Sovrano, noi operai, i nostri figli, le nostre donne,
i nostri deboli vecchi, i nostri parenti,
siamo venuti da te, Sovrano, per chiedere giustizia e protezione.
Siamo ridotti alla miseria, oppressi, caricati di lavoro,
al di sopra delle nostre forze, insultati;
non ci considerano uomini, ci trattano da schiavi...
Ecco, Sovrano, i principali bisogni che noi ti sottoponiamo.
Ordina e giura di soddisfarli e renderai la Russia potente e gloriosa,
scolpirai il tuo nome nei nostri cuori.
La petizione allo Zar degli operai del 1905
(dal 1905 di Lev Trotsky)
Il megadirettore è uno stronzo!
Fantozzi
di Lorenzo Mortara
Quanto abbia rinculato e sia andato indietro il movimento operaio, lo si può desumere anche dalle richieste dei lavoratori. Non c’è giorno né assemblea in cui, come delegato, non ti senti proporre l’assurda richiesta di far venire il Consiglio Dei Dieci Assenti nei reparti produttivi a constatare quanto stiamo male. La maggior parte degli operai, anche quelli apparentemente più coscienti, è convinta che la nostra situazione sia da ascrivere alle sole vessazioni di capi e capetti, cioè del primo o al massimo del secondo strato superiore della burocrazia a servizio del Capitale. Credono che i capi supremi, quelli che apparentemente non si immischiano nelle vicende della produzione, siano all'oscuro dei nostri problemi, e che, debitamente informati, scenderebbero nei reparti come dei cavalieri di ventura a riparare i torti e le ingiustizie inflitte a noi poveri operai dai kapo loro sottoposti che ci hanno messo a guardia.
Gli operai non vogliono credere che la dirigenza, dal primo gradino superiore della piramide fino al vertice, è tutta unita e compatta contro di noi. Non vogliono credere che le direttive per vessarci dalla prima all’ultima ora di lavoro, con richieste e pretese sempre più assurde, partono dal vertice e non dai gradini intermedi della gerarchia, perché la gradazione di cattiveria è la stessa del portafogli: più è in alto il funzionario di fabbrica, più è direttamente responsabile dell’oppressione subita in basso dagli operai. Più è pagato, più è cosciente che il suo guadagno dipende dall’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori. Ed è per questo che il suo compito, non avendo in fondo altro da fare, si riduce a studiare ogni giorno nuovi metodi per impedire ai lavoratori di rialzare, anche solo per un minuto, la testa.
«Compagno delegato, perché non mandi una mail al megadirettoregalattico?», ecco la soluzione ai nostri problemi che emerge dalle assemblee.
Questa richiesta ha uno storico precedente. Nel 1905, guidati dal Pope Gapon, gli operai russi, praticamente all’alba del capitalismo, presentarono una petizione allo Zar, per chiedere che obbligasse i padroni a non sfruttarli a sangue. Erano tutti convinti della bontà del povero Zar, tenuto all’oscuro dai cattivi padroni sulle condizioni disumane in cui si trovavano. Gli operai, tra le altre cose, supplicavano lo Zar di interrompere la guerra russo-giapponese, di ampliare il suffragio elettorale, di ridurre la giornata lavorativa a 8 ore e di impedire ai padroni di imporre ore di lavoro straordinario. ♫ Dio, proteggi lo Zar ♫ cantavano in coro col Pope Gapon mentre si dirigevano al Palazzo d’Inverno. Era la domenica del 22 Gennaio 1905, ma Dio non aveva bisogno di difendere lo Zar, il quale sapeva difendersi benissimo da solo, sarebbe stato molto meglio che avesse preso le difese degli operai dallo Zar. Purtroppo, anche quel giorno, Dio si assentò più del previsto, non prendendo le difese di nessuno, così le richieste degli operai e di Gapon furono accolte a fucilate dalla guardia zarista. Le petizione si trasformò in un bagno di sangue: la storica domenica di sangue del 1905. Quel giorno gli operai appresero che la cattiveria dei padroni e quella dello Zar erano la stessa cosa, e non se lo scordarono più fino al 1917, quando, scartata anche la guida zarista del Pope Gapon, sostituita con quella bolscevica di Lenin e compagni, misero fine per sempre allo Zar e a tutta la sua stirpe1.
Sono passati più di cento anni di Storia del movimento operaio. Abbiamo fatto conquiste e rivoluzioni, ma la Storia della lotta di classe se le è riprese, e ora nell'anno 2011, siamo tornati al 1905. Ci aspetta un’altra domenica di sangue se non ci liberemo delle illusioni del passato che ancora ritornano nel presente. Gli Zar non mancano, sterminati quelli del passato, son tornati sotto altre vesti i loro fantasmi.
Gli operai d’Italia non sono diversi da quelli russi, così come gli operai di oggi sono uguali a quelli di ieri. Chi non ricorda l’ingenuità dei tanti operai che consideravano buono Agnelli e cattivo Romiti? Agnelli non sapeva della spietatezza dell’amministratore delegato, pensavano questi creduloni. Se solo sapesse – dicevano – se solo venisse qui a vedere come ci trattano, le cose cambierebbero. Eppure Romiti era il braccio fetente della testa ancor più fetente di Agnelli. Ma anche, per miracolo, fosse davvero così, e il megadirettoregalattico fosse l’uomo più buono del mondo, gli operai devono riflettere sull’insensatezza della soluzione. Puntare sul megadirettore, vuol dire ammetter di essere incapaci di risolvere da soli il problema. Inoltre, la soluzione che va dal lavoratore al delegato e su su, fino al megadirettore, è sempre una soluzione verticale, individualistica. E la soluzione individualistica è quella tipica dell’operaio disorganizzato. Quando si organizza, l’operaio non ha più bisogno di puntare su qualche Santo in Paradiso, perché punta direttamente su sé stesso. Non bisogna inviare mail all’alto dei cieli che non leggerà nessuno, bisogna rivolgersi al collega che si ha vicino e poi a un altro ancora. L’operaio disperato cerca la soluzione in alto e non capisce di avercela al fianco, in basso, nel suo vicino. La soluzione non è verticale, ma orizzontale. È così elementare che ancora sfugge al movimento operaio regredito ormai all’età dell’infanzia.
Eppure come già altre volte abbiamo pagato caro la nostra crescita, anche oggi troveremo la via per ritornare adulti e maturare. Pagine amare ci apriranno gli occhi. Queste invece, più dolci, resteranno sempre come indelebili capi d’accusa contro tutti gli stupratori che, di fronte a bambini inermi, anziché aver maggior riguardo, ne hanno approfittato una volta di più per quadruplicare la spietatezza.
Perché sempre, quanto più il movimento operaio si rimpicciolisce e ritorna indietro ai giardini d’infanzia, tanto più cresce la disumana mostruosità dei padroni. E noi, con tutta la nostra ingenuità, vivendo sempre del nostro, saremo sempre dignitosi; loro, anche gli riuscisse di trasformare tanta violenza in bontà, saranno sempre indegni di far parte della razza umana, perché anche quando saranno gracili come quelle di un bambino, vivranno lo stesso e con più gusto sulle nostre spalle.
Stazione dei Celti
Domenica (di altro sangue) 31 Luglio 2011
Lorenzo Mortara
Delegato Fiom
1 Pur al soldo della polizia segreta, Gapon, preso dagli eventi, non poté che schierarsi con gli operai. Lo fece naturalmente alla sua maniera, pretesca, con proclami inconcludenti quanto vuoti. Questo però non significa che in qualche modo non stette dalla parte giusta. Su questo dovrebbero riflettere i tanti ciarloni che ancora oggi continuano a bocciare le masse che entrano in rivolta solo perché guidate da elementi più o meno reazionari. Allora era l’alba del capitalismo nazionale russo, era più che ovvio che alla testa degli operai non si trovasse il marxismo. Oggi siamo al tramonto internazionale dello stalinismo, siamo andati ancora più indietro del 1905, perciò è ancora più ovvio che alla testa delle masse dalla Grecia all’Egitto, e dalla Libia alla Spagna, ci sia il Pope Gapon di turno. Ma così come allora i marxisti stettero con gli operai, così oggi stanno con tutte le attuali rivolte, pur denunciando al contempo le direzioni borghesi. Solo così potremo sostituirle con genuine direzioni rivoluzionarie. Bocciando tout-court e senza pietà le attuali rivolte, le direzioni borghesi si rafforzeranno anziché indebolirsi.
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