di Moreno Pasquinelli
16 settembre.
CON LA SCUSA DELL'INTERNAZIONALISMO.
Terza puntata della rassegna sull'estrema sinistra e la questione dell'euro.
Questa volta ci occupiamo di Sinistra Anticapitalista. [1] Il 13 settembre è apparso sul sito di questa organizzazione un lungo articolo (firmato con lo pseudonimo Olmo Dalcò) dal titolo "Euro o non euro: quel che ha da venire poi". E' presentato come "contributo" in vista del seminario nazionale de gruppo in questione.
Puntate precedenti: (1) Lettera aperta ai compagni dei CARC. (2) Pcl: l'euro e l'attacco a Grillo.
Premessa
Abbiamo faticato non poco a seguire i ragionamenti del Nostro. La "sostanza" è stato arduo rintracciarla, poiché sepolta tra molta cianfrusaglia. Salta invece agli occhi il carattere profondamente mistificante del "contributo". Olmo Dalcò (o chi per lui), nella sua critica a coloro che propongono di uscire dall'euro, prende in considerazione solo gli argomenti più puerili, banali, ovvero quelli delle destre, deliberatamente tacendo sugli argomenti delle sinistre no-euro (marxiane e keynesiane).
Lo fa perché ignora l'argomento (la letteratura scientifica sull'uscita dall'euro è infatti oramai sterminata) oppure perché sa, ma, furbescamente, preferisce costruirsi un falso e facile bersaglio allo scopo di stampellare il suo ragionamento fazioso? Forse tutte e due le cose: egli ignora e quindi, per sorreggere la sue tesi, si costruisce un bersaglio alla sua portata.
Di certo non è degno di uno che si ritiene marxista svolgere una critica ad una posizione su una questione certo complessa, buttarla in caciara, ovvero misurarsi con le tesi anti-euro più pacchiane e semplicistiche e non invece con quelle serie, scientifiche.
Finanza, banche, moneta: solo sovrastrutture?
Sentiamo il ragionamento di Olmo:
«Non c’è da stupirsi, nel senso che dovremmo ormai essere abituati a fronteggiare le narrazioni ideologiche che persistono a mettere le sovrastrutture monetarie e finanziarie innanzi a tutta la struttura dell’economia reale. (...) Hai voglia a spiegare che il debito e la finanza, pubblica o privata, non c’entravano nulla con la causa della crisi; che la crisi è economica e reale e non monetaria e finanziaria; che si tratta di una crisi di sovrapproduzione, ciclica e necessaria, e non di sottoconsumo, ossia contingente e possibile; che la crisi non è affatto etica ma il frutto della duplice contraddizione da un lato della distribuzione antagonista tra lavoro salariato e capitale, dovuto all’eccesso di lavoro non pagato, dall’altro dello scontro imperialista tra capitali, dovuto alla spietata concorrenza transnazionale».
Sorvoliamo sulla bizzarra definizione della crisi di sovrapproduzione e andiamo alla tesi, provando a spiegare perché è completamente sballata.
Chiunque abbia sale in zucca sa che il sistema finanziario/bancario non è affatto una sovrastruttura, che è invece parte integrante della struttura sistemica dei paesi capitalistici, tanto più di quelli "avanzati". E' avvilente che occorra ripetere questa banalità ad uno che si dice comunista, e ciò a ben 108 anni dalla pubblicazione de L'imperialismo di Lenin.