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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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domenica 28 febbraio 2016

UNA PRIMA IMPRESSIONE SULLA TRE GIORNI DI COSMOPOLITICA di Riccardo Achilli








UNA PRIMA IMPRESSIONE SULLA TRE GIORNI DI COSMOPOLITICA 
di Riccardo Achilli



Una prima impressione di questa tre giorni che lancia il progetto di SI. Positiva l’energia che si respira, la grande determinazione a rilanciare un progetto di riscatto della sinistra. Si capisce che stavolta si vuole scommettere veramente su qualcosa di non ancora ben delineato. Positiva la presenza diffusa di militanti giovani e giovanissimi. E’ positivo che, nelle parole di Mussi, che parla di tempesta economica perfetta, in quella di tanti costituzionalisti, che evidenziano la possibile fine della democrazia parlamentare, nelle parole preoccupate di Prospero, vi sia la netta consapevolezza della gravità estrema della situazione.
E proprio questa consapevolezza diffusa di quanto grave sia lo stato del Paese e del mondo rende poco comprensibile una certa leggerezza dei temi programmatici trattati da quella che sarà la dirigenza di quel nuovo soggetto politico. Nemmeno una parola sull’euro, da parte di nessuno, ma in compenso una cacofonia sulla necessità “storica” di proseguire nel processo di unificazione europea, gli Stati Uniti d’Europa, l’omaggio oramai stereotipato a Ventotene, il progetto, che si ripete nelle bocche di ogni oratore, di fare una fantomatica alleanza politica transnazionale con Podemos, Syriza, socialisti portoghesi, per cambiare i Trattati. Qualcuno degli oratori arriva persino ad ipotizzare un unico partito di sinistra europeo, non si capisce come, non si capisce in quale forma, se al di fuori dalle famiglie politiche europee esistenti (una Internazionale del keynesismo?) oppure dal di dentro (e allora sarebbe bene studiare e capire che esistono già, in una assise che si chiama Parlamento Europeo, il problema è che quella assise non ha alcun reale potere).

sabato 27 febbraio 2016

CARO PAOLO FERRERO ORA E' IL MOMENTO DI FARTI DA PARTE di Maurizio Zaffarano



Paolo Ferrero

CARO PAOLO FERRERO ORA E' IL MOMENTO 
DI FARTI DA PARTE 

di Maurizio Zaffarano


Alla fine dopo una lunga gestazione è nata Sinistra Italiana, il nuovo nome del partito di Vendola che raccoglie l'intera vecchia SEL insieme a qualche transfuga del PD e a pezzi dell'Altra Europa per Tsipras, il raggruppamento già intransigente e radicale dei fautori della politica partecipata e dal basso e del Soggetto Politico Nuovo.
Il giudizio negativo di Paolo Ferrero che ha annunciato l'indisponibilità di condurre Rifondazione Comunista dentro Sinistra italiana destinata a raggiungere al massimo il 4-5 per cento dei voti alle elezioni senza poter diventare una reale alternativa per il governo del Paese ha ricevuto sarcastici commenti sui social network: “come è ridicolo nel criticare il 4-5 per cento di Sinistra Italiana lui che è alla guida di un Partito allo zero virgola o all'uno virgola” è l'accusa più benevola che ha ricevuto.

Questo in effetti ha dichiarato Paolo Ferrero:

Secondo lei quindi l’iniziativa di Sinistra Italiana è destinata al fallimento?
Io non ho detto questo, ma penso che non risponde ai problemi che ci sono. Magari prendono il 4, il 5%. Vivono tranquilli, col loro gruppo parlamentare. Ma non è questo che risponde al problema per cui metà degli italiani oggi non vanno a votare." 

E francamente mi sembra un giudizio difficilmente confutabile: pensare che il Partito che ha come "padri nobili" colui che parlava amabilmente al telefono con gli inquinatori dell'Ilva e nella cui giunta scoppiavano gli scandali della sanità (Vendola) ed il responsabile economico del partito che votava il pareggio di bilancio in costituzione e la controriforma Fornero delle pensioni (Fassina) possa riguadagnare la fiducia del popolo della Sinistra, oggi disperso tra astensione e voto ai 5 Stelle, mi sembra fantascienza.

giovedì 25 febbraio 2016

MADRID, PLAN B: DICHIARAZIONE PER UNA RIBELLIONE DEMOCRATICA



MADRID, PLAN B: 
DICHIARAZIONE PER UNA RIBELLIONE DEMOCRATICA




Fin dall’inizio della crisi economica mondiale un nuovo movimento si è sviluppato in tutto il mondo.
Si tratta di un movimento per una democrazia reale, per la partecipazione e per il diritto delle persone di decidere di loro stesse, e perché i loro bisogni e la loro sovranità siano rispettati e possano incidere sulle decisioni politiche. Un movimento che si scontra con un sistema che favorisce una minoranza di privilegiati sulle spalle delle maggioranza. Un movimento che cerca di porre i diritti umani, civili, politici, economici, sociali, culturali e democratici nel cuore del progetto europeo, come elementi intrinsechi della democrazia.

Fin dal 2011, le piazze, le strade, i luoghi di lavoro di tutta Europa si sono trasformati nella culla di lotte democratiche per i diritti, lotte che hanno scosso il panorama politico e sociale e che continuano a farne parte.
Questi movimenti europei si sono scontrati frontalmente con l’insieme delle istituzioni e delle scelte politiche che costituiscono oggi l’Unione europea. La natura profondamente antidemocratica di queste istituzioni riflette la loro origine e il loro attuale obiettivo: servire gli interessi del settore industriale e finanziario e le diverseélite, diventate vere e proprie oligarchie.

MARX E L'OMOFOBIA di Lucio Garofalo




Formigoni by Luca Peruzzi


MARX E L'OMOFOBIA
di Lucio Garofalo



È da poco trascorso (sotto silenzio) un anniversario storico estremamente importante: il 21 febbraio 1848 venne pubblicata a Londra la prima edizione del "Manifesto del Partito Comunista" di Karl Marx e Friedrich Engels.
Attuale più che mai. Oggi, in molti invocano il ritorno della Vecchia Talpa: 

"E quando la rivoluzione avrà condotto a termine questa seconda metà del suo lavoro preparatorio, l’Europa balzerà dal suo seggio e griderà: ben scavato, vecchia talpa!". 

Colgo l'occasione per avanzare alcune riflessioni personali.
Il pensiero di Marx non esprime un dogma inviolabile, il vecchio barbuto di Treviri non aveva mica ragione su tutto. Altrimenti si rischia di farne un feticcio, arrecando un grave torto allo stesso Karl. Come fanno coloro che usano Marx come più gli fa comodo. Mi spiego meglio. Ad esempio, risulta che Marx fosse omofobo. Ma è normale. Era una persona dell'Ottocento.
In oltre un secolo e mezzo, la cosiddetta "morale" (anche quella borghese) è profondamente mutata. La concezione morale è uno degli aspetti più relativi, soggettivi e mutevoli di una società. La morale cambia secondo il costume (o malcostume) del tempo. Oggi i gay non si possono più additare con disprezzo o mettere alla berlina, come faceva (giusto per indicare un esempio) il PCI negli anni Cinquanta, con atteggiamenti di bigottismo ipocrita. Siffatto moralismo di segno vetero-stalinista appare fuori tempo massimo. In sostanza, temo convenga essere relativisti, anziché moralisti.
A dirla tutta, gli omofobi sono omosessuali repressi o latenti, secondo una teoria di Freud. Un dato è certo: l'omosessualità è una questione resa oramai neutrale, come il femminismo, da parte di un sistema che ingloba ed assimila tutto, omologa ogni istanza, disinnescando il carattere eversivo, di classe, di vertenze che potrebbero detonare fermenti rivoluzionari.

venerdì 19 febbraio 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE 2016: ALCUNE RAGIONI (DI MERITO) PER VOTARE NO di Norberto Fragiacomo


Gelli e Renzi secondo Luca Peruzzi

REFERENDUM COSTITUZIONALE 2016: ALCUNE RAGIONI (DI MERITO) PER VOTARE NO
di
Norberto Fragiacomo


Senza troppi clamori né strepiti - quelli li suscita ad arte l’«impronunciabile» stepchild adoption, che qualche dotto sotto spirito vorrebbe tradurre con adozione del co-figlio (!) – il DDL Boschi di riforma della seconda parte della Costituzione si avvicina a luci spente al porto: ad approvazione avvenuta toccherà agli elettori pronunciarsi, in un referendum che Matteo Renzi ha pensato bene di tramutare in ordalia.
“Se perdo me ne vado!” ha strillato il fiorentino, copiando il nuovo amico Tsipras che, al principio dell’estate 2015, rese un’analoga roboante dichiarazione, ed oggi si diverte a tagliuzzare pensioni da fame. Azzardo o cortina fumogena?, è lecito chiedersi. Opterei per la seconda lettura, visto che trasformare la consultazione in un plebiscito sul premier consente di nascondere sotto il tappeto della politica da osteria alcuni aspetti abbastanza inquietanti della riforma.
In questa breve analisi non mi soffermerò sulle novità più appariscenti, quelle relative al passaggio dal bicameralismo perfetto ad un demenziale monocameralismo e mezzo: rimando all’articolo scritto domenica scorsa su Il Fatto da Marco Travaglio, capace di dimostrare – dati alla mano – che il simulacro di Senato potrebbe in molti casi rallentare, anziché accelerare, l’iter approvativo delle leggi. La mia riflessione avrà ad oggetto le modifiche apportate al Titolo V della Carta, già rivoluzionato nello spirito e nei contenuti una quindicina di anni orsono da un precedente Governo di “centro-sinistra”.
Com’è noto, la L. Cost. 3/2001 offrì copertura costituzionale alle riforme Bassanini, mutando i rapporti fra il centro e la periferia a beneficio della seconda. L’intento era quello di dare concretezza al principio fondamentale contenuto nell’art. 5 (che potremmo riassumere così: piena autonomia degli enti locali in una cornice di unità nazionale): da un lato si riscriveva l’art. 114, riconoscendo eguale dignità a Comuni, Province, (futuribili Città Metropolitane), Regioni e Stato; dall’altro, sul piano pratico, si tipizzavano le materie di competenza legislativa statale – esclusiva e concorrente – affidando la disciplina delle restanti (“residuali”) alle Regioni. Insomma, la regola diventava eccezione. La Riforma non si limitava a quanto descritto, ma mi sento di dire che tutte le altre innovazioni (dal riconoscimento agli enti della potestà statutaria al venir meno dei controlli esterni sugli atti, dall’esplicitazione del principio di sussidiarietà alla previsione di poteri sostitutivi statali) rappresentavano un corollario, una conseguenza del cambio di prospettiva.

mercoledì 17 febbraio 2016

RESPIRO EUROPEO di Giandiego Marigo




RESPIRO EUROPEO
di Giandiego Marigo




Decisamente, l'Europa, così come ci viene ammannita oggi è esperienza deprecabile, discutibile e, senza alcun dubbio negativa.
L'Euro è la trappola che molti hanno ripetutamente analizzato e descritto e la troika è tutto il male e persino peggio di quel che molti hanno descritto.
Non vi è bisogno di ulterirori e dotte analisi o di aggiunte per deprecare e descrivere quello che l'Europa della finanza e del controllo elitario sta riservando ai propri popoli.
In questa constatazione però esiste un rischio, che purtroppo molti hanno percorso e stanno percorrendo, quello di opporre al centralismo omicida dell'Europa dei non eletti una risposta nazionalistica di chiusura (facilitata oggi dalla paranoia da migranze che sta infettando un po' tutti) ma anche implicita in certi discorsi sommari e “facilitati” che riassumono nel “no euro” tutto il senso di un discorso molto complesso.

lunedì 15 febbraio 2016

Il CANONE RAI AL TEMPO DELLA GRANDE MENZOGNA di Maurizio Zaffarano



Fabio Fazio secondo Luca Peruzzi



IL CANONE RAI AL TEMPO DELLA GRANDE MENZOGNA
di Maurizio Zaffarano



Sta passando in questi giorni sulle reti Rai lo spot sul pagamento del canone. Mentre scorrono sullo sfondo le immagini dei programmi “di punta” o presunti tali della tv pubblica, ci viene propinato il messaggio che da quest'anno il canone è più conveniente e più comodo da pagare. Si tratta evidentemente di una colossale e spudorata mistificazione: il canone non è il prezzo di un servizio liberamente scelto ma è la tassa dovuta per il possesso degli apparecchi televisivi (o a questi equiparati) che serve a finanziare la Rai in quanto servizio pubblico radiotelevisivo. L'entità della tassa è stata ridotta a cento euro (a quanto si è capito solo per il 2016) considerato che associarla alla bolletta elettrica consente di recuperare gran parte dell'evasione. Una comunicazione onesta e corretta (e che ciò non avvenga dice tutto sull'attendibilità della Rai nell'informarci sulle grandi questioni quali ad esempio le guerre e la crisi economica) richiederebbe dunque di pronunciare esplicitamente parole ed espressioni messe all'indice e considerate tabù per il pensiero unico dominante: tasse e servizio pubblico.
Servirebbe cioè riconoscere che esistono ambiti della vita sociale ed economica (quale è la cultura nell'accezione più ampia: informazione, arte, musica, spettacolo, cinema, teatro, letteratura) che devono essere sottratti alla dittatura del profitto, della speculazione e delle multinazionali per essere governati in funzione del bene comune, identificato come tale dalla volontà popolare, e finanziati dalla fiscalità generale.
Che la Rai non possa evidenziare il proprio ruolo di servizio pubblico è facilmente comprensibile: da anni non svolge più tale funzione e ciò rende il canone una tassa odiosa ed insopportabile soprattutto pensando agli onorari milionari degli insulsi personaggi che la infestano.

giovedì 11 febbraio 2016

CONTRATTO ALIMENTARI: LA LOTTA PAGA… MA PER CHI? di Lorenzo Mortara




CONTRATTO ALIMENTARI: LA LOTTA PAGA… MA PER CHI?
di Lorenzo Mortara




105 euro di aumento in quattro anni, poco più di 25 euro lordi all’anno, meno di 20 euro netti al mese. 21 euro in meno in quattro anni, in proporzione il 41% in meno rispetto al precedente rinnovo che ne aveva portati a casa 126 in tre! La lotta paga annuncia roboante la FLAI CGIL. Certamente diciamo noi. La Storia lo dimostra. Sempre. Ma perché allora a dirlo è chi quella lotta non la vuol mai fare perché la teme come la peste? Qui gatta ci cova direbbe qualcuno…

Fin dalle prime parole dei padroni apprendiamo dell’ennesimo contratto che soddisfa tutti. «Vincono i diritti», chiosa Stefania Crogi, Segretaria Generale della FLAI-CGIL, e «sono importanti – risponde Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare – i risultati raggiunti, assolutamente inediti rispetto ai precedenti contratti». Come da consueto, stucchevole siparietto, festeggiano i sindacalisti e brindano i padroni. Ne segue che pagheranno i lavoratori, perché tra burocrazia sindacale e padronato, solo il secondo ha coscienza della sua “felicità” contrattuale, perché in caso contrario ci rimette direttamente, la burocrazia sindacale invece no, è al riparo dei disastri che combina sulla pelle dei lavoratori. Con paga sganciata dai contratti che firma, al riparo dalle conseguenze nefaste del JOBS ACT, con orari elastici ma non per questo flessibili, la burocrazia CGIL può tranquillamente permettersi l’incoscienza degli interessi della classe per cui firma accordi e contratti.

mercoledì 10 febbraio 2016

FERMIAMO LA GUERRA E L'AUSTERITA'.E' L'ORA DI MOBILITARSI di Nando Simeone






FERMIAMO LA GUERRA E L'AUSTERITA'. E' L'ORA DI MOBILITARSI
di Nando Simeone 

Si fanno sempre più insistenti le voci di un’intervento militare dell’Italia nella cosiddetta guerra al terrorismo, con l’invio di truppe di terra in Libia.
Diversi analisti sono certi che siamo alla vigilia di un’altra guerra, addirittura a “guida italiana”, le forze speciali sono già sul posto per preparare l’arrivo di un contingente di oltre 6000 militari europei, italiani compresi, e statunitensi. L’Italia, ha già inviato 4 cacciabombardieri AMX del 51° Stormo di Istrana (Tv) presso la base di Trapani Birgi in Sicilia. Sta ricevendo dagli USA missili e bombe per armare i droni Predator MQ-9 Reaper, armi che ci costano centinaia di milioni di dollari.
L’Italia quindi, non solo riceve armi, ma a sua volta ne esporta tante soprattutto all’Arabia Saudita, al Qatar, e alla Turchia che a loro volta armano i gruppi fondamentalisti islamici come l’ISIS. Diventa quindi pura ipocrisia per il governo Italiano intervenire militarmente in Libia per combattere l’Isis, quando appare chiaro che è complice di questo mostruoso meccanismo, così come le potenze capitaliste da una parte contribuiscono a creare i mostri e dall’altra poi scatenano nuove guerre per distruggerli. Un circolo vizioso che serve solo ai fabbricanti e ai commercianti di armi per arricchirsi con l’apertura di un nuovo “mercato”, quello della morte e della distruzione.

lunedì 8 febbraio 2016

INVALSI:UNA SCUOLA PER SUDDITI di Lucio Garofalo




INVALSI: UNA  SCUOLA PER SUDDITI 
di Lucio Garofalo




È tempo di scrutini, dunque di bilanci, giudizi e riflessioni. Anche sui sistemi di valutazione ed autovalutazione adottati (più o meno consapevolmente) nelle scuole. 
La docimologia è quella branca della pedagogia che pretende di essere una disciplina scientifica che si occupa dei metodi e dei parametri applicati nell'ambito della valutazione scolastica. Ora, malgrado la pretesa (o presunta) obiettività scientifica delle tecniche di esame e di verifica all'insegna dei criteri docimologici in voga, la valutazione è un'operazione globale, costante e formativa, nella misura in cui esige l'analisi di un ventaglio di fattori dinamici e determinanti, di motivi di ordine soggettivo ed interiore, morale e socio-affettivo, da cui non si può astrarre e che non sono misurabili in termini matematici. 

In sostanza, nel processo di verifica e valutazione occorre tener conto di una molteplicità di elementi di origine psico-emotiva e caratteriale, che interferiscono continuamente, direi inevitabilmente, nel rapporto dialettico tra docenti e discenti e nella prassi didattica quotidiana. Per cui l'adempimento della valutazione costituisce l'aspetto più arduo e complesso, ingrato e spiacevole della professione docente. 

Tutto ciò non può ridursi ad un mero esercizio di calcolo incentrato sui famigerati quiz con le crocette. Oramai, quando mi chiedono: “che lavoro fai?”, rispondo ironicamente: “una volta insegnavo, mentre ora addestro piccoli concorrenti per i quiz INVALSI”. Benché sarcastica, la risposta non è affatto distante dalla realtà. Il guaio è che, in qualunque scuola abbia insegnato, ho incontrato colleghi e colleghe a cui aggrada tale “mansione”. O, perlomeno, è accettata supinamente. Mi riferisco all’obbligo di somministrare i quiz calati dall’alto dall’INVALSI. 

sabato 6 febbraio 2016

ZUMBI: LO SPARTACO NERO di Lucio Garofalo





ZUMBI: 
LO SPARTACO NERO 
di Lucio Garofalo


Il 6 febbraio è la data in cui ricorre la distruzione del Quilombo dos Palmares, avvenuta nel 1694. Il Quilombo di Palmares fu una comunità autonoma creata da africani fuggiti alla schiavitù nelle piantagioni brasiliane. Fu il più emblematico dei Quilombo e il suo mito divenne un simbolo (sempre attuale) della lotta degli africani contro la schiavitù. 

I Quilombo erano comunità politicamente indipendenti fondate da schiavi evasi. In Brasile ne furono fondate diverse, composte da decine di migliaia di persone. Gli schiavi appartenevano ad etnie assai differenti, ma nel Quilombo vivevano fraternamente sulla base di una forma di comunismo primitivo. 
Il Quilombo dos Palmares era il più importante e numeroso, circa 8000 persone, il più organizzato, e resistette 67 anni agli attacchi dell’esercito schiavista portoghese. Era insediato nella zona ad ovest di Salvador de Bahia, oggi stato dell’Alagoas, ed occupava un territorio grande quanto il Portogallo. Nel 1630 gli olandesi invasero la regione del nordest del Brasile e gli schiavi delle piantagioni di canna da zucchero ne approfittarono per fuggire. 
Nel 1644 gli olandesi tentarono di distruggere il Quilombo di Palmares ma vennero respinti dai quilombolas. 
Nel 1654 i portoghesi cacciarono gli olandesi dal nordeste. Nello stesso anno nacque Zumbi, il capo leggendario della resistenza dei Quilombos. Ancora bambino viene rapito dai soldati portoghesi e venduto ad un prete gesuita, a Porto Calvo, servendo il quale impara portoghese e latino. A 15 anni fugge e torna a Palmares dove, nello stesso anno suo zio, Ganga Zumbi diventa mocabo (leader) del Quilombo. Nel 1675 Zumbi si dimostra un grande organizzatore militare contro i portoghesi che, dopo una  sanguinosa avanzano nel territorio del Quilombo. Dopo una ritirata di cinque mesi l’esercito degli ex-schiavi contrattacca ed obbliga i portoghesi a ritirarsi a Recife. Zumbi è uno dei capi principali dell’esercito nero, ha vent’anni. Nel corso della lotta di assiste alla nascita di nuovi quilombos, detti mocambo (città), insediamenti protetti da muri di palizzate. Il mocambo principale era nella Serra da Barriga, detto Cerca do Macao, ma sorsero anche Sucupira, Tabocas, Zumbi, Osegna Acotirene, Dambrapanga, Sabalangà, Andalaquituche, ecc. ed altre città ciascuna delle quali comprendeva intorno agli 8000 abitanti. 

venerdì 5 febbraio 2016

APPUNTI PER UNA STORIA DEL TROTSKISMO di Stefano Santarelli (parte quarta) IL LAMBERTISMO





APPUNTI PER UNA STORIA DEL TROTSKISMO
di Stefano Santarelli

(parte quarta)

IL LAMBERTISMO



Come abbiamo visto nel capitolo dedicato al Segretariato unificato l’espulsione da parte del S.I della Quarta internazionale dei 13 membri della maggioranza del Comitato centrale del Pci provoca la scissione della sezione francese.
Il Pci “maggioritario” si trova quindi isolato dal resto dell’Internazionale infatti il sostegno chiesto dai francesi in una lettera dell’aprile del 1952 al Swp viene respinto come sono respinte tutte le critiche al pablismo. Ma dopo pochissimo tempo sia il gruppo inglese di Healy che l’Swp entrano in conflitto con il Segretariato internazionale e costituiscono con il Pci “maggioritario” un altro centro internazionale alternativo alla direzione pablista. Il ruolo del partito diretto da Lambert all’interno del Comitato internazionale è molto marginale rispetto a quello ricoperto dagli inglesi e dagli statunitensi.
In Francia il Pci diretto da Pierre Lambert (pseudonimo di Pierre Boussel) si impegna nel lavoro sindacale all’interno di Force Ouvrière, nata da una scissione della CGT, e riesce ad entrare nell’apparato di questo sindacato e questo aspetto costituisce ancora oggi uno dei caposaldi della sua azione politica.

giovedì 4 febbraio 2016

IL FAMILY DAY E L'AGENDA POLITICA DEL LIBERISMO di Maurizio Zaffarano



L'Ipocrity Day by Luca Peruzzi


IL FAMILY DAY E L'AGENDA POLITICA DEL LIBERISMO
di Maurizio Zaffarano



Sabato scorso a Roma qualche decina di migliaia di persone, fomentate per ragioni di opportunismo politico e bigottismo religioso, manifestava contro il riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali.
Nel frattempo vaste aree del mondo sono insanguinate - conseguenza diretta o indiretta dell'imperialismo occidentale e della politica dei suoi alleati Israele, Turchia e Arabia Saudita – dalla guerra e dal fondamentalismo islamico (e si parla ormai apertamente di una guerra mondiale incombente o già in corso), tanti povericristi (e tra loro tantissimi bambini) continuano a morire nel Mediterraneo nel loro viaggio verso la speranza (o illusione) di salvezza da guerre, malattie e miseria, i cambiamenti climatici in atto annunciano lo stravolgimento della geografia umana così come la conosciamo da alcuni millenni. E in Italia non si vede alcun superamento della crisi ed alcuna sostanziale diminuzione della disoccupazione, la povertà riguarda milioni di persone, le conquiste del welfare (pensioni, sanità, casa, trasporti pubblici, scuola e università per tutti) sono sempre più un lontano ricordo, la democrazia politica (anche nella sua mera funzione simbolica) è sotto attacco con le controriforme costituzionali e l'Italicum, si sta definitivamente smantellando la struttura economico-produttiva italiana – come entità nazionale autonoma – alla mercé del capitale straniero (gli “investimenti esteri”) e la battaglia che si sta conducendo intorno alle Banche italiane rappresenta l'ultimo e forse conclusivo atto del processo di colonizzazione economica e dunque politica dell'Italia.
Eppure la questione delle unioni civili è da giorni al centro del dibattito politico come se ad essa fossero appesi i destini del mondo. 

martedì 2 febbraio 2016

CONSULTAZIONE STRAORDINARIA CGIL: LA NOSTRA POSIZIONE




CONSULTAZIONE STRAORDINARIA CGIL: 
LA NOSTRA POSIZIONE

Il direttivo nazionale Cgil che ha varato la proposta di legge sul nuovo statuto dei diritti del lavoro e sulla consultazione straordinaria degli iscritti lo ha fatto con il nostro voto contrario.
La ragione è semplice ma va articolata bene.
In primo luogo abbiamo ritenuto drammaticamente sbagliato che tutta l’iniziativa di contrasto al Jobs Act ed alle profonde modifiche della legislazione Fornero-Renzi sulle tutele dal licenziamento si risolvesse con una semplice raccolta firme su una proposta di legge da consegnare al parlamento. Il primo compito del sindacato è dare gambe e forza alla propria iniziativa su tutti i terreni su cui è impegnata: sociale; contrattuale, politico.
Una proposta di legge di iniziativa popolare che affida al parlamento, a questo parlamento o, peggio ancora, a quello che avremo dopo la riforma istituzionale Renzi-Boschi, la ricostruzione di diritti perduti è chiaramente destinata ad essere sconfitta se non è parte di una straordinaria mobilitazione di resistenza e riconquista. Dalla contrattazione aziendale ai contratti nazionali si deve riaprire nel paese la partita della condizione del lavoro per imporre un cambio radicale dell’agenda alla politica ed alle imprese. Solo cosi è possibile riconquistare diritti.

LA CGIL CHIEDE DAVVERO DI RICONQUISTARE I DIRITTI PERDUTI?
No, ed è la seconda ragione che ci ha portato a votare contro questa scelta. Purtroppo la proposta della Cgil su un nuovo statuto dei diritti del lavoro rappresenta l’adeguamento del sindacato alla situazione esistente. Si accetta e si legittima l’esistenza di tipologie contrattuali precarie nate per consentire ai padroni di non applicare i contratti nazionali di lavoro e si accetta il mare di flessibilità che in questi decenni si è rovesciato sulla condizione dei lavoratori e delle lavoratrici. Si certifica così la fine della lotta alla precarietà per l’applicazione dei contratti collettivi.
Persino sulle tutele dal licenziamento la Cgil non si propone più il ritorno alla formula originaria dell’art.18 della legge 300 (statuto dei diritti dei lavoratori) la più tutelante in assoluto, prima delle manomissioni della Fornero e del Jobs Act di Renzi. In sostanza siamo davanti ad una proposta che si pone il tema di estendere alcuni diritti generali al mondo del lavoro subordinato e autonomo ma dentro il nuovo regime di ricattabilita’ e precarietà. Infine la proposta di legge e’ fondata sul Testo Unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014 cioè sulla negazione della democrazia e delle libertà sindacali e sul modello della contrattazione di restituzione.

RISPETTO ALL’IPOTESI REFERENDARIA
La Cgil, con la consultazione straordinaria, chiede agli iscritti cosa pensano di un’eventuale referendum per l’abrogazione del Jobs Act ma senza che il risultato del voto sia davvero vincolante per le sue scelte. Come può un’organizzazione di 6 milioni di iscritti non riuscire ad avere una propria posizione su un tema così importante? Crediamo che la Cgil avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di decidere insieme alle lavoratrici ed ai lavoratori la costruzione di quella necessaria battaglia generale contro la legislazione del governo Renzi che va dalla contrattazione al referendum. Questa consultazione appare invece come un sondaggio ad uso tutto interno a gruppi dirigenti che non sono d’accordo tra loro.

PER QUESTE RAGIONI LA CAMPAGNA REFERENDARIA E’ MOLTO RISCHIOSA
Non abbiamo contrarietà di principio sullo strumento referendum. La campagna referendaria per abrogare le leggi del governo Renzi contro il lavoro potrebbe essere un’occasione importante per riaprire la battaglia generale nel paese. Tuttavia ha bisogno di una nuova politica contrattuale della Cgil, ha bisogno di coerenza e radicalita’, di un cambiamento profondo della linea che in questi mesi ha abbandonato il conflitto e fatto accordi al ribasso sui contratti nazionali. I referendum, come ci insegna la storia, non possono sostituire l’iniziativa sociale.

OGNI LAVORATORE DECIDERÀ COME ESPRIMERSI SU QUESTA CONSULTAZIONE. NOI INTENDIAMO DENUNCIARE I RISCHI DI UNA CAMPAGNA REFERENDARIA AVVIATA SENZA CONVINZIONE E SENZA UNA COERENTE BATTAGLIA SOCIALE!!!


1 Febbraio 2016



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