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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 31 dicembre 2014

LA NUOVA DOTTRINA MILITARE RUSSA di Riccardo Achilli



LA NUOVA DOTTRINA MILITARE RUSSA 

di Riccardo Achilli



Questo scritto del generale Gerasimov, capo di stato maggiore dell'Esercito russo, è di grande interesse per capire le evoluzioni più recenti della dottrina militare russa, che potremmo, se la tensione geopolitica internazionale dovesse, come prevedibile, aumentare, vedere attuata in pratica, e che di fatto, in Ucraina,è già stata sperimentata, sia pur parzialmente, ma con un certo successo. 
Questa dottrina sovverte il tradizionale concetto sovietico di forza di impatto costituita da grandi contingenti militari, supportati da ingenti contingenti di artiglieria, reparti corazzati ed attacchi al suolo dell'Aeronautica, in nome di una strategia molto più flessibile, una guerra asimmetrica, da non dichiarare ufficialmente mediante i consueti canali diplomatici, né da anticipare mediante mobilitazioni di massa (che metterebbero immediatamente sull'allerta il nemico) fatta da una combinazione di quattro elementi teorici di fondo (al netto, ovviamente, del mantenimento di un avanzato sistema di dissuasione nucleare, che, per rispondere alla nuova minaccia costituita dallo schieramento di missili nucleari NATO nei Paesi est europei a ridosso della frontiera russa, che potrebbero quindi raggiungere Mosca in soli 3 minuti, sarà rinnovato completamente entro il 2020, con due nuove classi di sottomarini che sostituiranno gli Akula ed i Typhoon, un nuovo bombardiere strategico, nuovi missili, fra i quali il Bulava, già entrato in servizio, ed un nuovo sistema di allerta e controllo integrato radaristico e spaziale, nonché un sistema di rappresaglia interamente digitalizzato, che può funzionare automaticamente nel caso in cui per il primo attacco nemico non vi siano più responsabili umani in vita):

martedì 30 dicembre 2014

PRODI PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: IL MALE MINORE? di Maurizio Zaffarano




Romano Prodi e Renzi visti da Luca Peruzzi


PRODI PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA: IL MALE MINORE?
di Maurizio Zaffarano




Premessa indispensabile: l'elezione del prossimo Presidente della Repubblica è cosa loro cioè qualcosa che riguarda gli equilibri interni alle ristrette oligarchie - economiche, finanziarie, politiche, burocratiche, criminali - che dominano il nostro Paese e sulla quale la stragrande maggioranza dei cittadini non ha alcuna voce in capitolo e tantomeno i cittadini democratici e progressisti. La maggioranza dei cittadini la guarderà solo da spettatori (un po' come juventini, milanisti e romanisti guardano l'esito della Champions League), potrà subirla e basta, al massimo costituirà quel parco buoi al quale bisognerà propinare una scelta non manifestamente e palesemente indigeribile e truffaldina.

Aldo Giannuli, uno dei più lucidi politologi italiani, nello stimolante articolo che di seguito viene riportato indica i requisiti "minimi" che dovrebbe avere il nuovo Presidente della Repubblica: una fedina penale (non solo grazie alla prescrizione) immacolata (sembra una cosa assurda in un Paese in cui persino ad un bidello o ad un archivista viene richiesto il certificato dei carichi pendenti ma sappiamo tutti che nel nostro sistema politico è cosa che va ribadita ogni nanosecondo), la lealtà nei confronti della Costituzione (dimostrata dalla propria storia personale), aver ricoperto ruoli di responsabilità nazionale nei quali abbia dato dimostrazione delle proprie qualità politiche e morali e delle proprie competenze sulle materie istituzionali sulle quali sarà chiamato a misurarsi, avere a cuore anzitutto gli interessi nazionali, un curriculum politico importante, essere dotato di equilibrio e imparzialità, aver svolto nella propria vita una qualche rilevante attività professionale senza essersi limitato esclusivamente al mestiere politico.

domenica 28 dicembre 2014

IL PROGRAMMA DI SYRIZA


                              


Il programma di Syriza: un programma concreto, razionale, radicale, ritagliato sui bisogni dei ceti popolari. Con due elementi irrisolti: come si affronta il differenziale di produttività e competitività tra economie del nord Europa e del Sud Europa che è alla base della crisi dell’euro, qual è il piano di riserva nel caso (prevedibile) di fallimento delle trattative con la Troika e la Germania.

Il Programma annunciato a Salonicco il 15 Settembre 2014 da Alexis Tsipras

mercoledì 24 dicembre 2014

IL DIBATTITO "EURO SI EURO NO" E' UN'ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA di Marco Bersani

IL DIBATTITO "EURO SI EURO NO" E' UN'ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA
di Marco Bersani


Finalmente un libro che entra nel merito. Parliamo di “Non c’è euro che tenga” di Marco Bertorello, che, andando decisamente oltre lo schieramento da tifoseria calcistica “pro o contro l’euro”, affronta il problema in tutti i suoi aspetti e in tutte le sue declinazioni, contribuendo in maniera fondamentale all’avvio di una discussione della quale c'è urgente bisogno.
Per tutte le persone che, tra il versante dei sostenitori dell'euro come fonte di stabilità imprescindibile e destino oggettivo e ineluttabile, e il versante dei detrattori dell'euro come radice di tutti i mali dell'epoca contemporanea, si sono sempre sentite strette, il libro di Bertorello rappresenta una boccata d'ossigeno, con un grande pregio: la capacità di analizzare e comunicare con la dovuta semplicità, senza mai far torto alla complessità del problema.
Per chi è da sempre schierato su uno dei due fronti e, quando entra nel merito, lo fa all'unico scopo di trovare conferma alla propria analisi pre-costituita, il libro di Bertorello potrà apparire - e speriamo sia - in qualche modo fastidioso: perché ogni volta che, con dovizia di dati e lucidità di approccio, sembra dar ragione ad una delle due tesi, subito dopo ne pone a severa critica le basi, con capovolgimenti di fronte che rischiano di confondere chi alla curiosità ha deciso da tempo di preferire la certezza.
Rompendo la narrazione mitologica dell'analisi della crisi a partire dalla nascita dell'euro, Bertorello dimostra come la medesima crisi sia il prodotto di un contesto geografico molto più internazionale e di un ordine temporale molto più vasto, senza la considerazione dei quali il rischio della banalizzazione si incontra ad ogni angolo.
Ma nel contempo, non consente a nessuno di far derivare dal contesto geografico e dall'ordine temporale come sopra delineati alcuna conseguenza di ineluttabilità dello stato di cose presenti, quasi che l'Europa possa essere solo quella data.
Ciò che appassiona del viaggio che ci propone l'autore è soprattutto la laicità dell'approccio, con la precisa analisi dei pro e dei contro l'euro, con la segnalazione dei punti di forza e delle evidenti debolezze di ciascuna delle due tesi.
Senza mai rinunciare alla propria opinione in merito. E' così che la discussione sulla moneta unica, viene finalmente inserita dentro il contesto storico, economico e politico di cui è il prodotto; e, nel contempo, l'Unione Europea viene analizzata dentro i processi di globalizzazione economica che hanno visto il prevalere dell'ideologia neoliberale nella sua costruzione materiale e politica.
Bertorello non lo dice, ma in parte sembra suggerire come la focalizzazione della discussione “euro sì / euro no”, come aspetto a sé stante, rischi di essere una involontaria “arma di distrazione di massa”.
Perchè il mantenimento della moneta unica o l'uscita dall'euro sono entrambi orizzonti praticabili, ma totalmente inefficaci se non frutto di una trasformazione sociale ben più ampia, capace di sovvertire l'approccio neoliberale, che ha fatto dell'Europa il territorio privilegiato di attacco ai diritti dei lavoratori e allo stato sociale da parte dei grandi interessi del capitalismo finanziarizzato.
E se, come dice Luciano Gallino, la lotta di classe viene oggi condotta dall'alto, sembra giunto il tempo in cui “il mondo in basso” si attrezzi per un percorso lungo, articolato e complesso, di ribellione sociale. Per decidere a valle, ovvero dopo aver modificato profondamente i rapporti di forza nella società, e non a monte, quali coordinate economico-monetarie darsi nella costruzione di un futuro più giusto per tutti.

23 dicembre 2014

dal sito http://www.communianet.org/


martedì 23 dicembre 2014

IMMIGRAZIONE: UNA CONVERSAZIONE CON L'ASSOCIAZIONE DHUUMCATU di Stefano Macera


Bachu

IMMIGRAZIONE: 
UNA CONVERSAZIONE CON L'ASSOCIAZIONE DHUUMCATU
di Stefano Macera

L’Associazione Dhuumcatu, creata e composta da bengalesi, è da tempo una presenza significativa nella principale metropoli italiana: in prima fila in tutte le manifestazioni per i diritti degli immigrati che si sono svolte nello scorso decennio, offre anche assistenza per le pratiche relative al permesso di soggiorno. Negli ultimi anni ha inoltre sviluppato proficue collaborazioni con le Università La Sapienza e Roma 3, strettamente legate alla possibilità – per gli studenti – di conseguire Master sulle politiche migratorie e sulla convivenza tra etnie nei grandi agglomerati urbani. La sede di questa Associazione è in via Casilina 525, nel quartiere Tor Pignattara, cioè in un’area a forte connotazione multietnica, purtroppo segnata, negli ultimi mesi, da tensioni tra comunità e anche da episodi gravissimi e di cui è necessario ribadire la condanna, come l’omicidio del pachistano Shahzad ad opera di un minorenne romano. Rivolgendoci a Bachcu, che dell’Associazione è uno degli animatori, abbiamo cercato di mettere a fuoco alcuni contorni della situazione degli immigrati a Roma, con l’intento di fuoriuscire dai luoghi comuni veicolati dai media più diffusi.

giovedì 18 dicembre 2014

LA CRISI ECONOMICA RUSSA: A CHI CONVIENE E QUALI SONO I RISCHI di Riccardo Achilli





LA CRISI ECONOMICA RUSSA: 
CHI CONVIENE E QUALI SONO I RISCHI
di Riccardo Achilli




Tanto tuonò che piovve. Sono anni, direi dall’esplosione, ancora irrisolta, dell’intera area caucasica a partire dal 1991 (e che ha avuto nel primo conflitto osseto-georgiano, nel conflitto georgiano-abcaso, e nella guerra russo-georgiana del 2008, oltre che nel lunghissimo conflitto ceceno, che ha coinvolto anche l’Inguscezia) che l’Occidente e la Russia stanno combattendo una guerra per la redistribuzione delle aree di influenza. Una guerra che ha coinvolto i Balcani, poi in tempi più recenti la Siria e la Libia, che si è acuita con la crisi economica europea, combinandosi in modo perverso con la tradizionale dottrina tedesca di politica estera dello spazio vitale ad est, che ha trascinato l’Europa intera nella deflagrazione programmata dell’Ucraina.

Era inevitabile che una guerra guerreggiata non tracimasse anche in una guerra economica. Sono mesi che le politiche economiche occidentali stanno alimentando una situazione globale svantaggiosa per gli interessi russi. Ad iniziare dal grande risiko degli oleodotti/gasdotti, con il progetto europeo del Nabucco chiaramente posto come concorrente del South Stream, per proseguire con gli annunci di fine del tapering, che già diversi mesi fa provocarono una fuga di capitali dalle economie emergenti, ivi compresa quella russa. Le sanzioni economiche imposte a seguito della guerra civile ucraina e la distruzione dell’economia cipriota, tradizionale punto di riferimento bancario per i capitali russi, hanno finito di creare il terreno affinché, con il calo molto forte e sostenuto del prezzo del petrolio, l’economia russa entrasse in recessione.

martedì 16 dicembre 2014

12 DICEMBRE: UNO SCIOPERO “GIUSTO” A PRESCINDERE di Norberto Fragiacomo





12 DICEMBRE: 

UNO SCIOPERO “GIUSTO” A PRESCINDERE


La CGIL va criticata stando in mezzo ai “suoi” lavoratori, non al chiuso di una torre sperduta nel deserto


di

Norberto Fragiacomo





Prima che andasse in scena, domenica 14, la pantomima piddina – con il cinepanettone narrativo di Renzi, l’ira (autentica) di Fassina, l’ennesima replica di Pippo adelante con juicio e le tergiversazioni di minoranze assortite – qualcosa in Italia s’è mosso, e non solo metaforicamente: allo sciopero generale indetto da CGIL e UIL e appoggiato dall’UGL (!) hanno aderito milioni di lavoratori, un milione e mezzo dei quali avrebbe dato vita, secondo le stime, agli imponenti cortei che hanno attraversato cinquanta città italiane, azzerandone il traffico.

Parafrasando Giovannino, potremmo anche dire che stavolta la “Grande Proletaria” s’è messa in cammino, e ha preso la direzione giusta.

Il dato davvero significativo mi sembra quello citato: tutto il resto (il fatto che Barbagallo, dal palco, sia stato più incisivo della veterana Camusso, invocando una “nuova Resistenza”; la solita battaglia di cifre tra organizzatori e ministero dell’interno e quella – ben più cruenta – tra attivisti di sinistra e celerini a Milano, Torino ecc.) è, a parer mio, mero contorno.


Del serpentone triestino sono stato… una scaglia, e penso di poter dire che la partecipazione ha oltrepassato le aspettative: la sfilata, sotto un cielo incoraggiante, di sei-settemila persone per le vie del centro (stima fatta ad occhio, oltre che “media” fra i conteggi della questura e quelli del sindacato) vale due feste dei lavoratori ed è paragonabile, sotto il profilo numerico, solamente alla dimostrazione del Movimento Trieste Libera di metà settembre 2013. La scelta, da molti giudicata poco coraggiosa, di ospitare il comizio conclusivo nell’insufficiente piazza Verdi anziché in piazza dell’Unità dimostra che, come ben sappiamo, la domanda di rappresentanza seria è superiore all’offerta, ma non sminuisce il successo di un’iniziativa realmente sostenuta da chi lavora: capita di rado che gli uffici pubblici si svuotino per uno sciopero, e questa volta è avvenuto.

Il richiamo al MTL, dissoltosi dopo l’effimero exploit di un anno fa, vuole però essere una sorta di memento: le mobilitazioni di massa acquistano un significato durevole soltanto se riescono a veicolare un messaggio, una strategia, un progetto concretamente attuabile nel breve-medio termine – in caso contrario, si riducono a eventi di cronaca, ben che vada a note a margine sugli annali di storia locale.

sabato 13 dicembre 2014

ROMA: L'OCCASIONE DA NON PERDERE PER COSTRUIRE L'ALTERNATIVA E L'UNITA' DELLA SINISTRA di Maurizio Zaffarano






ROMA: 
L'OCCASIONE DA NON PERDERE PER COSTRUIRE L'ALTERNATIVA E L'UNITA' DELLA SINISTRA
di Maurizio Zaffarano





L'inchiesta Mafia Capitale e il marcio che ha scoperchiato nell'amministrazione del Comune di Roma, con lo scioglimento per mafia non escluso nemmeno dal Prefetto, rende possibili a breve nuove elezioni per la carica di Sindaco della città. E comunque rende da subito necessario cominciare a lavorare per costruire un'alternativa – nei metodi, nella trasparenza, negli obiettivi – per il governo di Roma.
Per quanto Ignazio Marino non sia stato direttamente coinvolto nell'inchiesta ed anzi possa atteggiarsi a vittima della cricca fascio-mafiosa, la sua maggioranza esce ulteriormente indebolita dalla vicenda. La tesi che la sua amministrazione e che il PD abbia fatto argine al malaffare non regge: risultano indagati esponenti del PD e tra questi Luca Odevaine, già collaboratore della Melandri, di Veltroni, di Zingaretti; la cooperativa "29 giugno" di Luca Buzzi, che aveva contributo al finanziamento della campagna elettorale di Marino ed aveva avvicinato un membro della sua segreteria, anche durante il 2013, primo anno dell'amministrazione Marino, ha visto l'incremento delle commesse assegnate dal Comune.

giovedì 11 dicembre 2014

TTIP, PERICOLOSO MOSTRO DEL PENSIERO UNICO LIBERISTA di Giuliana Nerla





TTIP, PERICOLOSO MOSTRO DEL PENSIERO UNICO LIBERISTA
di Giuliana Nerla



Matteo Renzi, fedele alla sua linea politica iperliberista, ha di recente affermato che “il TTP ha l’appoggio totale e incondizionato del governo Italiano” e che “non è un semplice accordo commerciale come altri, ma è una scelta strategica e culturale per l’UE”. Ne è convinto e non ammette critiche, poco importa se arrivano anche da premi Nobel come Joseph Stiglitz che, in una lectio magistralis di fronte ai gruppi parlamentari della Camera, ha sostenuto che il TTIP “accresce le disuguaglianze sociali, dando profitti a poche compagnie multinazionali a spese dei cittadini … i costi per la salute, l’ambiente, la sicurezza dei cittadini sono enormi … e neppure valutabili, perché è in atto un tentativo di sottrarre il TTIP dal processo democratico”. A conferma di ciò basti osservare come esso sia assente dal dibattito pubblico.
Lo scopo dichiarato del TTIP, accordo UE-USA su commercio e investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership), è comunque noto a tutti: abbattere le barriere per costruire la più grande area di libero scambio al mondo.
Le barriere da abbattere sono per il 20% tariffarie (dazi e dogane) e per l’80% non tariffarie, ossia consistenti nel nostro sistema di sicurezza alimentare e ambientale.

Gli standard UE si fondano sul principio di precauzione, che impone cautela in caso di decisioni politiche ed economiche su questioni scientificamente controverse; in base a tale principio, di fronte a minacce di danno serio o irreversibile, si adottano misure di prevenzione anche in assenza di certezze scientifiche. Se questo principio venisse superato sfumerebbe gran parte del sistema normativo europeo sulla sostenibilità ambientale. In questo modo, ad esempio, approderebbe anche in Europa il fracking, fratturazione idraulica che sfrutta la pressione di un fluido immesso in uno strato roccioso per liberare il gas naturale intrappolato; tecnica devastante per i suoli sottostanti, le aree vicine e le falde acquifere.

mercoledì 10 dicembre 2014

UN ROMANZO GIA’ LETTO, UN COPIONE GIA’ SCRITTO di Norberto Fragiacomo







UN ROMANZO GIA’ LETTO, UN COPIONE GIA’ SCRITTO
di
Norberto Fragiacomo




Amo rilassarmi in campagna, il fine settimana (le poche volte che sono libero da impegni, perlomeno…), alternando corsette in bicicletta a “pastroci” coi pennelli – e di solito, quando sono in soggiorno a dipingere, accendo la tivù perché mi tenga compagnia.

Questo weekend, in particolare, mi sono “abbeverato” alle fonti differentemente inquinate di RaiNews24 e La7, che di storie da raccontare – magari rivedute e corrette – ne avevano parecchie. Il canale diretto un tempo da Corradino Mineo è propaganda pura: ha meritoriamente coperto l’evento della “prima” alla Scala di Milano, ma parzialità e ipocrisia trasudavano da ogni commento, in studio e sul campo. Di esempi ne potrei citare a bizzeffe, ma due bastano e avanzano: per l’inviato - che allibiva di continuo per i caschi protettivi indossati dai giovani, quasi fossero mannaie o revolver - le violente cariche dei celerini contro i manifestanti erano invariabilmente “di alleggerimento” (lo erano già prima di essere lanciate, s’intende), mentre il collegamento da San Vittore, illustrante la favola bella di guardie e ladri pronti a gustarsi insieme il Fidelio in tv, è stato bruscamente interrotto per esibire ai telespettatori il vestito trasparente di Valeria Marini… televisione “gossippara”, oltre che educational.

domenica 7 dicembre 2014

Mafia Capitale: la chiamavano sussidiarietà




MAFIA CAPITALE: LA CHIAMAVANO SUSSIDIARIETA'
di Maurizio Zaffarano


Alcune considerazioni/riflessioni mentre ci massacriamo e ci ubriachiamo di indignazione per l'ennesima inchiesta giudiziaria che scoperchia l'ennesimo caso di connessione tra criminalità, politica e affari (questa volta con la direzione, peraltro non una novità per Roma, di residuati fascisti) con il coinvolgimento bipartisan, per l'ennesima volta, dei protagonisti politici dell'ultimo ventennio di storia italiana: il PD e e il PDL.
Primo. Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che la degenerazione morale e criminale della vita politica, sociale, economica non è determinata dalla deviazione di singoli individui, da una casta corrotta che va sostituita con nuovi elementi provenienti da una società civile intrinsecamente sana (qui sta la debolezza dell'analisi grillina e travaglina a cui pure va riconosciuta la coerenza ed il coraggio della denuncia del malaffare), dall'insufficienza di regole e di strumenti di controllo e di prevenzione. Qui siamo di fronte ad un sistema – quello dell'economia di mercato - che contiene in sé i germi della corruzione politica ed economica. Quando le decisioni politiche e l'impiego dei fondi pubblici può determinare enormi arricchimenti e vantaggi a favore di soggetti privati questi saranno disposti a comprare, con le buone e con le cattive, chi detiene il potere di spesa e di determinarne la propria fortuna. E se c'è qualcuno disposto a comprare ci sarà sempre qualcuno disposto a vendersi, anzi la selezione della classe dirigente avverrà in funzione della contiguità e dell'arrendevolezza nei confronti dei torbidi interessi in gioco (la ricattabilità è uno dei requisiti fondamentali per essere cooptati nei ruoli politici).

venerdì 5 dicembre 2014

MANIFESTAZIONE CONTRO LA MAFIA CAPITALE







Dopo il terremoto giudiziario che a Roma ha portato agli arresti di esponenti politici sia di destra sia del Pd compresi collaboratori dell’ex sindaco Alemanno, che è a sua volta indagato, la politica ne esce come solo un coacervo di affari e personaggi loschi. l'Associazione NETLEFT in collaborazione con l’ associazione culturale VISIVA ha organizzato la prima tweet-manifestazione contro la MAFIA CAPITALE. 

L’iniziativa si svolgerà Venerdi 5 dicembre alle ore 20, presso la sala live SEVEN ex spazio Visiva Roma di Via Assisi 117 Roma

Le due associazioni ritengono che bisogna rilanciare il valore della partecipazione democratica e trasparente dei cittadini nella politica, anche attraverso meccanismi di partecipazione on-line per una nuova politica che davvero tenga conto dei cittadini
Sul palco di SEVEN si susseguiranno
- brevissimi interventi personali, liberi, di 1 minuto, ripresi e pubblicati in streaming sul canale youtube di NETLEFT

- letture (non moderate) dei tweet pubblicati in rete con l'hashtag #MafiaCapitale ;

- brevi performance di artisti contro mafiosi e corrotti.

Sono invitati tutte le cittadine e i cittadini interessate a promuovere il valore della partecipazione democratica, onesta e trasparente alla gestione della COSA Pubblica,
contro la degenerazione della politica.

Per dire basta alla politica gestita da professionisti, in collusione con interessi economici o criminali,
affinché la politica ricominci ad essere vissuta e praticata dalle cittadine e dai cittadini, con spirito etico, onestà, volontà di perseguire ideali, progetti e programmi condivis
i.



mercoledì 3 dicembre 2014

IL PONTE SULLO STRETTO, UN DIRIGENTE PUBBLICO E LE PENALI NON DOVUTE di Luca Lecardane






IL PONTE SULLO STRETTO, UN DIRIGENTE PUBBLICO E LE PENALI NON DOVUTE
di Luca Lecardane






Questo articolo potrebbe iniziare citando il titolo della celebre raccolta di Stephen King, “A volte ritornano”, non solo per la ciclicità con cui si presenta l’argomento che tratteremo e che il titolo suggerisce, ma anche perché rappresenta  per i siciliani un racconto horror senza fine: parliamo di Ponte sullo Stretto, fatto tornare alle luci della ribalta da Renzi prima e Lupi poi e presentato come il rimedio universale a tutti i mali che affliggono il Sud e la Sicilia in particolare usando come spauracchio l’argomento delle penali che il nostro Paese sarebbe costretto a pagare qualora il ponte non dovesse essere costruito (700 milioni di euro).
Tuttavia questa tesi non convince tutti. Non è di questo avviso l’ingegnere Gaetano Sciacca, ex capo del Genio Civile di Messina il quale, intervistato in una nota trasmissione televisiva,  fa presente che sono due gli aspetti che fanno pendere la bilancia dalla parte del no, uno di natura legale legata alle penali e uno di natura tecnica. Ma procediamo con ordine.

martedì 2 dicembre 2014

DUBITO ... E SCUSATE IL DISSENSO di Giandiego Marigo





DUBITO ... E SCUSATE IL DISSENSO
di Giandiego Marigo

Mi sia permesso il dubitare, anche se l’ultimo grido della moda Gauche, sembra essere che qualora si individui(chi individua?) un filone , apparentemente comune, si debba aderirvi, d’accordo o meno… nel superiore nome ed interesse dell’unità.
L’obbedienza cieca non è di sinistra, non mi appartiene, non credo sia la soluzione. Ritenere che essa sia l’indirizzo comportamentale per una sinistra frastagliata e sparsa è stupido, oltre che supponente, a mio modestissimo parere.
Non sono affatto d’accordo, dicevo, credo piuttosto, pur essendo uno che mette al centro e che da la dignità di teoria politica di valore assoluto alla necessità dell’unità, che essa nasca dalla chiarezza e dalla discussione, piuttosto che dall’atteggiamento “pedissequo”.
Sono convinto che “l’atteggiamento unitario” non si misuri nel numero di sì che si dicono ad un“immaginario leader” e nemmeno dai bocconi amari che si è disposti ad ingoiare in suo nome, ma dal fatto che si “agisca e ci si comporti in modo unitario”.
Questo “ragionamento” mi deriva, in un periodo non facile per me ( lo scrivere mi pesa in questa fase) da alcune dichiarazioni “estremamente discutibili” da un paio di “Leader immaginari” d’area , innegabilmente, tsiprasiana (più o meno).

lunedì 1 dicembre 2014

SINISTRA: ISPIRARSI A PODEMOS E SYRIZA O RICICLARE COFFERATI E PRODI? di Maurizio Zaffarano





SINISTRA:
ISPIRARSI A PODEMOS E SYRIZA 
O RICICLARE COFFERATI E PRODI?
di Maurizio Zaffarano



Personalmente sono arrivato ad una conclusione: per arrivare alla costruzione di un Soggetto Politico Unitario della Sinistra di Alternativa è necessaria una sorta di amnistia ideale e politica. Serve cioè abbandonare vecchie divisioni, spesso fondate sul nulla, e antichi rancori e perdonarci reciprocamente gli errori che tanti di noi hanno fatto. Molti di noi, come elettori, devono perdonarsi di aver votato il centrosinistra e l'Ulivo, di aver pensato che Veltroni fosse migliore di D'Alema o che Prodi facesse una politica radicalmente diversa da Berlusconi, che Franco Turigliatto e Fernando Rossi fossero dei traditori perché mettevano in crisi la maggioranza prodiana votando no al rifinanziamento della missione di guerra in Afghanistan, di esser passati attraverso Di Pietro e Grillo sperando che lì potesse nascere un qualche cambiamento o almeno una opposizione sostanziale al sistema. Dovremmo persino perdonare chi ha votato e sostenuto la coalizione di Bersani Italia Bene Comune (e tra questi Barbara Spinelli), pure se era manifesto il suo carattere tutto interno al pensiero unico dell'austerità liberista.

domenica 30 novembre 2014

FERGUSON, MISSOURI, 2014 di Riccardo Achilli






FERGUSON, MISSOURI, 2014


di Riccardo Achilli




La tragedia di Michael Brown è una tragedia del capitalismo più selvaggio, quello statunitense. Si colloca in un sobborgo impoverito di St. Louis, abbandonato dalla piccola borghesia bianca che lo aveva fondato, ed oggi abitato soprattutto da neri, con un tasso di disoccupazione stratosferico per gli USA, che supera il 14%, ed un reddito medio familiare inferiore di 20 punti rispetto alla media dello Stato del Missouri. 
E se anche, come sembra, l'agente Darren Wilson, che ha sparato al giovane Brown, sarà "dimissionato" dalla polizia locale, la catena delle responsabilità è ben lungi dall'essere completa. 
E coinvolge non solo il capo della polizia locale, molto attento a proteggersi. Coinvolge anche il sistema giudiziario statale, che ha assegnato la causa ad un procuratore distrettuale figlio di un poliziotto ucciso da neri, evidentemente molto poco imparziale, e nonostante un precedente preoccupante: già nel 2000, il procuratore McCulloch salvò dall'incriminazione due agenti che spararono a due ragazzi neri disarmati, manipolando le testimonianze (ed il fatto che non sia stato incriminato o costretto alle dimissioni la dice lunga sul "sistema") e qualificando spregiativamente i due ragazzi morti, chiamandoli "vagabondi". 
Coinvolge il sindaco, un democratico, che non ha assunto nessuna iniziativa politica per invertire una pericolosa deriva di militarizzazione ed autoreferenzialità della polizia locale. 

venerdì 28 novembre 2014

LA MOSTRA “IL LUNGO VIAGGIO DELLA POPOLAZIONE PALESTINESE RIFUGIATA” NON PUÒ CHE CONTRIBUIRE ALLA PACE



ebreicontro



Rete ECO 

Ebrei Contro l'Occupazione si congratula con gli organizzatori della mostraitinerante “Il Lungo Viaggio della popolazione palestinese rifugiata”, curata dall'UNRWA – agenzia ONU per i rifugiati palestinesi – e attualmente esposta presso il Museo Diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino.
La mostra documenta la vita e la sofferenza dei rifugiati palestinesi, una popolazione che oggi – a 66 anni dalla prima guerra arabo-israeliana - conta oltre 5 milioni di persone. 
Guardarli negli occhi è il primo imprescindibile passo verso la pace. 
Si tratta di persone che, nel 1948, hanno visto collassare la propria società. È la storia di un Paese che improvvisamente si svuota perdendo nel giro di pochi mesi circa due terzi dei suoi abitanti, è la storia di famiglie sparse ai quattro venti. È la Nakba. E poi i 66 anni di esilio, insicurezza e povertà: anni in cui Israele, che ha reso queste persone profughe, nega loro il diritto al ritorno a casa, anni in cui il conflitto si acuisce e la conta dei morti continua a salire, anni in cui a volte si è costretti alla fuga più volte – come accadde questa estate a molti profughi nella Striscia di Gaza sotto i bombardamenti israeliani di “Margine Protettivo”, o ai rifugiati nel campo profughi di Yarmouk, in Siria, sotto i bombardamenti delle forze governative siriane durante i combattimenti tra le forze di Assad e le fazioni dissidenti. E mentre nei campi profughi le tende vengono sostituite da baracche, il Paese viene trasformato e colonizzato da altri. I negoziati infiniti sembrano dimenticare i profughi. La speranza viene meno. Aumenta invece la disperazione.

Spiegare e ricordare tutto ciò è doppiamente importante perché in questo caso non si tratta solo di 
commemorare una catastrofe passata per trarne insegnamenti e far sì che non si ripeta, ma anche di riconoscere e fermarne una in corso, una Nakba continua.

Tener viva la memoria, contrastare la disumanizzazione dei profughi e riportare i loro diritti dimenticati al centro dell'attenzione è un dovere etico per chiunque, e non può che contribuire alla pace, far bene all'umanità tutta.

L'archivio dell'UNRWA è un patrimonio inestimabile: in tutti questi anni l'agenzia ONU è stata un'ancora di salvezza per i profughi palestinesi, fornendo loro aiuti umanitari, assistenza sanitaria, educazione ed altro ancora in 59 campi profughi nella Striscia di Gaza, in Cisgiordania, Giordania, Libano e Siria.
Se c'è un'organizzazione al mondo capace di testimoniare la storia e la situazione attuale di queste persone, che le ha accompagnate ovunque lungo l'intero periodo, questa organizzazione è proprio l'UNRWA.
E se c'è un museo adatto a ospitare una mostra del genere, questo è proprio il Museo della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà; museo dedicato alla Seconda Guerra Mondiale e alle sue conseguenze. Perché è a seguito degli orrori di questa guerra che è nato il diritto internazionale umanitario, quello che riguarda la protezione delle vittime dei conflitti armati,fondamento del lavoro dell'UNRWA. 




Rete ECO – Ebrei Contro l'Occupazione


26 nov 2014

Fonte







giovedì 27 novembre 2014

L'OSCENA (INSANABILE?) CONTRADDIZIONE FRA AUMENTO DELLA RICCHEZZA GLOBALE E CRESCENTE POVERTA' DEI CITTADINI





L’oscena (insanabile?) contraddizione fra aumento della ricchezza globale e crescente povertà dei cittadini
di
Norberto Fragiacomo




Cosa c’è che non va nella ricchezza? Nulla, a parte il fatto che nella storia umana ha sempre avuto un doppio in cui specchiarsi: la miseria.
Ne L’Ideologia Tedesca Karl Marx individua uno dei presupposti del Comunismo nello “sviluppo universale della forza produttiva” (e nelle sue “relazioni mondiali”): in mancanza di questa precondizione – ammonisce – “si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda.”
Al di là del suo carattere profetico – visto che spiega… scatologicamente, con cento e passa anni di anticipo, le ragioni del fallimento di quello che Costanzo Preve definiva “comunismo storico novecentesco” – la frase dovrebbe infonderci ottimismo e coraggio, inducendoci a raddoppiare gli sforzi: oggi (assai più che nel 1917) lo “sviluppo universale della forza produttiva” è un dato di fatto. Le geremiadi a cottimo di funzionari e chierici del Capitale non possono nascondere, infatti, che il pieno sfruttamento delle risorse planetarie mette oggigiorno a disposizione dell’umanità ricchezze inimmaginabili1 nei secoli precedenti che, se equamente distribuite, garantirebbero ad ogni essere umano un’esistenza più che dignitosa, cioè il completo soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Se ciò non avviene è perché qualcuno ha innalzato delle dighe, accaparrandosi l’acqua che altrimenti potrebbe scorrere liberamente. Esiste una lampante contraddizione tra il benessere potenziale e il malessere reale, che dalla periferia va diffondendosi nel centro (gli USA, l’Europa sotto scacco dei mercati e delle lobby): i tempi sono maturi per un suo superamento, per una “sintesi” che consentirebbe al genere umano un nuovo balzo in avanti e forse – come preconizzato da Gene Roddenberry, l’utopista di Star Trek – la conquista di remoti corpi celesti. Da un certo punto di vista, l’arresto della corsa allo spazio è un altro frutto marcio del crollo dell’URSS: l’abbandono del contendente ha privato di senso una sfida lanciata per ragioni di prestigio (cioè di marketing politico). In fondo, inventarsi i derivati e saccheggiare il patrimonio pubblico, welfare europeo in primis, richiede minore impegno (e minori investimenti) che intestardirsi nella ricerca tecnologica – è per questo che l’ipersonico Hotol, ad esempio, vola solamente sulle pagine di Dan Brown. A lungo andare toccherà rimettersi le ali (la maschera Obama ha accennato alla futura colonizzazione di Marte), ma nel breve-medio periodo il Capitale ritiene che mangiarsi le terre emerse sia l’opzione più proficua e meno dispendiosa.

mercoledì 26 novembre 2014

PER UNA COSTITUENTE DI SINISTRA di Maurizio Zaffarano







PER UNA COSTITUENTE DI SINISTRA 
di Maurizio Zaffarano




Ci sono almeno due cose che proprio non vanno giù a quel tanto o poco che resta del popolo della Sinistra.
Anzitutto che non riesca a costituirsi un forte soggetto politico unitario della Sinistra, pur in una situazione di terribile crisi economica causata ed aggravata dalle politiche liberiste e di austerità ed in una fase di attacco finale - condotta da Renzi con la definitiva svolta a destra del PD - ai diritti dei lavoratori, allo Stato sociale, ai principi costituzionali su cui è stata fondata la Repubblica nata della Resistenza.
E poi che l'Italia sia l'unico Paese in Europa a non avere una Sinistra degna di questo nome: in Spagna e Grecia Podemos e Syriza sono in testa nei sondaggi. E nel resto d'Europa – ad esempio in Francia e Germania con la Gauche e la Linke – le Sinistre mantengono una presenza certo largamente minoritaria ma comunque dignitosamente concreta.

In Italia, dopo i fallimenti ed i tradimenti del centrosinistra ulivista, l'urgenza di costituire un forte soggetto politico unitario di Alternativa è evidente da anni e avvalorata da ogni passaggio dell'involuzione centrista o peggio destrorsa di coloro che hanno nominalmente ricevuto, dilapidandola ed infangandola, l'eredità del vecchio PCI: ne abbiamo avvertito il bisogno di fronte alla pretesa maggioritaria del PD di Veltroni (che sbatteva le porte in faccia alle formazioni della Sinistra radicale mentre inciuciava con Berlusconi), al lungo corteggiamento al postfascista Fini in virtù della sua fronda interna alla maggioranza berlusconiana, all'appoggio del PD di Bersani – in accordo con Berlusconi - al governo del massacro sociale di Monti e della Fornero (con il voto al pareggio di bilancio in Costituzione ed alle controriforme dell'articolo 18 e delle pensioni), al dopo elezioni 2013 con la rielezione di Napolitano (il peggior Presidente della storia repubblicana preferito a Rodotà) e con la sostanziale condivisione delle responsabilità di governo, con Letta e poi con Renzi, tra PD e Forza Italia il cui effetto è stato il contemporaneo ulteriore attacco ai diritti sociali ed ai principi democratici e del pluralismo politico sanciti dalla Costituzione.
Questo Soggetto Unitario doveva formarsi almeno tre anni fa, due anni fa, un anno fa ed ogni volta si è atteso l'approssimarsi delle elezioni per raffazzonare improbabili cartelli elettorali senza alcuna possibilità, per la scarsa incisività della proposta politica ed il poco tempo a disposizione per farsi conoscere dei cittadini, per assumere un ruolo rilevante nel quadro politico.
Dopo l'esperienza (contraddittoria) della Lista Tsipras e le speranze che comunque aveva suscitato, stiamo ancora, dopo sei mesi dalle elezioni europee, al nulla: alla speranza della discesa in politica di Landini, all'attesa della scissione della cosiddetta sinistra piddina (i cui esponenti, su cui peraltro gravano responsabilità politiche e morali grosse come macigni, non hanno palesemente alcuna intenzione di rinunciare alla propria comoda poltrona), alle inutili speranze (coltivate da chi nasconde disonestà politica ed intellettuale) di poter condizionare Renzi dall'interno della sua maggioranza, alla vaghezza delle elucubrazioni sulla forma partito dei settantenni - ex Lotta Continua – Viale e Revelli, alla promessa di Paolo Ferrero, sempre più subalterno nei confronti degli “intellettuali” ed incapace di dare un ruolo attivo e propositivo a Rifondazione Comunista, di ricominciare fra due mesi il processo unitario.
Scrive Santiago Alba Rico, uno dei più autorevoli intellettuali che hanno firmato il manifesto che è stato all’origine dell’esperienza di Podemos: “Per fronteggiare questa offensiva (quella del 'sistema' ndr) sono necessari tre elementi fondamentali: una leadership democratica, intelligente e convincente, una militanza ben preparata e capace di abbandonare la mentalità di minoranza marginale e, soprattutto, le maggioranze sociali, obiettivo che si può conseguire solo se si rende chiara in ogni istante, in ogni gesto, in ogni misura, la rottura etica, politica e culturale con il regime. Il tempo corre a nostro favore; il tempo ci vola contro. “
Be' in Italia non abbiamo avuto un movimento di massa come quello degli Indignados da cui è derivato Podemos, in Italia abbiamo mafie, corruzione, familismo, voto di scambio, economia in nero, clericalismo, un sistema dell'informazione quasi completamente asservito al potere. I movimenti sociali di base che i Viale e Revelli immaginano come fondamenta di un movimento politico che nasca per iniziativa dal basso sono movimenti di nicchia, senza un seguito di massa. E lo dimostrano i risultati elettorali ridicoli che le liste espressione di questi movimenti riescono a conseguire. E' molto più adattabile alla nostra realtà piuttosto il “modello” Syriza con la federazione di tanti piccoli soggetti in precedenza dilaniati da conflitti e divisioni.
Partiamo allora dalla concreta realtà italiana e cerchiamo di trarre insegnamento, per quanto possibile, dalle esperienze che ci vengono dal resto d'Europa: da Podemos, da Syriza, dalla Linke, da Izquierda Unida, dal Front de Gauche. E si devono fare dunque tre cose. Subito.

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