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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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sabato 21 novembre 2015

PARIGI 2015: UN (SECONDO) PECCATO DI OMISSIONE? di Norberto Fragiacomo




PARIGI 2015: 
UN (SECONDO) PECCATO DI OMISSIONE?
di
Norberto Fragiacomo


Sui fatti di Parigi si sono espressi tutti, e hanno scritto davvero di tutto: eviterò pertanto insulsi copia-incolla, limitandomi a qualche personalissima riflessione, che non vanta pretese di originalità.

Su un punto mi dichiaro d’accordo col piagnucoloso mainstream giornalistico: si è trattato di un crimine raccapricciante, che ci lascia sgomenti. Aggiungo: al pari dell’attentato contro i vacanzieri russi, della strage di Beirut, di quelle che - come corollari dell’esportazione della “democrazia” a stelle e strisce - insanguinano con cadenza quasi giornaliera il Vicino Oriente e mezzo mondo. Affermazione tanto ovvia quanto contraddetta dall’esperienza: nessuno ha proposto di cantare l’inno russo (tra l’altro, il più bello del mondo, Internazionale a parte) dopo l’esplosione dell’Airbus, nessun Consiglio regionale, comunale o circoscrizionale ha esposto il vessillo libanese in omaggio a una cinquantina di vittime senza nome. Le coccarde bianche rosse e blu su FB e il bandierone che, scosso da raffiche di bora a 100, immagino agitarsi in piazza Oberdan ci raccontano un’ovvia, indigeribile verità: tutti i morti sono uguali, ma alcuni sono più morti degli altri.

giovedì 19 novembre 2015

NEMICI INTERNI ED ESTERNI di Lucio Garofalo





NEMICI INTERNI ED ESTERNI
di Lucio Garofalo


Al di là delle questioni di ordine geopolitico internazionale, che sono senza dubbio serie, nelle ultime ore sto spostando la mia attenzione sul tema, non meno importante, delle dinamiche e dei processi sociali interni, ossia sul quadro dei conflitti di classe e dei rapporti di forza intestini al blocco politico borghese, che in simili casi trova giovamento e si ricompatta immediatamente. 

Insomma, è palese che il clima di panico ed inquietudini generato dal terrorismo, giustifica l'invocazione di una maggiore sicurezza sociale da parte dell'opinione pubblica (ammaestrata come non mai) e da parte di quelle forze politiche che giocano e speculano sulla pelle della gente e della democrazia residua, che in tal modo va a farsi benedire definitivamente. 
Si stabilisce così, una sorta di compromesso politico interno, in base al quale sull'altare di una sicurezza, solo illusoria, vengono sacrificate le libertà che ancora ci restano sulla carta. 

Ed ecco che grandi capitali europee, come Parigi e Roma, vengono ad essere presidiate militarmente, in uno stato di belligeranza interna. Tra poco saranno revocati i diritti costituzionali allo sciopero ed alla libera espressione del pensiero.


martedì 17 novembre 2015

SOCIALISMO O BARBARIE di Lucio Garofalo




SOCIALISMO O BARBARIE
di Lucio Garofalo





Il terrorismo islamico è solo una forma di depistaggio. 
È proprio una curiosa circostanza, niente affatto casuale, quella in cui uno degli attentatori di Parigi porti addosso un prezioso documento personale come il passaporto (guarda caso, di nazionalità siriana). Una strana "circostanza" che somiglia molto ad un atto di depistaggio. 

Siamo giunti al paradosso che chiunque si sforzi di ragionare liberamente (e criticamente) con la propria testa è accusato di "fantasticare". 
Ma le vere fantasie sono le narrazioni propagandistiche che negli ultimi anni hanno voluto farci credere: 
1) che l'Iraq di Saddam Hussein disponesse di armi di sterminio e distruzione di massa (non si sono mai visti questi famigerati arsenali bellici dopo l'invasione del territorio iracheno); 
2) che serviva "esportare la democrazia", piuttosto che la civiltà occidentale (a base di torture, violenze e massacri di ogni tipo); 
3) che l'Iraq post Saddam Hussein fosse finalmente un paese "pacificato e normalizzato" dopo due guerre combattute nel Golfo Persico (rispettivamente nel 1991 e nel 2003), mentre la realtà denota rigurgiti ulteriori di fanatismo ed un'aspra recrudescenza delle guerre intestine e fratricide che ormai dilaniano il mondo musulmano: sciiti contro sunniti, sunniti contro altre disparate (e disperate) correnti e fazioni "coraniche"; e via discorrendo. 

Ora si pretende che si creda alle presunte "cellule islamiste impazzite", o ad una "nuova strategia" dell'ISIS. 
Ma chi le ha allevate tali cellule islamiste? 
Chi le arma e le appoggia? 
Chi le finanzia e le foraggia da anni? 
Chi ha partorito ed alimentato, negli ultimi lustri, un clima assai propizio ed un terreno fertile all'espansione del cosiddetto "integralismo islamico"? 
Chi ha addestrato, in Afghanistan, le prime cellule di al Qaeda in funzione anti-sovietica ed oggi le milizie dell'ISIS in funzione anti-russa? 

La CIA è, senza dubbio, il più sofisticato ed avanzato "cervello" strategico ed organizzativo dell'ingerenza eversiva ed imperialista statunitense. Non solo in Medio Oriente, ma in America Latina, in Africa, in Asia e pure in Europa (chi ha progettato ed applicato la "strategia della tensione", in Italia, negli anni '70?). 

Ma il problema è che le analisi servono a ben poco se non si prova a scardinare e sbloccare politicamente una situazione di immobilismo che pare scaturire da un senso di impotenza che attanaglia un po' tutti. 
In effetti, si respira un'atmosfera cupa da "fine impero". 

È probabile che ci troviamo in una fase di transizione storica. Rammento le illuminanti parole di Rosa Luxemburg per indicare il bivio che l'umanità rischia di imboccare in simili circostanze: "socialismo o barbarie". Con la prima e la seconda guerra mondiale e l'avvento dei regimi totalitari del nazifascismo, l'umanità ha varcato la soglia della barbarie. Dovremmo imparare da queste tragiche esperienze storiche. 
Gramsci diceva che la storia è maestra, ma non ha scolari. L'umanità si dimostra una pessima allieva.



lunedì 16 novembre 2015

APPELLO ANTILIBERISTA E ANTICAPITALISTA




Per aderire, scrivere un’e-mail a: antiliberista.anticapitalista@gmail.com, indicando nome,cognomeprovenienza



Appello



Ci sono momenti della lotta di classe di un Paese che hanno ripercussioni politiche complessive sul terreno internazionale. La crisi greca con il terribile disastro sociale prodotto dalle politiche dell’austerità e l’accettazione del terzo memorandum da parte del governo di Syriza, costituisce uno di questi momenti fondamentali.

domenica 15 novembre 2015

NUOVA GUERRA GLOBALE PERMANENTE di Lucio Garofalo






NUOVA GUERRA GLOBALE PERMANENTE
di Lucio Garofalo



C'è un filo rosso (di sangue) che lega i feroci attentati di Parigi, la sanguinosa strage di Beirut, in Libano, l'abbattimento dell'aereo russo di oltre una settimana fa: si tratta, molto probabilmente, di ritorsioni terroristiche contro chi ha scelto di combattere l'Isis. 

In primis, la Russia (ovviamente, siriani e curdi, che subiscono ogni giorno le atroci violenze dei "tagliagole"), ma anche le milizie libanesi di Hezbollah (l'attentato si è verificato in una zona della periferia meridionale di Beirut, in una roccaforte controllata dalle milizie sciite di Hezbollah), nonché la Francia, che aveva da poco tempo iniziato a bombardare le postazioni dell'Isis. 

Mi sforzo di individuare un filo logico di connessione tra diversi episodi sanguinosi, proprio per scoprire la regia occulta che fa capo al "cervello" strategico ed organizzativo che ha partorito un mostro come l'Isis. 
Guarda caso, chi subisce gli attentati è in prima linea a combattere l'Isis. 

CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI? di Riccardo Achilli






CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI?
di Riccardo Achilli




Le sinistre portoghesi stanno dando, con la mozione di censura che ha fatto cadere il Governo di minoranza di Passos Coelho, una speranza ad ampi settori della sinistra. Spiace doversi mostrare bastian contrari, ma l’impressione è che tali speranze non siano sempre del tutto ben riposte. Purtroppo, un conto, molto facile, è identificare un comune nemico, un conto, ben più difficile, è saper proporre una alternativa di governo solida e in grado di affrontare i temi strutturali di fondo.

Nei documenti programmatici sottoscritti fra socialisti, Bloco de Esquerda e comunisti (visibili su http://www.ps.pt/ ) non si enuncia un programma di governo vero e proprio, ma soltanto una serie di obiettivi auspicabili (fine delle privatizzazioni, aumento dei salari, lotta alla precarietà, riforma fiscale più progressiva ecc. ecc.) premettendo che esistono differenze rilevanti, di tipo strutturale, nell'analisi e nel percorso che ogni partito ritiene di dover percorrere per raggiungere quegli obiettivi. 

Nemmeno una parola che una sui due temi fondamentali, senza i quali gli auspici rimangono tali, ovvero il rapporto con la Trojka e la questione del debito pubblico. Non a caso: sono esattamente i due temi sui quali i tre partiti della sinistra portoghese si dividono profondamente. 
Senza un comune sentire su queste tematiche, accettando come inevitabili le differenze strutturali, nel migliore dei casi si formerà un Governo che si schianterà ai primi "niet" della Trojka, oppure che avrà una evoluzione "greca", finendo cioè per accettare nuove misure di austerità (certo i socialisti portoghesi non sarebbero disposti ad uscire dal Pse per sostenere posizioni anche solo blandamente anti-euro). 

sabato 14 novembre 2015

LA BARBARIE IMPERIALISTA CREA QUELLA DEL TERRORISMO



 

LA BARBARIE IMPERIALISTA CREA QUELLA DEL TERRORISMO 


Comunicato del Nouveau Parti Anticapitaliste 



 Gli orribili attentati che hanno avuto luogo venerdì sera a Parigi, con almeno 120 morti, centinaia di feriti, quella violenza cieca, suscitano rivolta e indignazione. l’NPA condivide questi sentimenti ed esprime solidarietà alle vittime e ai loro parenti. E’ un dramma tanto più rivoltante in quanto colpisce vittime innocenti, con gli attentati rivolti contro la popolazione.

 Questa barbarie abietta nel centro di Parigi risponde alla violenza altrettanto cieca e ancora più omicida dei bombardamenti perpetrati dall’aviazione francese in Siria decisi da François Hollande e dal suo governo.

Si tratta di bombardamenti presentati come contro lo stato islamico, i terroristi jahadisti, ma, nei fatti, ancor più dopo i bombardamenti russi, proteggono il regime del principale responsabile del martirio del popolo siriano, il dittatore Assad.

E anche là è la popolazione civile ad essere la prima vittima, condannata com’è a cercare di sopravvivere sotto il terrore o fuggire a rischio della propria vita.

La barbarie imperialista e la barbarie islamista si nutrono a vicenda. E questo per il controllo delle fonti di approvvigionamento del petrolio.

In un penoso intervento, Hollande si è commosso in diretta e ha farfugliato qualche parola sulla Repubblica. Lui, che gioca alla guerra e porta un’immensa responsabilità in questo nuovo dramma, reclama “fiducia”. Ha decretato lo stato d’emergenza in tutto il territorio, pensando che la risposta da dare era quella di calpestare le libertà fondamentali. E’ stato immediatamente sostenuto da Sarkozy. Le autorità politiche possono così ormai proibire riunioni pubbliche e controllare la stampa.

Ancora una volta, i principali responsabili di questa esplosione di violenza barbara fanno appello all’unità nazionale. Cercano di rivolgere una situazione drammatica a loro vantaggio, per soffocare l’indignazione e la rivolta. E per fare ciò trovano un capro espiatorio, i musulmani. Noi rifiutiamo ogni unità nazionale con i responsabili delle guerre, la borghesia, Hollande, Sarkozy e Le Pen. Denunciamo il razzismo che lo stato distilla nel nome dei presunti “valori della repubblica” nello stesso momento in cui, con il pretesto della lotta contro il terrorismo, sono i diritti democratici ad essere minacciati. Chiediamo la revoca dello stato d’emergenza.

 La sola risposta alle guerre e al terrorismo è l’unità dei lavoratori e dei popoli, al di là delle rispettive origini, del colore della pelle, della religione, al di là delle frontiere, per battersi insieme contro chi vuole farli tacere, sottometterli, per farla finita con questo sistema capitalista che crea la barbarie.

 Per mettere fine al terrorismo, bisogna mettere fine alle guerre imperialiste che puntano a perpetuare il saccheggio delle ricchezze dei popoli dominati dalle multinazionali, imporre il ritiro delle truppe francesi da tutti i paesi in cui sono presenti, in particolare in Siria, in Iraq, in Africa. dal sito Sinistra Anticapitalista



dal sito Sinistra Anticapitalista






CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI? di Riccardo Achilli





CHE PROSPETTIVA DI GOVERNO PER LE SINISTRE PORTOGHESI?
di Riccardo Achilli



Le sinistre portoghesi stanno dando, con la mozione di censura che ha fatto cadere il Governo di minoranza di Passos Coelho, una speranza ad ampi settori della sinistra. Spiace doversi mostrare bastian contrari, ma l’impressione è che tali speranze non siano sempre del tutto ben riposte. 

Purtroppo, un conto, molto facile, è identificare un comune nemico, un conto, ben più difficile, è saper proporre una alternativa di governo solida e in grado di affrontare i temi strutturali di fondo.

Nei documenti programmatici sottoscritti fra socialisti, Bloco de Esquerda e comunisti (visibili su http://www.ps.pt/ ) non si enuncia un programma di governo vero e proprio, ma soltanto una serie di obiettivi auspicabili (fine delle privatizzazioni, aumento dei salari, lotta alla precarietà, riforma fiscale più progressiva ecc. ecc.) premettendo che esistono differenze rilevanti, di tipo strutturale, nell'analisi e nel percorso che ogni partito ritiene di dover percorrere per raggiungere quegli obiettivi. Nemmeno una parola che una sui due temi fondamentali, senza i quali gli auspici rimangono tali, ovvero il rapporto con la Trojka e la questione del debito pubblico. Non a caso: sono esattamente i due temi sui quali i tre partiti della sinistra portoghese si dividono profondamente. Senza un comune sentire su queste tematiche, accettando come inevitabili le differenze strutturali, nel migliore dei casi si formerà un Governo che si schianterà ai primi "niet" della Trojka, oppure che avrà una evoluzione "greca", finendo cioè per accettare nuove misure di austerità (certo i socialisti portoghesi non sarebbero disposti ad uscire dal Pse per sostenere posizioni anche solo blandamente anti-euro). Già oggi, in una intervista ad Rtp, il candidato socialista al Ministero delle Finanze, Mario Centeno, chiarisce che si cercherà di attutire l’austerità rimanendo, però, dentro i patti sottoscritti con l’Europa. Come questo sia possibile, senza finire per fare una austerità appena mitigata da qualche decimale di flessibilità, come si sta facendo in Italia, e senza scontrarsi con gli altri alleati di sinistra in un eventuale governo rosso, non è dato sapere né capire.

mercoledì 11 novembre 2015

DA DOVE RIPARTIRE COME SOCIALISTI di Marco Zanier






DA DOVE RIPARTIRE COME SOCIALISTI
di Marco Zanier



E’ giunto il momento, secondo me, di creare per gradi un processo di aggregazione a sinistra. Credo che per creare uno schieramento che raccolga le storie migliori della sinistra ci si debba lasciare molto alle spalle ma non penso che questo debbano essere le singole appartenenze quanto piuttosto le differenze, le incomprensioni, le diffidenze storiche direi, perché la storia bella di socialisti e comunisti credo possa e debba costituire il cemento ideale della nuova formazione politica da costruire insieme. Penso alle tante battaglie importanti condotte dalla stessa parte nel passato, alle capacità organizzative che hanno permesso alla sinistra di riempire le piazze e di sostenere le lotte nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, penso soprattutto ad un’ottica di classe che credo vada mantenuta o, meglio, recuperata: lo stare dalla parte degli sfruttati e in contrapposizione netta a chi sfrutta e divide per suo tornaconto personale o di categoria. Per i socialisti in particolare credo si debba ripartire da una certa sana critica dell’orizzonte socialdemocratico, così come lo criticavano Basso e De Martino, per immaginare una società socialista da realizzare veramente più giusta ed equa per tanti.
Mi vengono in mente due passaggi: da un lato le parole che Lelio Basso pronunciò nel 1962, poco prima cioè di lasciare il partito per dare vita al Psiup (Per una sinistra socialista, Editoriale del numero di marzo 1962 di Problemi del Socialismo)
“L’alternativa non è tra il riformismo della maggioranza e il rifiuto totale di ogni politica, di ogni obiettivo e di ogni strumento che non sia integralmente socialista, come da molte parti ci sentiamo ripetere (rifiuto della costituzione, del parlamento, della democrazia, ecc.), perché il socialismo si costruisce proprio lottando all’interno degli attuali rapporti sociali, delle attuali strutture e sovrastrutture, lottando sul terreno della realtà di oggi, anche con gli strumenti che essa ci offre, anche con la costituzione, anche con il parlamento, anche con quel tanto di democrazia che oggi possediamo, e che dobbiamo progressivamente allargare perché è vero che la costituzione, il parlamento e la democrazia di oggi non sono per sé soli bastevoli di avvicinarci al socialismo” 
e l’altro di De Martino, nel suo libro del 1989 “Il pessimismo della storia e l’ottimismo della ragione” (p.22): 
“Il socialismo viene concepito da molti come pienamente compatibile con la sopravvivenza del sistema capitalistico. In tal modo si pensa di acquistare legittimità nella gestione del sistema, ma non si valuta nella sua entità la rinuncia all’autonomia teorica e politica. In tal senso hanno operato correnti maggioritarie della socialdemocrazia europea ed in modo ancor più accentuato il moderno riformismo in Italia, fino a condividere una sorta di esaltazione del ‘privato’ di contro al pubblico. A questo punto cade una effettiva delimitazione tra liberismo e socialismo e si indeboliscono i legami col riformismo originario.”
In questo senso credo che il contributo dei socialisti alla creazione di una nuova concezione della sinistra possa essere interessante anche per i compagni che vengono da altre esperienze, senza per questo avere la presunzione di possedere una verità rivelata ma invece con la voglia di aiutare a superare alcuni limiti di tanti altri tentativi di riaggregazione a sinistra. Intendiamoci però, se come socialisti possiamo essere d’aiuto ai compagni comunisti che con mente aperta e spirito critico intendano dare vita insieme ad un nuovo soggetto di sinistra efficace ed utile a tanti, dall’altra parte dobbiamo, secondo me essere aiutati ad uscire dalla nostra autoreferenzialità e dal nostro isolamento, mascherato da autonomismo e vestito troppo spesso di anticomunismo.
Guardare alla realtà, alle trasformazioni della società, alla gravità della trasformazione della legislazione sul lavoro introdotta dal Jobs Act, votata anche dai nostri rappresentanti in Parlamento e dalla maggioranza del PD (anche da molti esponenti storici di sinistra) che ha cancellato le conquiste introdotte dallo Statuto dei Lavoratori ed introdotto una precarietà senza fine e senza scampo per i nuovi assunti, aprirsi al confronto con le questioni nuove come la gestione concreta dei flussi migratori in un momento in cui le destre e non solo stanno portando avanti una battaglia senza quartiere ai diritti basilari delle persone, ripartire dai problemi concreti della casa e dell’abitare mentre sono in aumento gli sfratti nelle gandi città e nei piccolo centri e manca da troppo tempo una politica di rilancio dell’edilizia sociale, parlare di diritto al lavoro per i tanti precari della scuola che sono sotto scacco per colpa delle politiche del governo Renzi, affrontare con coraggio il dramma dei tagli alla sanità pubblica che colpiscono i servizi essenziali per i cittadini come i Pronto Soccorso riducendo i servizi e il personale mentre aumentano le sovvenzioni alla sanità private, in barba ai principi contenuti nella nostra Costituzione.
Ripartire da qui adesso, tutti insieme. Questo secondo me deve fare oggi la sinistra che si vuole costruire. Senza chiuderci ognuno nel proprio staccato, senza guardarci gli uni e gli altri con diffidenza, abbattendo i muri che ci dividono per tornare a dire la nostra in questo Paese. Ed aiutare la maggior parte della gente che non ce la fa ad alzare lo sguardo ed avere una prospettiva ideale: costruire insieme una società nuova, migliore e socialista.

27 Giugno 2015 (aggiornato il 17 Agosto 2015)




SINISTRA ITALIANA/SI: SPERANZA O PRESA IN GIRO? CE LO DIRA’ LA PRIMAVERA di Norberto Fragiacomo




SINISTRA ITALIANA/SI: SPERANZA O PRESA IN GIRO? CE LO DIRA’ LA PRIMAVERA
di
Norberto Fragiacomo




Sinistra Italiana/SI: sarà il solito sbiadito arcobaleno?
Dopo il flop dell’insulsa Rivoluzione Civile, soffocata in culla dai borbottii né carne né pesce di Ingroia, e il voltafaccia di Alexis Tsipras la riproposizione dell’ennesima sinistra di alternativa – composta, per di più, di ex piddini e parlamentari di SeL – difficilmente poteva scatenare entusiasmi. Chi scrive nutriva seri dubbi sulla serietà dell’operazione, e ne ha ancora, ma prende atto di alcune interessanti novità, per ora meramente cartacee. Scorrendo “La Sinistra si organizza. Ecco il documento” (1) e “Ora unire e allargare la Sinistra” (2) mi sono imbattuto in alcune affermazioni per me lapalissiane, ma tutt’altro che scontate: si prende atto che “la stagione del centro-sinistra è finita” e che il PD, “dominato dall’agenda liberista dell’Eurozona”, è un avversario come tutti gli altri, che “vive ormai con fastidio il modello disegnato dalla Costituzione repubblicana”; si seppellisce il falso mito degli “Stati Uniti d’Europa”, funzionale “solo a svuotare ulteriormente le democrazie nazionali, assoggettandole al controllo di organi tecnocratici” (e infatti, sabato scorso, il messaggio europeista di Santa Laura Boldrini è stato sonoramente fischiato); si osa auspicare una “sinistra patriottica per la sua capacità di rappresentare in chiave non regressiva i bisogni profondi della nostra comunità nazionale”, pensionando quel surrogato di sano internazionalismo che, per riflesso pavloviano, nascondeva agli occhi di tanti compagni la natura oppressiva ed antidemocratica dell’Unione Europea. Certo, ci sono anche gli strali lanciati contro il fantasma della “Cosa rossa”, che il buon Landini non ha alcuna intenzione (né il coraggio) di battezzare, ma questa è fuffa, un espediente comunicativo per allontanare da sé l’accusa sempre in canna di estremismo, immediatamente scagliata, comunque, dai pennivendoli “progressisti” agli ordini di Matteo Renzi.

martedì 10 novembre 2015

APPUNTI PER UNA STORIA DEL TROTSKISMO di Stefano Santarelli -parte terza-




APPUNTI PER UNA STORIA DEL TROTSKISMO 
di Stefano Santarelli
 -parte terza- 


IL MORENISMO



Questa corrente trotskista prende il nome dal dirigente argentino Nahuel Moreno (pseudonimo di Hugo Bressano) che fu tra i fondatori nel 1943/44 del Grupo obrero marxista (GOM) che nel dicembre 1948 si trasforma nel Partido obrero revolucionario (POR) una piccola formazione che contava una cinquantina di militanti. Ed in quell’anno Moreno partecipa come delegato argentino al II Congresso della Quarta internazionale (1948) schierandosi subito al fianco del Revolutionary communist party (RCP) britannico contro le tesi catastrofistiche della maggioranza diretta da Pablo. E’ ancora presente come delegato al III Congresso mondiale (1951) che però riconosce come sezione ufficiale il gruppo diretto da Posadas, questa decisione ovviamente influisce sull’adesione del Por al Comitato internazionale fondato dal Swp e da Lambert e Healy.
Moreno per conto del CI costituisce il Comitato latino americano (Cla) costituito dai tre Por di Argentina, Cile e Perù e dove segue con particolare attenzione la politica del Por boliviano che, insieme al Movimiento nacionalista revolucionario  (Mnr) in una situazione rivoluzionaria era uno dei due partiti più influenti nel movimento operario e seguiva la politica pablista. Ricordiamo che il Por aveva fatto adottare dal sindacato nel 1947 le cosidette “Tesi Pulacayo” che altro non erano che una traduzione nella realtà boliviana del “Programma di transizione” di Trotsky. Queste tesi affermavano che “I paesi arretrati si muovono sotto il segno della pressione imperialista, il loro sviluppo ha un carattere combinato: riuniscono allo stesso tempo le forme economiche più primitive e l’ultima parola della tecnica e della civilizzazione capitalistica. Il proletariato nei paesi arretrati è obbligato a combinare la lotta per gli obiettivi democratico-borghesi con la lotta per rivendicazioni socialiste. Entrambe le tappe -quella democratica e quella socialista- non sono separate nella lotta da tappe storiche, ma sorgono immediatamente l’una dall’altra.” (…)
Ed i compiti della rivoluzione boliviana secondo queste tesi sono i seguenti:

POLITO EDITORIALISTA DELLA DOMENICA di Lorenzo Mortara





POLITO EDITORIALISTA DELLA DOMENICA 
 di Lorenzo Mortara 

RSU FIOM Vercelli 



Pucciare l’editoriale di Polito nel caffellatte, è una delle prelibatezze più raffinate concesse dalla domenica mattina, quando il Corriere ci delizia con la sua pubblicazione. Il tema di ieri, al bar della Confindustria, sono le tasse. Lo svolgimento prevede una panoramica sui pregiudizi in materia della Sinistra, smontati uno a uno con precisione chirurgica dalla sua narrazione scientifica, realistica, quasi vendoliana e assolutamente oggettiva e veritiera. Proprio per questo, non chiedete qualche dato che comprovi le affermazioni a questo Dio delle chiacchiere. Non essendo ideologico, privo di interessi personali e classisti, disinteressato, super partes e liberale antidogmatico come è, bisogna credergli sulla parola perché lui è assiomatico.

Tassare i ricchi è vecchio come la sinistra. Il che spiega la sua storica vocazione minoritaria. Per Sinistra, Polito intende la sinistra odiosa, stalinoide, storicamente compromessa, tuttalpiù socialdemocratica, vagamente keynesiana, trasformista, opportunista, cerchiobottista, carrierista, burocratica, riformista, tsipriota, giammai rivoluzionaria e al dunque sempre capitolarda, schifosamente antimarxista, capitalista, sommamente asina e consociativista. Intende proprio questa chiavica di sinistra che, le poche volte che si è ritrovata al potere, ha sempre abbandonato un qualunque programma del proletariato, anche il meno ricco purché onesto, per la squallida miseria di un programma borghese, stufando le masse salariate fino al punto di trovarsi in men che non si dica all’opposizione (dopoguerra PCI), indi nella pattumiera della Storia negli anni ’90 (PSI) o subito dopo negli anni 2000 (PRC).

lunedì 9 novembre 2015

NOTE CRITICHE SULLA PIATTAFORMA FIOM di Lorenzo Mortara




NOTE CRITICHE SULLA PIATTAFORMA FIOM 
di Lorenzo Mortara 



Punto per punto, alcune riflessioni su quel che non va della Piattaforma FIOM 2016, tralasciando per lo più quel che altri hanno già detto


Nuovismo – La prima cosa che colpisce della PIATTAFORMA FIOM per il RINNOVO del CONTRATTO DEI METALMECCANICI 2016, è la voglia di novità e di sperimentazione contrattuale. Tutto il preambolo è un unico peana in onore del rinnovamento. Peccato che anche Federmeccanica, non parli d’altro che di rinnovare l’assetto contrattuale. Questo vizio di ammiccare alla controparte con le stesse parole, ben sapendo che le lingue sono diverse, ha già prodotto disastri nel recente passato. Chi non ricorda che Landini fu il primo ad aprire a Renzi? Il metodo era lo stesso: il Berluschino del PD voleva cambiare l’Italia, e anch’io, disse il nostro Leader, lo voglio, perché nessuno più dei lavoratori vuole cambiare questo Paese. Sperava così di diventarne un interlocutore privilegiato. Divenne solo un giocattolo nelle sue mani. Possibile che dobbiamo fare un’altra volta la figura dei fessi? Così come Renzi vuole cambiare in peggio il Paese, e Landini in meglio, almeno per i lavoratori, alla stessa maniera l’innovazione contrattuale di Federmeccanica è lo smantellamento del Contratto Nazionale, l’innovazione della Fiom è invece il suo rafforzamento. Sono due cose opposte e inconciliabili, perché quando due discorsi vaghi e generici sul rinnovamento contrattuale si incontrano, tra i due prevale sempre quello più forte. Esattamente come l’apertura a Renzi sul cambiamento del Paese, non ha sortito altro che l’uso strumentale di Landini come copertura delle sue politiche antioperaie. La colpa non è di Renzi, ma di Landini che l’ha continuamente promosso, portandolo in palma di mano per un paio di mesi, anziché smascherarlo subito senza pietà. La Piattaforma ripete lo stesso errore col profondo rinnovamento contrattuale…

domenica 8 novembre 2015

RENZI DICE NO AL REDDITO MINIMO di Ettore Davide Coscione




 RENZI DICE NO AL REDDITO MINIMO
di Ettore Davide Coscione

Renzi dice di no
Quando si tratta di trovare risorse per gli ultimi, il No gli viene facile.
Un azione concreta che impatti la povertà non è nel suo DNA politico, nelle sue idee di rampante, di trionfalismi e retorica del “lavorar duro”, del volere è potere, del nessun sussidio, vadano a lavorare ; non è una questione di mancanza di soldi, ma di volontà politica, di valori necessari per ragionare in quella direzione, una questioni di “compiti a casa” oltre che  di nessun ritorno elettorale.
L’elettore Renziano, seppur disoccupato, precario e pezzente… è contro il reddito minimo garantito, pensa che un giorno anche lui arriverà ad essere un vincente.
Dunque i soldi si trovano per:
il ponte sullo stretto, per le missioni di guerra, per gli F35, per togliere i servizi ai poveri, per regalare i soldi alle imprese che ne approfittano cambiando i contratti, per giubilei, expo e altre opere di propaganda politica ( compresi quei famosi 80 euro). In tal caso i fondi ci sono tutti.
Inoltre si possono togliere le tasse ai ricchi in maniera indiscriminata e questa cosa ha un costo, là le coperture si trovano subito.
Per i poveri no, sono classe non elettoralmente interessante, sono i cosiddetti “perdenti”, non hanno saputo essere Renziani, colpa loro.
Quindi noi che non apparteniamo ai Renziani possiamo opporci con l’unica arma che ci resta, cioè l’Unione, ma non quella che intende Bersani, vero perdente che non ha saputo essere Renziano, non quella accozzaglia di esclusi della politica degli ultimi anni e che oggi vuole tornare con il loro metodo (anche lui davvero perdente), magari cercando di arrivare a qualche poltroncina come alle elezioni europee del 2014.
No, questa non è una sinistra alternativa.
Ci vuole una Rete di sinistra che sia antiRenziana, cioè Anticapitalista.
Una Sinistra che sappia parlare ai “perdenti” unirli fino alla Vittoria, che non sia una chimera elettorale, ma fatta di concreta attuazione di un modello che volga al sociale tutte le risorse disponibili e che muti l’ordine del potere che non permette che ciò avvenga.

6 Novembre 2015 

dal sito Guardo libero

La vignetta è del Maestro Mauro Biani




CUORE IN MANO E VITA FRA I DENTI di Giandiego Marigo






CUORE IN MANO E VITA FRA I DENTI
di Giandiego Marigo



Questo post/articolo è scritto con il cuore in mano e la vita fra i denti, un poco perché non vi è un altro modo per farlo, un poco perché io non so scrivere altrimenti.
Ed infine perché nessuno pare tener conto davvero nelle propri dotte analisi dell'oggettivo, esponenziale, continuo peggioramento delle condizioni di vita dei molti ...mentre quella che chiamammo sinistra continua le proprie convulsioni ..accumulando tentativi ed ipotesi che non riescono a parlarsi fra loro. Ora in modo macroscopico, coprendosi di insulti e di istanze reciproche di tradimento … ora più semplicemente producendo statuti, piccoli partiti infinitesimali, gruppi di lavoro che ripetono le medesime cose, ritenendosi però profondamente diversi ed unici ed ignorandosi l'un l'altro, anche se spessissimo vicini e composti reciprocamente da persone che si conoscono benissimo fra loro.

Mentre sulla rete sorgono gruppi, simpatici ed assolutamente onesti, ammirevoli ed addirittura condivisibili che riproducono le mille ed una strada d'una illusione d'agglomerazione che parta dal basso. Eternamente ignorata ed inascoltata dalla politica più o meno ufficiale

Gruppi onesti e credibili sinche in rete, salvo poi accorgersi, puntualmente d'essere incapaci di uscire dall'ambito del virtuale, in una emulazione di M5S che però … attenzione, essendo un bluff ed un artefatto, avendo un “controllo centrale ferreo e fortissimamente professionalizzato” sa perfettamente come “muovere il marketing di rete” mentre i nostri gruppetti di coraggiosi emulatori lo ignorano o peggio lo improvvisano cercando di seguire regole realmente etiche.

Il contesto reale in cui avverrà, probabilmente, una forma di unità a sinistra del PD è però ancora totalmente verticistico, elitario e romano.

Ad agire sono ancora e sempre le segreterie, gli intellettuali riconosciuti e conclamati ed i leader più o meno storici e carismatici … se unità avverrà sarà alla “meno peggio” come sempre e come suole, falsamente improntata al cambiamento mentre la finalità è in realtà conservativa (posizioni, poltrone, influenze, rendite di posizione, diritti acquisiti, ruoli di controllo).
Questo ovviamente non comparirà, coperto da parole, chiacchiere, dotte analisi, splendide tirate di intellettuali di lustro, nessuno lo vedrà, avverrà naturalmente dietro alle quinte e stranamente alla fine saranno i medesimi segretari, gli stessi intellettuali, qualche politico ex PD ripulito e tirato a lucido ad occupare il campo. Chissà come, chissà perchè.
Senza nemmeno aver appreso da M5S come si faccia a sembrare circolari, orizzontali e democratici e strenui seguaci della democrazia diretta pur non essendolo affatto.

C'è amarezza e sconforto in quel che dico?
Sono un bastian contrario cui non va mai bene nulla?

L'ho pensato molte volte anche io di me stesso, le innumerevoli volte in cui ho veduto ripetersi questo clichet ...e l'ho detto … un bastian contrario, appunto. Uno di quelli che sono “ostacolo” alla gloriosa avanzata d'una sinistra rigenerata nel nome di Vendola , Civati, Ferrero e Cofferati.
Molti estimatori del percorso, mi richiamano , da sempre all'ordine, alla necessità, alla analisi storica della realtà, all'oggettività ed al pragmatismo nonché alla gradualità.

Probabilmente hanno ragione loro ed io torto, essendo così spesso meno che minoranza, eppure ancora una volta l'operazione mi appare, perdonatemi, verticista e assolutamente ignara di qualsivoglia rapporto con la base che non sia quella “attivamente controllata” da chi si siede al tavolo della trattativa.
Mentre ogni ipotesi di crescita territoriale e di radicamento viene rimandata alla formazione alchemica d'un gruppo dirigente precostituito, sulla base di rapporti precedenti e di “conoscenze e legami preesistenti”.
Questo è motivato dalle innumerevoli fasi assembleari delle esperienze precedenti che hanno prodotto poco o nulla se non grande confusione e d ulteriore frammentazione? Può essere , ma perché allora suona come una sconfitta?

Alcuni compagni mi richiamano, anch'essi da sempre alla realtà super nazionale, ed anche qui hanno probabilmente ragione. Spagna, Grecia, Portogallo, Irlanda Sud e Centro America, la connessione di queste realtà potrebbe produrre qualche cosa di più e di meglio che non la perorazione del nulla in cui siamo impantanati da troppo tempo, concordo, ma non dovrebbe essere indotta, ma partecipata.
Mentre in questo paese la fase partecipativa sembra divenire assoluto miraggio, sempre più lontano ed improbabile.
Colpa solamente d'un popolo bue e manipolabile?
Forse , ma non basta e soprattutto non è un atteggiamento o un metodo d'analisi socialista, sebbene così spesso lo sconforto di una pecoraggine diffusa colga tutti noi nel profondo. Questo non autorizza alcuno a “saltare” la fase partecipativa o a darla per compiuta sulla base del fallimento delle esperienze precedenti.

Da ultimo e non ultimo, però il problema annoso del rapporto con il PD, sto assistendo a mille ed una contorsione per poter dire che siamo sì lontani dal PD però non vogliamo rinunciare del tutto alle alleanze dove ci comoda, dove si può fare, dove rende … ed ancora il pragmatismo supera il senso di quello che facciamo, producendo mostri. Per me AreA di Progresso e Civiltà è in autonomia assoluta dal percorso del Partito (non più) Democratico, senza alcun compromesso e senza nessuna possibilità di confusione, non chiusi, ma lontani, distinti e profondamente diversi.

E finisco ricollegandomi all'apertura perché il richiamo al cuore ed alla vita?
Perché queste cose passano da noi, da dentro, comportamenti, acquisizioni conquiste e visioni sono interiorizzate e partono dal bisogno personale.
Io sono un povero assoluto, condannato con ogni probabilità all'emarginazione ed anche alla morte nel Nuovo Ordine Mondiale e da questa certezza io parto, dalla mia condizione di povero, dai miei denti mancanti, dalla mia marginalità dalla mia solitudine di fronte ad un Welfare sempre più inesistente e cerco così qualcosa e qualcuno che mi rappresenti, che mi dia una prospettiva di speranza se non di salvezza … ma si badi non sono l'unico e siamo/saremo sempre di più.



sabato 7 novembre 2015

UN EPISODIO AVVILENTE di Lucio Garofalo




UN EPISODIO AVVILENTE 
di Lucio Garofalo



Vi informo su un episodio quantomeno avvilente ed increscioso, accaduto nella mia scuola. 

Hanno promosso un convegno con i soliti personaggi politici (De Mita, ecc.) ed hanno costretto gli insegnanti ad essere presenti in seguito ad un ordine di servizio, convocando ufficialmente un collegio dei docenti che non si è mai tenuto. Un abile stratagemma per obbligare il corpo docente a fornire una platea gratuita alla mercé di questi notabili politici. 

Insomma, i docenti sono stati convocati a partecipare ad una seduta collegiale, ma il collegio non si è riunito per dare spazio ad un convegno, durante il quale gli insegnanti hanno fatto da uditorio a disposizione dei politici. Si è trattato di un vero abuso di potere, un atto illecito, una inaccettabile imposizione nei nostri confronti. Per cui ho denunciato la cosa, divulgando un resoconto alla stampa, in seguito ripreso da un parlamentare di SEL, il quale ha emanato un proprio comunicato ed ha promesso di presentare un'interrogazione parlamentare. 
Contestualmente, la CGIL scuola ha inviato una nota formale all'Ufficio Scolastico Regionale. 

D'ora innanzi potrei subire atti ritorsivi. Personalmente, non temo nulla. Nel malaugurato caso, userò le mie abituali "armi", vale a dire la parola scritta. Questi signorotti politici devono capire che non possono spadroneggiare sempre, comunque e dovunque. 

Non si può non contestare tale iniziativa, platealmente strumentale, che piega la scuola agli scopi di alcuni politicanti. Come docenti, che hanno una dignità professionale, umana ed etica da tutelare, non possiamo prestarci a simili giochetti, a pretesti utili a promuovere passerelle politiche che non hanno alcuna attinenza diretta con gli interessi ed i problemi reali della scuola. 
È una circostanza esemplare che attesta, in modo netto ed inequivocabile, come non esista alcuna discontinuità rispetto alla precedente gestione della scuola. Anzi, l'iniziativa si colloca in perfetta linea con il vecchio modello politico-direttivo. 

Mi sono espresso in ogni modo contro la "Buona scuola". Il 5 maggio scorso si è astenuto dal lavoro l'80% circa dei dipendenti della scuola (si è trattato dello sciopero più imponente, massiccio e partecipato nella storia della scuola pubblica italiana), ho preso parte a numerose assemblee sindacali e a manifestazioni di piazza. Da oltre un anno e mezzo mi batto contro la barbarie renziana. Ho scritto e continuo a scrivere post, lettere ed articoli contro l'inciviltà renziana. Ma invano. Tale vicenda testimonia come la legge 107/2015 serva solo a mettere il bavaglio alle voci critiche e dissidenti, a tacitare e ad allineare i soggetti più scomodi.



La vignetta è del Maestro Mauro Biani


FRAU MERKEL, I MIGRANTI E AMMIANO MARCELLINO di Norberto Fragiacomo





FRAU MERKEL, I MIGRANTI E AMMIANO MARCELLINO


La mesta odissea dei profughi siriani, trasformata in evento mediatico “live”, è solo un assaggio di future migrazioni di massa che, come nel IV° secolo d.C., potrebbero cambiare la Storia del continente
di
Norberto Fragiacomo



Appena riemerso da una piccola, ma cocente, Teutoburgo personale, mi trovo ributtato nel caos di una cronaca che potrebbe sinistramente preludere ad un’epocale svolta storica.
Ributtato: participio poco elegante e, forse, linguisticamente sbagliato, ma assai in tono con una situazione e una propaganda che giudico ributtanti. Non parlo ovviamente dei profughi siriani, cui vanno la mia compassione e il mio rispetto, ma della carovana di falsità, ipocrisie e disinformazione che accompagna – e quasi sempre precede – la loro marcia affannata.
Gli ungheresi non li vogliono (e li prendono a bastonate), la Merkel sì: perciò Orban è un reazionario cattivo, i tedeschi, invece, un popolo redento. Questo ci raccontano i media e la stampa, Repubblica in particolare: Andrea Tarquini, che ha guizzi da romanziere, produce a spron battuto pezzi di colore sgargiante, in cui dà voce a personaggi meritevoli di simpatia, con i quali è possibile – anzi, doveroso - identificarsi. E’ però fiction, non il giornalismo delle 5 W (sarà mai esistito, quest’ultimo?).

D’improvviso tutti i migranti sono diventati “profughi siriani”: la descrizione dei fatti cede il passo alla sineddoche. Artifizio e raggiro, svelatoci da certi riferimenti sottotraccia a decine, forse centinaia di milioni di esseri umani in arrivo dall’Africa nei prossimi anni. I siriani non provengono dal continente nero, sono in cerca di salvezza anziché di fortuna, ma si prestano bene, per le loro disgrazie, a “riassumere” un fenomeno che dovrebbe inquietarci tutti, quale che sia la nostra fede politica. Qualcuno, tra i tecnici, ha parlato di “invasione”, ma il termine è stato convenientemente espunto dai dibattiti televisivi: ricorda troppo certi eventi del IV-V° secolo d.C. che furono, anche in quel caso, non assalti programmati, ma gigantesche migrazioni di popoli.

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