Non si è accontentato di vincere, Matteo Renzi: ha polverizzato gli avversari, mettendo in saccoccia quasi il 70% dei voti espressi il giorno dell’Immacolata. Anche i timori di una bassa affluenza sono stati clamorosamente fugati: nessuno si immaginava che (poco meno di) tre milioni di persone si recassero ai seggi.
Insomma, il sindaco di Firenze può legittimamente gioire, anche perché la disfatta del povero Cuperlo (17%) è quella dell’intera nomenclatura piddina, D’Alema in testa. Twitter batte Rilke 4 a 1. Niente di strano: il risultato fotografa i tempi, e comunque la maschera “di sinistra” indossata dai vecchi in vista del confronto era, per l’appunto, una maschera di cartapesta. Pippo Civati resta il beniamino di chi non è andato a votare: simpatico, arguto, verosimilmente onesto, ma giudicato – da chi si ritiene di sinistra – non all’altezza del compito di rifondarla.
Per farla breve, sembra che anche l’Italia avrà il suo Blair, con due decenni di ritardo. Il richiamo all’affossatore del Labour – a chi ha dato il colpo di grazia alla classe lavoratrice inglese – intristisce, ma in un Occidente fintamente post-ideologico gli uomini del fare e del dire (in pillole) impazzano. C’è bisogno di intrattenitori per il pubblico pagante, mentre la più subdola e totalitaria delle ideologie – quella del mercato – consuma la rapina del welfare e dei diritti.
Mi sono letto, sul sito di Repubblica, alcune considerazioni di militanti del PD. Il tono è trionfalistico, orgoglioso: ricorre, con inquietante frequenza, la parola “democrazia”. Con questa consultazione il partito avrebbe dimostrato di essere l’unica forza autenticamente democratica presente nel Paese, gli altri (i berlusconiani, ma soprattutto il M5S) sono “fascisti”, come il Ceausescu dell’89. Certo, non tutte le analisi sono così rozze, ma il leitmotiv è suppergiù questo. A me viene in mente un’altra parola: condizionamento. Una volta quei militanti erano comunisti, ora non lo sono più – come direbbe qualche esperto psicologo, proclamarsi comunisti oggi è “poco ecologico”. Si adopera allora un nuovo aggettivo, facile e a portata di mano - perché lo troviamo nella “ditta”. Rammentate: noi siamo per la democrazia, siamo democratici, al bando il populismo, senza l’Europa non andremmo da nessuna parte ecc. L’ex comunista impara le formule magiche a memoria e le ripete ad ogni interlocutore, come i beta e i delta dell’allucinante (per i lettori) mondo nuovo di Huxley. Nella distopia fordista, però, c’è lavoro e svago per tutti: nel mondo attuale, il bravo cittadino “democratico” perde il posto, si indebita per pagare le tasse e non sa se domani avrà pensione e cure mediche.
Cosa farà Renzi? Secondo me nulla di buono, ma poco conta: ai politici è assegnato oggidì un ruolo di contorno, da comprimari o – se vogliamo – da portaordini. In cambio della fedeltà al sistema viene loro garantito un elevato tenore di vita, popolarità (anche quella cattiva fa bene all’ego), onori e viaggi a sbafo. Volano sopra la crisi e, pur chiacchierandone quotidianamente, possono fingere che non ci sia: per loro, difatti, non c’è.
Un nome inflazionato, di questi tempi, è proprio Matteo: Salvini, omonimo di Renzi, ha stracciato lo spettro di Bossi nelle primarie bonsai della Lega (10 mila voti). Come il suo fondatore, la Lega è meritatamente ridotta a un fantasma, e il neosegretario alza subito il livello della discussione paragonando l’Unione Europea a quella Sovietica. Perché? Boh, lo saprà lui – uscite sgangherate come questa, dettate da modesti calcoli personali, sono però graditissime ai reggitori, poiché confermano, agli occhi del gregge benpensante (cioè efficacemente condizionato), che chi parla male della UE lo fa per gretto tornaconto, e con argomentazioni da osteria padana.
Nel frattempo infuria la polemica sulle liste di proscrizione grilline. Raramente si era assistito ad un’altrettanto unanime levata di scudi da parte della categoria dei giornalisti (fanno parziale eccezione quelli del Fatto Quotidiano) in difesa dei colleghi attaccati, prima la Oppo dell’ex gloriosa Unità, quindi Francesco Merlo di Repubblica. Lungi da me dar ragione a Grillo: affermare che quarant’anni di professione giornalistica equivalgono a non aver mai lavorato è una grossolana sciocchezza, una berlusconata. Leggetevi però l’articolo “incriminato” di Merlo (http://www.repubblica.it/politica/2013/12/08/news/il_manganello_dei_grillini-73012665/), e traetene le vostre conclusioni. Le mie sono queste: al di là dell’eleganza della prosa, si tratta di un attacco velenosissimo, intriso, oltre che di dileggio, di paragoni oltraggiosi e insostenibili. “(…)E, a ritroso, i camorristi che inseguirono la Mehari di Giancarlo Siani e i mafiosi che pedinarono Pippo Fava sino alla sede del teatro stabile di Catania. È vero che Grillo non è ancora terrorista né camorrista né mafioso. Sempre più però il suo codice di violenza, i suoi roghi, le sue scomuniche, i suoi avvertimenti, i suoi manganelli foscamente rimandano alla "sgrammatica" dei terroristi, dei camorristi, dei mafiosi.” L’acme, la furbizia, il “messaggio” stanno tutti in quell’«ancora» che fa capolino nella terzultima riga: chi non è «ancora» terrorista né camorrista ha tutto il tempo per diventarlo; intanto, però, si evocano vittime ed assassini spietati. Un brivido di orrore e di paura scuote l’onesto, democratico (e)lettore: con questi sovversivi, garantito, non vorrà mai aver niente a che fare! Condizionamento, propaganda: quella stessa che crocifigge i parlamentari del MoVimento anche quando difendono nobili cause (quella della Costituzione, per citarne una), quella che ce li presenta invariabilmente come talebani semianalfabeti che credono alle sirene e all’Area 51 (a proposito: sabato quest’ultima è stata nominata nel notiziario di Radio Capodistria… ma non ci avevano assicurato che non è mai esistita? Mistero.), mentre l’ignoranza degli altri è perdonabile, non fa nemmeno notizia. E’ così stupefacente che Grillo e i suoi se la prendano con la stampa che ha steso loro intorno un simile cordone sanitario?
L’unico antidoto contro i mali del populismo e la minaccia terroristica è la democrazia stile format delle primarie, supportata dallo sprezzo del pericolo dei nostri valorosi giornalisti: di questo intendono persuaderci - ci sarebbe da ridere, ma la farsa è tragica.
Vedremo quale parte sarà assegnata a Renzi: al popolo – belante o contrariato – è già toccata quella dello schiavo nelle miniere d’argento di Atene. Quasi quasi era meglio nascere gamma o delta nel “Mondo nuovo” del dottissimo profeta Huxley.
Nessun commento:
Posta un commento