di Lorenzo Mortara
Marchionne ha promesso un’altra
volta di riassumere tutti i 5000 dipendenti di Mirafiori. Per intanto li
manterrà in cassa integrazione almeno fino all’inizio del 2015, quando con un
miliardo di investimenti produrrà un SUV della Maserati, per quel polo del
lusso che dovrebbe finalmente proiettare nel terzo millennio la Fabbrica
Italiana Automobili Torino.
Per i suoi
giornali, Mirafiori è salva, per Landini un po’ meno, perché non conosce
«stabilimenti con 5000 operai che stanno in piedi con un solo SUV. A spanne,
almeno la metà non rientrerà al lavoro». Per farli rientrare tutti, ci vorrebbe
almeno un altro modello, quello che potrebbe portare l’Alfa Romeo, se solo non
fosse implicata nella complicata operazione della fusione di FIAT con Chrysler.
Sembra, infatti, che Marchionne, per arrivare a mettere le mani sull’intero
pacchetto azionario di Chrysler, abbia mezza intenzione di utilizzare, come
merce di scambio, qualche modello dell’Alfa. A dare l’allarme è stata niente
meno che la FIM torinese, preoccupata perché «Bob King (leader del sindacato
americano UAW, nda) potrebbe essere interessato ad avere più lavoro in
cambio di un prezzo migliore per la quota detenuta dal fondo in Chrysler».
Il 41,5% delle
azioni che a Fiat mancano per controllare interamente la ditta americana, sono
in mano al VEBA, il fondo sanitario del sindacato. Per acquistarle Marchionne
dovrebbe sborsare i 5 miliardi di dollari richiesti. Marchionne vorrebbe uno
sconto del 20% e pagarne solo 4. È in questa differenza che si gioca la partita
della quotazione in borsa di Chrysler. Marchionne per 5 miliardi ha invitato il
UAW a comprarsi un biglietto della lotteria, ma è più probabile che messo alle
strette, a giocare d’azzardo, alla fine sia proprio lui, scaricando tutto il
peso dell’operazione sull’altra metà dei dipendenti di Mirafiori, offrendo il
“loro” lavoro agli operai del UAW.
Così, mentre
Marchionne continua a ricattare i lavoratori di entrambe le sponde
dell’Atlantico, Fiat ha chiuso il secondo trimestre, con un utile tra i 4 e i
4,5 miliardi di euro: +9%. E polarizzando la situazione alla FIAT, con tutti
gli utili da un parte e le perdite dall’altra, Marchionne forse non ha più
nemmeno bisogno di un polo del lusso per Mirafiori, perché è già riuscito a
creare l’unico che conti: il suo.
Se questo è il
quadro che si profila all’orizzonte, Mirafiori non è affatto salva, anzi la
situazione resta piuttosto critica. Toccherebbe alla Fiom, forte del suo
imminente ritorno, per quanto formale, raddrizzare le sorti dei lavoratori.
Purtroppo, i piedi della Fiom che varcheranno presto i cancelli della FIAT, non
marciano all’unisono con la sua testa. Questa è ferma alle stesse illusioni che
l’hanno già messa alla porta tre anni fa. La linea è sempre quella, pretendere
un “vero piano industriale” da Marchionne e convocare un tavolo di discussione
con le Istituzioni perché, “a conti fatti”, un SUV non basta. Le poche righe
sopra esposte, ci mostrano invece che la realtà è un’altra. Non ci sarà mai un
vero piano industriale che salvi i profitti di Marchionne e i salari degli
operai. Tanto più se ad attuarlo dovessero essere i rappresentanti politici dei
padroni. È ai lavoratori che bisogna rivolgersi, se solo la Fiom riuscisse a
vederli. Quando riuscirà a scorgerli, la Fiom capirà che a conti fatti anche un
SUV può occupare tutta Mirafiori. Basta che anziché strapparsi dalle mani il
lavoro, lei e il UAW, si uniscano per dividerselo, dimezzando l’orario a parità
di salario. Ecco l’unico piano sindacale che occorre per Mirafiori e per il
quale ci batteremo, perché anche la matematica, o è proletaria o è solo
un’opinione.
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