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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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venerdì 25 novembre 2011

NON SOLO BALOTELLI


NON SOLO BALOTELLI
di Stefano Santarelli

La recente dichiarazione del Presidente Napolitano a favore della concessione della cittadinanza a coloro che sono nati nel nostro paese ripropone un problema ormai più che maturo per la società italiana.
Infatti la nostra legislazione è completamente arretrata rispetto a quella degli altri paesi occidentali non prevedendo lo ius soli vale a dire il diritto di essere cittadini perché si è nati in territorio italiano, ma concedendo invece la cittadinanza in base allo ius sanguinis in cui è sufficiente avere un solo bisnonno italico per poterla richiedere. Tra l’altro siamo l’unico paese occidentale (a parte Israele e l’Irlanda ed in misura minore la Spagna) a concedere la cittadinanza in base al diritto di sangue, un diritto che spazia addirittura su ben quattro generazioni.
Questa arretratezza della nostra legislazione sta provocando tutta una serie di contraddizioni prevedendo, per esempio, il diritto di voto da compiersi tramite posta, senza quindi neanche la fatica di recarsi in un ufficio consolare, a chi vive stabilmente in un paese estero per il solo fatto di essere magari il pronipote di nostri concittadini e che probabilmente non è mai stato in Italia e di cui forse non padroneggia la nostra lingua e senza ovviamente pagare le tasse. Ma negandolo invece a chi è nato nel nostro paese, vi ha fatto qui anche tutto il suo percorso scolastico e compie il suo dovere di contribuente.
Ed effettivamente ha ragione il Presidente della Repubblica a definire tale situazione “un’autentica follia” una questione peraltro già denunciata con forza da un politico indiscutibilmente di destra come Fini.
Non esiste in nessun paese occidentale una legislazione così penalizzante per i figli degli immigrati.
In Germania, i bambini nati dal 2000 in poi la acquisiscono se uno dei due genitori ha il permesso di soggiorno permanente da almeno tre anni ed è residente nel paese da almeno otto.
In Inghilterra la si ottiene se uno dei due genitori stranieri vi si è stabilito a tempo indeterminato.
In Francia, dove addirittura lo ius soli è previsto dal lontanissimo 1515, secondo la legge del 1998 occorrono almeno cinque anni di residenza dall'età di 11, anche discontinua, per ottenere la cittadinanza  automaticamente a 18 anni. Mentre il ragazzo o la ragazza nati in Francia possono ottenerla anche a 16 anni, se ne fanno esplicita richiesta. Di più: i loro genitori possono farla ottenere anche a 13 anni, previo consenso dell'interessato: in questo caso, il requisito dei cinque anni di residenza scatta dall'età di 8 anni.
Negli Usa invece chiunque vi nasca è automaticamente cittadino statunitense.
Invece da noi chi è nato in Italia da genitori stranieri può chiedere la cittadinanza italiana soltanto al compimento della maggiore età con la condizione che però abbia trascorso tutti i suoi 18 anni di vita in Italia. Un'interruzione anche modesta di questo periodo e voilà, con grande sadismo l'occasione sfuma. E, con altrettanto sadismo, l'occasione sfuma se il giovane compie i 19 anni senza fare domanda, magari per ignoranza delle norme.
E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una legislazione profondamente discriminante con una impostazione indiscutibilmente razzista. Queste norme sono contenute nella legge 91 del 1992 votate all’unanimità da tutte le forze politiche comprese quelle della sinistra che su questo tema obiettivamente ha sempre dimostrato una profonda sordità ed indifferenza.
Infatti non si può non ricordare che nel 2° Governo Prodi (2006-2008), dove erano presenti pure i “forchettoni rossi” del PdCI, di Rifondazione e dei Verdi, non venne promulgata nessuna legge su questo tema impantandosi invece nelle legge sulle “coppie di fatto” di difficile attuazione in un  paese purtroppo profondamente cattolico come il nostro. Ora una legge di riforma della cittadinanza con la cosiddetta sinistra al governo aveva al contrario molte possibilità di essere varata visto anche l’enorme sensibilità che su questo tema ha il mondo cattolico.
La mancanza di una vera legge democratica sulla cittadinanza con lo scopo di favorire il pieno inserimento delle varie comunità presenti nel nostro paese provoca ormai profonde disuguaglianze. Infatti i figli degli immigrati sono un milione in tutto di cui quasi il 60% nati in Italia che studiano nelle nostre scuole, che parlano i nostri dialetti e che tifano le stesse squadre di calcio dei loro purissimi coetanei italiani.
Se mi si permette una nota strettamente personale non posso non essere disgustato dal fatto che mentre i miei tre figli che sono degli atleti agonisti hanno la possibilità di disputare e anche di vincere campionati italiani invece i loro coetanei di origine cinese o albanese pur essendo nati in Italia e magari non avendo mai visto il loro paese di origine al contrario non hanno tali possibilità. Così mentre i miei figli possono essere convocati in nazionale e quindi gareggiare nei vari tornei internazionali tutto questo è invece negato ad altri atlete/i altrettanto brave/i che hanno il solo handicap di non avere la cittadinanza italiana pur essendo un prodotto del nostre scuole sportive. E si deve tenere conto che la vita sportiva di un atleta al massimo può durare fino ai trent’anni dopo i quali è molto più difficile aspirare a vincere dei titoli i quali sono il sogno e lo scopo di qualsiasi atleta.
E’ rimasto purtroppo famoso il caso del calciatore Mario Balotelli il quale di origine ghanese è stato adottato in tenera età da una famiglia italiana. E pur essendo uno dei migliori giocatori della sua generazione e avendo alle spalle inoltre una grande società di calcio italiana non ha potuto disputare le Olimpiadi perché non aveva i 18 anni necessari per ottenere la nazionalità italiana. Ed è inutile sottolineare che la partecipazione alle Olimpiadi è veramente il sogno di qualsiasi atleta.
E’ questo un esempio di una discriminazione apparentemente minore, ma in realtà molto profonda e che lascia ferite che difficilmente possono essere rimarginate perché non si può parlare di integrazione senza concedere i nostri stessi diritti. E queste discriminazioni sportive colpiscono ovviamente i giovani immigrati che rappresentano una parte importante del futuro del nostro paese.
Sarebbe però ingenuo aspettare che questa annosa questione possa essere risolta da un Governo “tecnico” come quello di Monti, ma certamente dare la cittadinanza a chi è nato nel nostro paese oppure ha compiuto qui i propri studi è un tema all’ordine del giorno anche per la stessa borghesia italiana. Purtroppo se non sarà la sinistra a farsi carico di questa elementare battaglia di civiltà lo farà la destra con ben altra sensibilità.

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