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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 22 ottobre 2014

LA RIFORMA DELLA SCUOLA RENZI-GIANNINI NON E' QUELLO CHE CI VUOLE PER LA SCUOLA di Luca Lecardane



LA RIFORMA DELLA SCUOLA RENZI-GIANNINI NON E' QUELLO CHE CI VUOLE PER LA SCUOLA
di Luca Lecardane




Ogni  governo ha sempre la sua riforma della scuola, mai nessuna ha colto, a mio parere,quasi mai le vere questioni da affrontare.
Il ministro Giannini vuole diminuire di un anno il liceo perché vuole parificare il sistema scolastico italiano a quello europeo.
Peccato che non sia vero che i sistemi scolastici europei abbiano un anno in meno, o se ce l’hanno, è dovuto al fatto che abbiano ore in più durante l’anno scolastico.
Ma vediamo nello specifico i sistemi scolastici dei maggiori paesi europei, tenuto conto che in Italia tutto il sistema scolastico è formato da 5 anni di elementari, 3 di medie e 5 di scuola superiore per un totale di 13 anni dai 6 ai 18 anni.

Il sistema spagnolo è diviso in tre parti: Educazione infantile (da 0 a 6 suddivisa in 2 cicli), Educazione primaria da 6 a 12 anni suddivisa in 3 cicli; Educazione secondaria obbligatoria – ESO - da 12 a 16 anni suddivisa in 2 cicli. Poi gli studenti possono scegliere fra tre vie che durano due anni. Facciamo i conti ? dai 6 ai 18 anni anche in Spagna

Nel sistema tedesco a sei anni si va a scuola (però con 6 mesi di ritardo rispetto in Italia). Per i bambini con problemi di apprendimento, con handicap fisici o disabili ci sono scuole particolari, a volte a tempo pieno, dove i bambini imparano un mestiere. Il sabato è spesso libero. Per completare le 28/30 (o più) ore (formate da 45 minuti) di lezioni settimanali si fanno anche fino a 8 ore al giorno, cioè con rientri pomeridiani o fino alle ore 15 / 15.30. L'obbligo scolastico dura da tempo fino ai 16 anni. E siamo arrivati al triennio delle superiori (Oberstufe) che porta alla maturità  . Il triennio prepara all'esame di maturità. Facciamo i conti ? addirittura 13 anni e mezzo.

Nel sistema scolastico francese gli insegnamenti primari e secondari sono gratuiti, misti, laici e obbligatori dai 6 ai 16 anni e per accedere all’università bisogna fare altri due anni per raggiungere le attestazioni di studio Bac che permettono di entrare all’università. Anche qui 13 anni di studio.

Nel sistema inglese vi sono tre cicli di studio il primo inizia a 4/5 anni; il secondo a 11 ed il terzo dai 16 ai 18 anni. Facciamo i conti anche qui ? 14 anni, quindi un anno in più rispetto all’Italia
Quindi il Ministro o non sa di cosa parla quando spaccia la diminuzione di un anno del ciclo degli studi come un allineamento all’Europa oppure è in malafede.

In realtà le questioni da affrontare in una riforma della scuola sarebbero ben più importanti e profonde e andrebbero divisi per tematiche:

-L’apprendimento: è noto  che la curva di attenzione nei confronti di qualcuno che spiega o che parla è di dieci – quindici minuti come risolvere il problema?
Riducendo l’ora di lezione a 45- 50 minuti come in alcuni paesi europei;
insegnando ai docenti tecniche per ridestare e stimolare l’attenzione degli studenti;
In questo ambito si inserisce la questione delle vacanze estive, troppi tre mesi per non dimenticare molte delle nozioni imparate durante l’anno, specie in materie tecniche come la matematica e la fisica. Negli altri paesi europei si distribuiscono le ferie in maniera più omogenea  con ferie a metà marzo, metà novembre oltre le classiche natalizie e pasquali e con ferie estive di 6-7 settimane.

- La riforma dei programmi: ad esempio penso sia incomprensibile il mancato studio di eventi molto importanti per la storia dell’umanità che hanno ricadute su quella italiana come la seconda guerra mondiale, gli anni di piombo e la Glasnost;

-Il diritto allo studio: la legge di stabilità taglia i fondi a regioni e comuni, i quali dovranno o aumentare le tasse oppure tagliare servizi come ad esempio: le borse di studio, l’assistenza igienico personale nelle scuole per i disabili che viene fornita dai comuni e dalle scuole (ma queste ultime non hanno fondi), taglio delle ore degli insegnanti di sostegno o di assistenti alla comunicazione per gli studenti in difficoltà. Questo taglio vanifica i 150milioni di euro per l’università. Io penso che servano:borse di studio a copertura  totale comprensive di costo dei libri e biglietti per i mezzi pubblici per le fasce deboli.  La borsa di studio dovrebbe essere fornita in beni materiali (ad esempio esenzione epr qualsiasi tassa, fornitura di libri in comodato d’uso gratuito etc..) per evitare abusi e furberie. Tale intervento dovrebbe essere limitato negli anni ad esempio per le elementari a 7 anni poiché potrebbe capitare una defaillance durante gli anni di studio;

-Gli stipendi degli insegnanti: mediamente gli insegnanti europei guadagnano più di quelli italiani che ne guadagnano 23.000. Solo per fare un esempio quelli tedeschi guadagnano 43.000 euro,  quelli inglesi 32.000 euro, quelli francesi 29.000. Il tutto a fronte di maggiori ore di lezione nella scuola primaria e nella scuola secondaria superiore e uguale alle medie e tenuto conto che, ovviamente, il lavoro degli insegnanti non si conclude di certo con le ore di lezione, ma continua a casa o a scuola in varie forme;

- Edilizia scolastica: serve un piano nazionale per l’edilizia scolastica e universitaria, lo stato dei laboratori, delle palestre e degli edifici scolastici in generale specialmente al sud è disastroso;

-Collegamento scuola-lavoro: serve maggiore collegamento tra la scuola ed il lavoro prendendo ad esempio il sistema tedesco, specialmente negli istituti tecnici;

-Semplificazione degli indirizzi scolastici: sono troppi, bisognerebbe armonizzarli e semplificarli;

-Diritto alla formazione e all’aggiornamento degli insegnanti: già in parte presente nella riforma, a mio parere, andrebbe ampliato e con lo studio sia  da parte di chi deve iniziare la carriera sia per gli insegnanti dei metodi di insegnamento, pedagogia dei contesti formali, pedagogia speciale e similari

Vi sono alcune parti positive della riforma come le assunzioni di una parte dei precari storici (a parte il diritto all’aggiornamento come scritto prima), ma la questione scuola è molto più ampia e deve essere affrontata in maniera più radicale.


Luca Lecardane dell’associazione Net Left



La vignetta è del Maestro Mauro Biani








martedì 21 ottobre 2014

LA VERA RESPONSABILE DELLE MORTI PER LE ALLUVIONI: LA DITTATURA DEL PROFITTO CAPITALISTICO di Maurizio Zaffarano





LA VERA RESPONSABILE DELLE MORTI PER LE ALLUVIONI: 
LA DITTATURA DEL PROFITTO CAPITALISTICO 
di Maurizio Zaffarano



A questo giro, dopo l'ennesima alluvione di Genova seguita subito dopo da altri morti in Toscana e in Friuli, nessuno, nemmeno i TG Rai, nemmeno Napolitano e Renzi, ha avuto l'ardire di parlare di fatalità, di eventi eccezionali.
A questo link, su Wikipedia, l'elenco delle alluvioni verificatesi in Italia. I numeri non si possono (sempre) smentire e qui si tratta di centinaia di morti per il dissesto idrogeologico (quasi 200 solo tra il 2000 e il 2014, 159 morti solo nell'alluvione di Sarno e Quindici nel 1998) oltre a danni incalcolabili.
A leggere in rete nemmeno le località (Sarno e QuindiciGiampileri) dove si sono verificate le tragedie più terribili degli ultimi anni sono state messe al sicuro.

A questo giro si è usata la retorica degli Angeli del Fango, i giovani e coraggiosi volontari che si sono impegnati con generosità a rimettere in piedi una città in assenza delle Istituzioni, per stemperare nella melassa del buonismo l'indignazione dell'opinione pubblica.
E Renzi ha scaricato le colpe del disastro sulla burocrazia e sui giudici del TAR, per aver ostacolato l'avvio dei lavori di messa in sicurezza del territorio, come se la burocrazia, il complesso degli uffici pubblici e delle norme e procedure che li regolano, non fosse sotto la sua responsabilità in quanto Capo dell'Esecutivo e Capo di una maggioranza parlamentare in grado di far approvare leggi e decreti a tambur battente e a colpi di fiducia. Come se la possibilità di far valere i propri diritti nei confronti della Pubblica Amministrazione di fronte ai TAR fosse una stravagante e singolare abitudine e non un principio statuito dalla nostra Costituzione (Art. 113: Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.) e se la frequenza e fondatezza con cui vi si ricorre non nascesse dalle condizioni in cui si è deliberatamente ridotta la macchina dello Stato. Inoltre Renzi era stato informato sulla situazione di Genova.

Per comprendere le responsabilità politiche, morali, criminali del disastro di Genova così come di mille altre tragedie che hanno costellato e costelleranno l'Italia non ci si può limitare, come fa Matteo Renzi l'emulo di Berlusconi, alle pastoie burocratiche.
E nemmeno come fa superficialmente Grillo attribuirne tutte le colpe alle amministrazioni di “Sinistra” che lì si sono succedute negli ultimi decenni (certo che ci sono le responsabilità politiche delle amministrazioni locali ma il problema del dissesto idrogeologico, che ha carattere nazionale e riguarda tutte le regioni e le maggioranze di ogni colore, ha ragioni ben più profonde e lontane).

Bisogna parlare di profitto e mercato, venerati come divinità e assurti a necessità senza alternative ed all'origine della distruzione del territorio con la cementificazione selvaggia e la speculazione edilizia. Bisogna ricordare la scelta dell'austerità finanziaria, di cui Giorgio Napolitano è il supremo garante, che ha ridotto anche i fondi per la prevenzione delle catastrofi a cui si contrappone invece la solerzia con la quale si impiegano le poche risorse pubbliche disponibili per l'acquisto degli F35 e le missioni di guerra dell'esercito italiano in giro per il mondo (fermo restando comunque che non si può più permettere ai politici di pretendere di farsi giudicare per i fondi stanziati sulla carta e non per le cose concrete realizzate). 

Bisogna denunciare che la strada verso cui ci conduce Renzi con lo 'Sblocca Italia' (solo 110 milioni di euro per la riduzione del rischio idrogeologico contro i quattro miliardi di euro per le grandi opere) è quella di perpetrare ulteriori ferite mortali al nostro Paese e dunque alla nostra salute e alla nostra incolumità dando il via libera - senza più vincoli e regole - a trivellazioni, inceneritori, cementificazioni, gassificatori, inutili autostrade e linee ferroviarie ad alta velocità. 

Bisogna chiedere a Renzi una risposta convincente sulla pretesa di riformare le Istituzioni e la macchina dello Stato in alleanza con Berlusconi sotto il cui governo si dispiegava l'opaca gestione delle emergenze da parte della Protezione Civile di Bertolaso e si realizzava l'inganno fallimentare delle new town dell'Aquila.


Serve infine consapevolezza dell'intreccio inestricabile che avviluppa - nel sistema degli appalti pubblici - politica, alti burocrati, lobbies, corruzione, mafie. E che di fronte a questo, di fronte al dovere di salvaguardare la vita dei cittadini, è necessario che le opere di risanamento del territorio, di ricostruzione dopo eventi catastrofici, di messa in sicurezza di scuole ed edifici pubblici non siano più assegnate ai privati attraverso gare di appalto ma affidate alla gestione esclusiva di una “Entità” operativa pubblica, costituita nell'ambito della Protezione Civile e delle Forze Armate.



16 ottobre 2014




La vignetta è del Maestro Mauro Biani




domenica 19 ottobre 2014

NON CI PARLO CON I FASCISTI







NON CI PARLO CON I FASCISTI




Franco Turigliatto, ex senatore e ora dirigente di Sinistra Anticapitalista, è sotto processo perché, nella campagna elettorale del 2008, ha abbandonato lo studio di Porta a Porta per contestare la presenza di Roberto Fiore di Forza Nuova, partito che si richiama esplicitamente ai valori del Ventennio e che si inserisce nell'ondata reazionaria che investe l'Europa, dalla Francia alla Grecia, dall'Ungheria all'Ucraina.

Il leader della formazione di estrema destra non gradì le considerazioni politiche di Turigliatto e del suo partito e il loro richiamo alle norme della Costituzione che impediscono l'apologia del fascismo e la ricostituzione di partiti che si rifacciano a quelle pratiche politiche violente e xenofobe.

Sei anni dopo, con decreto penale richiesto dalla Procura di Roma, un Gip ha condannato la “diffamazione" di Turigliatto, senza nemmeno che Franco abbia saputo di essere stato denunciato, a una pena pecuniaria irricevibile sul piano politico.

Franco si è opposto alla condanna, così il 4 novembre, a Roma, inizierà finalmente il processo pubblico. Noi siamo solidali con Franco Turigliatto e con tutti coloro che, in Italia e in Europa, si battono contro l'aggressività delle formazioni di estrema destra.

L'antifascismo non si processa, è scritto nella Costituzione italiana!




Qui il video di Porta a Porta del 14 marzo 2008
https://www.youtube.com/watch?v=K6KuoCFroT4






SERATA DI SOLIDARIETA’ ANTIFASCISTA



Intervengono:

Saverio Ferrari dell’osservatorio sulle nuove destre

Aldo Giannuli docente università statale di Milano

Sarà presente

Franco Turigliatto Sinistra Anticapitalista




MERCOLEDI 22 OTTOBRE ALLE ORE 21 A MILANO

Sala Livio Maitan - via Varchi 3 

(atm 90/91/92/82 passante Bovisa)




giovedì 16 ottobre 2014

CANCELLAZIONE DELLE PROVINCE O DELLA DEMOCRAZIA LOCALE? di Giuliana Nerla e Norberto Fragiacomo






CANCELLAZIONE DELLE PROVINCE O DELLA DEMOCRAZIA LOCALE? 
di Giuliana Nerla e Norberto Fragiacomo





Di seguito pubblichiamo un interessantissimo articolo divulgativo sul tema, alquanto scabroso, dell’annunciata soppressione delle Province. L’autrice è Giuliana Nerla, fondatrice (assieme al segretario locale del PRC) della lista Montegiorgio in Movimento e consigliera nell’omonimo Comune: con acume, e col senso pratico che le deriva dall’esperienza amministrativa (è stata assessore e vicesindaco), la compagna Nerla analizza le conseguenze di una riforma che non c’è, evidenziando – fra l’altro – il probabile aumento dei costi e le ferite inferte alla democrazia. A corredo della trattazione c’è un appunto del sottoscritto sul processo di riforma in Friuli Venezia Giulia, Regione a Statuto speciale con competenza primaria in materia di ordinamento degli enti locali.
Preciso di non essere un fan incondizionato di quella che potremmo definire “democrazia storica occidentale novecentesca”, per certi versi una caricatura dell’idea democratica. La democrazia, quella vera, implica, infatti, la partecipazione consapevole del Popolo alla vita comunitaria, cioè un livello medio elevato (e tendenzialmente uniforme) di istruzione, acculturamento e interesse per la cosa pubblica – obiettivo raggiungibile solo in una società egualitaria. Oggidì l’elettore vota spesso a caso, se non in stato d’ipnosi, complici i media di regime che, anziché informare, convincono, terrorizzano, dissuadono – in una parola, plagiano.
A livello locale, tuttavia, l’operazione plagio risulta più difficoltosa, perché le questioni da affrontare – al pari di candidati e programmi – sono ben conosciute dalla cittadinanza: questo permette, talvolta, inattese affermazioni di liste “eretiche” come Montegiorgio in Movimento, capace di raccogliere il 20% dei voti contrastando, inequivocabilmente da sinistra, il disegno neocentrista del PD allora bersaniano, oggi renziano.
Non tollerando più queste interferenze, “il partito unico delle due coalizioni (PD, Forza Italia e formazioni satellite)” prova a mandare al macero la democrazia locale, l’unica rimastaci, cancellando le elezioni provinciali e – perlomeno in Friuli Venezia Giulia – svuotando quelle comunali di significato politico.
Penso che, come Sinistra, dovremmo concentrare le forze nella difesa dei (minimi) spazi di democrazia ancora esistenti: per certi versi un Consiglio comunale (o provinciale) è più rappresentativo della volontà popolare di un Parlamento di nominati colonizzato dalle forze partitiche gradite al sistema neoliberista.

mercoledì 15 ottobre 2014

IL PD NUOVA CERNIERA MODERATA DELLA GOVERNABILITA' DEL SISTEMA - PAESE di Franco Bartolomei










IL PD NUOVA CERNIERA MODERATA DELLA GOVERNABILITA' DEL SISTEMA - PAESE 
di Franco Bartolomei



La Partita giocata da Renzi da tre anni nel PD  per la sua trasformazione da partito della sinistra di governo, centro di alleanze  di governo costruite in una logica bipolare, sostanzialmente legato nelle sue politiche, pur con grandi limiti e contraddizioni, alle socialdemocrazie  d'europa, a nuova cerniera, centrale e moderata, della  governabilità del sistema-paese  attorno a cui andrà a ruotare il nuovo sistema politico in via di ricomposizione, è ormai bella e chiusa .
La abolizione dell'art 18 è un punto di non ritorno su questa via della trasformazione strutturale del PD verso la piena  assunzione del ruolo di centro politico del sistema paese, deputato a mediare gli interessi in gioco sempre in termini di assoluta garanzia delle compatibilità di sistema, all'interno di un sistema politico che si punta a rendere sostanzialmente unipolare  .
Questo disegno di cui Renzi è solo la faccia esterna, che punta alla trasformazione del PD nello stabile asse di riferimento della governabilità del paese,secondo tutti i dettami  di Strasburgo, ed in nome rispetto rigoroso delle compatibilità  complessive del sistema bancario e  finanziario che regola l'attuale modello di sviluppo occidentale, si è compiuto addirittura prima del previsto, e purtroppo senza neanche  uno scontro interno palese ed esplicito in quel partito  con tutti quelli che, anche se in modo illusorio ed ipocrita, avevano concepito il PD come la possibile esaltazione di una sinistra di governo moderna in grado costruire una forte egemonia progressista sulla società civile .

La fase politica che abbiamo appena attraversato ha in realtà preparato adeguatamente questo esito, e ora diviene di ancor più facile lettura se analizziamo con attenzione il senso della assoluta assenza di una opposizione sostanziale, ormai garantita stabilmente dopo i primi tentennamenti, da parte di Forza Italia e del suo leader Berlusconi al governo Renzi .

E' evidente come Berlusconi , non solo in cambio dello scioglimento delle sue ambasce giudiziarie, si sia messo anch'esso, dopo i montiani, completamente a disposizione, di un disegno di consolidamento degli equilibri del nostro sistema -paese attorno ad un quadro politico che possa assicurare una gestione, senza tentennamenti, delle grandi scelte di compatibilità, che dovranno inevitabilmente essere adottate in linea con le necessità del nuovo sistema globale, integrato e vincolante, di relazioni finanziarie e geo-politiche che l'occidente sta ricostruendo come via d'uscita complessiva alla crisi finanziaria ed economica delle proprie economie sviluppate.

In attuazione di questo obiettivo il Cavaliere, per ciò che lo compete, sta sistematicamente lavorando ad una "eutanasia" progressiva di Forza Italia, con l'obiettivo, neanche particolarmente dissimulato , di favorire, direttamente o indirettamente, il consolidamento di un ulteriore forte consenso dell' elettorato moderato attorno a Renzi , che vada a consolidare la prima confluenza di consensi sul suo nuovo PD gia' realizzata alle europee dai Montiani, in modo da rendere il presidente del consiglio libero da qualsiasi possibile forte condizionamento da parte della componente interna del PD ancora legata ad una tradizione di sinistra, e metterlo, in prima battuta, nelle condizioni di essere pienamente in grado di agire del tutto liberamente nelle scelte di politica sociale, finanziaria , economica , fiscale, ed internazionale ,che dovranno necessariamente caratterizzare la propria azione di governo immediata .

Il disegno è però molto più ampio, ed il consenso di Forza Italia al progetto Renziano di riforma elettorale ed istituzionale ne rappresenta solo un aspetto particolare.

In prospettiva, ed in caso di necessità, l'obiettivo è lavorare in modo che Renzi al momento opportuno, in un eventuale possibile futuro confronto elettorale che dovesse scaturire da una crisi verticale dei rapporti interni del PD, divenga in condizione di poter costruire attorno alla sua nuova leadership una vittoria elettorale di un PD, in cui i conti interni siano definitivamente regolati anche attraverso una fuoriuscita di parte della sinistra , finalmente pienamente trasformato in una grande forza moderata di massa, che divenga nel lungo periodo l'asse politico di riferimento del processo di riorganizzazione del paese richiesto dai nuovi assetti di potere economico e politico sovranazionale a cui l'occidente ha ormai riaffidato, dopo lo sbandamento degli ultimi anni successivi al 2008, il ruolo di guida e definizione delle caratteristiche dei propri modelli sociali e politici.

Purtroppo l'insipienza di ciò che resta della Sinistra Italiana sembra renderlo un disegno perfetto, nonostante sia pieno di buchi , e soprattutto sia fondato su un'ipotesi di modello economico non più fondato su uno schema di crescita e di sviluppo reale, ma caratterizzato da un andamento tendenzialmente stagnante all'interno di un quadro di fortissimi vincoli di spesa pubblica, totalmente privo di politiche anticicliche e di interventi di riequilibrio sociale , e gestito attraverso un sistema di relazioni economiche che ,non andando a riequilibrare i processi di redistribuzione della ricchezza sociale esistenti , finirà, inevitabilmente, per collidere nelle sue implicazioni sociali con un assetto costituzionale pienamente democratico.
Un sistema globale integrato strozzato da gravi contraddizioni sociali, che già da ora ricomincia a mettere nel conto un possibile scontro frontale con le forti realtà politiche ed economiche esterne ad esso, a cominciare dai Bric, ed in particolare Russia e Cina, come strada pericolosissima di un tentativo estremo di possibile risoluzione delle proprie insolubili contraddizioni interne .

Da questo ragionamento scaturisce per corollario logico che I Socialisti che non sono d'accordo con Nencini sulla confluenza, esplicita o camuffata fa lo stesso, nel PD, debbono risolversi finalmente a lavorare ad un nuovo processo costituente a Sinistra con una loro nuova soggettività politica organizzata , aspettando i reduci sconfitti della sinistra diessina fuori dal PD, e con essi radunare tutto ciò che da sinistra è fuori dal progetto renziano , anche riassorbendo tutta l'esperienza della lista Tsipras, su un progetto di ricostruzione, in termini nuovi, della sinistra, fondato su un modello alternativo della crescita e dei rapporti sociali .



12 ottobre 2014

L'autore è membro della Segreteria Nazionale del PSI

La vignetta è del Maestro Mauro Biani



martedì 14 ottobre 2014

ROMA: LA BATTAGLIA DECISIVA DEI LAVORATORI LICENZIATI DA MULTISERVIZI



Roma, 23 settembre: i lavoratori licenziati da Multiservizi in attesa di entrare in Consiglio Comunale



ROMA: LA BATTAGLIA DECISIVA DEI LAVORATORI LICENZIATI DA MULTISERVIZI



Indubbiamente, la stampa locale si è occupata a più riprese della questione dei lavoratori licenziati da Roma Multiservizi SpA al principio di settembre. Ma se si vuole davvero inquadrare questa vicenda, è necessario in primo luogo precisare che Multiservizi appartiene per il 51% alla Municipalizzata Ama e per il 49% a Manutencoop Pscarl e, in secondo luogo, tornare un po’ indietro nel tempo. A quando, cioè, con Alemanno ancora Sindaco, è stata indetto un bando di gara relativo al servizio della manutenzione del verde nelle scuole statali, in cui non era inserita la clausola della salvaguardia dei livelli occupazionali. La relativa procedura di aggiudicazione si è conclusa nel marzo 2014, ed ha portato alla sostituzione di Multiservizi, affidataria del servizio fino al giugno 2013, con un nuovo soggetto: un Consorzio di imprese del settore florovivaistico. Multiservizi ne ha subito approfittato per liberarsi del personale considerato “di troppo”, per giunta ritoccando i numeri che aveva presentato nel bando di gara. Gli operai di cui disfarsi – o da far lavorare a condizioni peggiori – sono così passati dagli originari 32 a 52. Includendo nella lista, quindi, anche persone che non si sono mai occupate del servizio in questione e che lavoravano invece nei parchi o negli altri numerosi settori di competenza della SpA. Quel che potrebbe sorprendere, se non si vivesse in una fase particolarmente delicata e sfavorevole per i lavoratori, è che – prima di arrivare alle lettere di licenziamento, pervenute agli interessati il 2 settembre – la Società ha esternato la sua volontà ai dipendenti attraverso due sms. Il primo, arrivato il 21 luglio, convocava un appuntamento per il 23 ai fini di una parziale – e non negoziabile – ricollocazione: 15 ore settimanali per 8 mesi. Ci si chiederà: quali erano le condizioni precedenti? Invero, non esisteva un parametro valido per tutti, e si poteva lavorare per 20, 30, 40 settimanali, ma se si considera che a 30 ore corrispondeva un salario di 800 euro scarsi, si metterà meglio a fuoco il senso dell’”offerta” aziendale. Il secondo sms, arrivato alla fine del mese di agosto, convocava un nuovo appuntamento e ribadiva la linea, risultando ancor più perentorio nel definire un aut aut tra l’accettazione delle nuove condizioni e la cessazione del rapporto di lavoro. Solo due o tre dipendenti hanno accettato questi “inviti”, mentre il grosso dei lavoratori maturava la volontà di lottare per il ritorno di tutti alla situazione precedente, semmai con un miglioramento dei parametri per i più svantaggiati. Del resto, vi erano stati segnali istituzionali in qualche modo incoraggianti: una mozione approvata dall’Assemblea Capitolina nel suo ultimo giorno di lavoro prima della pausa estiva, nella notte tra il 6 e il 7 agosto, impegnava il Sindaco e la Giunta “ad avviare, nei confronti del personale di Roma Multiservizi SpA (…) la procedura prevista dalla legge n. 147/2013 (…) al fine di ricollocare i lavoratori in esubero, nell’ambito della medesima società ovvero presso altre società controllate da Roma Capitale”.

L’azienda, però, non ne ha tenuto conto e al principio di settembre ha appunto ufficializzato il licenziamento per i lavoratori. I quali, il 4 dello stesso mese, in occasione di una riunione della Commissione Politiche Ambientali di Roma dall’esito deludente (perché vi si è proposto il passaggio da 15 a 24 ore settimanali) hanno proceduto all’occupazione della Sala Riunioni delle Commissioni Consiliari, in Largo Loria. Questa iniziativa di lotta, durata alcuni giorni, ha visto i lavoratori muoversi assieme all’USI e col sostegno dell’USB. I sindacati confederali, dal canto loro, hanno invece sostanzialmente accettato le condizione “proposte” dalla controparte. Lo dimostra, tra l'altro, il verbale di Riunione fra queste organizzazioni e Multiservizi del 10 settembre, che i lavoratori hanno contestato perché non prevedeva il ritiro dei licenziamenti, bensì una riassunzione, sulle basi di cui s’è detto, a partire dal 1 ottobre. L’atteggiamento remissivo dei sindacati confederali, speculare all’arroganza aziendale, cozza inevitabilmente con alcuni dati reali. Multiservizi, altrove, continua a dedicarsi alla pratica controversa dei subappalti, assegnando a ditte private, cooperative ecc., l’esecuzione di lavori per i quali ha vinto il bando di gara. Il che, peraltro, può forse portare con sé problemi di ordine legale. I subappalti vengono autorizzati – secondo normativa - dal Comune, ma in realtà essi dovrebbero limitarsi a mansioni straordinarie, non inserite nei bandi (per esemplificare, in un settore come quello di cui stiamo parlando, potrebbero concernere, poniamo, la potatura di alberi di alto fusto ma non l’ordinario sfalcio dell’erba). Non solo, giustamente i lavoratori hanno sottolineato che AMA, in qualità di azionista di maggioranza di Multiservizi, dovrebbe farsi carico della situazione. Tanto più che – in alcuni suoi settori d’intervento – si registra un clamoroso deficit di personale. Si pensi ai cimiteri, dagli 8 minori, suburbani, ai due maggiori: Verano e Prima Porta. Alla cura di quest’ultimo – dall’estensione di ben 180 ettari – sono incredibilmente addetti solo 4 dipendenti. Ma AMA e Multiservizi, pur essendo in condizioni di farlo, non intendono venire incontro alle istanze dei lavoratori.

Non pochi, in questo atteggiamento, vedono una sorta di ripicca per essere stati battuti in una gara pubblica. Deve essere stato, del resto, un notevole smacco per chi è abituato a ottenere tutto e a muoversi – come rivela la faccenda dei subappalti – secondo un sistema di regole “fai da te”. Anche in considerazione di ciò, la vicenda dei lavoratori Multiservizi appare di grande rilievo. Perché apre una finestra su un mondo peculiare, dove – in genere – la mano destra non sa (o fa finta di non sapere) quello che fa la mano sinistra: il Comune ignora come si muovono le società che controlla, l’AMA fa capire che l’operato di Multiservizi non è un suo problema ecc. Ma a ben vedere le implicazioni sono anche maggiori. L’esito di questa battaglia avrà modo di riverberarsi su tutte le vicende simili che si verificheranno in città nei prossimi tempi. Intanto, c’è il problema che riguarda i bandi di gara, sempre più al ribasso. L’Osservatorio del Lavoro, incontrato di recente dai dipendenti Multiservizi licenziati, ha chiesto che la clausola di salvaguardia dell’occupazione sia inserita in tutti i futuri cambi d’appalto. Ma non tutti al Comune sono d’accordo: secondo Gaetano Altamura, Direttore del Dipartimento Ambiente, quella clausola sarebbe inapplicabile, perché pregiudizievole verso la “capacità ambientale”. Ora, se passasse questa linea iper-aziendalistica, la situazione, per i lavoratori, diventerebbe a dir poco infernale: a ogni appalto perduto, le diverse società coglierebbero l’occasione per sfoltire a proprio piacimento il personale. Ma non basta, la vicenda in questione ha molto a che fare pure con il complessivo processo di dismissione delle aziende Municipalizzate e Partecipate. Il Piano di Riequilibrio di Roma Capitale – concordato nel luglio scorso tra Consiglio dei Ministri e Giunta Capitolina in seguito all’emanazione del Decreto “Salva Roma” – prevede appunto che la partecipazione in Multiservizi sia totalmente dismessa, però garantendo i “livelli occupazionali”. I lavoratori si sono fatti scudo anche di questa garanzia formale, arrivando a richiedere un incontro col Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ne hanno ottenuto una presa di posizione del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri che, il 23 settembre, ha inviato una comunicazione al Comune, chiedendogli un chiarimento sulla vicenda.

Se Multiservizi, nella sua protervia, dovesse comunque vincere, si spianerebbe la strada – nell’attuazione del suddetto Piano di Riequilibrio – ad una macelleria sociale senza precedenti, con la perdita di migliaia di posti di lavoro. Del resto, le regole formali definite dalla controparte non vengono mai applicate in automatico, e funzionano da garanzia per i lavoratori subordinati solo se questi mettono in campo un adeguato livello conflittuale. Per questo, l’attuale lotta dei lavoratori licenziati da Multiservizi va sostenuta da tutti. In queste settimane, è vero, non sono mancati gli attestati di solidarietà da parti di diversi consiglieri comunali. Ma, ispirati o in cerca di visibilità che siano, non è certo da questi ultimi che può arrivare il sostegno decisivo. In un comunicato redatto nei giorni dell’occupazione della Sala Riunioni delle Commissioni Consiliari si chiedeva giustamente la solidarietà non solo dei movimenti sociali, ma anche dei sindacati e dei lavoratori in lotta. Il che, tradotto in altri termini, può voler dire che è tempo di rilanciare una vertenza generale nei confronti di Roma Capitale, tale da riallacciarsi alla lotta che – nei mesi scorsi – ha portato migliaia di dipendenti del Comune, delle Municipalizzate e Partecipate a far sentire la propria voce in difesa del posto di lavoro.
Il Pane e le rose – Collettivo redazionale di Roma



25 settembre 2014











I DOLLARI CLONATI di Patrizio Paolinelli




I DOLLARI CLONATI 
di Patrizio Paolinelli

E’ possibile che sul pianeta circolino miliardi di dollari stampati clandestinamente in Corea del Nord con la complicità dei servizi segreti statunitensi? A leggere “Supernotes” (Mondadori, 389 pagg., 19,00 euro) parrebbe proprio di sì. Gli autori del libro sono l’Agente Kasper e Luigi Carletti. Quest’ultimo è conosciuto da molto tempo come giornalista e scrittore. Kasper invece è dagli anni ’90 una celebrità nei ristretti ambienti degli 007 ma ignoto al grande pubblico, almeno fino a ieri. Fino a quando, avvalendosi dell’eccellente penna di Carletti, non ha deciso di pubblicare il resoconto romanzato dei suoi 373 giorni di prigionia in Cambogia, dal 27 marzo 2008 al 4 aprile 2009. 
Ma andiamo con ordine. Da ragazzo Kasper vive la stagione degli anni di piombo e simpatizza per il Fronte della Gioventù. Per evitare che scivoli nell’eversione nera la madre lo fa entrare nell’arma dei Carabinieri dove assolve agli obblighi di leva. E’ la svolta: da lì passa nei servizi segreti italiani, prima il Sismi e poi il Ros. Per circa trent’anni svolge il ruolo di agente sotto copertura collaborando per molto tempo con Pier Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia dal 1997 al 2005. Ufficialmente Kasper è un pilota dell’Alitalia. Mentre nell’oscuro mondo dell’intelligence è un eccezionale infiltrato capace di portare a termine missioni particolarmente audaci contro il narcotraffico. Una delle sue operazioni più brillanti, denominata “Pilota”, ha ispirato una fiction in due puntate andata in onda su RaiUno nel 2007.
A metà degli anni ’90 in Indocina stanno affluendo ingenti capitali mafiosi per essere ripuliti attraverso società di comodo. E così Kasper nel 1994 apre un locale a Phnom Penh, lo Sharky’s bar, in società con due americani. Uno dei quali, Clancy, è un agente della Cia con cui Kasper ha un rapporto di profonda stima e amicizia tanto da chiamarlo “zio Clancy”. Il locale è frequentato principalmente da diplomatici, funzionari delle ambasciate, spie e trafficanti vari. Insomma un buon punto di osservazione per partire a caccia dei soldi della mafia. Proprio durante questa caccia Kasper si imbatte nelle supernotes, ossia in dollari che sono dei veri e propri doppioni di quelli legalmente in circolazione. A un certo punto zio Clancy mette in contatto Kasper con un agente americano. Il quale gli chiede di indagare sull’uscita di grandi quantità di verdoni dall’ambasciata nordcoreana di Phnom Penh. Tramite un senatore cambogiano Kasper riesce a entrare in contatto con i nordcoreani. L’esca consiste nella vendita di tre aerei da trasporto passeggeri aggirando le sanzioni americane. L’affare sembra ormai concluso quando all’improvviso arriva una telefonata. E’ il senatore che esorta Kasper e Clancy a lasciare subito la Cambogia: “Leave town now”. I due fuggono precipitosamente, ma alla frontiera con la Thailandia vengono arrestati per reati fiscali. Un pretesto che dà il via al lungo calvario di Kasper.
Per oltre un anno un mito dell’intelligence italiana marcisce nelle fetide prigioni cambogiane dove viene ripetutamente picchiato e torturato. Sopravvive solo grazie alla sua eccezionale tempra psico-fisica e ai soldi che la famiglia gli invia dall’Italia e con cui riesce a tenere buoni i suoi aguzzini. In Italia nessuno si occupa di lui. Non i Carabinieri, non la magistratura, non la Farnesina. Insomma per le istituzioni il caso Kasper non esiste, neppure ufficiosamente. Esiste solo per la sua famiglia, che a Roma contatta un avvocato, Barbara Belli, nel disperato tentativo di far uscire Kasper dall’inferno in cui è precipitato. Ma come è possibile un tale disinteressamento? Kasper ha ficcato il naso in questioni troppo scottanti: le supernotes. E’ venuto a conoscenza che le zecche degli States sono tre: due si trovano negli USA e la terza in Corea del Nord, nei dintorni di Pyongsong, una città chiusa agli stranieri. La zecca orientale fa parte di una struttura della Divisione 39 appartenente ai servizi segreti della Repubblica popolare. Lì si producono dollari con carta, matrici e inchiostri che non sono una perfetta imitazione di quelli americani: sono gli originali. Ma perché gli Usa avrebbero dovuto impiantare una zecca in casa dei loro arcinemici?
La spiegazione dell’intrigo arriva alla fine del libro per bocca di un diplomatico francese, Louis Bastien, che con uno stratagemma riesce a far evadere Kasper dal famigerato Centro rieducativo di Prey Sar. Il budget dell’intelligence americana è di 85 miliardi di dollari. Ma ne occorrono molti di più per spiare tutto e tutti in ogni angolo del mondo e per sostenere finanziariamente infinite operazioni illegali. Dunque è qualcuno da oltreoceano che ha incastrato Kasper. Ricostruendo il puzzle il nostro agente comprende che è stato proprio zio Clancy a tessere la rete in cui è caduto. Perché questa trappola? Forse Kasper è rimasto vittima di uno scontro tra le diverse agenzie degli States. O forse, come sostiene Bastien si è trattato di un “test di tenuta” per mettere alla prova l’affidabilità dei nord-coreani e la loro impenetrabilità. E se qualcuno ci rimette la pelle fa parte del gioco. D’altra parte che una verifica vada fatta è nell’ordine delle cose perché, seppur senza alcun seguito, nel 2006 l’Interpol si era occupata delle supernotes. Successivamente, nel 2010, un giornalista tedesco, Klaus Bender, pubblicherà un lungo e dettagliato articolo sull’argomento.
Stranamente Kasper-cavia la pelle riesce a portarla a casa. Stranamente perché da queste situazioni non si esce vivi. Sta di fatto che addirittura pubblica insieme a Luigi Carletti un libro di successo sull’intera vicenda. Un libro già tradotto in Francia e con buone chance per arrivare sul grande schermo. Ma è un libro che ha anche un contenuto personale. Tradito da coloro che riteneva suoi fratelli, gli americani, abbandonato dai suoi compatrioti, gli italiani, il mondo è crollato addosso a Kasper. Tutto ciò in cui credeva, le istituzioni e i miti dannunziani, si sono sgretolati. E forse è anche per questo che Kasper si toglie alcuni sassolini dalle scarpe: conferma l’esistenza di Gladio (di cui faceva parte), ci informa di un piano dei servizi statunitensi per eliminare uomini di Nelson Mandela in Europa, denuncia la subalternità della nostra intelligence agli interessi d’oltreoceano. C’è da aggiungere che se le supernotes raggiungono davvero giganteschi volumi esse ci rivelano quanto le leggi dell’economia siano storicamente determinate e quanto sia diventata opaca la nostra democrazia.

Patrizio Paolinelli, VIAPO, inserto culturale del quotidiano Conquiste del Lavoro, 4 ottobre 2014.





lunedì 13 ottobre 2014

ROMA, 1 SETTEMBRE: ASSEMBLEA DEI LAVORATORI DELLA SCUOLA





ROMA, 1 SETTEMBRE: ASSEMBLEA DEI LAVORATORI DELLA SCUOLA  (30 Agosto 2014) 

Considerato che la riforma della scuola sarà presentata mercoledì 3 settembre, (A darne conferma il Primo Ministro Matteo Renzi che assicura essere pronta e che il rinvio è dovuto soltanto ad una questione comunicativa: Troppa carne sul fuoco oggi al Consiglio dei Ministri la riforma sarà presentata mercoledì. La notizia è stata data dall'agenzia ASkCA)

Riteniamo che:

UNITI POSSIAMO LOTTARE CONTRO I PIANI DEL GOVERNO  
DIVISI ABBIAMO GIÀ PERSO 

 Con questa convinzione ci riuniremo in assemblea lunedì 1 settembre, riproponendoci di imparare dagli errori passati. Negli ultimi anni gli elementi e i motivi di divisione ci hanno impedito di trovare momenti unificanti di lotta nonostante la gran parte della categoria disapprovava le misure di politica scolastica che i diversi governi hanno realizzato. La nostra categoria si è trovata così frammentata e divisa ed ogni singolo spezzone ha cercato di resistere ma in modo isolato e, a volte, con modalità che di fatto hanno contribuito a ulteriori divisioni.

Crediamo che dobbiamo imparare dai nostri errori ed evitare di ripeterli. L'invito all'unità non è perciò solo di ordine morale: solo una forte, duratura e consapevole opposizione può fermare i cambiamenti che il governo vuole imporre alla scuola e che avranno pesanti conseguenze sul personale, sugli studenti, sulle famiglie.

Alle proposte di divisione rispondiamo con le nostre proposte

1) aumenti per tutte/i di 200 euro contro ogni riproposizione di riconoscimenti economici “ai più bravi”

2) difesa del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro contro l'individualizzazione dei diritti

3) miglioramento delle condizioni di lavoro contro l'aumento dell'orario ed il peggioramento dell'offerta formativa

4) immissione in ruolo dei precari su tutti i posti disponibili contro il tentativo di espulsione di migliaia di lavoratori e lavoratrici

Per questo invitiamo tutte/i all'incontro che preparerà l'Assemblea cittadina da tenere entro la metà di settembre e le ulteriori forme di mobilitazione

 LUNEDÌ 1 SETTEMBRE PRESSO IL CIELO SOPRA L'ESQUILINO ALLE ORE 17 via Galilei 57 – fermata Manzoni metro A

Autoconvocati scuola - Precari Uniti contro i tagli

FONTE




La vignetta è del Maestro Mauro Biani




E LANDINI L'UNICA SPERANZA DELLA SINISTRA? di Maurizio Zaffarano





E LANDINI L'UNICA SPERANZA DELLA SINISTRA?
di Maurizio Zaffarano



Da anni il sogno ricorrente di parte rilevante di quel tanto o poco che resta del popolo della Sinistra è l'assunzione di un impegno politico ed elettorale diretto da parte di Maurizio Landini. Ed è interessante al riguardo leggere quanto scrive, anche in forma autocritica e con molto buon senso, Livio Pepino uno dei promotori di Cambiare Si Può. Sono ovviamente consapevole che Maurizio Landini ha sempre smentito l'intenzione di lasciare la militanza sindacale a favore di quella partitica anche se poi il suo protagonismo politico finisce ogni volta inevitabilmente per accreditarlo come potenziale leader della Sinistra (e del resto dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, come scrive Livio Pepino, che “il lavoro non lo si può più inventare, creare e difendere solo o soprattutto a livello sindacale”). 
A chi con commovente ingenuità coltiva questa speranza e a chi invece irride sdegnato questa deriva 'leaderistica' provo a proporre alcune mie considerazioni. 

 Il mio punto di partenza è che bisogna distinguere tra quella che è l'evoluzione del sentire collettivo e della domanda politica (i contenuti, il senso di marcia) delle masse popolari ed il soggetto politico che si propone di interpretarla e rappresentarla. 
La prima segue dinamiche sue proprie: in parte conseguenza degli accadimenti strutturali sociali ed economici, in parte indotta e distorta da elementi - i mezzi di comunicazione di massa, le sovrastrutture ideologiche, la corruzione, le mafie, il voto di scambio – che impediscono il libero formarsi della volontà popolare e la consapevole identificazione del bene comune. 
Per la seconda – il soggetto politico – mi sembra che la storia non ci consegni alcun esempio di organizzazione creatasi spontaneamente e per autogerminazione. La partecipazione dal basso è la condizione sociale e culturale indispensabile per far nascere un movimento politico ma non è poi concretamente utilizzabile nella sua progettazione concreta. E francamente non ho troppa simpatia per chi la evoca ad ogni piè sospinto per poi smentirla nei fatti: ed il pensiero non può non andare da un lato alla lista Tsipras (le cui candidature furono scelte da una ristretta cerchia di intellettuali) e dall'altro al Movimento 5 Stelle dove dietro la democrazia della rete e dell'uno vale uno si nasconde la direzione autocratica di Grillo e Casaleggio. 

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