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martedì 19 aprile 2016

REFERENDUM: SE TREDICI MILIONI DI VOTI VI SEMBRANO POCHI di Maurizio Zaffarano

Renzi e le trivelle by Luca Peruzzi




REFERENDUM: SE TREDICI MILIONI DI VOTI VI SEMBRANO POCHI 
di Maurizio Zaffarano



I numeri

Voti per l'abrogazione delle norme sulle trivelle:      13.334.754

Voti di Renzi alle Europee del 2014:                          11.202.231

Sarebbe servito un miracolo per raggiungere il quorum nel referendum sulle trivelle, cioè quel cinquanta per cento più uno necessario a rendere efficace sul piano legislativo la volontà espressa dai cittadini. Un miracolo pensando all'Italia della passività e dell'ignavia ma anche della disperazione e della sfiducia e tenendo conto del mancato accorpamento con le amministrative, della disinformazione profusa a piene mani dai giornalacci e dalle tv di regime a cominciare dalla Rai renziana (certe trasmissioni di Rai 3 in cui si affermava che si votava solo in nove regioni rappresentano veri e propri “casi criminali di scuola”), dal punto di partenza rappresentato dal fatto che ormai 3-4 italiani su 10 non vanno più a votare in qualsivoglia elezione  e sul quale i fautori del No hanno fondato la propria campagna per l'astensione, dalla marginalità sostanziale del tema oggetto del referendum (la proroga automatica alla scadenza delle concessioni già in essere per l'estrazione di gas e petrolio, nei tratti di mare entro le dodici miglia), dal fatto che i cittadini delle regioni che non si affacciano sul mare non si sono sentiti (egoisticamente) coinvolti nella questione. Vale la pena ricordare che per il raggiungimento del quorum (invertendo una tendenza che durava da molti anni) nei referendum del 2011 che riguardavano oltre che l'acqua pubblica anche il nucleare ebbe un impatto fondamentale la tragedia di Fukushima in Giappone verificatasi poco tempo prima. E comunque i referendum sulla questione trivelle erano stati già vinti nel momento in cui, con l'ultima legge di stabilità, il governo Renzi aveva abrogato la possibilità di nuove concessioni entro le 12 miglia proprio per non doversi confrontare con i cittadini su quella sciagurata decisione.

In queste condizioni il fatto che il 32 per cento degli italiani si siano recati a votare e che in oltre 13 milioni abbiano votato Si non è un dato di poco conto. Soprattutto tenendo conto che gli 11,2 milioni di voti ricevuti alle europee del 2014 ci vengono propinati da due anni come l'attribuzione a Renzi da parte della maggioranza degli italiani di un potere assoluto.
In quei 13 milioni di Si – cittadini che nonostante tutto riescono a mantenere capacità di selezionare l'informazione e autonomia di giudizio, che non rinunciano al dovere civico del voto, che riconoscono che ambiente e salute contano ben più del profitto privato – vi è gran parte del risentimento antirenziano che è cresciuto nel Paese e vi sono i potenziali interlocutori, anche se non necessariamente i potenziali elettori, per chi ambisce a cambiare radicalmente l'Italia.
Poi, invece di lanciare strali sugli italiani che non vanno a votare, sarà il caso prima o poi di soffermarsi sulle strategie da trovare ad ogni costo per non soccombere inesorabilmente alla dittatura mediatica delle società capitaliste e per riuscire a mobilitare la maggioranza delle persone.
Un'altra considerazione: pochi temi come la difesa dell'ambiente e la salute riescono a coinvolgere milioni di cittadini. La Sinistra potrà riguadagnare centralità politica se e quando sarà in grado di rendere inscindibili nella percezione delle persone tali bisogni con il controllo collettivo sull'economia.
Infine, un ultimo elemento positivo che a mio avviso emerge dal voto sulle trivelle, pensando al referendum in cui saremo chiamati a votare nel prossimo autunno sulla “deforma” costituzionale renziana: il PD di Renzi ha ottenuto al suo massimo 11 milioni e duecentomila, qui nel referendum abbiamo avuto, con un pronunciamento come sopra detto in larghissima parte antirenziano, oltre tredici milioni di voti.
Per Renzi che ha giocato tutta la sua partita personale sulla “svolta autoritaria” della Costituzione non solo non vincere quel referendum ma, prima ancora, mostrare di non essere in grado di difendere ciò che sta così tanto a cuore al Grande Capitale (ed è sufficiente ricordare il famigerato report di Jp Morgan) rappresenta, forse già prima di quanto possiamo immaginare, la morte politica.


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