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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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mercoledì 6 marzo 2013

Chávez e la rivoluzione incompiuta




di Carlo Felici



La morte del Comandante Chávez lascia molti di noi affranti e pieni di cordoglio, perché con lui se ne va un tenace combattente per il Socialismo, per l'autonomia e per l'emancipazione sociale e civile dei popoli sudamericani, e non solo, ma anche di tutto il mondo.
Sarebbe però un grosso errore, in questo momento cadere nella disperazione oppure nella fuga verso la beatificazione di tale personaggio che ha segnato la storia di uno dei grandi cambiamenti epocali nel mondo. 
Contrariamente a Che Guevara o a Allende, egli fu un militare di professione ed appartenne a quella tradizione rivoluzionaria legata all'esercito che non di rado è stata interconnessa ai processi rivoluzionari in Sudamerica. 
Dopo essere diventato colonnello, nel 1991, nel 1992 tentò un colpo di Stato per rovesciare l'allora presidente in carica Carlos Andréz Pérez, ma l'azione non riuscì ed egli fu incarcerato restando in galera fino all'amnistia del 1994
Dopo aver fondato il partito denominato Movimento Quinta Repubblica, vinse le elezioni presidenziali nel 1998 ed uno degli atti più importati di cui fu artefice, fu quello di modificare la Costituzione, ottenendo anche grazie a tali modifiche, la possibilità di essere poi rieletto e di dare inizio al grande Movimento Bolivariano che è stata la grande novità di questi ultimi anni in Sudamerica.
Strenuo difensore dell'elevazione sociale del suo popolo, Chávez ha ampiamente utilizzato i proventi della nazionalizzazione delle risorse petrolifere per programmi di sviluppo che hanno consentito di eliminare l'analfabetismo, incrementando gli investimenti per il potenziamento della scuola pubblica e degli studi universitari. Grazie a lui circa il 70% ormai della popolazione riceve cure mediche e assistenza gratuite. Il cibo arriva a tutte le famiglie a prezzi modici e in certi casi anche gratuitamente a circa un milione di persone. La mortalità infantile è quasi scomparsa, scendendo al 2% e il tasso di disoccupazione e la soglia di povertà sono anch'essi scesi di vari punti in percentuale. Anche grazie alla sua identità "meticcia" ha sovente potenziato un processo di emancipazione ed integrazione dei popoli indigeni.
Questo esempio virtuoso, come sappiamo, ha contagiato anche altri paesi sudamericani limitrofi, tanto che il Sudamerica, oggi, grazie alla crescita notevole del suo prodotto interno lordo, è uno dei continenti che meno risentono degli effetti della crisi speculativa del capitalismo globale.
Chávez però ha pagato anche pesanti prezzi, in particolare Caracas è una delle città più violente al mondo in cui il tasso di omicidi negli ultimi anni è triplicato, l'inflazione, in particolare, è una delle più alte del Sudamerica, ed è compensata solo da una progressiva elevazione dei salari minimi, superiori all'aumento dell'inflazione, dal mantenimento dei sussidi al consumo alimentare e da una politica di contenimento dei prezzi. Ricordiamo anche l'uscita del Venezuela dal cappio delle grandi organizzazioni finanziarie e bancarie mondiali che è servito ad evitare intromissioni straniere nell'economia, il blocco della fuga dei capitali verso altri paesi ed una rivalutazione progressiva della moneta venezuelana: il Bolivar.
Chávez lo ricordiamo per le sue numerose sparate al vetriolo contro i cosiddetti “Yankees de mierda” con i quali però ha continuato a fare affari d'oro.
Al Venezuela Chavista infatti è sempre convenuto vendere petrolio anche negli Usa, in cui la compagnia di stato venezuelana ha varie raffinerie, per avere la certezza che gli Usa comprino tutto in blocco, raffinando parte del petrolio destinato al consumo domestico degli stessi ingombranti “nemici” ed intrecciando così una fitta rete di interessi reciproci al di là delle minacce e delle più volte paventate riduzioni o tagli.
L'attenzione all'ambiente o alle misure di sicurezza è stata però spesso e volentieri subordinata alla produzione, alla sua continuità ed al suo incremento, l'incidente disastroso dell'agosto 2012 con l'esplosione di una raffineria che provocò 24 morti ne è una dimostrazione lampante. Un disastro ecologico che mise a rischio anche il rifornimento di acqua potabile.
Da vari anni il Venezuela fa parte di Petrocaribe, una organizzazione che consente agli acquirenti di petrolio di dilazionare il pagamento a condizioni favorevolissime, o in cambio di beni o servizi. Di questo si è giovata Cuba ed il regime cubano al potere per fornire assistenza sanitaria al Venezuela in cambio di petrolio. Indubbiamente grazie a ciò, Cuba non è andata incontro ad una crisi di regime irreversibile ed ha potuto garantirsi una continuità di modello di governo, a cui, in altro modo, con una crisi economica più grave, avrebbe già da tempo dovuto rinunciare.
Il progetto della cosiddetta Quinta Internazionale che lo stesso Chávez sponsorizzò e che sarebbe dovuto partire già dal 2009, come prospettiva di espansione globale della rivoluzione bolivariana, si arenò giusto dopo un viaggio di Chávez a Cuba e forte è il sospetto che lo stesso Castro sia stato l'artefice di tale abbandono, dato che da allora, nessuno più ne ha inteso parlare, e nonostante avesse suscitato grandi entusiasmi proprio per la necessità di connettere la salvezza dell'umanità a quella della terra e delle sue risorse ambientali.
L'influenza del regime cubano su Chávez  fino agli anni della sua malattia, si è fatta sempre più forte, tanto che il suo successore: Maduro da molti in Venezuela è riconosciuto come un “hombre de Cuba”
Sappiamo anche del sostegno che lo stesso Chávez dette a dittatori come Gheddafi, al regime forcaiolo iraniano, avendo inoltre ottimi rapporti con la Cina, che Raul Castro considera ormai da tempo come un partner privilegiato e che sta rapidamente avanzando in Sudamerica, così come in altri continenti per l'utilizzo e lo sfruttamento di materie prime necessarie al suo potentissimo sviluppo economico ed industriale.
E' inevitabile dunque pensare che Cuba non fosse diventata altro che un intermediario tra Cina e Venezuela per garantire, in prospettiva, rapporti sempre più stretti tra i due paesi, in particolare per la fornitura di petrolio. E questo non può non allarmare l'amministrazione USA.
Anche nei confronti del dissenso interno non sempre Chávez ha avuto un comportamento improntato al massimo rispetto dei diritti umani, ricordiamo che spesso la sua polizia è stata coinvolta in vari crimini ed episodi alquanto torbidi, non possiamo dimenticare che il dissidente di sinistra Douglas Bravo fu prelevato all'aeroporto con un'accusa inconsistente e privato del diritto di lasciare il paese e recarsi in Italia.
Ma sappiamo pure, per altro, che Chávez ha dato il suo appoggio ad una legge per le unioni civili e contro l'omofobia, però non ancora approvata.
La sua ultima sfida è stata quella di cercare di permettere al Venezuela di conquistare la sovranità alimentare, sfidando i grandi gruppi bancari che avrebbero dovuto finanziare la produzione agricola locale attraverso la missione AgroVenezuela, di fronte al mancato rispetto di tali accordi, lo stesso Chavez aveva minacciato di nazionalizzare i grandi colossi bancari privati venezuelani. C'è chi dice che ciò sarebbe all'origine del suo presunto "avvelenamento", ma ci sono, d'altro canto, anche altri che mettono in dubbio l'efficacia delle cure da lui ricevute a Cuba.
Resta comunque difficile credere ad una tesi complottista di fronte a varie e numerose evidenze cliniche, ed è invece più facile pensare che un atteggiamento del genere serva di più per trovare facili capri espiatori e compattare il consenso intorno al suo successore designato.
A conclusione di questo quadro non certo esaustivo, possiamo dunque dire con franchezza che Chávez ha messo in moto un processo che è destinato ad avere comunque conseguenze rilevanti.
Una ulteriore differenza notevole rispetto a Che Guevara e ad Allende credo sia il livello culturale dei personaggi in questione, molto più alto quello dei primi due, ma sicuramente molto più significativa è stata la capacità mediatica e di comunicazione di Chávez,  tanto forte da spingere un intero popolo a muoversi per la sua liberazione, dopo il fallito golpe che tentò di rovesciarne il potere.
E ancora tanto rilevante continuerà ad essere la sua presenza come icona di un processo che è ancora in corso e con cui dovrà misurarsi chi verrà dopo di lui; altro suo errore è stato quello di non preparare una adeguata successione da parte di chi era convinto di dover continuamente succedere a se stesso più o meno come i papi o i caudillos, anche se Chávez è stato sempre rieletto.
Il Socialismo, si sa, si muove sulle gambe di un popolo e non di un leader politico, quando ciò accade il fallimento è assicurato, per cui ci auguriamo che questi anni non siano passati invano nella formazione di una autentica coscienza democratica e socialista nella maggior parte del popolo venezuelano e che dunque, a prescindere dalle persone, le idee migliori trovino ancora modo di affermarsi.
Diceva Allende “La storia è nostra e la fanno i popoli” e ancora “il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi”
Ecco in due frasi condensata l'essenza di un processo che ha bisogno di concretizzarsi mediante la crescita della coscienza popolare e mediante la sua capacità di sapersi tutelare, mobilitandosi permanentemente nei confronti di eventuali rigurgiti golpisti.
Chávez aveva capito che, in questo, l'esercito è un'arma popolare potentissima e per questo lo ha sempre ben gratificato, ci auguriamo che anche chi verrà dopo di lui non lo dimenticherà mai.



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