IL TESORO DELLA SIERRA MADRE
di Stefano Santarelli
Nella
sterminata produzione cinematografica hollywoodiana vi è un film che può
vantare uno strano e fino ad oggi impareggiabile record: è l’unica opera in cui
un padre ed un figlio hanno vinto entrambi un Oscar per lo stesso film. Ci
stiamo riferendo, ed il lettore più informato se n’è già accorto, al “Tesoro della Sierra Madre” che nel 1948
permise al giovane John Huston di vincere il Premio Oscar per la Regia e la
migliore sceneggiatura e al padre, Walter,
quello come migliore attore non protagonista.
Tratto
da un romanzo di un misterioso ed enigmatico autore, B. Traven la cui identità
non era nota neanche al suo editore, pubblicato in tedesco negli anni ’20,
costituisce una spietata denuncia al materialismo e al capitalismo. Questo
sconosciuto autore riteneva che se la gente non avesse avuto proprietà e non
avesse avuto illusorie ambizioni non vi sarebbero state guerre ed il
capitalismo sarebbe stato sconfitto. Inoltre in questo romanzo viene duramente contestata
l’oppressione degli indiani da parte degli spagnoli ed è duramente critico sul
ruolo della Chiesa cattolica in questa ingiustizia. Esso narra la storia di due
avventurieri che nel Messico rivoluzionario coinvolgono un anziano cercatore
d’oro in una caccia a questo metallo prezioso, ma quando verrà trovata una
ricca vena d’oro nonostante il duro lavoro per estrarlo alla fine prevarranno
l’avidità, il tradimento ed il furto e di questo tesoro non rimarrà più nulla.
Ma
chiunque sia stato l’autore, questo romanzo venne pubblicato negli Stati Uniti
nel 1935 e richiamò l’attenzione di un giovane sceneggiatore e regista della
“Warner Brothers”: John Huston, il quale
nel 1941 aveva diretto e scritto la sceneggiatura di un capolavoro del cinema
noir “Il mistero del falco” tratto
dal celebre romanzo di Dashiell Hammett il quale già era stato portato sullo
schermo nel 1931 e 1936 , peraltro senza successo.
In
questo film il giovanissimo Huston con un budget molto limitato che lo obbliga
a girare questa pellicola tutta in interni, realizza questo leggendario film
grazie anche all’eccezionale interpretazione di Humphrey Bogart, il quale diventerà
il suo attore preferito.
Huston
fece di tutto per assicurarsi i diritti del romanzo di Traven volendo fare del
“Tesoro della Sierra Madre” una
continuazione ideale del celebre film tratto dal romanzo di Hammett.
Il romanzo di Traven era già stato scartato dai
dirigenti della Warner Brothers in quanto era troppo triste. Non vi sono
intrecci amorosi, non vi sono ruoli femminili e non vi è neppure un lieto fine.
Oltretutto sia nel romanzo come nel film vi è un’atmosfera impregnata da una
profonda malinconia. Insomma tutte caratteristiche negative per un film degli
anni ’40/50.
Lo
scoppio della Seconda guerra mondiale fa richiamare nell’esercito con il grado
di tenente Huston, dove girerà
interessanti documentari militari, mentre Humphrey Bogart diventerà una delle
maggiori stelle di Hollywood con film come “Casablanca”
e “Il grande sonno”.
Una Star
in fondo estremamente anomala nel firmamento hollywoodiano: un vero e proprio
antieroe di mezza età e con un fisico certamente non paragonabile ai Clark
Gable, Robert Taylor o Tyrone Power. Ma proprio per queste sue caratteristiche
rimane un attore ancora oggi moderno ed attuale.
Bogart
alla fine del ’46 firma un contratto redditizio con la Warner che gli garantirà
un film all’anno e 200.000$ a film e nel contratto viene anche certificato il
progetto di un film tratto dal romanzo
di Traven.
Mentre
Huston era impegnato nel servizio militare la Warner inizia a tentare di
produrre il film: ben quattro sceneggiatori lavorano su questo progetto ed una
delle versioni è addirittura ambientata a Los Angeles.
Ma con
il rientro di Huston ad Hoolywood questo progetto diventa realtà. Si assicura
immediatamente la partecipazione di Bogart a questo film e nella sceneggiatura
che scrive inserisce delle modifiche molto interessanti che rendono l’opera più
adatta al cinema. Il personaggio di Bob Curtin, interpretato da un giovane ed
ingenuo Tim Holt, viene “addolcito” e diventa il contro-ego del personaggio
interpretato da Bogart, per questa parte era stato preso in considerazione il
più celebre e futuro presidente americano Ronald Regan.
Tim Holt
era un discreto attore di western di Serie B il quale aveva però avuta una
piccola parte nel celebre film del 1942 di Orson Welles “L’orgoglio
degli Amberson”, ma purtroppo nella sua carriera non riuscirà ad emergere
nonostante la bella interpretazione di questo film dove riesce a fronteggiare
ed anche superare attori di grande levatura come Bogart e Walter Huston.
Nella
parte dello sfortunato Cody, un altro avventuriero che vuole entrare in questo
gruppo che ha scoperto questa vena d’oro e che verrà ucciso dai banditi
messicani viene scelto un ex atleta olimpionico che aveva partecipato nel 1932
nella gara del lancio del peso, Bruce Bennet, il quale diede una certa forza e realismo a
questo personaggio senza renderlo eccessivo.
Il film
viene girato quasi interamente in Messico, d’altronde l’influenza del neo
realismo italiano si era fatta sentire,
come abbiamo visto in un mio articolo precedente, anche nel cinema
hollywoodiano. (vedi http://stefanosantarelli.blogspot.it/2012/08/un-uomo-tranquillo-di-stefano-santarelli.html).
La parte di Howard, il vecchio
cercatore d’oro viene assegnata al padre di Huston, Walter, un vecchio attore il quale non era mai stato
una stella di primissimo piano, ma che ha influenzato notevolmente il figlio
John nella sua carriera cinematografica. Huston obbliga il vecchio padre a
recitare senza la dentiera rendendo così molto più realistica la figura di
questo vecchio cercatore che si caratterizza per la sua umanità nei confronti
della popolazione messicana e per il suo amore per la terra. Significativo è il
suo celebre saluto di ringraziamento alla montagna dove hanno estratto l’oro:
“Grazie montagna!”.
Bisogna notare che
l’interpretazione di Bogart era estremamente diversa da quelle precedenti e non
ebbe il parere favorevole dei suoi fans che lo volevano invece vedere con il
classico trench interpretando personaggi come Sam Spade o Philiph Marlowe o
vederlo coinvolto sentimentalmente come in “Casablanca”. Effettivamente Dobbs,
il personaggio interpretato da Bogart è un personaggio ripugnante che nel corso
del film diventa un pericoloso paranoico. Ma costituisce una delle più belle,
se non la più originale, recitazione di Bogart
che preannuncia l’eccezionale interpretazione del comandante del Caine.
Bogart, e sembra impossibile
obiettivamente parlando, non ottenne l’Oscar per questo film come non l’ottenne
neanche per “L’ammutinamento del Caine”, prendendolo invece alcuni anni dopo
per “La regina d’Africa” diretto dallo stesso Huston. Una interpretazione
questa francamente minore, a nostro avviso, rispetto a questi due film.
Da notare che lo stesso John
Huston recita in questo film in un piccolo cameo interpretando l’uomo che con
l’abito bianco viene avvicinato da Bogart per avere l’elemosina.
Va segnalato che il film del 1953
interpretato da Gary Cooper, Barbara Stanwych e Anthony Quinn (Ballata selvaggia) con la bellissima canzone di Dimitri Tiomkin cantata
da Frankie Laine compie nella sua prima mezz’ora un vero plagio nei confronti
dell’opera di Huston, un plagio che inesplicabilmente è passato sotto silenzio
anche se costituisce la parte più
interessante di questa pellicola. “Ballata
selvaggia” che rese famoso in tutto il mondo il nome della protagonista,
Marina, poi si riduce in un noioso e poco convincente triangolo tra la Stanwych
e i due interpreti maschili.
All’epoca “Il tesoro della Sierra Madre” non ottenne, nonostante i tre Oscar,
un successo di pubblico anche se oggi questo film viene considerato uno dei capolavori
del cinema americano. La profonda malinconia di cui è intriso questo film, il
pessimismo sulla natura umana è così pregnante ma anche inafferrabile come
l’oro della Sierra Madre che il vento riporta nella terra da cui gli uomini
l’hanno setacciato.
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