di Renato Costanzo Gatti
Questo primo week-end d’autunno sarà molto importante per l’Italia, la Germania e l’Europa. Nel movimento magmatico, nella guerra di posizione, della politica italiana, con alcuni accenni di guerra di movimento, si fisseranno in questo fine settimana dei paletti che condizioneranno il nostro futuro.
Primeggiano, necessariamente, le elezioni in Germania dove, con grande probabilità, soggetta a clamorosa smentita, si verificheranno due cose essenziali: un governo di Grosse Koalitione e l’entrata in parlamento del partito antieuropeo dell’alleanza per la Germania AfD. Il primo elemento, la Grosse coalizione, necessitata dall’esito del voto, potrebbe fornirci molti motivi di riflessione per la situazione italiana. Il tema è come stare in un “strana maggioranza”, come individuare, in una teoria dei giochi politici, il minimax ovvero il massimo possibilmente ottenibile con il minimo di resistenza dell’alleato (notare che io penso al condizionamento dell’SPD sulla CDU ma il ragionamento vale specularmene nell’inversione dei soggetti). A mio parere la linea da seguire è quella di fissarsi due o tre punti fondamentali, riformistici in senso socialdemocratico, e cercare di imporre con il ragionamento e con la convinzione tali punti tra quelli programmatici del governo. In Germania penso che sia fondamentale, ai fini di una politica europea, che l’SPD, invece di assecondare (opportunisticamente) il senso comune di una Germania virtuosa che bacchetta e penalizza i paesi cicala, si faccia portavoce di una visione dell’Europa in cui la politica export-led della Germania gode di un ingiusto vantaggio nei confronti dei paesi europei altri, vantaggio che tuttavia rischia, a poco a poco, di trasformarsi in un fattore di crisi, per la Germania stessa. In fondo si tratta di leggere le pagine di Keynes in cui si legge che l’esportatore cronico deve cercare di uscire da tale situazione per evitare futuri guai (l’insolvenza degli importatori cronici) e questo non è un atteggiamento umanitario da “crocerossina” ma di lungimiranza politica. Uscire dal luogo comune di una Germania formica e di paesi PIIGS cicale, per assurgere ad una visione unitaria dell’Europa è un onere storico cui la Germania, oggettivo leader economico e politico dell’unione, non può sottrarsi. Esempio di miopia tedesca sono i mini-jobs (lavori da 450 € al mese) che fanno decadere dal reddito minimo garantito, che non sono tassati in capo al lavoratore e costano pochissimo all’imprenditore, e che rappresentano ben 8.200.000 lavoratori tedeschi abbassando il livello di disoccupazione. Ebbene tale sistema sta creando passività occulte che si evidenzieranno al momento in cui quei lavoratori andranno in pensione e, in mancanza di copertura assicurativa, dovranno ricorrere alla pensione sociale a carico della fiscalità.
Da convinto europeista in appendice al documento presentato al convegno della LdS e scritto a due mani con il compagno Achilli, ho scritto due brevi pezzi: il primo sul pessimismo della ragione il secondo sull’ottimismo della volontà. Il primo partiva dalla considerazione che con un euro così com’è e come potrebbe continuare ad essere in caso di una vittoria della Merkel in Germania, il nostro paese va a sbattere, e serve predisporsi (su suggerimento di Paolo Savona) ad un piano B, che non significhi un ritorno alla lira, ma un diverso e distinto percorso dei paesi mediterranei. Il secondo pezzo, quello dell’ottimismo della volontà, auspicava un piano A che le sinistre europee ponessero nei loro programmi elettorali per la costruzione di un euro che pensasse con interventi programmatici a superare le asimmetrie tra i fondamentali dei vari paesi europei, senza attendersi che fosse il mercato a ritrovare la convergenza; anzi, il mercato ne esalterebbe la divergenza, come sta accadendo.
Ora il tempo è venuto, le elezioni tedesche si tengono oggi e da domani dobbiamo capire come l’SPD riuscirà a imporre un paino A diverso dall’attuale e in caso di insuccesso si cominci a pensare ad un piano B.
In Italia si dovrà affrontare questo tema come il tema principale (altro che le cazzate dell’IMU e dell’IVA). Ma in Italia siamo nella stessa situazione in cui probabilmente si verrà a trovare la Germania da domattina. Senza una nuova legge elettorale ma anche con qualsiasi altra legge elettorale, così stanti le cose, così continuando l’atteggiamento dei % stelle, l’unica maggioranza possibile è il governo Pd-Pdl. Non vedo alternative. Il tema allora è come stare in un governo di tal fatta. Come ci è stato finora Letta è a mio parere catastrofico. L’unica cosa fatta è l’eliminazione dell’IMU, ovvero un obiettivo del PDL, obiettivo inutile se non per la campagna elettorale del cavaliere. L’eliminazione dell’IMU ha creato problemi per il deficit di bilancio, ha regalato ai gestori delle slot machines 1 miliardo e 825 milioni di euro (che pagheremo noi) e pare che questi chiedano ulteriori sconti facendo mancare la copertura anche alla prima rata eliminata, ha aumentato le tasse di contribuenti assicurati sulla vita e contro gli incidenti, ma soprattutto è stato l’esatto opposto di ciò che un partito sedicente di sinistra doveva fare, calarsi le braghe ai ricatti dell’altra parte. Non si sta in una coalizione in questo modo.
Non si privatizzano, nel 2012 (passaggio a CdP di Sace, Simest e Fintecna) 8,8 miliardi di euro e se ne usano solo 6,4 per aumentare il fondo ammortamento dei titoli di stato e si usano i restanti 2,2 miliardi per pagare i debiti correnti. Sarà difficile, difficilissimo, posto che Letta lo voglia, ma non credo, mettere una patrimoniale alla Pellegrino Capaldo a diminuzione del debito, ma almeno ci sia la certezza che le privatizzazioni (sulle quali mantengo tutte le mie riserve, ma che mi pare indubitabile servano solo a fare cassa) programmate per 7,5 miliardi l’anno (la metà di quanto aveva previsto Monti) vada al fondo ammortamento del debito, o almeno a finanziare investimenti pubblici in infrastrutture, e non a coprire debiti correnti, ciò falsifica la misura dell’avanzo primario.
Se il PD, svegliandosi dall’incubo in cui si trova, di fronte all’inevitabile governo di grande alleanza, si presenterà con una sua linea, una sua, direi, dignità, una sua chiarezza di idee, guardando all’SPD e ai socialismi europei, e manterrà dritta la barra, senza cedere ai ricatti quotidiani dello scomodo alleato, interpreterà il suo ruolo in modo corretto.
E la sinistra, minoritaria e spompa, dovrà, a mio parere, misurare questo governo con questi occhi evitando fughe tangenziali, politiche del tanto peggio tanto meglio, capace invece di premiare (ripeto premiare) ogni provvedimento del governo che in una interpretazione marginalistica della politica abbia la derivata prima di segno positivo (e magari anche la derivata seconda).
Se il Pd non saprà interpretare questo ruolo, non ci sarà piano B che tenga. Ci sarà un inevitabile impossibilità di uscire dalla situazione in cui ci siamo cacciati. O meglio di solito da queste situazioni c’è una via d’uscita, ma è a destra.
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