di Renato Costanzo Gatti
Vorrei segnalare un articolo sul Sole 24 ore di sabato 14 dicembre firmato da Isabella Bufacchi dal titolo LA SORPRESA DEL DEBITO SOSTENIBILE.
Il Centro studi dell’Università di Friburgo ha elaborato un indice
relativo al debito degli stati che risulta dalla somma del debito
esplicito, con il debito implicito quel debito cioè che tiene conto
degli obblighi di spesa futura (in particolare pensioni e sanità).
Ebbene la tabella è la seguente:
PAESE………………………..DEBITO …DEBITO…DEBITO
Esplicito implicito totale
Lettonia………………………..41………….18………..59 green light
Italia…………………………….127………..-53……….73 green light
Estonia…………………………..10………….83……….93 green light
Germania……………………….81…………73………154 yellow light
Svezia…………………………….38……….209…… 247 red light
Danimarca……………………..40………...286……....327 red light
Francia…………………………..90……….359…….,.449 red light
Grecia…………………………..157……….475……..632 red light
Regno Unito……………………98……….552…….....640 red light
Belgio………………………..….100……….545……..644 red light
Spagna……………………………86………..586……672 red light
Irlanda…………………………..117…….1.150…….1.286 red light.
Per curiosità gli Stati Uniti hanno un Debito totale di 1.300.
Allora sturiamo lo spumante? Ma perché gli indici di Friburgo sono
così diversi da quelli delle rating compagnie? Queste ultime danno molto
peso alla crescita che incrementando il denominatore fa abbassare gli
indici di debito, ma lo sguardo è sull’immediato e l’orizzonte
dell’outlook è limitato. Friburgo guarda più lontano per dare questo
responso che si chiama “indice di sostenibilità).
Un esempio lampante è quello tedesco. Come noto in Germania ci sono 6
milioni di mini jobs che danno un reddito pulito al lavoratore di 450€
pari al costo che sostiene il datore di lavoro. Con un costo del lavoro
così basso si ottiene il duplice risultato di abbassare gli indici di
disoccupazione e di aiutare le imprese a competere. Qui si fermano le
rating compagnie. Friburgo guarda più in laà, ovvero al momento in cui
questi 6 milioni di mini jobbers andranno in pensione senza aver versato
un euro di contributi e soprattutto senza che le imprese abbiano
versato un € di contributi. Saranno tutte pensioni sociali a carico
della collettività e che entrano nel conto del debito implicito.
Viva la Fornero? Calma e gesso. Consideriamo altri aspetti. L’enorme
debito pubblico che abbiamo e che ci costa oltre 80 miliardi l’anno,
dopo l’inizio della crisi (fallimento Lehman Bros) ha subito variazioni
sostanziali (*):
a) la prima variazione è la
nazionalizzazione. Dopo un primo periodo (1997-1999) il processo di
convergenza verso la moneta unica aveva portato ad una europeizzazione
del debito, con una crescita decisa della quota detenuta dal settore
bancario estero, prevalentemente comunitario. Dopo un periodo di
costanza nei rapporti dei creditori, dal 2009 si è registrato un aumento
della quota detenuta dalle banche nazionali e una improvvisa riduzione
della quota detenuta dagli investitori esteri. Questa nazionalizzazione
ci dovrebbe rendere più riparati dal peggioramento dello spread, più
giapponesi, anche se però per i giapponesi la moneta è giapponese e non
quasi-esterna come l’euro.
b) La seconda variazione vede le banche
nazionali nel periodo post crisi, passare dal 30% al 50%, gli
investitori privati dal 40 al 10%, le banche estere dal 20 al 35%
essendo il residuo posseduto dalla Banca d’Italia.
c) Le immissioni di liquidità fatte dalla
BCE, le due grandi LTRO a 3 anni vengono assorbite soprattutto (quasi il
50%) dai sistemi bancari italiano e spagnolo, ma mentre queste ultime
mostrano un incremento nei rimborsi il nostro paese segna dei ritardi,
potendo alfine affermare che “allo stato attuale l’Italia è il Paese più
supportato dell’Unione monetaria in termini di liquidità erogata”
d) Il grande afflusso di liquidità europea è
alla base dell’aumento della quota di debito pubblico detenuto dalle
banche, i grandi acquisti di debito pubblico eseguito dal sistema
bancario nazionale ci fa sorgere la domanda di come, nello stesso
periodo, il sistema bancario abbia supportato le imprese produttive e le
famiglie. La risposta ci viene dall’indice ISER (indice di supporto
all’economia reale); fino al 2008 il sistema bancario nazionale supporta
in maniera crescente l’economia reale, dopo lo shock Lehman Bros il
supporto si riduce progressivamente per via dell’impegno crescente nel
rifinanziamento del debito pubblico. Il calo è impressionante e continuo
e costituisce una tra le principali cause della nostra depressione.
Quindi, apprezzando gli sforzi dell’Università di Friburgo,
continuiamo a puntare alla riduzione del debito come vera riforma
strutturale da perseguirsi o con una patrimoniale o con il metodo
proposto dal prof. Savona, tutti i suggerimenti sono benvenuti, puntando
contemporaneamente all’aumento del PIL attraverso investimenti pubblici
produttivi, rilancio del lavoro, del contenuto tecnologico del lavoro,
del valore aggiunto del lavoro anche attraverso nuove relazioni
industriali.
Altro che forconi (piccola borghesia dell’indotto e disperati sociali
creati dall’austerity) ma un approccio socialista al rilancio del
paese, guidato dal general intellect per rinnovare il che fare e il come fare.
(*) Vedasi IL PROCESSO DI NAZIONALIZZAZIONE DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO di Frank Menichelli su NENS.
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