIULI





CHI E PERCHE' STA SCHERZANDO COL FUOCO IN UCRAINA
di Giuseppe Angiuli


Nelle ore in cui scrivo, mentre dal Fronte di guerra della regione del Donbass (est Ucraina) giungono notizie di una disfatta clamorosa dell’esercito di Kiev e di un successo a 360° ottenuto sul campo dalle milizie dell’autoproclamata Repubblica di Novorossjia, negli ambienti U.S.A.-NATO-U.E. si moltiplicano le minacce di ogni tipo (da ultimo quelle della Mogherini) dirette alla Russia, messa sul banco degli imputati per avere fornito il proprio supporto alla popolazione delle regioni di Donetsk e di Lugansk, ormai inesorabilmente decise a staccarsi dall’Ucraina.
Per me che ho seguito la vicenda ucraina fin dai giorni della rivolta di Piazza Majdan (nello scorso febbraio), attingendo sempre a fonti di stampa estera o a testimonianze dirette provenienti dai luoghi del conflitto, risulta un po’ difficile fornire un resoconto aggiornato dei fatti senza partire un po’ da lontano, tenendo conto che, anche in questo caso, l’informazione italiana – se si guarda alla stragrande maggioranza delle grandi testate e TV – ha confermato ancora una volta di essere totalmente allineata alle veline propagandistiche dei comandi strategici di Washington e della NATO, gli unici veri responsabili dell’escalation militare oggi in atto nel cuore dell’Europa, le cui conseguenze potrebbero ben presto risultare irreparabili (Dio non voglia!) per noi tutti.
Agli italiani non è stato consentito di comprendere fin dall’inizio nessuno degli effettivi fattori scatenanti di questa drammatica crisi politica e militare ed è stata loro negata un’adeguata informazione su gran parte degli episodi che hanno scandito l’incedere del conflitto: l’appiattimento della nostra classe politica e dei nostri mass-media sulla visione del mondo proposta unilateralmente dagli strateghi di oltreoceano ha raggiunto ormai una gravità che supera i limiti sia del tragico che del grottesco. Mentre in queste ore l’intera Europa corre il serio rischio di precipitare verso un sanguinoso conflitto bellico con Mosca, voluto e fomentato testardamente da Obama e dai suoi consiglieri, nei nostri bar e nelle nostre spiagge si vive un clima non tanto distante – se ci si pensa bene – da quello che devono avere vissuto i nostri nonni a fine estate del 1939, quando ben pochi erano consapevoli dell’imminente deflagrazione della seconda guerra mondiale.

Dopo il Forum di Assisi : Intervista a Moreno Pasquinelli

SIAMO ANCORA QUI! (Lettera aperta a chi ci crede ancora) di Giandiego Marigo




SIAMO ANCORA QUI!

(Lettera aperta a chi ci crede ancora)

di Giandiego Marigo



Eh sì! Siamo ancora qui a parlare di queste cose e non è affatto un buon segno, non tanto per la noia della ripetizione che si può superare e come si sa da sempre dotti e docenti sostengono che ripetere aiuti, ma perché significa che nulla è successo, che nessun passo avanti è stato registrato, solo supponenza e molte chiacchiere, qualche salotto in più, tre biglietti chilometrici aperti per il parlamento Europeo (fra mille ed una polemica) … e pochissimo altro.
Mentre l'intorno permane nell'equivoco.
Si badi non si tratta di un fraintendimento facile da sfatare … anzi, esso e talmente radicato che noi stessi lo commettiamo talmente spesso da definirlo assolutamente preoccupante.
Quale equivoco? Pare giusto definirlo a questo punto, anche se per quel di cui parliamo, così spesso, in questi tempi esso è l'Equivoco.
È la definizione di quali siano, ammesso che abbia qualche senso il ricercarli, i confini … i limiti, i presupposti che definiscono “la Sinistra”. Europea, nazionale locale … poco importa. Essa oggi è un assoluto marasma, sepolta da auto-referenze e facilonerie, luoghi comuni e prese arbitrarie di possesso. Perchè essa si definisce in modo verbale, è un non-oggetto a disposizione, basta dichiarare d'esserne parte e fare qualche riferimento storico ed il gioco è fatto … ed in fondo, diciamolo, qualche riferimento storico non costa nulla e non si nega a nessuno, neanche ad un Piddino di passaggio.
Poco importa che questi riferimenti appartengano ad un altro contesto, che siano stati duramente pagati da altri, che i dispensatori di citazioni e riferimenti nulla abbiano a che spartire, a nessun livello con i meriti a essi collegati … anzi, in un mondo in cui i gli attestati accademici contano molto di più della saggezza e sella sapienza stessa, citazioni e riferimenti sono pane quotidiano.

Ancor meno importa che legati al termine “sinistra”, negli anni, vi fossero parole di ben più grande spessore ed importanza come SolidarietàMutualità SocialismoCoscienza di ClasseCultura popolareAlternativa … così tanto per citarne alcune, questa sinergia è assolutamente secondaria, opinabile, malleabile … si usa e si abusa della parola “Sinistra”, quasi fosse panacea di tutti i mali.
Quest'equivoco è radicato persino in noi, che ne stiamo cercando affannosamente, faticosamente e, diciamocelo, con scarso successo di unificarla, ogni volta dobbiamo aggiungere aggettivi come vera, radicale, alternativa, anti-capitalista per poterla individuare, perché l'equivoco permane, nonostante ogni nostro tentavo di affrancare il termine dalle scelte vergognose e nefande che lo hanno affossato ed infangato nel sentire comune.
Intere aree assolutamente sistemiche ed integrate, addirittura collaborazioniste si riferiscono a questo termine, ribadendo a gran voce il proprio diritto, la propria appartenenza e confortandola con un ricchezza assoluta di riferimenti storici e citazioni. Gli stessi, purtroppo che trattengono molti dall'abbandonare del tutto il termine … ed allora?
Dovremo rimanere eternamente prigionieri di una definizione?
Di una collocazione geografica destra, sinistra, centro, definiscono un luogo non un'idea e certamente non una filosofia. Per fare questo sono molto più efficaci altre parole quale quelle che abbiamo citato poc'anzi.

Eppure quando dobbiamo cercare un nome per definire il passaggio di unificazione dell'AreA alternativa e a-sistemica la chiamiamo “Sinistra Unita” … Sinistra Radicale, Sinistra di Classe, Sinistra anti capitalistica … perché le definizioni , alla fine, intrappolano anche noi.
Personalmente e lo dico per l'ennesima volta, preferirei che con il tempo la parola venisse abbandonata, troppo fango incrostato, troppi abusi in suo nome, troppi proprietari per un solo nome, troppa gente che si ammanta e si nasconde ed ancor peggio nasconde i propri loschi fini, dietro ad un termine … troppi convitati di pietra.
Ritengo l'unificazione della “Sinistra Radicale ed anti capitalistica” un passaggio verso la creazione dell'AreA di Progresso E Civiltà.

Credo che la differenza … per esempio fra me ed un piddino sia tale e tanta da far risultare impossibile definirci entrambi nella parola “Sinistra”.
Non ho quasi nulla da spartire con lui, a parte , forse, lo studio della storia. La mia spiritualità, e parlo di me per definire un'AreA ed un popolo ben preciso, La mia filosofia e le mie scelte di vita differiscono profondamente dai suoi. I miei comportamenti sono reali mentre i suoi sono impegni parolai. Fra i miei orientamenti culturali ed etici ed i suoi si scava, quotidianamente, un abisso sempre più profondo. Fra la mia visione globale e la lettura che io do degli equilibri mondiali e dei rapporti di forza internazionale … sino al modo in cui si intendono i termini Globalizzazione, Civiltà, Progresso, Partecipazione … fra me e lui vi è un abisso incolmabile. Com'è quindi possibile che sia io che lui si possa essere ricondotti alla medesima definizione?

Questo equivoco va risolto, questa questione deve essere affrontata, pena il dover eternamente pagare dazio agli errori ed alle scelte altrui, se noi stessi nutriamo l'equivoco , non possiamo poi scandalizzarci se che non ci ama lo sfrutta in modo strumentale, facendo di ogni erba un fascio. L'unificazione dell'AreA di alternativa Anti capitalistica, dovrà passare, purtroppo per le nostalgie e per i riferimenti storici … anche da qui. Anche perché, e finisco, questa ambiguità non è semplicemente etimologica, ma investe anche settori di ben più consistente tattilità ed è causa dei rallentamenti e dei dubbi che ancora assillano e frenano il processo unitario, di quella che chiameremo ancora per il momento “sinistra radicale”.







giovedì 4 settembre 2014

LA SCUOLA DI TOPOLINO di Carlo Felici






LA SCUOLA DI TOPOLINO
di Carlo Felici 
                                                 


 Quando le montagne partoriscono i topolini, l'unico problema è cercarli finché non li si trova concretamente, perché, evidentemente, in questi casi, non fanno a tempo a nascere che già si perdono in spazi infiniti. 
E' così per il tanto strombazzato “patto sulla scuola” del neo governo affetto da uno spasmodico riformismo giovanilista. 

I punti che vanno emergendo partono da un assunto sacrosanto che però appare, appunto, come quando una montagna in preda alle doglie si agita, solleva un gran polverone..da cui esce timidamente un topolino che, tra tanto clamore e tante nuvole di terriccio, non si sa più dove sta e né dove va. L'assunto è che la scuola deve essere il cardine di una società, e aggiungiamo, però anche la ricerca, l'innovazione, la capacità di competere. Se non si comincia infatti a praticare queste qualità da quando si è piccoli, difficilmente le si potrà mettere in campo da grandi, specialmente se poi non ti danno né mezzi né risorse per farlo, costringendoti così a trovarle all'estero. 
Stabilizzare gli insegnanti è dunque la prima cosa, ma cominciamo da quelli già in ruolo, che le precedenti riforme, con ritmo asfitticamente sincopato, hanno costretto oggi a ballare da un corso all'altro e a fare spesso e volentieri i tappabuchi senza più uno straccio di continuità didattica. Lo conferma il sottoscritto che, insegnando Lettere, prima che il furore riformista venisse messo in campo aveva due corsi con continuità didattica assicurata, mentre oggi, invece, ne ha cinque ballerini e svolge anche una sola ora a settimana in una classe, facendo concorrenza alla collega di religione. 
Immettere in ruolo i precari è sacrosanto, ma non per costringerli a fare i supplenti a vita, bensì per coprire cattedre scoperte che vanno integrate con una adeguata e piena continuità didattica. E in ogni caso, non si vede perché la figura del supplente debba sparire, specialmente se si prevede che chi si candiderà per insegnare dovrà fare dell'opportuno tirocinio, prima di avere una cattedra tutta sua..se mai l'avrà. 
Un piano di assunzione pluriennale poi, esattamente come l'elargizione degli 80 euro a pioggia (e senza meriti famigliari di vario genere), corrisponde all'ennesima democristiana politica clientelare, per cui, “se duro” forse avrai il posto e se “cado” invece no...per cui votami...

mercoledì 3 settembre 2014

ASSISI. UN'ESPERIENZA CONFORTANTE di Norberto Fragiacomo




assisi, un’esperienza confortante
di
Norberto Fragiacomo





Alcuni compagni mi hanno comprensibilmente domandato un resoconto sul Forum Europeo di Assisi, cui ho partecipato, ma mi tocca deluderli: troppi i dibattiti per riassumerli tutti, troppe le idee espresse per cacciarle in un anonimo file word. A breve, per fortuna, saranno disponibili le registrazioni degli interventi (sul sito http://sollevazione.blogspot.it/, naturalmente); nell’attesa, mi limiterò a qualche osservazione improvvisata, mirante a rendere il sapore di un evento a suo modo unico, nel panorama abbastanza stagnante della sinistra c.d. “radicale”.
Raduno di “sovranisti”, anzitutto – cioè di chi ritiene che una ricostruzione in senso socialista e democratico della società non possa che partire dalla riappropriazione, da parte dei popoli oppressi, della sovranità nazionale, cancellata dalle dinamiche della globalizzazione – e raduno realmente europeo, che ha visto la partecipazione di relatori provenienti da ogni angolo del continente (Grecia, Spagna, Francia, Germania, Austria, Ucraina, Russia e Ungheria… e spero di non aver dimenticato nessuno). Nomi prestigiosi, di attivisti e studiosi; qualche ospite atteso che alla fine ha marcato visita. Altri (Fusaro, Brancaccio…) hanno fatto sentire la loro voce da lontano, recando un prezioso contributo di analisi, ma involontariamente sottraendosi alle infuocate – ed assai stimolanti – discussioni finali. Prima annotazione: nelle due tende allestite nel camping il pubblico è a tratti folto, ma sempre vivace.

Dopo un lungo viaggio in auto da Trieste e qualche difficoltà a trovare sistemazione in albergo (l’organizzazione va un po’ in tilt sugli aspetti logistici, ma è fisiologico: sono pur sempre dei volontari, che in ogni caso fanno del loro meglio), scendo per una delle stradine dai nomi ispirati al Cantico e trovo Leonardo Mazzei, uno dei “padroni di casa”, a confronto con Giorgio Cremaschi nella Tenda A. Giorgio, strepitoso oratore e compagno alla mano, non è mai stato un sovranista, ma non è qui per polemizzare: i due relatori cercano un terreno comune, e su molte questioni lo trovano. Il tema è “La resistibile ascesa di Matteo Renzi”, ma inevitabilmente si deborda, parlando di Europa, di trattati e diktat. L’Unione Europea non è riformabile: su questo concordano tutti i presenti, e il concetto sarà ribadito, nella tavola rotonda serale, dallo stesso Cremaschi, da Beppe De Santis e da Santiago, un giovane e assai preparato compagno di Izquierda Unida, che l’indomani proporrà un’interessante analisi filosofica sulla dissoluzione del suo Paese. De Santis, in un intervento “barocco” (copyright spagnolo) ma estremamente efficace, ricorda il ruolo da “convitato di pietra” dell’URSS ai tavoli di trattativa degli anni ’60-’70: il welfare non è un regalo alle classi lavoratrici, bensì una concessione imposta all’elite da circostanze geopolitiche che, con la fine del secolo, mutano radicalmente. 

Manca qualcuno? Sì, i due esponenti di Rifondazione Fantozzi e Ricci, che all’ultimo istante hanno dato forfait. Assenza giustificata, ci mancherebbe, ma spiacevole. Mi sforzo di seguire i ragionamenti con tutta l’attenzione concessami dai postumi della sfacchinata in auto, dall’ora (per me) tarda e dal Forum che ho condotto da poco prima delle sei all’ora di cena. I forum non si conducono, lo so: vi si prende parte, ma Giovanni Favia, “grillino” pentito, è rimasto a casa per un’indisposizione e allora spetta al sottoscritto relazionare su natura e prospettive del M5S. Ci provo: un intervento che taluni giudicano interminabile (la stringatezza non è il mio forte!) e persino apologetico, ma che suscita estrema curiosità – desumibile dalla quantità di domande e precisazioni provenienti dal pubblico – e critiche costruttive. Già nel 2013 il MPL di Pasquinelli ha dato indicazione di votare Grillo, ma resto sorpreso dal gran numero di pentastellati doc intervenuti. Alcuni espongono con pacatezza e buon senso le loro ragioni; con altri – due giovani consiglieri comunali di Osimo – discorrerò la sera seguente, accanto ai tavolini del bar. Tralasciamo le etichette e guardiamo al contenuto: sono compagni, che destano in chi scrive un’eccellente impressione – è anche vero, però, che ad essere attratti da simili convegni sono i 5 Stelle che maggiormente ci somigliano. E’ possibile una collaborazione futura? A mio parere sì, in ogni caso tentar non nuoce. Il già citato De Santis – esperto di economia con lunga esperienza sindacale ed esponente dei Meridionalisti Italiani – si rivela uno interlocutore affascinante, ma più in generale si coglie, nell’aria, una volontà di collaborare e superare antiche ruggini che induce ad un moderato ottimismo. 

Sabato sera, alla tavola rotonda “Quali alleanze per la liberazione?”, suscita qualche polemica l’intervento di Franco Russo (Ross@ c’è, ad onta delle difficoltà, e il dato mi sembra di per sé rilevante) che, però, al pari degli altri oratori, vede nelle istituzioni europee un nemico: forse è solo questione di intendersi, ricordando – e ricordandoci – che avversare la UE implica, come logica conseguenza, il ripudio dell’euro. Il vero discrimine è rappresentato, a mio avviso, proprio dall’atteggiamento nei confronti dell’Unione: c’è chi la ritiene riformabile “dall’interno” (illusione contraddetta dai fatti, esito elettorale compreso) e chi, al contrario, vede in essa uno strumento delle lobby economiche, un costume da carnevale della NATO - attualmente impegnata in un braccio di ferro con la Russia che l’alleanza a guida americana ha voluto e sta pericolosamente alimentando, supportata da una disgustosa propaganda mediatica. La mia posizione è ben nota al lettore: pur non essendo ossessionato dall’euro (secondo me soltanto un’arma affidata al sicario dal suo mandante), mi ascrivo senza perplessità alla categoria degli euroscettici. Dissi una volta che un bordello (la UE) non può essere riadattato a basilica (un’Europa democratica e socialista), e ribadisco in questa sede l’opinione già espressa.

Che altro aggiungere? Che l’aver portato ad Assisi esponenti di partiti importanti come Izquierda Unida e Podemos testimonia la serietà del lavoro svolto dagli organizzatori, tra cui spicca ancora una volta la figura di Pasquinelli nelle infinite vesti di presentatore, polemista, interprete/traduttore e “progettista” di un’iniziativa non meno riuscita di quella di Chianciano.
Posso anche fermarmi qua: tutto il resto – dal battesimo del Coordinamento nazionale della Sinistra italiana contro l’euro all’impegnativa dichiarazione finale, firmata dai rappresentanti di varie organizzazioni europee d’area – lo troverete sul blog di Sollevazione.

Se sapremo valorizzare i numerosi punti di contatto - che riguardano l’essenziale - saremo compagni in un lungo cammino e forse, strada facendo, lo sparuto gruppo di pionieri si ingrosserà, diventando una massa agguerrita e consapevole.




domenica 31 agosto 2014

IL BALOCCA-ITALIA, OVVERO COME TI GABBO L'OPINIONE PUBBLICA IN TEMPO DI CRISI di Riccardo Achilli



IL BALOCCA-ITALIA, OVVERO COME TI GABBO L'OPINIONE PUBBLICA IN TEMPO DI CRISI
di Riccardo Achilli



Può essere comprensibile che, fra gavettoni di acqua fredda e coni gelato, si possa creare, per il nostro premier, il rischio di congestioni e blocchi gastrici, per cui il nome del provvedimento licenziato dal Cdm di venerdì scorso (Sblocca Italia), che sembra quello di un lassativo, possa discendere da bisogni imperiosi di liberazione del tratto gastro-intestinale. D’altra parte, anche l’espressione renziana “ripartire con il botto” può ricordare aspetti post-digestivi di intasamento intestinale.
In verità, a fronte di una situazione inedita per il nostro Paese, ovvero la combinazione letale fra recessione e deflazione, che rischia seriamente di farci passare anni a fronte dei quali la crisi vissuta finora ci apparirà come uno scherzetto, il provvedimento-lassativo licenziato dal Governo è una divertente via di mezzo fra fuffa depistante, pubblicità ingannevole e autoritarismo amministrativo. Il tutto, evidentemente, privo di una sia pur vaga strategia d’insieme, di quella visione di “ciò che vogliamo essere” che Squinzi, probabilmente pentitosi di aver sostenuto l’ascesa di Renzi, ha implorato. Un provvedimento inorganico e inflazionato, che sembra uno dei classici decreti “omnibus” dei Governi della Prima Repubblica, dove si stiocca dentro di tutto: norme che spaziano dall’edilizia ai porti, dal made in Italy al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, dalla Cassa Depositi e Prestiti al potenziamento delle estrazioni petrolifere, passando dalla rete Ict e dai sistemi fognari urbani. 

Il piatto forte, ovvero gli interventi infrastrutturali, si riduce in una serie di riprogrammazioni di soldi già stanziati, che vengono destinati a dare una boccata d’ossigeno ad alcune grandi opere oggi bloccate, per consentire qualche stato di avanzamento, senza peraltro portarle a compimento. Stiamo parlando di 200 milioni per il terzo valico di alta capacità ferroviaria dei Giovi, che avrebbe bisogno di 1,5 miliardi per essere portata a termine, 90 milioni alla alta velocità ferroviaria Brescia-Padova (che si aggiungono al miliardo già stanziato nel 2013, su un fabbisogno di 7,8 miliardi), 270 milioni per il nuovo tunnel del Brennero, che però aveva bisogno di 1 miliardo per bandire la nuova tratta (e quindi rimarrà fermo), 120 milioni al quadrilatero autostradale Marche/Umbria, che però ha bisogno di 650 milioni per chiudersi, 400 milioni per i lotti ancora aperti della Salerno-Reggio Calabria e 50 milioni per la terza corsia dell’autostrada Venezia-Trieste. Poi l’elenco snocciola finanziamenti ad un panoplia di opere non cantierabili entro 12 mesi (ad esempio, i 270 milioni appostati sulla statale 131, tratta per la quale occorre ancora fare la gara d’appalto) o addirittura incagliate, o di dubbia realizzabilità (210 milioni sono appostati sull’adeguamento della Statale Telesina, per il quale si prevede un bando in project financing, ma i finanziatori privati latitano).

sabato 30 agosto 2014

INCITATUS, MELIUS QUAM NOMINATUS (tr. meglio senatore un cavallo che un nominato) di Carlo Felici




INCITATUS, MELIUS QUAM NOMINATUS
 (tr. meglio senatore un cavallo che un nominato) 
 di Carlo Felici 


Il 31 Agosto del 12, esattamente 2002 anni fa, nasceva Gaio Cesare Germanico, figlio di Agrippina Maggiore, a sua volta figlia di Giulia, che era figlia di Augusto. Egli discendeva dunque direttamente dal primo grande imperatore di Roma, che regnò per due anni durante la sua primissima infanzia. Fu un personaggio tra i più diffamati nel corso della storia, ma, a ben vedere, la ragione c'è: ed è quella che egli, anche se in poco tempo, seppe inaugurare una forma di nuovo assolutismo democratico, che probabilmente corrispondeva a maggiormente a quello che avrebbero voluto fare e che avrebbero messo in atto Cesare e Marco Antonio se entrambi non fossero stati stati tolti di mezzo rispettivamente dagli scherani senatori e dal rivale Augusto, il quale regnò più come un garante che come un sovrano dotato di pieni poteri, e per altro, sempre con un certo altezzoso distacco dal popolo di Roma. L'assolutismo democratico non deve essere confuso con la tirannide né con il dispotismo illuminato, retaggio di altre epoche e che, in ogni caso, restano profondamente differenti per la loro vocazione autarchica ed autoreferenziale. L'assolutismo democratico, infatti, non poteva attuarsi senza il consenso di quella che era la stragrande maggioranza del popolo di Roma: la plebe e l'esercito, prova ne è il fatto che ogni qual volta il consenso di una di queste componenti fondamentali veniva meno, con esso rotolava nella polvere anche la vita dell'imperatore che lo aveva incarnato, fino almeno a che esso non fu talmente consolidato, che si tramandò per “adozione”, scegliendo cioè, in fase preventiva, il migliore dei successori, nel periodo che caratterizzò l'età d'oro degli imperatori Antonini. 

BISOGNEREBBE CREDERCI di Giandiego Marigo




BISOGNEREBBE CREDERCI

di Giandiego Marigo




La verità? Quella che non ci raccontiamo è che non ci crede nessuno davvero ed invece bisognerebbe, perché il farlo ci farebbe superare gli ostacoli e le empasse.
I mille egoismi e personalismi, la passione invereconda ed ossessiva per la cura dell'orto, che ci impedisce di fare la cosa più giusta, più logica, più importante e più doverosa: Una Costituente della “Sinistra Unita”, un vero tavolo sempre aperto, realmente rappresentativo e controllato dal basso (sino a conclusione positiva) per farla davvero questa unità di intenti , per stabilire obbiettivi comuni ed un cammino condiviso e condivisibile.
La Volontà, la Passione, la Fede … non sono merce d'uso di questi tempi.
Certo, si potrebbero fare un paio di analisi di prospettiva, parlare delle volontà espresse da Alba, Ross@, da Azione Civile, dalla miriade di gruppuscoli in continua nascita che hanno in premessa l'Unità della Sinistra o la sua modificazione in meglio … in un soggetto ampio e plurale.
Oppure sbilanciarsi su quel che c'è, poco e malmesso, Rifo, SeL, alcune tracce di Verde … qualche movimento qua e là.
Si potrebbero citare i gruppi nuovi Convergenza Socialista, Neft Left, Sinistra Unita-AreA di Progresso e Civiltà. Oppure potremmo lanciarci in dotte analisi da “intellettuali conseguenti” che vanno sempre di moda e che un cadreghino in Europa bene o male lo rimediano sempre.
Potrei, volendo, far scivolare l'occhio sugli Anti Euro di sinistra, sempre molto combattivi e sin troppo urlanti. Potrei farlo e finirei con il ripetere le analisi e le perorazioni di cui la rete è, sinceramente, sin troppo ed inutilmente piena.
Punti di vista da comunista integralista, da neo berlingueriano, da socialista più o meno libertario o da libertario più o meno socialista, sino alle nuove visioni di soggetti non necessariamente connotati ed M5S similari.
Certo potrei e forse direi persino delle cose intelligenti.
Però io sono convinto che sia una questione di volontà e non di chiacchiere.
Sono convinto che l'analisi sia d'una semplicità disarmante: Questo paese, l'Europa intera hanno bisogno spasmodicamente d'una sinistra vera, che sappia interpretare e decifrare i bisogni e le speranze di un'area popolare ed in via d'impoverimento sempre più ampia.
Che sappia rilanciare una visione globale che si contrapponga a quella di un mercato sregolato ed imperante, che impone le sue leggi disumane ad ogni nazione ed in ogni parte del mondo.
È ovvio che ci siano poi mille rivoli, mille implicazioni mille metodologie d'applicazione ed è altrattanto ovvio che dovremo discutere, persino litigare, ma la volontà unitaria, la capacità di interpretare questo bisogno è una premessa, la premessa ed in fondo mi dispiace di dovere fare sempre lo stesso discorso … perché questo significa che non ci sono passi avanti significativi. Ma diciamocelo, finalmente ed una volta per tutte, è esattamente questa volontà quella che manca. Il resto sono chiacchiere , parole, canzoni e stornelli.
I metodi di attuazione sono svariati: Una costituente con tavolo aperto, un federazione che sappia rispettare realmente le particolarità di ogni convenuto, l'assemblea permanente … ma questi sono metodi, ma nulla hanno a che vedere con la volontà.

Ho scritto spesso di questo argomento, nel tempo. Ho fondato gruppi di lavoro, pagine sui social network, ho persino inventato una manifestazione antirazzista a Milano, qualche anno fa … e da sempre credo in questa necessità, ci ho creduto persino nella mia brevissima stagione con M5S … sempre ho pensato che l'unica speranza per questo paese e per l'Europa intera fosse la nascita d'un soggetto che sapesse dare a Progresso e Civiltà il loro vero significato, che sapesse cambiare regole, filosofie, impostazioni e premesse … perché, è ormai chiaro (e a parole lo sappiamo tutti) che solo cambiando filosofie, modi e mode, stili di vita ed organizzazioni sociali abbiamo qualche speranza di salvarci e salvare questo pianeta.
Loro, quelli al potere questa cosa la sanno benissimo … ed a modo loro stanno facendo quel che ritengono opportuno, per loro: Depopolazione, Guerre, Controllo delle Risorse, Appropriazione indebita dei Beni Comuni, Abbattimento del welfare in chiave depopolativa, tutto e di più, mentre giocano con le nostre menti. Comprando e vendendo le nostre stesse anime come fossero figurine … E noi, e l'alternativa?

Noi taciamo ed il nostro silenzio è sempre più pesante, oppure … ed è persino peggio, parliamo ed urliamo da soli o in piccoli gruppi di pazzi e nessuno ci ascolta, ci prendono e ci chiudono in una confezione per poi rivenderci come valvole di sfogo a basso prezzo.
Ed ancora una volta e sempre è una questione di volontà perché essa supererebbe ogni ostacolo, ogni differenza, ogni titubanza, ogni chiacchiericcio molesto, scompiglierebbe i salotti dove si consuma ogni speranza in chiacchiere inutili e lunghissime attese.

Farebbe giustizia dei mille leader che fanno di sé stessi e delle proprie convenienze e rendite di posizione la chiave di volta di ogni possibile avvicinamento...getterebbe alle ortiche ogni titubanza, ogni dotta citazione ed eccezione. Per far questo però occorrerebbe una massa critica di gente che condividesse la medesima volontà, realmente e non a chiacchiere … ci sono in questo marasma? E se sì dove sono, visto che il tempo della pazienza e dell'attesa è ampiamente trascorso ed il ritardo accumulato potrebbe essere fatale.



Stampa e pdf

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...