In un intervista al Foglio
dell'8 giugno 2012 il Renzi-pensiero. La dimostrazione, se ce ne fosse
bisogno, della sua totale estraneità alla Sinistra e persino al
cattolicesimo sociale. La Sinistra non ha nulla a che spartire con il
liberismo e il capitalismo. La Sinistra è uguaglianza e giustizia
sociale da realizzarsi attraverso il controllo collettivo dell'economia.
“Dimostreremo che
non è vero che l’Italia e l’Europa sono state distrutte dal liberismo ma
che al contrario il liberismo è un concetto di sinistra, e che le idee
degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti
marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il
cuore”
La candidatura, le idee, il “noi”. Intervista con il sindaco di Firenze
“Sì, è vero: adesso ci siamo.
Le primarie, almeno così sembra, alla fine si faranno; e noi, quando
Pier Luigi Bersani ufficializzerà la sua scelta, saremo pronti a
giocarci la nostra partita. Lo faremo per sfidare il segretario, certo,
ma soprattutto lo faremo per affermare le nostre idee, per dare una
scossa al partito e per provare una buona volta a rivoluzionare, e a
innovare, questo Pd. E però, carini, non fatevi illusioni: ché se qui
noi siamo in campo non lo facciamo per partecipare, ma solo perché
sappiamo che noi, oggi, in questa gara, possiamo vincere davvero”.
Matteo Renzi gioca ancora un po’ con le parole e continua a coniugare la sua discesa in campo con i tempi tiepidi e prudenti della prima
persona plurale. Ma questa volta il “noi” utilizzato dal sindaco di
Firenze per inquadrare il progetto studiato dalla sua squadra per
inseguire e sfidare i vecchi volti del Partito democratico
non è più soltanto un piano ipotetico legato a uno scenario indefinito e
lontano nel tempo ma è diventato improvvisamente il programma per
niente ipotetico di una reale campagna elettorale
il cui countdown verrà azionato questa mattina alle dieci in punto
nella sede del Pd: quando cioè il segretario del partito, Pier Luigi
Bersani, di fronte agli oltre cento delegati della direzione nazionale,
ufficializzerà una data che Renzi, come molti altri nel Pd, aspettava da
tempo. Una data importante: 14 ottobre, giorno di primarie. “E’ la
scelta giusta – dice Renzi in questa conversazione con il Foglio – ed è
una nostra vittoria dato che noi le primarie le chiedevamo da tempo.
Bersani è stato coraggioso: ha mostrato di avere fegato e intelligenza
politica, e finalmente ha capito che sarebbe stato un suicidio per un
partito come il nostro, che ha un bisogno disperato di innovazione,
rinunciare proprio oggi, proprio in questo momento, al più grande strumento
di innovazione di cui dispone il Pd. So che non sarà uno scherzo,
naturalmente. So che la sfida sarà aperta e che le primarie non saranno
come quelle di Firenze, e che per vincerle sarà necessario conquistare
cifre mostruose, più o meno, diciamo un milione e mezzo di voti, ovvero
cento volte i voti che ottenni tre anni fa a Firenze. Lo so, ma non ho
paura: il nostro progetto è forte, e io ho le idee molto chiare su come
poter costruire una piccola impresa”.
La “piccola impresa” Renzi inizierà a costruirla
seguendo un percorso composto da quattro tappe. La direzione di oggi è
il primo passaggio, poi ci sarà il Big Bang 2.0 (il 22 e il 23 giugno a
Firenze), quindi arriverà la ratifica in Assemblea nazionale della data
delle primarie (il 6 luglio) e infine, a metà luglio, a cento giorni
esatti dalle primarie del 14 ottobre, ci sarà “una grande convention in
stile obamiano in cui verrà annunciata la candidatura” e da lì in poi
comincerà il viaggio di Renzi e compagnia in cento province italiane.
“Vedete – continua Renzi – dico ‘noi’ non perché io ci tenga a fare
l’acrobata con le parole ma solo perché so che nei prossimi mesi se
dovesse emergere una candidatura più forte della mia io sono pronto a
farmi da parte. E qui non si tratta di essere diplomatici: si tratta
semplicemente di avere la consapevolezza che a guidare la partita deve
essere qualcuno che ha la possibilità di vincere, e non di fare una
mezza comparsata, sul modello Rosy Bindi, come è successo nelle ultime
primarie del centrosinistra”. Primarie, già. Ma quali primarie? Fino a
oggi Bersani si è limitato a parlare di primarie senza specificarne il
modello, e lasciando intendere che la formula sarebbe stata quella delle
consultazioni di partito. A sorpresa però il segretario sembra sia
pronto ad annunciare in direzione una formula diversa, che permetterebbe
di partecipare alla competizione non solo a Matteo Renzi ma anche a
tutti gli altri leader di partito alleati con il Pd: le primarie aperte
di coalizione. “Poco importa la formula. Qui contano i contenuti. E i
contenuti della nostra battaglia saranno chiari: sono quelli che abbiamo
elencato lo scorso anno alla Leopolda e sono quelli che ribadiremo a
fine giugno a Firenze. Non parleremo mai di alleanze, parleremo molto di
liberismo, di merito, di Europa, ambiente e proveremo a dimostrare che
per essere il principe dell’innovazione il Pd non ha bisogno di
ammanettarsi a qualche inutile lista civica”.
Renzi entra nel merito e prova a elencare alcuni punti
del programma. Primo “Non faremo una sciocca campagna contro Mario
Monti, ma spiegheremo per quale motivo, per la classe dirigente del Pd,
Monti è diventato un alibi per non ammettere una verità: che se il Pd
perde voti non è perché appoggia Monti ma perché fino a oggi non è
riuscito a presentarsi di fronte agli elettori come un’alternativa
credibile per guidare questo paese”. Secondo: “Faremo una campagna sul
merito, e cercheremo di dimostrare che un partito riformista, di fronte
per esempio a riforme suggestive come quella suggerita dal ministro
Francesco Profumo, non può permettersi di essere percepito come il
partito che si preoccupa di non dare spazio al talento”. Terzo:
“Spiegheremo che senza chiarire i problemi legati all’Europa, e senza
impegnarci per dare vita agli Stati Uniti d’Europa e dare la possibilità
alla Bce di stampare moneta, i problemi del nostro paese, e non solo
quelli economici, non verranno mai risolti”. Quarto: “Dimostreremo che
non è vero che l’Italia e l’Europa sono state distrutte dal liberismo ma
che al contrario il liberismo è un concetto di sinistra, e che le idee
degli Zingales, degli Ichino e dei Blair non possono essere dei tratti
marginali dell’identità del nostro partito, ma ne devono essere il
cuore”. Quinto: “Mai più il modello Vasto e mai più coalizioni fatte per
vincere, farsi ricattare e naturalmente non governare”. Il cronista fa
notare che alcuni tratti del programma coincidono con quelli del
segretario ma su questo punto Renzi ha le idee chiare, e sostiene che
ora come non mai è il momento di mostrare ed esplicitare qual è “il
fallimento più grande di
questa classe dirigente”. “E’ qui la vera questione – dice Renzi – Oggi
non si tratta solo di rottamare qualcuno. Si tratta di spiegare che c’è
un’intera generazione politica che fa parte di una squadra che negli
ultimi vent’anni ha contribuito a portare il paese verso l’abisso in cui
siamo precipitati. Finora i Bersani, i D’Alema e gli altri mostri sacri
del Pd hanno avuto l’occasione di realizzare le riforme che oggi dicono
di voler fare un domani. L’occasione l’hanno avuta e non l’hanno
sfruttata. Ora tocca a noi: e se si vince bene, e se si perde faremo un
sorriso e torneremo a Firenze e nelle nostre rispettive città.
Tranquilli, però: se scendiamo in campo non lo facciamo per fare i
bischeri: lo facciamo per vincere, e vedrete che ce la faremo”.
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