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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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lunedì 24 febbraio 2014

LA LISTA TSIPRAS PER UN'IDEA DI SINISTRA UNITA- INTERVISTA AL PROF.BEVILACQUA


LA LISTA TSIPRAS PER UN'IDEA DI SINISTRA UNITA
INTERVISTA AL PROF.BEVILACQUA
a cura di Simone Mucci e Veronica Pavoni 



Alcuni movimenti come Lotta Comunista e il Partito Comunista dei Lavoratori hanno mostrato un certo scetticismo e sfavore nella lista Tsipras, definendola l’ennesimo tentativo riformista destinato al fallimento. Cosa può dirci in proposito?

Se questi movimenti stanno organizzando la Rivoluzione io li seguo, ma per il momento non credo, quindi probabilmente ci dovremmo accontentare anche di questo riformismo che si propone come alternativa concreta per cambiare qualcosa nella condizione di milioni di cittadini italiani ed europei. Questi sono gruppi velleitari e destinati al fallimento, lo dico con grande disincanto e naturalmente con umana simpatia, ma anche con senso critico perché spesso conducono tanti giovani in un vicolo cieco. E’ pur vero che la politica si è ridotta come si è ridotta, ma il tentativo della lista Tsipras non si configura come l’ennesimo tentativo riformistico, poiché è coordinato da persone al di fuori di ogni sospetto sotto questo profilo. Persone come Luciano Gallino, Marco Revelli, Guido Viale, non sono certo riformisti soliti, sono piuttosto figure di grande rigore, coerenza, e portatori di visioni alternative allo sviluppo capitalistico presente.

Analizzando questo quadro della sinistra italiana da un punto di vista storico, si potrebbe azzardare una certa analogia fra gli errori commessi dalla sinistra degli anni ’30, che troppo tardi fece Fronte Comune contro il fascismo, e la sinistra del nostro tempo che ancora una volta si divide?

Certo, si ripropone una vecchia storia. Io ho una grande ammirazione per Tsipras perché lui, in Grecia, in una situazione di tragedia nazionale, è riuscito a mettere insieme i gruppi dispersi di una sinistra frantumata e ne ha fatto un partito che ha raggiunto il 26%, dando speranza e coerenza a questo popolo della sinistra che può costituire un’alternativa. Negli anni ’30 si arrivò alla teoria del social-fascismo, creando una spaccatura terribile all’interno del campo socialista, indebolendo quel fronte che si sarebbe potuto porre come alternativa a un mondo che virava violentemente a destra nel fascismo, nel nazismo, nel franchismo. Noi lo capimmo tardi. Ricordo che Gramsci, quando dovette dare il nome al giornale del nascente Partito Comunista nel 1924, lo chiamò l’Unità, giornale che quest’anno fa 90 anni. Un glorioso giornale tuttavia finito male. Gramsci lo chiamò L’Unità proprio perché aveva capito che l’elemento di debolezza della sinistra è la disunione. Naturalmente non è facile mettere insieme queste diversità, specialmente nell’odierna epoca del pluralismo, ma è necessario unire le formule. Chi domina trova l’unità nel collante del potere, mentre noi che il potere non lo abbiamo dovremmo unirci: invece andiamo a spaccare il capello e ciascuno cerca di coltivarsi la propria verità e purezza in solitudine, in quell’impotenza che nel frattempo permette al potere di asfaltarci.

Andando ad approfondire questa sua fiducia nella Lista Tsipras, può riassumerci i punti fondamentali che questa sinistra europea porta avanti? In particolare in merito al reddito di cittadinanza.

La Lista Tsipras vuole presentarsi all’Europa non per uscire dall’euro e distruggere l’Europa, ma per renderla più solidale, per ricostruire le strutture, ridiscutere i trattati e la questione del debito pubblico dei paesi più indebitati, così da definire e cadenzare il rientro dal debito in tempi più lunghi e con modalità diverse da quelle da strozzinaggio che oggi ci vengono imposte. Se ogni anno, con questa crescita del PIL che non c’è, l’Italia dovesse continuare a togliere 60 miliardi dal proprio bilancio per rientrare del debito, l’Italia non ce la farà. Visto che uscire dall’euro sarebbe una tragedia, dobbiamo imporre all’Europa una nuova modalità per rientrare del debito. C’è da ridiscutere l’impianto finanziario e fiscale dell’Europa: vogliamo una fiscalità progressiva, per cui chi ha di più deve pagare di più e chi ha di meno deve pagare di meno. Occorre ripensare i rapporti con i paesi del Mediterraneo a livello commerciale: pratichiamo ancora una politica neocoloniale nei confronti di questi paesi. Riguardo al reddito di cittadinanza, questo è il punto fondamentale del programma: siamo società mature e ricche dove si accumulano patrimoni immensi nelle mani di poche persone, questi patrimoni non posso essere così elevati, vanno in parte utilizzati per ridistribuire la ricchezza. Il reddito di cittadinanza è un salto di civiltà poiché implica che tutti i cittadini abbiano la sicurezza della vita e della dignità. Quand’anche ci fossero cittadini passivi e improduttivi, anche questi metterebbero in moto l’economia consumando, facendo acquisti. In questa situazione di estrema disparità di ricchezza, la macchina economica si inceppa poiché la massa monetaria diventa speculazione finanziaria e i poveri non consumano. Reddito di cittadinanza, se c’è una progettualità culturale, vuol dire anche mettere in moto impegni sociali nell’ambito del volontariato, dell’ecologia, della tutela e cura del bene comune. 
Mancano oramai tre mesi alle elezioni europee e la Lista Tsipras è un movimento nuovo che in poco tempo dovrà farsi conoscere e trovare consenso. In questo mare magnum di partiti e liste, come può questo movimento distinguersi e comunicare le proprie istanze?
Bisogna organizzare molte attività, non fra gli addetti ai lavori ma nelle piazze, nei loghi della quotidianità dei cittadini italiani. Il tutto scegliendo una comunicazione originale, recitando poesie, organizzando piccoli spettacoli. Un modo insolito per fare campagna elettorale cercando di destare curiosità e interesse nel giovane, nell'impiegato, nel negoziante, nel pensionato. Per quanto riguarda il mio impegno, organizzerò a breve delle giornate di dibattito e informazione con gli studenti universitari.


* Il Prof. Piero Bevilacqua è docente di Storia Contemporanea presso “La Sapienza”

dal sito Oltremedia news

 


sabato 22 febbraio 2014

QUELLI CHE SI ARROGANO E QUELLI CHE SI CONFONDONO di Giandiego Marigo




QUELLI CHE SI ARROGANO E QUELLI CHE SI CONFONDONO

di Giandiego Marigo




È strano constatare, anche se occorre una certa qual dose di coscienza per farlo, come si stia giocando sporco e basso.
Da una parte molti si arrogano d'essere di sinistra portando avanti discorsi neo-liberisti e fortemente sistemici, comportamenti e cultura liberale edassolutamente conservatrice.
Dall'altra quelli che confondono attribuendo il termine e la qualifica di “sinistorso” alle peggio cose.
L'uno e l'altro atteggiamento, fanno poi il medesimo gioco (chissà come mai) e rappresentano , alla fine e per nulla stranamente, il medesimo interesse.
Se da una parte, per esempio, la Renzi & C. si auto-gratifica d'un “progressismo” che non le appartiene affatto, dall'altro la Grillo & Casaleggio Associati, con il medesimo linguaggio e la stessa tendenza alla generalizzazione confusionaria della Imperatore Farlocco Trade e micro-aziende satellite persegue la medesima confusione, attribuendo anch'essa questa qualifica in modo del tutto arbitrario e denigratorio.
Si può quindi affermare che, al di là delle apparenze (cui tutti, avendo frequentato i medesimi masters alla Bocconi , allo IULM e negli States, pongono ossessiva attenzione) essi perseguano il medesimo obbiettivo che è di squalificare ed infangare, definitivamente , il concetto “comune”, il sentire profondo che attribuisce significato al termine stesso “Sinistra”.
La cosa importante , per tutti loro, è cancellare dalla storia l'auto-organizzazione della classe lavoratrice, le conquiste della classe operaia europea ed italiana in particolare del '900, la sua cultura, ogni suo ricordo, ma soprattutto ogni traccia di “Struttura Indipendente dal Sistema”.
Portare la gente cioè a pensare che i politici siano davvero tutti uguali, che sia comunque e sempre , uniformemente merda, che nessuno rappresenti altri che non se stesso ed i propri interessi ed in definitiva quelli dei “signori del mondo”. Perchè il mondo è questo egoismo e miseria umana, competizione e verticalità, trionfo del più forte ed eterna perpetuazione d'in potere talmente superiore da essere inarrivabile.
Deve essere acquisizione comune ed accettata che ogni tentativo di “civilizzazione spirituale e di conseguente maturazione” sia impossibile, perché cozza, infrangendosi inevitabilmente ed inesorabilmente, contro la natura umana. Deve essere condiviso metabolizzato ed accettato che l'unica strada possibile sia, al massimo, organizzare e disciplinare emendandola la miseria e l'aridità di anime immancabilmente guerradondaie, disperate, competitive e carnivore.
É la disinformazia, la manipolazione ed è talmente e micidialmente efficace che riesce a convincere persino noi (si guardi l'inutile, assurda, demenziale polemica sul termine sinistra nel simbolo della lista per Tsipras alle Europee).
Sono convinto, da sempre, quindi da prima che i sapienti del nulla ci intrattenessero sull'importanza del marketing in politica, che il linguaggio con il quale parliamo fra noi e con la gente debba evolversi, insieme ed a rappresentazione della nostra stessa evoluzione interiore, politica e spirituale, ma fra questo ed il farsi sfondare dalla propaganda sistemica del “sono tutti uguali” oppure sulle fantasiose responsabilità della “sinistra storica” nell'attuale debaclè … bhè c'è della distanza.
Ma ancora di piu ne esiste fra una “furberia pretestuosa” ed una “reale acquisizione evolutiva”.
Se davvero in una consultazione circolare, ampia, partecipata ed orizzontale si fosse maturata la decisione, condivisa e meditata di non definire più “Sinistra” l'AreA di Progresso e Civiltà io ne sarei il primo e più acceso sostenitore, ma non è così. Non si alfabettizza, tutti si reputano saputi e sapienti e nessuno sembra avere l'umiltà del dubbio e del ripensamento.
Si permette, di fatto, che questa artificiosa e deleteria confusione trionfi, anche grazia alla pochezza della reazione, visto che gli stessi intellettuali e pensatori che dovrebbero rappresentare l'Avanguardia Pensante dell'alternativa, preferiscono grandemente salotti ben riscaldati, palchi ben strutturati, la rassicurante certezza dei loro diritti d'autore e l'abbondante companatico che viene loro fornito dal sistema e dalle sue pieghe, che essi preferiscono chiamare “contraddizioni”.


giovedì 20 febbraio 2014

LA STUPIDITA' DI CHI SI SUPPONE INTELLIGENTE di Giandiego Marigo



LA STUPIDITA' DI CHI SI SUPPONE INTELLIGENTE


di Giandiego Marigo


Sono con Tsipras, senza se e senza ma, ritengo, come ho già scritto parecchie volte che la lista che lo veicola sia una grande occasione di unità e di discussione, nonostante tutti i tentativi degli“intelligenti” di trasformarla in una farsa.
Solo ho un grande gusto del grottesco, l'ho sempre avuto ed è stato valorizzato e sviluppato da una lunga frequentazione della “intellighenzia culturale” milanese, in cui ho avuto anche l'onore di frequentare il re, assoluto, del grottesco, Dario Fo.
Fatto sta che mi diverte e mi fa sorrridere quella che definirò La Stupidità dei Geni.
Sono sempre stato convinto che si debba privilegiare il senso ed il contenuto rispetto alla forma ed al contenitore, ma a volte le “evoluzioni” di chi si suppone “intelligente”“migliore”“imparato”, di chi ritiene di potere e dover insegnare … bhè mi fanno, sinceramente, sorridere.
Stiamo ovviamente parlando della scelta “furbetta” di non usare la parola Sinistra nel simbolo e nella propaganda della Lista per Tsipras Presidente.
Ho già scritto a questo proposito, lo stanno facendo in molti, non parlerò quindi seriamente di questa tematica, ma solo con la superficialità di chi non riesce proprio a non ridere di se stesso e a non“elogiare il dubbio”.
Una delle motivazioni che muove “la pensata” in questione è certamente il fatto, innegabile, che con il livello, sinceramente, desolante della “capacità di comprensione” delle italiche genti, con“l'abitudine ormai endemica allo slogan”, a causa di un “abuso assoluto nell'uso delle definizioni e dei termini” sia davvero molto più difficile definire cosa non è Sinistra rispetto al fare qualche cosa di nuovo.

mercoledì 19 febbraio 2014

GLI ZINGARI E TOTA di Sara Palmieri




GLI ZINGARI E TOTA
di Sara Palmieri



Gli zingari sono accampati sotto i balconi del nostro appartamento che dà sul fiume.
Più che un fiume un torrente, in secca d’estate e impetuoso d’inverno senza che però sia mai straripato.
Gli zingari vivono là, tra i nostri balconi e il torrente “Cantagalli”. 
Noi, mia sorella ed io, siamo bambine, ma non abbiamo paura di loro anche perché i miei genitori non ce ne hanno mai incusso.
Non hanno mai detto e non dicono mai: “Se non fai la brava, non mangi, non dormi, non ubbidisci chiamo gli zingari o vengono gli zingari a prenderti!”
Le famiglie del rione e gli zingari vivono in pace. In quei primi anni Sessanta sono tutti più gentili, solidali e tolleranti di oggi. Forse perché sono usciti dalla povertà e dalla miseria da poco e non considerano “povertà” e “miseria” dei difetti, ma condizioni quasi sempre incolpevoli.
Quando penso a quegli anni la parola che mi sovviene, aldilà dei tumulti che seguiranno, è armonia.
Si sa che ogni tanto passano a chiedere roba da mangiare, così mia mamma ha sempre da parte una sporta con beni di prima necessità: farina, zucchero, pasta, caffè, caramelle per i bambini.
Si sa anche che rubacchiano: gli piacciono i ferri vecchi dell’officina di mio padre, qualche panno steso ad asciugare, qualcosa che perdiamo per strada e forse non ritroveremo. Ma per nessuno è un grave problema. Basta stare più attenti.
A me piace osservarli dalla finestra. Hanno vestiti dai colori sgargianti e foulard in testa. Vivono in tenda, cuociono all’aperto e hanno sempre sul fuoco pentoloni di acqua che bolle. Non sono rumorosi e neppure tanto sporchi. I bambini vanno a scuola, non tutti, ma qualcuno ci va.
Mi incuriosiscono e perfino li invidio un po’. Mi sembrano così liberi.
Ci sono ragazze adolescenti. Tra loro c’è Tota, ha sedici anni e una pelle d’ambra. E’ bella, ma ha un modo di fare selvatico e diffidente. Ogni tanto è lei che si presenta a casa per chiederci da mangiare. Qualche volta ha pranzato con noi. Mia mamma e Tota sono entrate un po’ in confidenza. Mia mamma è un’insegnante, siamo tre figli, mio padre è sempre in officina. Avrebbe bisogno di una mano in casa e così la chiede a Tota. Si accordano sui giorni e sulla cifra che le darà. Tota comincia a lavorare da noi; me la ricordo alla vasca che abbiamo in cucina a strofinare i panni con i grossi pezzi di sapone fatto in casa col grasso di maiale e la soda caustica. Non ricordo quanti giorni durerà il suo lavoro a casa nostra, ma si mostra contenta anche se ha sempre quello sguardo diffidente e quegli occhi di volpe.
Sembra non fidarsi di noi, forse le sembriamo strani: persone ordinarie, con vite ordinarie e ripetitive, schiave del quotidiano e di quelle gabbie che ci siamo costruiti intorno e che chiamiamo doveri, prima ancora di rivendicare diritti.
Sul frigorifero panciuto con pedale degli anni Sessanta, campeggia un carosello di terracotta dove ogni tanto i miei genitori infilano degli spiccioli.
Tota lo ha sicuramente notato perché un giorno scompaiono insieme. Tota e il carosello.

Oggi mi chiedo se si sia mai pentita di quel gesto. Sicuramente non c’erano molti soldi nel salvadanaio, non più di quelli che le avrebbe dato mia mamma per il suo aiuto. Ma gli zingari sono così: gli piace essere liberi. E forse hanno ragione. In fondo è così che siamo nati: liberi.      



martedì 18 febbraio 2014

Vita, DNA, ricerca scientifica e dignità dell’uomo.










 
Di Riccardo Achilli


 Sommario




E’ una opinione che si sta consolidando, e che trova riscontro anche nei dati di mercato, che il capitalismo finanziario, in uscita dalla crisi, cerchi nuovi sbocchi di mercato ancora intonsi, sui quali ritagliarsi nuovi spazi. Ora, il mercato immobiliare, quello delle carte di credito e quello della spesa pubblica, sui quali questa sovrastruttura parassitaria ha fatto crescere, rispettivamente, la bolla del mattone, quella del debito privato e quella del debito pubblico, appaiono oramai non più sfruttabili. La speculazione borsistica, con la sua appendice riferita alla borsa tecnologica del Nasdaq, è oramai rischiosa, e largamente limitata dalle varie Autorità nazionali di Vigilanza. Così come quella sui tassi di cambio.
Quali spazi nuovi trovare, quali terre vergini aggredire per piazzare un cronico eccesso di offerta di capitali, che nel solo comparto degli investimenti di portafoglio, al netto delle riserve, raggiunge 1.174 miliardi di dollari nel solo anno 2007[1], e che non può trovare sfogo soltanto sui mercati Otc dei derivati? Un campo ancora libero, dopo aver sfruttato merci e servizi?  Quello dell’uomo in sé stesso, del suo corpo, della sua personalità, della sua umanità. Il mercato del corpo umano trova sfogo in un immenso giro d’affari che coinvolge l’industria cosmetica, quella dello sport e del fitness, e la chirurgia estetica e plastica. La sola chirurgia plastica ha un giro d’affari che oscilla, di anno in anno, fra i  12 ed i 20 miliardi di dollari[2] .
Ma l’ambizione  è molto più ampia. Si tratta di reingegnerizzare completamente l’uomo, fin nei suoi più reconditi spazi di umanità, ed in questo viene in soccorso, strombazzando, l’industria privata della genomica. La posta in gioco è sintetizzata da Steven Pinker, che, baldanzoso, annuncia che “il 2008 ha visto l’introduzione di una genomica diretta al consumatore”. Ecco: non vi piacete più? Siete poco assertivi, timidi, oppure avete il naso troppo lungo? Una risistemata al vostro DNA e vi rifacciamo nuovi! Eccheggiano le parole tetre di Francis Fukuyama, il genio che ha previsto la “fine della storia”: secondo lui, i tentativi di realizzare una razza umana “nuova e perfetta” (sulla base di quali parametri etici, psicologici, culturali non è dato sapere) saranno finalmente realizzati dalla genetica. Sullo sfondo, si intravede il mondo da incubo di Aldous Huxley, in cui una élite irraggiungibile, invisibile e chiusa di coordinatori, unici depositari della memoria storica e del progetto sociale complessivo, realizza, con gli strumenti dell’eugenetica (Huxley scrive prima della scoperta del DNA, avvenuta definitivamente solo nel 1953) un mondo in cui ogni singolo essere umano, sin dalla nascita, è programmato in vista di un inserimento predeterminato nella società. Dove il libero arbitrio, persino il concetto di destino individuale, vengono completamente svuotati di senso, da una ingegneria genetica che diviene ingegneria sociale.



La posta in gioco è enorme. Nel 2012, le compagnie biotech mondiali hanno fatturato 89,8 miliardi di dollari,

LISTA TSIPRAS: POTENZIALITÀ E LIMITI


 Tsipras
*A cura della redazione di Sinistra Anticapitalista

Promosso da sei intellettuali (Luciano Gallino, Barbara Spinelli, Marco Revelli, Guido Viale, lo scrittore Andrea Camilleri, il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais), con il successivo sostegno di quasi 25.000 firme raccolte negli ultimi 20 giorni, è stato lanciato qualche settimana fa un appello perché alle prossime elezioni europee sia presente una lista raccolta attorno alla candidatura di Alexis Tsipras, leader di Syriza, la coalizione greca che ormai da un paio d’anni costituisce un importante punto di riferimento politico per la lotta del popolo ellenico contro i diktat dell’Unione europea e contro la politica del governo di centro-sinistra-destra (potremmo dire di larghe intese) che ad Atene li gestisce.
L’impostazione proposta, per quanto segnata da parecchie ambiguità, aveva però un punto di forza nella volontà di sfuggire ai due scogli simmetrici dell’approccio entusiasticamente europeista (sul tipo di quello del PD) o del ripiegamento nazionalista “euroscettico” o addirittura sciovinista. Nell’appello questa volontà è sintetizzata così: La prima risposta è di chi si compiace: passo dopo passo, con aggiustamenti minimi, l’Unione sta guarendo grazie alle terapie di austerità. La seconda risposta è catastrofista: una comunità solidale si è rivelata impossibile, urge riprendersi la sovranità monetaria sconsideratamente sacrificata e uscire dall’Euro. Noi siamo convinti che ambedue le risposte siano conservatrici, e proponiamo un’alternativa di tipo rivoluzionario”.
Il riferimento a Tsipras è richiesto dalle nuove norme elettorali dell’Unione europea che prevedono che ogni lista che si presenta debba anche indicare a quale candidato alla carica di presidente della Commissione euopea si richiami.

lunedì 17 febbraio 2014

FRANCO RUSSO: NECESSARIO UN PROGETTO SOVRANAZIONALE PER ROMPERE L’EUROPA DEI MERCATI






FRANCO RUSSO: NECESSARIO UN PROGETTO SOVRANAZIONALE PER ROMPERE L’EUROPA DEI MERCATI
Giovedì 20 febbraio il cofondatore di Ross@ sarà a Trieste per partecipare con compagni italiani e sloveni al dibattito “Trattati europei: chi decide?”, che si terrà a partire dalle 17:30 nella sala di via Fabio Severo 14/b. L’abbiamo intervistato.

Intervista di
Norberto Fragiacomo




Franco Russo, classe 1945, vanta una lunga e coerente militanza a sinistra: iscrittosi nel 1961 alla FGCI - da cui venne espulso sei anni dopo per aver promosso il Centro antimperialista Che Guevara - ha preso parte al movimento del ’68 romano; cofondatore di Democrazia Proletaria (del cui gruppo parlamentare è stato presidente) e tra gli animatori della sinistra rosso-verde, ha poi aderito a Rifondazione Comunista, ricoprendo dal 2006 al 2008 la carica di deputato. E’ stato anche attivo nel Social Forum europeo da ‘Firenze 2002’. Nel 2012, assieme a Giorgio Cremaschi e ad altri, ha dato vita a Ross@.
Non è il classico politico che parla di tutto senza approfondire nulla: Russo conosce come pochi – non solo a sinistra – la complessa materia dei trattati e del diritto europeo. La sua posizione è chiara: il 14 dicembre, all’assemblea di Ross@, ha letto una relazione intitolata “Rompere l’Unione Europea” – unica via, sostiene, “per battere centrosinistra e centrodestra, al governo insieme in Italia, che portano avanti le politiche antipopolari dell’austerità. L’altro nostro nemico è il populismo.”
Franco Russo sarà a Trieste il 20 di febbraio, per partecipare a un dibattito transnazionale che coinvolgerà i giovani compagni sloveni di Iniziativa per un Socialismo Democratico e sindacalisti della Rete 28 Aprile: in previsione dell’evento l’abbiamo contattato telefonicamente per porgli alcune domande che gravitano, per l’appunto, intorno all’Europa e al suo/nostro futuro.

UNA POSSIBILE RICOSTRUZIONE DELL'ASCESA POLITICA DI RENZI di Riccardo Achilli




UNA POSSIBILE RICOSTRUZIONE DELL'ASCESA POLITICA DI RENZI


di Riccardo Achilli


Su Formiche.net, Emanuele Macaluso ci offre la sua chiave di lettura degli eventi che hanno portato all'ascesa di Renzi a Palazzo Chigi. Si tratta di un articolo,che il caro compagno Marco Lang ha circolarizzato, che a mio avviso è particolarmente interessante soprattutto perché, tra le righe, offre una lettura di cosa stia passando per la mente di Napolitano in questi giorni. Infatti, Macaluso è un antico compagno di corrente di Napolitano fin dai tempi del migliorismo nel PCI, e conserva un'amicizia personale con il Presidente. Quindi è più che probabile che nella sua interpretazione degli eventi di questi giorni filtri qualcosa del pensiero dello stesso Napolitano. E certo, se così è, non filtra un'idea favorevole su Renzi, qualificato da Macaluso come combinato disposto di ambizione senza progetto e di mancanza di esperienza politica internazionale. Né appare favorevole il giudizio sulla "fase" (parola tornata di moda...) fra sbracamento del PD ("che ha offerto una prova preoccupante apparendo come una forza che non ha, sul piano politico e dei rapporti personali, un minimo di spessore"), consapevolezza del punto particolarmente basso raggiunto dalla crisi politica e di rappresentanza in cui si avvolge un Paese che esce da una disastrosa II Repubblica senza intravedere una risalita, e, last but not least, certezza che non si arriverà al 2018 (come è ovvio, atteso che, per Renzi, addirittura ottenere un voto di fiducia con numeri ampi, "di sicurezza", sembra un'impresa non facile, stretto com'è fra le ostilità di ampia parte del suo stesso partito, che lo costringono a mantenere il ruolo di segretario per cercare di controllare la situazione, ed i contrapposti interessi di Alfano e Berlusconi, che però sono entrambi indispensabili per il fiorentino). Se queste considerazioni riflettono l'analisi di Napolitano, è chiaro che Renzi dovrà essere preoccupato: in queste condizioni, è difficile pensare che il Presidente metterà a disposizione del Governo il suo contributo politico/diplomatico per tenerlo in piedi nelle fasi difficili, come ha fatto con Letta, letteralmente messo sotto tutela presidenziale per mesi, ed in passaggi molto delicati (come il voto di fiducia di ottobre che ha portato alla spaccatura del Pdl, e in cui Letta rischiava il collo). E neanche l'idea di convincere Napolitano ad andarsene, magari (come sembra iniziare a filtrare) per sostenere l'ascesa di Prodi al Colle, sembra impresa facile (dice Macaluso: "lui stesso (Napolitano) ha più volte spiegato che è tornato al Quirinale per accompagnare e garantire il percorso di riforme a partire dalla legge elettorale. Dopodiché rassegnerà le dimissioni". Cioè niente speranza di dimissioni prima che le tre riforme istituzionali siano state portate a termine, il che comporterà mesi di lavoro. Renzi dovrà confrontarsi con un Presidente che non sembrerebbe, da quanto traspare da Macaluso, molto propenso ad aiutarlo. Davvero una situazione critica per il fiorentino, in un contesto sociale ed economico ancora caotico, con i vincoli europei e nessuna esperienza né relazione politica internazionale per affrontarli, un partito propenso all'ammutinamento continuo, il cui clima interno è stato reso ancor più velenoso dallo stesso Renzi (un record, in soli due mesi da segretario) ed una maggioranza lacerata dal duello Alfano-Berlusconi, che sono entrambi interlocutori forzati per il Nostro. Altro che 2018... Renzi dovrà accendere un cero per ogni settimana che porterà a termine.   

domenica 16 febbraio 2014

INGOIARE IL ROSPO di Giandiego Marigo



INGOIARE IL ROSPO
di Giandiego Marigo




Premettiamo la nota di Marco Revelli a nome dei fantomatici Promotori della Lista per Tsipras:

NOTA DI MARCO REVELLI a nome dei promotori.
"Il termine sinistra non compare nei nomi proposti almeno per tre buone ragioni:
1) perché da anni non è più, in Italia, portatore di un preciso contenuto programmatico ma ha finito per rappresentare un’etichetta generica in cui c’è tutto e il contrario di tutto;
2) perché rischia di farci confondere con quanti si sono in questi anni dichiarati “di sinistra” stravolgendone i valori, sostenendo nei fatti politiche liberiste o più semplicemente, mirando alla propria autoperpetuazione personale;
3) infine perché il nostro obiettivo è quello di conquistare il cuore e la mente dei milioni di elettori che non si sentono più di sinistra, o non si sono mai sentiti tali - soprattutto se giovani - perché in quello che è stato presentato loro come sinistra non hanno mai trovato una risposta ai loro problemi.
Abbiamo invece preferito privilegiare ciò che costituisce il nucleo programmatico della lista: un'Europa diversa, da costruire, e il riferimento a una figura, Tsipras, che dell'opposizione alle politiche devastanti dell’Unione europea è il simbolo."

venerdì 14 febbraio 2014

DALLA DIREZIONE PD ALL'EUROPA STESSO STILE, STESSA MATRICE … MEDESIMA DESOLAZIONE di Giandiego Marigo




DALLA DIREZIONE PD ALL'EUROPA STESSO STILE, STESSA MATRICE … MEDESIMA DESOLAZIONE

di Giandiego Marigo



Per chi ancora coltivasse una qualsiasi illusione sulle presunte anime del PD (partito senz'anima), e sono tanti anche fra di noi che, forse, ragioniamo a “sinistra” quest'ultima sfida all'OK Corral in atto in direzione e l'identità degli sfidanti dovrebbe, da sola, rispondere ad ogni presunzione o velleità.
Inossidabilmente democristiani, con una logica ed uno stile tipicamente da Balena Bianca … e l'identità e lo stile dei contendenti le modalità dello scontro, a volte dicono più cose che non le teorie e le elucubrazioni.
Gli interessi del paese, arretrano sino a scomparire, (se non nelle citazioni vagamente ricattatorie dell'eternamente giovane segretario) non in seconda e nemmeno in terza fila … ma persi fra mille incrostazioni di potere e promozione personali, interessi di corrente, lobbistici, conflitti interni ad un capitalismo pitocco e miserabile qual'è quello Made in Italy, ed i suoi baldi neo rappresentati cioè i due democristiani in questione.
"Solamente Democratici" recita uno dei, sin troppo numerosi e studiati, slogan dei "giovani rottamatori" di leopoldiana memoria ... luogo ameno e radice comune in cui si ritrovano molti degli attuali interpreti delle vicende interne del PD. Solamente democratici ma se il risultato è questo ... Bèh, ci sia permessa, quantomeno, un minimo di perplessità sulla sua qualità.
Ed è anche in questa scelta di rappresentare gli interessi di un'Europa sciagurata ed elitaria, quelli della finanza senza morale e delle banche usuraie ed assassine tutto il senso della sconfitta di una qualsivoglia prospettiva progressista interna o laterale al PD.
L'Italia … l'Europa hanno grandissima esigenza di un pensiero altro, alternativo e di “sinistra”.
La corruzione dei partiti che oggi si arrogano a rappresentarla nel quadrante Europeo è ormai profonda ed irrimediabilmente diffusa sin nelle radici. Dall'Italia alla Francia, sino all'Inghilterra , la Germania e la Spagna
Non a caso è nei paesi maggiormente provati dalla follia di questa crisi inventata che si affaccia, finalmente, un'idea nuova, unitaria, spiritualmente ricca di AreA di Progresso e Civiltà.
Quest'AreA che non vuole essere confusa:
Né con le “ribellioni in provetta” organizzate tramite Guru occasionali e discutibilmente carismatici dal medesimo potere che gestisce il massacro sociale e la depopolazione conseguente, che le originano (ultima e suprema astuzia per distrarre e deviare).
Né con una falsa sinistra, corrotta e inaridita, collaborazionista e svenduta che ha “ceduto” l'anima per un piatto di lenticchie lasciandosi “sfondare” da quella medesima cultura ordita e pensata per distruggerla.
Una sinistra vera … quindi, se ancora questo nome è così importante un'AreA di Progresso e Civiltà, se vogliamo esprimere un concetto più vicino alle reali esigenze materiali, spirituali e culturali che motivano questo afflato e questo bisogno.

Una sinistra vera per questo paese, per quest'Europa … per gli ultimi , per i sensibili, per i diversi e gli eguali, per gli esseri viventi di questo pianeta.


giovedì 13 febbraio 2014

LA PARCELLIZAZIONE DELLE IDEE E LA COLONIZZAZIONE CULTURALE DELLO STARS SYSTEM di Marigo Giandiego




LA PARCELLIZAZIONE DELLE IDEE E LA COLONIZZAZIONE CULTURALE DELLO STARS SYSTEM

di  Giandiego Marigo




Sono, lo premetto, un intellettuale di strada, un poeta straccione, uno scrittore inedito ... va detto, prima di affrontare l’argomento di cui voglio parlare.
E’ palese, palpabile, evidente e gravosa la necessità d’una visione culturale altra da quella sistemica. Questa incontenibile esigenza si può individuare con facilità ed è anche,  volendo,  costantemente ripetuta, rimarcata  nella litania della necessità d’un soggetto altro e innovativo in quell’AreA che chiamammo sinistra.
Di cosa si nutre però questo soggetto? Cosa costituisce il suo humus in questi anni in cui il movimento operaio tende a scomparire con la medesima velocità con cui il concetto di lavoro si modifica. Non intratteniamoci , per il momento, su questa modificazione solo formale, ma badiamo alla sostanza. Pur permanendo l’analisi classista della società essa si modifica e cambia, aggiornandosi, con il modificarsi dei rapporti di potere.
Dicevamo di cosa si dovrebbe nutrire questo nuovo soggetto?

mercoledì 12 febbraio 2014

THE ITALIAN JOB”: SCOOP, OVVIETA’ O AUTORETE? di Norberto Fragiacomo





THE ITALIAN JOB”: SCOOP, OVVIETA’ O AUTORETE?
di
Norberto Fragiacomo







Era il segreto di Pulcinella, ma in pochi si aspettavano che Pulcinella lo svelasse in un giorno piovoso di febbraio, e che la rivelazione fosse riportata, con straordinaria evidenza, dal giornale più allineato d’Italia (il Corsera) e dal tabloid della finanza multinazionale (cioè anglosassone), il Financial Times.
La notizia in sé è striminzita: un giornalista anglofono, Alan Friedman, acquisisce le prove che ben prima del novembre 2011 Napolitano aveva individuato in Mario Monti il sostituto di Berlusconi, e che già in estate il bocconiano aveva dato il suo consenso all’operazione, di cui erano stati messi al corrente Carlo De Benedetti e Romano Prodi; su questo presunto scoop Friedman costruisce un libro che, vista la pubblicità in diretta, venderà bene (sarà pure letto? Chissà, in Italia i volumi finemente rilegati arredano…).
Scoperta dell’acqua calda, anzi bollente: se fino a ieri della liaison Napolimonti mancavano le prove, di indizi ne avevamo a iosa. Nell’estate-autunno ’11 Supermario vagabondava da un talk show all’altro come il porco di S. Antonio; lo stesso Corriere che oggi lo lapida parlava di lui – suo editorialista – come dell’inevitabile futuro premier, e il sottoscritto, che non ha accesso alle stanze del potere né a quelle del sottopotere giornalistico, preconizzava in primavera che, di lì a qualche mese, ci sarebbe toccata una iattura di nome Mario (Monti o Draghi) a Palazzo Chigi. Insomma, il copione era stato scritto assai prima che – secondo i testimoni immortalati da Friedman – il Presidentissimo e il suo delfino fissassero l’appuntamento galeotto.
La sorpresa, semmai, è un’altra: il risalto dato dal Corrierone alla mezza notizia e l’attacco a testa bassa del Financial Times (il titolo del pezzo, “The italian job”, evoca imprese ladresche) indicano un cambio di tattica- o perlomeno di uomini – da parte delle elite nazionali e d’oltreoceano. Napolitano e il suo attuale pupillo, Letta II, vengono scaricati, licenziati senza preavviso.
Dove sta la giusta causa? Non direi che siano stati esecutori poco zelanti: Giorgio Napolitano della troika (più che, come sarebbe suo compito, della Costituzione) si è erto a garante. Per rassicurare le istituzioni finanziarie si è fatto persino rieleggere, e questo è un fatto.
Adesso è da rottamare: come mai? Forse perché i “mercati” hanno adocchiato un nuovo purosangue, promettente e impetuoso: Matteo Renzi. Letta II è (come ha affermato causticamente Friedman, in tv e davanti al direttore del FT) giovane solo per l’anagrafe, un democristiano da Prima Repubblica. Tradotto dall’angloitaliano: è temporeggiatore e inaffidabile al pari di Berlusconi, malgrado la maggior buona volontà. Napolitano, che pure ha reso apprezzati servigi, veleggia verso i novanta: è ora di trovargli un successore all’altezza, anche perché il suo incaponirsi su Letta inizia a dar fastidio (dubito, invece, che qualcuno sia stato turbato dalle parole in libertà a Bruxelles: erano solo un esercizio retorico, harena sine calce). Nessuno è insostituibile, ammoniva Napoleone, additando le lapidi di un cimitero.
Il comico della vicenda è che le “accuse” che fanno tanto discutere – e titolare “Alto tradimento” alle sfiatate gazzette berlusconiane – sono inconsistenti: il Presidente della Repubblica avrebbe sondato Monti a Governo Berlusconi ancora (precariamente) in sella.
D’accordo, e allora? La candidatura del Professore era sponsorizzata da Europa, Germania, Fmi e media; alla mano sinistra del Capitale (da noi, il PD) non dispiaceva affatto. Lo spread giocava a sparatutto coi nostri titoli di Stato, Brunetta e Tremonti erano impegnati a farsi la guerra: che un arbitro prendesse provvedimenti, e che giocatori e dirigenti autorevoli venissero coinvolti nella decisione non sembra in sé scandaloso. La nomina di Monti a senatore a vita è un’interpretazione di comodo dell’articolo 59, ma la nostra povera Costituzione ha sofferto ben altri oltraggi!
Il libro di Friedman, che non mi attira granché (Ruskin ci insegna che, considerata la brevità della vita, è meglio dedicare il proprio tempo alle opere che meritano di essere lette), non suggerisce niente di più grave a carico di King George. Non insinua, per esempio, che egli fosse al corrente di manovre occulte, di precise strategie – altrettanto eventuali – dietro l’attacco speculativo di inizio estate 2011 e la vendita in massa di buoni del tesoro italiani da parte delle banche tedesche, né che l’opzione Monti sia stata imposta o esplicitamente “raccomandata” da qualche autorità esterna. Fosse andata così, alto tradimento e attentato alla Costituzione si materializzerebbero come in una puntata di Star Trek – ma simili prove, se anche in ipotesi esistessero, non vedrebbero mai la luce, né troveremo mai evidenze di un’inammissibile ingerenza presidenziale contra l’articolo 11 della Carta in occasione del proditorio attacco alla Libia, o di un’auto(ri)candidatura a spese di Romano Prodi (che oggi, forse, si gusta la sospirata vendetta) e degli italiani. Nel nostro Paese, è noto, si scoprono solo i segreti innocui, quelli che possono venire utilizzati per rimuovere senza drammi pedine scadute.
Giammai il sistema metterebbe a repentaglio le sue stabilità e sopravvivenza: la “libertà d’informazione” è mera clausola di stile.
Adesso Berlusconi cercherà di adoperare la “rivelazione” per ottenere qualche vantaggio, ma il suo guinzaglio non è più lungo come un tempo, e lo sa. La sconfessione dell’operato di Napolitano, però – paragonato alle gesta di un pugno di mariuoli hollywoodiani – e il contemporaneo sputtanamento di Monti, malignamente fatto a pezzi su La7 da un ex collega del Corriere, potrebbero far aprire un occhio a schiere di italiani sonnacchiosi.
Screditare i potenti (o gli ex potenti) è sempre una mossa azzardata: per quanto ubriaca di propaganda, la massa potrebbe – rettamente – identificarli con il potere bipartisan sovranazionale, con quello stesso sistema che, con differenti capacità e impegno, Napolitano, Monti e Letta hanno servito.


martedì 11 febbraio 2014

PETER BEHRENS (PRC TRIESTE): IL FUTURO PUÒ ESSERE DIVERSO, BASTA CHE LE PERSONE LO DESIDERINO




PETER BEHRENS (PRC TRIESTE): IL FUTURO PUÒ ESSERE DIVERSO, BASTA CHE LE PERSONE LO DESIDERINO


Il nuovo segretario provinciale di Rifondazione si racconta, indica gli obiettivi (tra i quali una maggior collaborazione a sinistra), critica Serracchiani per la vicenda Electrolux e lancia la sfida al montante fascismo sociale: “saremo tanto più efficaci quanto più saremo informati


Intervista di Norberto Fragiacomo



Peter Behrens – triestino, classe 1951 - è da pochi giorni il nuovo segretario provinciale di Rifondazione Comunista.
Due mesi ci sono voluti per eleggerlo (il congresso si è tenuto a fine novembre), ma la scelta, apprezzata dai militanti, è all’insegna di un’operosa continuità: Behrens faceva parte del “comitato di saggi” che ha guidato il partito dopo le dimissioni, a primavera, di Toni Saulle, ed ha ricoperto, in tempi recenti, la carica di responsabile organizzativo.
L’uomo è schivo, arguto e coscienzioso: chi scrive ha avuto l’occasione di conoscerlo alle riunioni del Comitato No Debito, dopo averne sperimentato, da collega, quelle doti di disponibilità e competenza che fanno di Behrens – non è esagerazione – un punto di riferimento per qualsiasi dipendente regionale abbia un quesito da porre in materia di contrattazione collettiva e gestione del personale.
Sapendolo indaffarato (la segreteria del PRC è l’esatto opposto di una sinecura, di questi tempi!), rinunciamo alla chiacchierata a quattr’occhi e ci affidiamo, per l’intervista, al misterioso apparecchio chiamato smartphone, delizia dei bimbi e croce di noi adulti preistorici.
La prima cosa che chiedo al neosegretario è di presentarsi ai lettori: chi è Peter Behrens? Quali le radici del suo costante – e coerente -  impegno politico?

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