di Riccardo Achilli
L’esplosione sociale che
tanto è stata preconizzata, e direi anche, con scarsissimo senso di
responsabilità politica, intimamente desiderata da componenti della
sinistra radicale, si sta materializzando in questi stessi giorni. La
classe politica evidenzia la sua distanza siderale dal Paese reale,
dando cenno di non aver compreso affatto il tunnel in cui siamo
entrati. Alfano etichetta il tutto sotto la voce “ordine pubblico”,
Renzi discetta incomprensibilmente di protesta cattiva, quella di
Milano, versus protesta buona, ovvero quella di Torino, e si illude
di gettare discredito sui manifestanti che scendono a migliaia in
tutta Italia ricordando la scenetta di uno dei leader del Movimento
che si presenta in Jaguar. Berlusconi, in modo totalmente surreale,
minaccia la rivoluzione se dovesse essere arrestato, non capendo che
i sanculotti stanno già iniziando a convergere sul Palazzo, e non
certo per salvare lui. Letta dà segno di non aver capito
assolutamente niente di ciò che succede nel Paese, definendo lo
sciopero selvaggio dei Forconi come la protesta di una fazione
minoritaria di una singola categoria, quella degli autotrasportatori,
quando invece si tratta di una vera e propria ondata umana che
raccoglie tutte le espressioni del disastro sociale voluto dalla
Trojka e imposto, fra l’altro, anche dal PD: elementi della piccola
borghesia di tutti i generi (non solo autotrasportatori, imprenditori
agricoli e pescatori, che costituiscono il nucleo originario dei
Forconi, ma anche commercianti, ambulanti, edicolanti, persino i
tassisti) insieme a disoccupati, precari, lavoratori dipendenti
impoveriti, immigrati, studenti. Tutti accomunati dalla rovina
sociale, dalla cancellazione delle proprie legittime aspettative di
vita, dallo spettro della povertà che è oramai entrato stabilmente
nelle loro case. L’altro ieri, ero a bordo di un treno di pendolari
bloccato dai Forconi che occupavano i binari. Naturalmente, nessun
politico ha mai viaggiato su un simile treno, e quindi nessuno si
rende conto dell’umore della gente: non solo i viaggiatori non
hanno protestato per la lunga attesa ed hanno atteso compostamente e
tranquillamente che il treno potesse ripartire, ma una signora mi ha
anche detto: “perderò la giornata di lavoro, ma non me la sento di
condannare i contestatori, hanno avuto perlomeno il coraggio di
scendere in piazza”. Letta, che parla di protesta minoritaria
dentro il Paese, Alfano, che riduce il tutto ad una deriva
ribellistica di fazioni, non hanno assolutamente il polso della
situazione reale.
E al contempo, per il
classico effetto di contagio che si verifica quando la situazione
sociale è arrivata al punto di non ritorno, dopo la protesta dei
Forconi esplode, sia pur per motivi diversi, l’Università di Roma:
una vera e propria guerriglia urbana fra studenti e polizia dentro la
città universitaria impedisce a Letta ed a Napolitano di presenziare
ad un innocuo convegno. Il centro della capitale si trasforma in un
carosello di cortei di protesta: la Fiom, i giovani medici, e chi più
ne ha più ne metta. E, direi con una certa sicurezza, siamo solo
all’inizio.
Quel che resta della
sinistra italiana (e preciso che sto anche criticando me stesso),
anziché cercare di dare una direzione politica a questa esplosione,
offrendo ipotesi di soluzioni concrete di politica economica e
sociale a chi protesta, cade nella più classica trappola della
sinistra borghese: condanna le violenze, chiede che le manifestazioni
siano pacifiche, come se fossimo in tempi normali ed ordinari, come
se fosse possibile chiedere di mantenere un contegno a chi è
disperato, a chi non ha futuro. E si esercita a reperire e
sottolineare le visibilissime derive sansepolcriste che
caratterizzano le frange più politicizzate della protesta dei
Forconi: le violenze contro chi non manifesta, i libri bruciati in
piazza, i richiami nazionalisti ed antieuropei, le promesse nemmeno
tanto velate di “fare piazza pulita” dei “plutodemocratici”,
le nostalgie di qualche bella Giunta militare. Derive sansepolcriste
che sono esattamente la responsabilità di quella sinistra, che non è
stata a sufficienza a contatto con il cuore sofferente del Paese,
perdendo tempo a discutere di tattiche di posizionamento
politico/parlamentare o di primarie del PD. Chi si proclama di
sinistra dovrebbe aver letto qualcosa di Marx, e sapere che è del
tutto fisiologico che la piccola borghesia, che non ha una identità
di classe ben definita, oscilli, in periodi di crisi, fra un
ribellismo rabbioso e rancoroso ma senza coscienza politica e il
sogno di imitare in piccolo la borghesia medio-grande. E che tale
oscillazione, in assenza di direzione politica da parte di una
sinistra di classe, finisca inevitabilmente per svariare verso
destra, contagiando anche gli spezzoni a minor cultura politica del
sottoproletariato urbano e del proletariato terziarizzato e
precarizzato, incapace di formarsi una coscienza di classe per il
rapporto instabile con i mezzi di produzione e per la segmentazione
interna al proletariato stesso, fra “stabili” e “precari”,
messi artificiosamente gli uni contro gli altri.
Peraltro, invocare il
rischio di una deriva fascista nell'immediato è anche une colossale
errore. Sappiamo bene che il fascismo nasce sempre come autodifesa
delle classi dominanti di fronte al pericolo di sovversione dei
rapporti sociali di produzione. In questo momento (salvo evoluzioni
successive) le classi dominanti sono soddisfatte di un Governo e di
un Parlamento che fanno le politiche liberiste sulle quali sono
(ancora) d'accordo. Quindi non hanno, per il momento, interesse a
svoltare in senso autoritario. Inoltre, un pericolo sovversivo reale
non proviene da jacqueries magmatiche, prive di solida organizzazione
politica e robusta piattaforma ideologica/programmatica, come quella
inscenata dai Forconi, che infatti sarà (momentaneamente)
neutralizzata. Ma da forze politiche organizzate, disciplinate in
modo ferreo, dotate di una forza militare o paramilitare consistente,
addestrata, ben armata, con garanzie di impunità nella propria
azione sovversiva.
Quale sarebbe oggi
l’antagonista in grado di incamminare verso una deriva fascistoide
le proteste di piazza? Il M5S? E’ bene ricordare che il M5S non ha
nessuna caratteristica antagonista, è anzi il “gatekeeper” del
sistema, un falso antagonista creato ad arte per tenersi in pancia
una fascia di elettorato di protesta, neutralizzandolo. Non solo per
quanto già esplicitamente dichiarato, più volte, da Grillo stesso
(“la Casta dovrebbe ringraziarmi, perché io sono l’unico che
impedisce che esploda una rivolta violenta”) ma anche per i
comportamenti concreti, sistematicamente a favore del sistema
costituito. Non inganni l’esortazione di Grillo ai poliziotti di
unirsi ai manifestanti: si tratta in realtà di un modo per evitare
che ciò accada. Chiunque conosca minimamente la storia dei colpi di
Stato militari sa benissimo che una organizzazione rigida come quella
militare (o come quella paramilitare dei reparti antisommossa della
polizia) non viola dal basso le consegne di lealtà ricevute, ma lo
fa dall’alto, se e soltanto se una parte dello Stato Maggiore, o
quanto meno un gruppo di ufficiali intermedi (come avvenne nel caso
della “rivoluzione dei garofani” portoghese o anche nel caso
della rivoluzione bolivariana) defeziona. Ora, che fra le Forze
Armate e di polizia serpeggi molto scontento per i tagli di spesa
operati non vi è alcun dubbio. Tuttavia, quand’anche un proposito
sovversivo dovesse aleggiare (e ne dubito moltissimo, perlomeno peri
l momento) un’esortazione a rendere pubblico il proprio dissenso,
come quella di Grillo, lo farebbe automaticamente rientrare. Nessuno
è così stupido da esporsi in pubblico senza essere sicuro di avere
alle spalle un sostegno già definito e pronto immediatamente ad
agire, e questo sostegno, per formarsi, ha bisogno di lavorare dietro
le quinte, in segretezza, senza qualcuno che sistematicamente punti
il dito contro il pericolo di defezione, attivando quindi un faro di
attenzioni speciali, e le contromisure del sistema. A ulteriore
riprova, non solo Grillo non ha mai ricevuto i dirigenti dei Forconi,
ma lui stesso, ed i parlamentari del suo Movimento, stanno prendendo,
ad uno ad uno, le distanze dalla rivolta, denunciandola.
Ovviamente inutile
parlare di Forza Italia o della Lega, che opportunisticamente stanno
cercando di salire sul dorso della tigre, come possibili aggregatori
di una deriva fascista: sono troppo piccoli e sputtanati per essere
credibili. O del microcosmo dell’estrema destra, da Casa Pound in
poi, che non ha le dimensioni critiche per aggregare le proteste
attorno a sé, e che sta giocando un ruolo da comprimario, non da
protagonista principale. Per il momento, quindi, non c’è nessun
rischio concreto di colpo di Stato, sovversione fascista o
quant’altro. Quella che si sta creando, per il momento, nelle
frange più pericolose del magmatico e molto differenziato movimento
dei Forconi, è soltanto l'avvio di primi segnali in direzione della
creazione della base sociale di un possibile fascismo di ritorno, ma
la base sociale, quand'anche si creasse effettivamente, se non è
mossa da una organizzazione politica forte, di per sé non produce
niente.
Il rischio, piuttosto, è
un altro, ed è un rischio di medio periodo, non immediato: che la
rivolta continui ad estendersi per diverso tempo, senza nessuna
capacità da parte della sinistra, di SEL, di chi sta a sinistra di
SEL, di fornire una risposta efficace, in termini di proposte di
governo, di possibili soluzioni democratiche ai bisogni ed alla
disperazione di chi protesta. E che dal pentolone in continua
ebollizione, alimentato da risposte che, ovviamente, saranno
progressivamente sempre più repressive, prima o poi emerga, dal
basso, forgiata dal fuoco della lotta, la figura di un Viktor Orbán
de’ noantri, un leader accreditato dal basso, uno “del popolo”,
qualcuno in grado di prendere un oppositore di plastica come Grillo,
inzupparlo nel caffellatte e mangiarselo. In grado di orientare la
rivolta, di darle una direzione politica, di tipo nazionalista,
demagogico, neocorporativo e violentemente antieuropeo, portando il
Paese ad un bagno di sangue “purificatore”, e poi ad un modello
criptofascista non dissimile da quello ungherese. Costui potrebbe
trovare una saldatura fra la piazza e una parte della borghesia
nazionale, oramai convintasi dell’incapacità, da parte delle
istituzioni democratiche, di bloccare una protesta sociale che,
proseguendo nel tempo e continuando a tenere il Paese in condizioni
di semi paralisi, ne minerebbe gravemente gli interessi produttivi, e
oramai talmente esasperata da essere disposta anche ad affrontare il
salto nel buio di un’uscita dall’euro. Ma finché non emergerà
una simile figura, finché i presunti leader si sputtanano facendosi
vedere in Jaguar, niente di tutto ciò avverrà.
Ci sono quindi ancora
alcuni mesi per evitare un simile scenario. SEL, in quanto forza più
consistente di ciò che resta della sinistra, insieme alla Fiom, deve
muoversi per prima, deve elaborare un pacchetto di proposte che dia
una risposta alla disperazione, deve cercare l’interlocuzione con
la parte pacifica del movimento di protesta, evitando ovviamente le
frange violente e pericolose. Senza aver paura di scontrarsi con il
PD, che oramai è palesemente fuori dai giochi della comprensione
degli eventi. E chi sta a sinistra di SEL, se ha ancora un briciolo
di coscienza, deve abbandonare atteggiamenti da puzza sotto il naso,
e collaborare.
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