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venerdì 28 settembre 2012

SPAGNA 2012. IL POPULISMO FRA INDIGNAZIONE E NAZIONALISMO di Demi Romeo




di Demi Romeo




Fa una certa impressione ascoltare gli Indignados attaccare la Costituzione, affermando:"non ci rappresenta. non l'abbiamo votata noi".
Evito di fare il discorso sul potere costituente, così caro ai costituzionalisti, ma intanto mi chiedo: a parte che in Spagna sia la Costituzione che gli Statuti autonomici vengono sottoposti a referendum consultivo, pertanto questa generazione ha idea del perchè l'88% dei loro genitori e nonni votò a favore dell'attuale Costituzione in seguito alla morte di Franco, dopo aver eletto già l'assemblea costituente a distanza di ben 40 anni dalla proclamazione della dittatura legionaria-falangista e in assenza di elezioni libere e plurali?
Inoltre, non si comprende in concreto quale tipo di Costituzione dovrebbe sostituire quella attuale e con quale organizzazione dei pubblici poteri.

Una nuova Charta Magna potrà rimediare all'erosione di sovranità democratica causata dall'intero contesto economico-finanziario?

Come se ciò dipendesse da scelte politiche nazionali.
Dunque, l'errore di fondo risiede qui. Additare la politica e il parlamento (nemmeno il governo, sic!) come responsabili diretti della crisi, invece di ritenerli succubi di logiche ben più elevate e tutt'altro che democratiche. Onestamente, da osservatore democratico mi sarei aspettato l'assedio della Moncloa (la residenza del Presidente del Consiglio) e - soprattutto - delle filiali di Bankia, quarto ente finanziario del Regno, più volte intervenuto coi soldi dei contribuenti spagnoli.


Questo scenario, in alcune realtà, è alla base delle rinnovate pulsioni nazionaliste, come dimostrano la grande manifestazione dell'indipendentismo catalano tenutasi l'11 settembre scorso e l'atteggiamento fortemente ostile del Presidente catalano, il conservatore Artur Mas, che rivendica un nuovo patto fiscale che potenzi il gettito destinato alla Comunidad. Questo rappresenta un secondo fronte anti-costituzionale, fortemente attivo in alcuni settori della società iberica.
La mia tesi è che il fronte anti-costituzionale degli Indignati e quello nazionalista trovino una valvola di sfogo nelle grandi manifestazioni di piazza, chi contro l'austerità, chi oggi vede l'uscita dal tunnel grazie all'attacco al governo centrale e alla maggiore capacità tributaria.


Insomma, entrambi i fronti si alimentano a vicenda in un caos di populistica evidenza che prospetta l'implosione del sistema politico costituzionale e la delegittimazione delle forze attive fin dalla Transizione.
Peccato che, sia Rajoy che Mas, a livello nazionale ed autonomico, siano simbiotici e legati da un patto di mutuo soccorso. Patto che, se sarà sciolto sulla materia fiscale, porterà la Catalogna dritta verso le elezioni anticipate, oggi molto probabili.

Si dice che sarà un vero referendum per l'indipendenza. In tal caso, sarebbe la prima volta che si registrano nello stesso anno le elezioni in Catalogna, Galizia e Paesi Baschi.


Intanto, i sondaggi regionali parlano chiaro. Calano i grandi partiti nazionali ed escono rafforzate le formazioni indipendentiste, tanto di destra (CiU, il partito di Mas) quanto di sinistra (ERC, che fu protagonista insieme ai Socialisti di un inedito governo di sinistra, alternativo al CiU-PP).
Per cui, risulterebbe difficile leggere la cronaca di queste ultime ore in Madrid senza legarla all'altro grande fatto d'attualità politica, il catalanismo.
In questo gran clamore, il settore finanziario rimane a guardare, intoccabile, protetto dagli aiuti di Stato e della BCE, inarrivabile da quegli Indignados i cui padri furono protagonisti sfortunati ed ingenui di quella gran festa chiamata bolla immobiliare.

Nel frattempo, c'è chi dice che il "rescate" sia già pronto. Magari dopo la consultazione basca, il cui spirito nazionalista sembra preferire lo strumento sindacale dello sciopero generale e la leva etnico-culturale come rimedio all'indignazione dell'anti-politica. Una scelta ragionevole.

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