SOCIALISMO E FELICITA'
di Maurizio Zaffarano
La crisi della sinistra è anzitutto una crisi culturale, è il suo
essere spiazzata e resa inattuale dai sentimenti e dai valori oggi dominanti, è
il suo non saper offrire una prospettiva condivisa e accettata di cambiamento e
di governo. I sentimenti e i valori dominanti sono oggi quelli
dell'individualismo e dell'affermazione personale che si realizzano nel
desiderio di potere e di possesso di beni materiali. Il contesto culturale
dominante è quello che forgia e rafforza questi sentimenti: sta nella realtà
travisata e manipolata dalla narrazione dei principali media, nell'esistenza
ridotta a competizione per la vittoria e il primato, nei divi miliardari dello
sport e dello spettacolo assunti a miti e modelli da adorare e da imitare, in
alcune merci - l'ultimo gadget elettronico, l'automobile di lusso, il capo
firmato, il viaggio nei luoghi esotici – insieme alle conquiste sessuali da
esibire quali prede e trofei identificate come le uniche cose per cui vale la
pena di vivere. Di fronte a questo quadro di valori il degrado morale ne è
diretta conseguenza: tutto è lecito per raggiungere il successo e la ricchezza,
qualunque persona si può vendere o comprare. Grillo, Renzi e Berlusconi sono
tre varianti tutte interne a questa cultura e a questo sistema: il loro
messaggio politico comune è che bisogna consentire e facilitare l'affermazione
e il successo individuale e non cambiare il sistema e i rapporti di forza
economici e sociali che lo caratterizzano. Combattendo le caste e i privilegi che
impediscono la mobilità sociale o eliminando i lacci e lacciuoli o le tasse e
le regole che si mettono di traverso al pieno dispiegarsi del "mercato", della
libera impresa, di un preteso 'merito' assunto a dogma ignorando la realtà
delle disuguaglianze.
Di fronte a questa egemonia culturale dell'individualismo,
dell'egoismo personale e di gruppo, al venir meno del sentirsi parte, con tutti
i vincoli e i doveri che ne conseguono, di comunità più ampie, termini come
lotta di classe, solidarietà, giustizia sociale diventano per la maggioranza,
anche e soprattutto dei giovani, parole vuote o incomprensibili o comunque
prive di una reale forza di seduzione.
La Sinistra dovrebbe allora ripartire ponendo come propria premessa la
felicità ed il diritto alla felicità perché ciò consente di incunearsi in
questo contesto culturale ed evidenziarne le contraddizioni. Consente cioè di
lavorare su due piani contemporaneamente: quello del concetto di felicità come "essere", come ricchezza e completezza delle relazioni sociali e umane e come
possibilità di liberare la propria essenza interiore, anziché come "avere" e
quello del "bagaglio" minimo (lavoro, casa, ambiente, servizi sociali,
istruzione e cultura) che deve essere garantito ad ogni essere umano perché
possa realizzare pienamente sé stesso. Felicità dunque che disvela e si
riconnette alla necessità del controllo collettivo sulla produzione e sulla
distribuzione della ricchezza, sulla convenienza a far prevalere il bene di
tutti sul profitto e sull'interesse individuale.
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