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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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domenica 28 gennaio 2018

GIARRUSSO, POTERE AL POPOLO E… DON RAFFAÈ!




di Lorenzo Mortara


«Potere al Popolo o ai mafiosi?», si chiede una cima siderale nel firmamento a Cinque Stelle, tale Mario Michele Giarrusso. Abolire l’ergastolo significa per lui liberare mafiosi stragisti. In questa maniera, l’abolizione del 41/bis, come pretendiamo noi, diventa in pratica applicare il Programma del Papello di Totò Riina


Come tutti coloro che hanno i paraocchi, Giarrusso vede solo una parte delle cose e mai l’insieme. Il guaio non è tanto che non veda il Programma di Potere al Popolo nella sua interezza, ma che non veda nemmeno al completo quello dei Cinque Stelle. Nel Papello di Riina c’era l’abolizione del 41/bis per i mafiosi e in pratica solo quello, non c’era invece come c’è nel Programma di Potere al Popolo o di Sinistra Rivoluzionaria, l’abolizione progressiva anche del carcere e del decreto genocida Minniti, la riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore, l’abolizione del Jobs Act e del precariato, della Legge Fornero e di tutte le privatizzazioni che hanno messo sotto ricatto perenne della mafia tutto il Sud Italia. È l’inclusione sociale l’unica vera arma contro la mafia, non il bastone, tanto meno la tortura legalizzata. È per questo che sotto il capitalismo non si riuscirà mai a sconfiggere la mafia, perché è un modo di produzione troppo escludente per sconfiggerla. Il capitalismo, società divisa in classi, crea e ricrea sempre il brodo di cultura in cui la mafia si genera e rigenera.


Inoltre, nel Papello di Rina, ed è questa la cosa decisiva, non c’era soprattutto l’abolizione del 41/bis per i NoTav, per i combattenti di classe e per tutti i prigionieri politici del proletariato che sono la maggioranza delle persone contro cui è davvero diretto il 41/bis. Perché contro i lavoratori e i loro rappresentanti, la Legge si applica in maniera spietata, contro padroni e mafiosi si interpreta liberamente a Campari e caffè, secondo il tacito codice del 41/tris di quell’uomo sceltissimo e immenso di Don Raffaè. E per un mafioso che finisce sotto il 41/bis, ci sono 10 proletari che sostituiscono gli altri che restano a piede libero, o per grazia ricevuta dalla Signora Giustizia come Andreotti, o per l’indulgenza dei Procuratori alla Grasso che chiudono un occhio perché l’altro è già aperto e spalancato verso la poltrona della loro fulminea carriera ministeriale. E non sia mai che aprendolo, scontentino qualcuno che gliela potrebbe intralciare.


È verissimo invece che tutto questo nel Programma dei Cinque Stelle non c’è. Di Maio, infatti, sta facendo il giro delle 7 Chiese per rassicurare papi, ricchi e potenti che non ce l’ha con loro, e di conseguenza se la prenderà con i soliti: i poveri. E quando ci si prostra ai piedi delle 7 chiese, ci si prostra anche alla mafia che, se Giarrusso non l’ha ancora capito, non è altro che la loro Perpetua.


Stazione dei Celti
Domenica 28 Gennaio 2018


sabato 27 gennaio 2018

IL POPOLO LA RIFORMA IL POTERE: UN DISCORSO RIVOLUZIONARIO - di L. Mortara

 

di Lorenzo Mortara

Arrenditi Cimino
I t'hann ciapa…
seet circundàa ♬



Langue il dibattito a sinistra del centro sinistra in vista delle prossime elezioni. Sembra che per tirare l’acqua al proprio mulino, sia meglio evitare discussioni e non rispondere alla critiche. Tra i pochi che ci provano, senza ricorrere al metodo di dividere il campo, già abbastanza ristretto, in settari e unitari, prendiamo in considerazione il Compagno Sergio Cimino, sostenitore di Potere al Popolo, perché il suo articolo, Il discorso sul potere, pubblicato su La Città futura, ci sembra emblematico di un modo che non condividiamo di approcciare la crisi di rappresentanza del mondo dei lavoratori. Cimino prova a rispondere alle principali critiche mosse alla nuova lista, imbastendo la difesa arroccandosi su tre parole: popolo, riforma e potere.

venerdì 26 gennaio 2018

A PROPOSITO DI MIGRAZIONI di Norberto Fragiacomo




A PROPOSITO DI MIGRAZIONI 
di 
Norberto Fragiacomo

Non occorre risalire fino all’antica Roma o ai tempi di Genghis Khan per reperire esempi di migrazioni dagli effetti dirompenti se si tiene a mente che l’essenza di ogni fenomeno migratorio è l’abbandono (spesso forzato, sempre traumatico) da parte di un gruppo umano dello spazio vitale originario - in estrema sintesi: una perdita. 

mercoledì 24 gennaio 2018

POTERE AL POPOLO: INTERVISTA A VIOLA CAROFALO di Maurizio Zaffarano


POTERE AL POPOLO: INTERVISTA A VIOLA CAROFALO di Maurizio Zaffarano




Ciao Viola anzitutto grazie per la tua disponibilità a questa intervista. Prima domanda: chi è Viola Carofalo? In breve puoi descrivere la tua storia personale e politica? Sarai candidata?

La mia storia politica e personale non è molto diversa da quella di tutti i militanti e gli attivisti di Potere al popolo: non ho un lavoro stabile; nello specifico sono ricercatrice precaria in filosofia all'università; ho militato per anni nei collettivi universitari, nelle occupazioni di spazi da dedicare alle attività sociali in città a fianco dei disoccupati, dei lavoratori e degli immigrati, e ho sempre partecipato ai cosiddetti movimenti “antagonisti”, che avevano come scopo quello di costruire e di proporre un’alternativa a quei cambiamenti della società, che si sono avverati negli ultimi vent'anni.
Per quanto riguarda la candidatura: no, non sarò candidata. Abbiamo dovuto scegliere un capo politico perché questa legge elettorale ce lo ha imposto; la scelta è caduta su di me, e ne sono felice; ma proprio per scardinare la logica personalistica delle elezioni politiche, abbiamo ritenuto opportuno che il capo politico non fosse anche candidato.

La Sinistra di Alternativa manca in Parlamento da dieci anni. Al di là degli errori e dei limiti dei dirigenti della Sinistra Radicale e d'ispirazione Comunista non pensi che ciò sia dipeso soprattutto dalla marginalità che nella cultura diffusa, nel senso comune hanno ormai le istanze di Sinistra? Cioè se parli con i giovani, con i precari, con i disoccupati, con i lavoratori poveri – a causa dell'enorme potere di persuasione esercitato dai media - si percepisce che per la maggioranza di loro questo mondo è l'unico mondo possibile, che non esiste altra strada alla competizione di tutti contro tutti, che le disuguaglianze, i super profitti, le super retribuzioni dei manager e delle star dello sport e dello spettacolo è la normalità. Che interessa di più l'ultimo modello di smartphone o di capo firmato che avere politiche egualitarie ed efficaci per il lavoro o la casa o la salute. E che la soluzione ai loro/nostri problemi non è il controllo collettivo e popolare sull'economia ma, di volta in volta, la guerra ai migranti, ai “vecchi” che con i loro privilegi avrebbero compromesso il futuro dei giovani, alle tasse, al debito pubblico, alle inefficienze e agli sprechi delle istituzioni pubbliche.

Se le cosiddette “istanze di sinistra” sono diventate marginali nella cultura di massa, questo è dipeso piuttosto dalle scelte di quella sinistra politica che negli ultimi anni, purtroppo, non ha fatto altro che rincorrere le scadenze elettorali. Io credo che sia necessario fare una distinzione, a proposito di questo argomento: dobbiamo distinguere, infatti, una rappresentazione delle istanze tradizionalmente di sinistra, che non ha trovato spazio nel discorso politico e massmediatico degli ultimi anni, e un sentimento “di sinistra” che invece accomuna molte persone che sono disposte a mettere tempo ed energie a disposizione, per portare avanti pratiche volte a scardinare il razzismo, il classismo, e insomma l’imbarbarimento che chi ci ha governato, negli ultimi anni (di qualsiasi “colore”) hanno cercato di incoraggiare con le loro scelte politiche. Considerato questo presupposto, è tuttavia vero che tra le classi popolari di questo paese si registra un tasso di rassegnazione enorme, che porta molte persone ad accettare le cose per come stanno. Questo senso di rassegnazione, però, si combatte proponendo pratiche diverse: progetti di mutualismo che oltre a risolvere un problema immediato (l’accesso ai servizi sanitari, il doposcuola, la raccolta di vestiti, o la consulenza legale per il diritto al lavoro), “educhi” quante più persone possibile, a rivendicare i diritti, chiederne di nuovi, e organizzarsi per cambiare realmente le cose, secondo quelle che sono le necessità che possono cambiare da territorio a territorio, da situazione a situazione. Potere al popolo ha proprio questo scopo: rafforzare questo tipo di coraggio, che esiste ma che troppo spesso non trova il il giusto spazio per esprimersi.

lunedì 22 gennaio 2018

ANCORA UNA VOLTA MARX CONTRO KEYNES di Lorenzo Mortara





ANCORA UNA VOLTA MARX CONTRO KEYNES
di Lorenzo Mortara



 Non c'è scampo, non fai tempo a leggere un post decente sul debito, per esempio quelli ottimi del compagno Palermo, che subito interviene il neokeynesiano a protestare. 
 Non servono le tasse, dice la cantilena, lo Stato può tranquillamente finanziare il deficit stampando dal nulla la sua moneta, se solo questo sciagurato non si fosse fatto scippare la sovranità monetaria. Tale teoria, ammesso si possa annoverare tra le teorie, è veicolata con tale sicumera e violento sprezzo dei poveri ignoranti che anche noi vecchi dogmatici marxisti, che credevamo di aver ormai acquisito i diritti d’autore per le polemiche al vetriolo, al cospetto dei keynesiani odierni, dobbiamo ammettere di essere ridotti ormai a roba da libro Cuore
Stupisce tanta sicumera, tanto più che non serve leggere né Marx né nessun altro per scorgervi dietro, più che l’aggiornamento di Keynes, la riedizione ancora più comica della truffa del Gatto e la Volpe nella favola di Pinocchio. Lo Stato è la pianta che fa crescere i soldi, e più che la sovranità, dovremmo recuperare l’infanzia per tornare a credere alle favole di Collodi.
Lo Stato in questione qui, è lo Stato Dio, al di sopra di tutti, perché ignorando totalmente l’esistenza delle classi sociali, non ci si immagina neppure che lo Stato sia molto più terra terra e sia cioè uno Stato di classe, borghese e capitalista. E in fondo tutti gli errori dei nuovi fanatici di Keynes discendono da qui. 
 Tuttavia, tralasciando per un attimo un piccolo, gigantesco dettaglio come questo, in termini di economia marxista, cioè di “economia reale”, dell’unica teoria economica capace di spiegare la realtà, che significa creare dal nulla la moneta? 

mercoledì 17 gennaio 2018

LE (O)MISSIONI DI PACE? di Giandiego Marigo










LE (O)MISSIONI DI PACE?
di Giandiego Marigo




Occupati come siamo a preoccuparci di sacchetti biodegradabili e di sinistre possibili più o meno frantumate e frastagliate, mentre inseguiamo i capricci di questo o quel leaderino più o meno carismatico, ci sfugge, a volte, la sostanza di una guerra immanente, di un insulto reiterato che rinnega il dettato costituzionale con l’articolo 11 della nostra costituzione che mai come oggi è vituperato, irriso ed aggirato.
Sto ovviamente parlando delle sin troppo numerose “missioni di pace” che sono poi, diciamolo interventi di polizia e d’invasione travestiti ed ipocritamente celati dietro sigle di comodo quali NATO ed ONU e UNIFIL.
Dal punto di vista “parlamentare” siamo ai limiti e forse li superiamo, piegando le regole all’esigenza della politica della Paura.
Il governo Gentiloni, nonostante sia, di fatto dimissionario, come per altro tutto il parlamento, non solo rifinanzia gli interventi in corso ma se ne inventa altri quali , per esempio, quelli in Niger e Tunisia.

domenica 14 gennaio 2018

2018: A 50 ANNI ESATTI DAL ’68 di Lorenzo Mortara




2018: A 50 ANNI ESATTI DAL ’68
di Lorenzo Mortara



Il 2017 contava cent’anni dalla Rivoluzione d’Ottobre; il 2018 ne conta la metà, 50 anni esatti, dal 1968, l’anno più bello del Secolo Breve. Una “carnevalata” ebbe a definirlo l’ex fascista, ex pedofilo Montanelli, il più grande tra gl’inutili ex giornalisti postumi. Un anno davvero prodigioso e memorabile per la Storia che ha giustamente scaricato nella sua pattumiera tutti gli altri a venire. La Storia non ha particolari problemi a ricordare emeriti coglioni come Hitler, Stalin e Mussolini, ma non ha pietà per gli ignavi, e se non fosse per la ridicola sicumera degli storici, i più ignavi tra gli ignavi che le tocca sopportare sul groppone, dimenticherebbe anche quelli.

Il ‘68 fu un anno talmente memorabile che durò grosso modo dieci anni e cominciò addirittura nel ’66 o ancora prima. Mise il terrore nei padroni, cacciò indietro il profitto con grande gioia dei salari, liberò le scuole dall’occupazione abusiva di presidi e professori, tirò i sampietrini ai poliziotti, spesso centrandoli assieme ai poeti che ne rimasero per sempre storditi, mise a cuccia la violenza pareggiandone parecchi torti, separò la fantasia dal potere come si separa la testa da chi vuol governare sempre coi piedi, se la rise sotto i baffi di tutte le controrivoluzioni sottoculturali d’Oriente come d’Occidente, regalandoci, di vero e genuino, oltre ai vari gruppi di rivolta come le Black Panther in America, il Movimento ‘77 da noi e le primavere sovietiche ad Est, i cantautori, la beat generation, le radio libere, gli hippy, la liberazione sessuale, la nouvelle vague e il situazionismo che ne furono due poderosi anticipi, e in più tantissima altra umanità varia e originale.

venerdì 12 gennaio 2018

EDGAR L. MASTERS È UN’ALTRA COSA

EDGAR L. MASTERS È UN’ALTRA COSA
In un fumo di polvere un’anima già grigia ci vedeva solo un arido interminabile inverno le mancava del tutto la forza per scorgervi i riccioli neri pendenti dalla gonna più bella e frusciante che sospesa a mezz’aria danzava nel vento mentre segnava il passo del Toor-a-Loor Oggi è lo stesso, nulla davvero è cambiato Tu cosa vedi per le strade di Roma? Nostalgici in parata come gli affumicati dalla polvere o un tristo corteo di semafori verdi? E perché una Testa più rossa di Sammy ma meno arrugginita che ha già disintegrato miliardi di violini e ancora rischia di restare suonata ci vede solo una Little-Fake-Union che non combatte e se ci vedesse dell’altro sarebbe cieca proprio come la bolla di fumo che infiamma le tue pupille? Oh voi illusi che ancora sognate di risvegliarvi sulla collina: miliardi di violini si ricomporranno al tramonto in concerto e suoneranno per voi a notte fonda uno stridor di rimpianti se non capirete che per mettere veramente a fuoco uno scatto bisogna prima saper coglier, nell’attimo, l’intera sequenza! Edgar L. Masters
La Nuova Spoon River 2018



lunedì 8 gennaio 2018

POTERE AL POPOLO E IL CONGRESSO CGIL di Lorenzo Mortara






POTERE AL POPOLO E IL CONGRESSO CGIL 
di Lorenzo Mortara



Potere al Popolo (PaP) dice che il 4 Marzo è solo l’inizio e che proseguirà in ogni caso perché il suo orizzonte non è meramente elettorale. Bene, anzi ottimo, ma al di là dei dubbi più che fondati che un apparato in cerca solo di poltrone come è quello di Rifondazione possa proseguire in caso di sconfitta, il che tra parentesi è l’ultimo dei problemi, anzi nel caso sarebbe proprio una fortuna, cosa c'è dopo il 4 Marzo?

Sostanzialmente l’appuntamento fondamentale dopo il 4 Marzo è il Congresso, presumibilmente in autunno, della CGIL. Che posizione intende prendere PaP al Congresso della Cgil? Perché nel programma si parla giustamente dei trent’anni di politiche di centro-destra come di centro-sinistra che hanno massacrato i lavoratori, ma non si accenna manco di striscio al ruolo nefasto giocato in tutto questo tempo dalla burocrazia della Cgil, che ha accompagnato questo processo firmando pressoché tutti i contratti di restituzione (ultimo il contratto ridicolo del pubblico) oltreché tutti i protocolli dei vari governi, dallo smantellamento della scala mobile del 1993 al pacchetto Treu del 1997 e così via. E quando non ha firmato, si è opposta con 3 ore di sciopero finto come nel caso della Legge Fornero, oppure con un’inutile raccolta firme come nel caso del Jobs Act.
Nel 2014 la Cgil andò a Congresso sulla base di due documenti-programma: quello di maggioranza firmato dalla Camusso con emendamenti finti di Landini (perché tutti sapevano che non sarebbero mai passati), e quello di minoranza di Cremaschi-Bellavita-Como che si presentò col nome coraggioso di Il Sindacato è un’altra cosa -Opposizione Cgil-.

domenica 7 gennaio 2018

I COMPITI A CASA DELLA SINISTRA POPOLARE di Norberto Fragiacomo





I COMPITI A CASA DELLA SINISTRA POPOLARE
di
Norberto Fragiacomo



Per quanto appena partita, la campagna elettorale 2018 ci ha già proposto l’assaggio di inverosimili promesse da marinaio, nessuna delle quali verrà mantenuta, e un carnascialesco affollamento a “sinistra”, ammesso che si possano ascrivere a una generica area progressista il PD renziano sfacciatamente padronale, un partitello d’ispirazione analoga, ma che surroga la sfacciataggine di Renzi con l’aristocratico “buonismo” della Boldrini (Liberi e Uguali), e la pattuglia ultraliberista, atlantista e sorosiana raccolta intorno alla Bonino, cui il versatile Tabacci ha doverosamente offerto una corsa in taxi per il Parlamento.

Poco spazio residuerà per le voci autenticamente critiche, che saranno sommerse dalla canea riformistico-europeista e dal suo approssimativo contraltare; cionondimeno le forze popolari dovranno utilizzare lo spiraglio concesso da una campagna elettorale altrimenti inutile per inviare un messaggio chiaro ai cittadini prima che agli elettori. Vano sarebbe soffermarsi su piccole, sconce vicende di cronaca: tocca costruire il futuro, non rammendare un logoro presente. Si riparta allora dalla Costituzione, strenuamente difesa un anno fa dagli italiani, per pretendere che la sua prima parte – quella che assicura diritti – venga finalmente attuata: “basterebbe” questo a far cadere le innumerevoli controriforme (del lavoro, della sanità, della scuola ecc.) che, nell’ultimo ventennio, hanno riportato la condizione di famiglie e lavoratori italiani a quella degli anni ’50. 

martedì 2 gennaio 2018

I 59 ANNI DELLA RIVOLUZIONE CUBANA di Lucio Garofalo






I 59 ANNI DELLA RIVOLUZIONE CUBANA
di Lucio Garofalo



Dopo gli eccessi degli ultimi giorni, le feste non sono affatto terminate. Oggi, 2 gennaio 2018, si celebra il 59° anniversario della Rivoluzione di Cuba. 
Il giorno di Capodanno del 1959 cambiò radicalmente il corso della storia dell'America Latina, che fino a quel momento aveva vissuto soprattutto in uno stato di subalternità cronica agli Stati Uniti d'America, di povertà materiale e degrado delle classi popolari, disuguaglianze e sperequazioni sociali enormi, privilegi assurdi ad esclusivo vantaggio delle élites dominanti. 

Dopo oltre mezzo secolo di progresso civile e culturale, Cuba può vantare il primato della più bassa mortalità infantile di tutto il continente americano, inclusi Stati Uniti e Canada. In oltre mezzo secolo, la CIA ha posto in essere ogni strategia possibile per destabilizzare, frenare, compromettere o sabotare i progressi notevoli della Rivoluzione castrista: diversi tentativi per assassinare il leader Fidel, un lungo embargo economico-commerciale, una incessante e martellante campagna di disinformazione e di speculazione propagandistica, una subdola e feroce reazione imperialista ed eversiva sul fronte politico internazionale, senza sortire gli esiti desiderati. 

Considerando la macabra ed oscura storia del continente latino-americano, vista l'arretrata situazione della società cubana prima della Rivoluzione, non c'è dubbio che il regime castrista abbia vinto le secolari piaghe dell'analfabetismo e della povertà estrema che affliggevano ed infestavano la società cubana pre-rivoluzionaria. Cuba può vantare i migliori ospedali e le migliori scuole pubbliche di tutto il continente latino-americano. Sfido chiunque a smentire dati incontrovertibili, assai noti alla parte intellettualmente più onesta ed informata dell'opinione pubblica mondiale. Il governo di Fidel e del fratello Raul, ha sempre dimostrato una particolare attenzione ed efficacia verso le tutele di carattere sociale: il diritto alla casa, al lavoro, alla dignità, all'istruzione ed alla sanità pubbliche, rappresentano conquiste preziose garantite ai cittadini e sono un merito storico indiscutibile, da ascrivere alla Rivoluzione. 
Da questo punto di vista, la realtà sociale cubana fornisce un'esperienza storica all'avanguardia.



martedì 26 dicembre 2017

DIRITTI CIVILI PER POLLI DA ALLEVAMENTO di Norberto Fragiacomo





DIRITTI CIVILI PER POLLI DA ALLEVAMENTO
di 
Norberto Fragiacomo


                                     
Sono sinceramente lieto dell’approvazione, da parte del Parlamento nazionale, della legge sul testamento biologico, e del pari mi rallegrerei se venisse finalmente disciplinata la delicata materia dell’eutanasia: ritengo infatti che ad ogni essere umano vada riconosciuta la “proprietà” della rispettiva esistenza, pur condivisa – nei fatti – con destino, malattie, volontà altrui e accidenti vari.

Mi domando, però, se non sia paradossale che a uomini ormai spogliati di ogni bene venga concessa – come premio di consolazione? – la facoltà (limitata e condizionata, peraltro) di decidere solamente della propria dipartita, del momento cioè in cui il loro valore economico-produttivo si azzera.
Assistiamo, d’altra parte, a un faticoso quanto esaltato progresso dei diritti civili proprio mentre i diritti sociali – quelli dei vivi – stanno lasciando questo mondo occidentale.Un tanto non è frutto del caso: al regime imperante piace mostrarsi munifico, sempreché il dono non gli costi nulla. Quando invece sono in palio interessi concreti la logica inesorabilmente si capovolge: tocca ai cittadini dare del loro, senza contropartita.

Il sistema politico-economico capitalista veste volentieri, semel in anno, l’uniforme di gala, che agli occhi di masse sapientemente dirette lo fa apparire seducente e “democratico”, ma è l’insulso baccanale di un giorno solo: sotto la livrea indossa sempre una tuta da lavoro imbrattata di sangue, sporcizia e lacrime. L’affermazione di diritti civili spesso discutibili e “antisociali” (perché disgregatori dello spirito comunitario) è profumo dolciastro che copre il lezzo di cancrena, mano di vernice su una parete lesionata e prossima al crollo: l’intima essenza del capitalismo del XXI° va ricercata altrove.

Dove? Nei ritmi da miniere ateniesi imposti da Amazon, nei licenziamenti facili dell’Ikea, negli ukase dittatoriali di O’ Leary, l’unico “pilota” garantito di Ryanair. Negli ambienti di lavoro le tecnologie del duemila convivono con modalità di sfruttamento e mentalità ottocentesche: il dipendente potrà forse stabilire quando morire (possibilmente in un periodo di scarsa domanda), ma non quando andare alla toilette.
La vita cede il passo alla produzione, che trasforma il lavoratore in risorsa degna di restare al mondo finché funzionante.

In fondo si tratta della medesima logica che sta alla base degli allevamenti intensivi di polli e altri animali commestibili: quando osserviamo impietositi o scandalizzati quegli infelici agonizzare chiusi a decine in spazi angusti e perennemente illuminati da lampade elettriche dovremmo realizzare che non siamo di fronte a compiaciuto sadismo, ma ad un’asettica esaltazione della tecnica moderna. La carne a basso costo e magari adulterata degli instrumenta semivocalia serve ad alimentare gli instrumenta vocalia, cioè noi tutti: indignarsi è vano, tanto le galline quanto la stragrande maggioranza degli umani sono null’altro che strumenti di profitto, e come tali vengono trattati. Domani toccherà agli insetti, che hanno l’inestimabile pregio di essere in numero pressoché infinito e di costare niente.

La sua vera faccia il Capitale la mostra negli stabilimenti più avanzati e nei lager che riforniscono i supermercati: è questo il sostrato, il basamento su cui poggia la società odierna. La pretesa di “riformarla” è perciò assurda, a meno che non ci si contenti (come fa certa pseudo-sinistra) di spargere un po’ di belletto sul suo volto grifagno.
Per chi oggi governa il mondo noi siamo utensili (come lavoratori) e merce (come consumatori): se vogliamo tornare ad essere uomini e donne dobbiamo scavare in profondità, abbattere la prigione imbiancata e innalzare un edificio di nuova concezione. Ogni strada alternativa conduce al punto di partenza, cioè ad una servitù ingentilita, ben che vada, da modiche quantità di “diritti civili”.
Anche col biotestamento firmato sotto il braccio restiamo polli ammassati in un metro quadro.



mercoledì 6 dicembre 2017

DICIOTTO MILIONI di Giandiego Marigo







DICIOTTO MILIONI
di Giandiego Marigo




18.000.000. Scritti così fanno meno impressione? Sono gli italiani a rischio povertà ed esclusione … conosco sin troppo bene l’argomento.
Il 30% della popolazione totale, guarda il caso, in aumento notevole , quasi tre punti percentuali dall’anno precedente, ma si sa uscendo dalla crisi capita di perdere qualcuno … suvvia!
Si narra d’una uscita dal tunnel, di un aumento della “disponibilità” delle famiglie, di una diminuzione della disoccupazione. D’un aumento, fantomatico, delle famiglie “benestanti”, i numeri però ci riconsegnano un amento reale dei poveri e degli “isolati”.
Un aumento considerevole dell’indice di Gini che marca la “forbice” fra abbienti e non, che colloca il nostro paese al ventesimo posto in Europa … molto indietro rispetto alla media. Fra gli ultimi!

domenica 3 dicembre 2017

LA MOLESTIA QUOTIDIANA DELLE “FAKE NEWS” di Norberto Fragiacomo







LA MOLESTIA QUOTIDIANA DELLE “FAKE NEWS”
di
Norberto Fragiacomo
I media italiani - e non soltanto loro - paiono, di questi tempi, aver messo da parte ogni pudore: dopo essersi profusi in geremiadi per l’affaire Anna Frank (cioè per l’idea balzana concepita da quattro giovinastri di sfottere i “nemici” romanisti stampando l’immagine della povera ragazza assassinata in un Lager nazista), si sono sbizzarriti nel pubblicare notizie fasulle ai danni di quelle autentiche, sistematicamente occultate.

Quanto si parla della schiavitù salariata in Amazon e Ikea? Lo scrivo con amarissima ironia: il minimo sindacale. In compenso, assistiamo a un proliferare di trasmissioni dedicate al tremendo pericolo delle fake news trumpian-putiniane e a una continua, proterva riproposizione del chiacchiericcio/gossip sulle “molestie sessuali” novecentesche.

Andiamo con ordine, anche se i due temi sono interconnessi: per un giornalista onesto (Travaglio) che chiama le c.d. fake news col loro nome, cioè balle, e annota che sono sempre esistite, c’è una pletora di mestieranti che ostentano candido e indignato stupore per questa diabolica invenzione di mr. Trump – il bieco serpente che attenta alla castità della libera informazione.

Ci sarebbe da sganasciarsi per la scoperta dell’acqua calda (del fatto, cioè, che il giornalismo sconfina sovente nella propaganda più becera, e che certa politica trova in quest’ultima la migliore alleata), ma purtroppo in quell’acqua siamo quotidianamente immersi, e rischiamo di scottarci – se non di bollire vivi. Rammentiamolo allora, una volta per tutte: le false notizie, vale a dire le menzogne, sono indispensabili al potere, perché utili a tenere le masse in uno stato di minorità e soggezione, oltre che a condizionarne la condotta - come abbiamo appreso alla scuola elementare, nessun problema (matematico o economico/sociale) può essere risolto se non si dispone di dati precisi. Donald Trump ha mentito al proprio elettorato, rappresentando un mondo e un futuro diversi da quelli reali o (da lui) auspicati? Sicuramente, ma altrettanto vale per i suoi predecessori: possiamo risalire fino a Ramses II, che eternò nella pietra il mito di Qadesh, trasformando un sanguinoso “pareggio” in un trionfo del faraone dai capelli rossi, ancor oggi ricordato come il più grande fra i sovrani egizi. Immortale potenza di psyops

giovedì 2 novembre 2017

OLTRAGGIO ALLA CATALOGNA di Norberto Fragiacomo




OLTRAGGIO ALLA CATALOGNA
di
Norberto Fragiacomo



Alcuni giorni fa ho rilanciato, sulla mia pagina Facebook, “Omaggio alla Catalogna” di Giorgio Cremaschi, un post in cui il glorioso leader sindacale riprendeva la sinistra pedante - sempre alla ricerca di rivoluzioni da manuale - provando a ricordarle che le c.d. rotture di sistema avvengono alle condizioni e nei luoghi più impensati, che i moti popolari mischiano sovente rivendicazioni schiettamente borghesi ad altre più avanzate, che una dose di ambiguità e contraddizioni è fisiologica; che, in ogni caso, «lo stato confusionale dei poteri forti UE» dinanzi alla vicenda catalana «dimostra che la rottura c’è», e dunque la causa di Barcellona va sostenuta. Citando una frase napoleonica spesso ripetuta da Lenin (on s’engage, et puis on le verra) Cremaschi ha inteso dire che quasi sempre i primi passi sono al buio, ma vanno fatti – perché l’alternativa è l’immobilismo, l’attesa beckettiana di un’irrealistica insurrezione perfetta.
Condivido l’analisi e l’appello, ma la reazione al post di stimati compagni (più dell’ozioso chiacchiericcio che intasa la rete) suggerisce che la mia posizione, all’interno della c.d. estrema, è controversa e forse manco maggioritaria.
Quali obiezioni vengono mosse alla visione cremaschiana, che mi risulta coincidere con quella di Risorgimento Socialista? Le esternazioni anti-indipendentiste sono riconducibili a due posizioni diverse: la prima è quella di coloro che tacciano i catalani di avarizia, perché vogliono tenersi la ricchezza prodotta in loco tutta per sé, senza spartirla con i poveracci dell’Andalusia o dell’Estremadura – il movente dell’indipendentismo sarebbe insomma grettamente economico, i suoi fautori borghesi meschini e “di destra”. La seconda tesi è più articolata: si dubita della genuinità del movimento e lo si ricollega ad oscure trame di destabilizzazione europea. Assisteremmo all’ennesima “Rivoluzione colorata” di marca sorosiana.

mercoledì 18 ottobre 2017

OTOBRE DEL '17 di Norberto Fragiacomo




OTOBRE DEL '17
di Norberto Fragiacomo


Per finta otobre, iera za novembre:
le siole sbrissa su canai de iazo
a Pietrogrado e dapertuto neve
sora la grande Russia inzenociada.

Croste de pan in tasca in brazo 'l s'ciopo:
el povaro mugico va a l'assalto
incontro a un incubo de fogo e fero;
ma ormai de pope e zar più no 'l se fida.

L'Europa xe un'atomica[1] che fis'cia,
ma drento resta a boir solo i vanzumi
de classi macelade tute intiere
per el profito de chi fa canoni

impinindose 'l cul col patriotismo.
Tremàz pei altri, bombe e la spagnola.
L'apostolo xe in pase con se stesso:
vignirà 'l tempo, 'l cambia la bandiera

col tricolor o l'aquila prussiana,
chè quela rossa servi pei comizi
o tut'al più per ingrumar careghe.
Nissun se speta quel che nassi in Russia,

indove un omo dialoga col Libro,
inveze de dir frasi a papagal.
El Volga imenso de l'infanzia scori
fra boschi zali verso un mar distante,

ma tanto più lontan lo ga sbatudo
fin dentro busi indegni la sua fede
soborghi sbrindelosi e biblioteche
con zinque tomi e do letori in crose;

e adesso finalmente 'l torna a casa,
con l'idea mata de riscriver tuto
contro partito, Storia e mezo mondo.
Solo un Leon pol starghe 'lora al fianco.

Le guardie un fiume rosso ne la note,
po Aurora spunta vizavì 'l palazo.
El sol de l'avenir? Resta un miragio
in quei ani che va come balini

perché sveiarli - i omini - xe dura
e intivar strade nove no xe un witz.
Lenin ga furia, ma 'l sa ben che l'Alpe
no te la vinzi a gratis co' una corsa,

e 'sta montagna xe talmente impervia
che la zima sbiadissi ne la sera.
La via pe'l Socialismo ancora longa
la ga scurtada Stalin per decreto:

aerei gaver conta, e boni cari,
industrie che funzioni – ‘l proletario
diventa insieme una legenda e un servo,
bon a crepar sui campi de batalia

come ‘l fazeva ai tempi de Nicola.
Xe ndà tuto in malora, me ricordo,
ma ‘l mondo ogi xe pezo, senza l’URSS
e ciama ‘l cortigiàn “democrazia”

rapina, trufa, guera e s'ciavitù
(ma grazie al cielo pol sposarse i gay).
No xe rivado sul traguardo Lenin,
e pur la direzion la iera giusta.

Viva l’Otobre e la Rivoluzion!







[1] Niente paura: in dialetto triestino la “atomica” è semplicemente (e curiosamente) la pentola a pressione!


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