TUTELARE IL LAVORO DELLE NUOVE GENERAZIONI, RILANCIARE IL SOCIALISMO
di Marco Zanier
Compagne e compagni,
il
movimento che stiamo costruendo oggi è molto importante. Abbiamo
bisogno di coinvolgere quante più persone possibile in un processo di
trasformazione graduale e profondo dei meccanismi di redistribuzione
della ricchezza negli strati sociali più colpiti dalla crisi economica e
finanziaria in corso e privati purtroppo dei diritti storicamente
acquisiti negli anni ’60 dai governi a partecipazione socialista.
Questa
crisi e questa politica non colpisce tutti allo stesso modo. In questi
vent’anni, le nuove generazioni hanno visto crescere la flessibilità del
lavoro, diminuire i diritti acquisiti (l’ultimo drammatico colpo per
noi è stato l’approvazione del Jobs Act), annullare progressivamente
l’aspettativa legittima di poter costruire un futuro sicuro per comprare
una casa, costruire una famiglia e mettere al mondo figli. La mia
generazione, quella dei nati negli anni ’70 ha da tempo la
consapevolezza amara di non poter contare mai nella vecchiaia su un
reddito da pensione perché con le nuove forme di lavoro precario, le
uniche che ci vengono offerte da anni da questo mercato del lavoro, non
si è impiegati più continuativamente per quelle che erano le classiche
40 ore settimanali, ma molto spesso per 30 o 20 e saltuariamente, troppo
spesso assunti non direttamente da un’azienda ma da un’agenzia di
lavoro interinale che ti impiega per una commessa solo per il tempo che
serve al datore di lavoro che cerca il personale necessario per un ben
determinato periodo.
A
questo si aggiunga che quelli di noi che sono stati assunti in pianta
stabile da un’azienda, ovviamente dopo una lunga esperienza di
precarietà in settori spesso molto diversi tra loro, spinti da un lato
dalla necessità di far fronte alle spese di ogni giorno e dall’altro
dall’ambizione legittima di trovare quanto prima la tanto agognata
tranquillità, avendo frequentato con passione e convinzione gli
innumerevoli corsi di formazione necessari per acquisire le competenze
richieste, vivono nel terrore che l’azienda che dà loro oggi da mangiare
decida di trasferirsi all’estero per risparmiare sul costo del lavoro,
ossia per pagare meno i dipendenti che lavorano per lei. Il caso di
Almaviva è sotto gli occhi di tutti, solo per fare un’ esempio.
Chi,
come me, ha attraversato per tanti anni il mercato del lavoro di oggi e
si è messo in gioco con professionalità e competenza, è sicuramente
cresciuto molto e ha sviluppato delle qualità un tempo inimmaginabili,
perché prima il lavoro era chiuso in comparti immobili. In questo senso,
la mia generazione sa svolgere bene mansioni diverse, in settori
differenti e con un miglior rapporto con il cittadino che pretende
giustamente un servizio di qualità. Se siamo bravi da un lato, però,
siamo sempre preparati, dall’altro lato, al peggio, perché oltre alla
flessibilità che conosciamo non abbiamo la certezza di essere inseriti
anche noi alla fine in un posto di lavoro stabile, contrattualizzati
come si deve, con la possibilità di chiedere quando serve il
miglioramento delle nostre condizioni e il riconoscimento di uno
stipendio giusto con tutti gli annessi e connessi.
Oggi,
compagni, chi vive e lavora senza le giuste tutele che noi socialisti
abbiamo costruito negli anni’60 e che gli ultimi governi e guidati dal
PD hanno progressivamente smantellato, può e deve diventare, secondo me,
un quadro dirigente importante del nostro partito, come è stato negli
anni ’40 e ’50 per Oreste Lizzadri. Io penso spesso a lui in questi
giorni, anche se magari non condivido le sue conclusioni “fusioniste”.
Penso alla sua esperienza di lotta sviluppata in età giovanile, quando
costretto a lavorare il un pastificio, si è accorto che non esistevano
regole a favore dei lavoratori e che tutto dipendeva dalla volontà del
padrone. Erano gli anni Dieci del Novecento, bisognava avere davvero
molto coraggio per mettere in piedi una battaglia sulla dignità del
lavoro, ma lui lo ha fatto: ha costruito uno sciopero di tutti i pastai
che è risultato vincente ed è stato portato in trionfo dai suoi compagni
di lotta alla Camera del Lavoro di Gragnano, la sua zona d’origine, di
cui poco dopo è eletto segretario. A soli diciassette anni.
Io
che sono iscritto all’attuale PSI dalla sua fondazione e che mi sono
sempre riconosciuto nella sinistra socialista, avanzando proposte
costruttive negli organi in cui sono stato inserito e dando voce e
spazio in rete, attraverso la creazione di blog e gruppi di discussione,
ai tanti compagni e compagne che hanno idee e proposte valide e
interessanti (ovviamente sistematicamente ignorati dalla dirigenza del
partito ed in primo luogo dal Segretario attuale), vedo in questa nostra
assemblea di oggi un’occasione importante. Riunire i socialisti nella
prospettiva di un socialismo largo e diffuso nel Paese è una
preoccupazione che condivido con Angelo Sollazzo ed i compagni che hanno
organizzato l’evento. Dobbiamo ricostruire le basi di un Partito
socialista degno di questo nome, anche facendo tesoro della fondamentale
battaglia che abbiamo combattuto per la difesa della nostra
Costituzione. Su questo punto vorrei essere chiaro, noi non dobbiamo
partire dalla cosiddetta Grande Riforma di Bettino Craxi, che ancora
sostiene suo figlio Bobo, che non si è mai realizzata e che forse è
stato meglio così, ma dalla difesa del lavoro dei socialisti che hanno
combattuto la battaglia antifascista e che hanno partecipato ai lavori
dell’Assemblea Costituente: Vittorio Foa, Lelio Basso, Lina Merlin e
soprattutto Pietro Nenni. L’ho detto anche alla conferenza stampa alla
Camera il giorno della presentazione del Comitato socialista per il NO.
Io che ho gestito il Blog di riferimento di questa nostra battaglia, che
ci ha portato a vincere il 4 dicembre al fianco al popolo italiano
contro lo scellerato tentativo del governo Renzi sostenuto dai poteri
forti, vi dico, compagni, la maggior parte di chi ha partecipato con
interventi e riflessioni complesse la pensa come me. Se partiamo dalla
nostra Carta costituzionale non sbagliamo, se mettiamo in pratica
l’articolo 1 che recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata
sul lavoro”, noi costruiamo davvero il socialismo necessario.
Costruire
insieme l’organizzazione necessaria a creare e radicare un movimento
socialista largo ha senso oggi solo se il nostro sguardo è rivolto non
solo alle categorie sociali storicamente oggetto delle nostra idea di
politica, cui dobbiamo dare certamente una prospettiva di vita diversa
da quella decisa dagli ultimi governi a guida PD. Le scelte del governo
Renzi hanno infatti stravolto l’esistenza degli insegnanti delle scuole
medie e secondarie, costretti a lasciare le case e le famiglie per un
lavoro quasi sempre nell’altra parte della Paese; dei medici e degli
infermieri costretti a fare i conti ogni giorno coi tagli strutturali
alla sanità pubblica a fronte di uno stanziamento crescente di risorse
per la sanità privata; degli impiegati delle amministrazioni locali e
nazionali che lavorano con professionalità e sono troppo spesso oggetto
di campagne denigratorie e generiche dei mezzi d’informazione che
attaccano gli ultimi diritti acquisiti dai lavoratori, che invece,
secondo me, dovrebbero essere estesi anche ai tanti impiegati delle
aziende private. Tutto questo è vero ma non basta: dobbiamo puntare a
conquistare il sostegno anche delle nuove generazioni: i nati negli anni
’70, ’80 e ’90, che conoscono solo la precarietà e che le politiche
recenti, hanno umiliato, diviso e reso succubi di un mercato del lavoro
con sempre meno tutele e diritti. È soprattutto per loro che dobbiamo
ricostruire un orizzonte socialista.
Il
nostro ruolo è portare nella politica attuale, tutta legata alle
convenienze dei singoli governi ed alla loro breve esistenza, la
programmazione dell’economia, tanto cara a Riccardo Lombardi. Per fare
questo, il movimento che stiamo costruendo deve portarci quanto prima a
ricostruire un Partito socialista stabilmente collocato a sinistra. E
dovrà essere, penso, un partito che riparte anche dalle intuizioni di
Giacomo Mancini della seconda metà degli anni ’60, che, quando noi
socialisti eravamo alla guida del Paese, sosteneva che le nostre scelte
politiche non potevano essere imposte dall’alto ma dovevano essere
elaborate tenendo conto delle trasformazioni della società e dei
problemi delle nuove generazioni.
Se
vogliamo esistere e crescere come partito dobbiamo pensare ad una
politica coraggiosa e seria rivolta alle nuove generazioni di
lavoratori, coinvolgendole in prima persona nell’indicarci i nodi da
risolvere e la strada da seguire, elaborando, a partire dalla nostra
storia politica gli strumenti necessari a dare delle risposte adeguate.
Sono settori di lavoro che noi, dobbiamo essere onesti, non conosciamo
davvero perché sono nati e si sono sviluppati negli ultimi vent’anni, ma
sono queste le frontiere del nuovo socialismo. Io sono sicuro,
compagni, che ce la possiamo fare. Avanti!
Marco Zanier (Intervento all’assemblea “Socialisti in movimento” del 12/03/2017)
dal sito Comitato Socialista per il NO
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