VIAGGIO
POLITICO - SENTIMENTALE NELLA GRECIA DI TSIPRAS
di
Sara Palmieri
Quest’anno
per le mie vacanze ho scelto la Grecia.
Una
scelta fatta non solo per l’amore che da sempre mi lega a questa
nazione, grazie ai miei studi classici e all’ antica origine
magnogreca, essendo io calabrese (la terra rossa e gli ulivi nei
dintorni dell’aeroporto di Atene sono gli stessi della mia Lamezia,
e non solo quelli).
Ma anche sull’onda emotiva e le forti speranze
che l’elezione di Alexis Tsipras e di Syriza hanno suscitato in me,
ormai quasi rassegnata a questo insano e diffuso stallo
politico-sociale.
Finalmente la sinistra come non se ne vedeva da
tempo in Europa.
Un leader giovane ma formato su filosofie marxiste
e leniniste, quelle che si vuole far credere siano superate, obsolete
e fuori moda, sinceramente vicino alle fasce deboli della popolazione
(e i suoi primi provvedimenti lo hanno ampiamente dimostrato), di
rottura con le politiche neoliberiste e capitaliste che stanno
affamando i ceti deboli e ingrassando i poteri forti delle banche e
delle grandi multinazionali e alcune nazioni a discapito di altre.
Il tipo di Europa unita in cui ho sempre creduto e
che vorrei fosse ancora realizzabile, è stato declinato secondo una
logica prettamente e furbescamente economica, dove a contare è solo
la finanza dei potenti e dei potentati, irrispettosa del benessere e
dei diritti elementari - lavoro, salute, famiglia, istruzione - di
gran parte dei suoi cittadini, con la paradossale parabola di un
generale e diffuso arretramento pre-ottocentesco e il rischio –
nella guerra tra poveri già in atto - di derive orribilmente
classiste e xenofobe.
Se non arriveremo mai agli Stati Uniti d’Europa
sarà anche perché questa impostazione di Europa non può portare da
nessuna parte, anzi – se continua così – non potranno che
scatenarsi guerre fratricide interne, a colpi di bancomat e di chissà
quali altre astuzie contabili, rendendoci odiosi e invisi gli uni con
gli altri.
Alexis Tsipras ha rappresentato fino al giorno del
referendum greco – ma io spero la rappresenti e lo sia ancora –
una speranza, il faro nella notte, l’occasione per una svolta
diversa, per l’altra Europa, quella che rimette al centro l’uomo
e i suoi bisogni, la qualità della sua vita, valori come
l’uguaglianza e la solidarietà, l’ambiente, il paesaggio, le
tutele del lavoro, della salute, delle stesse libertà per le quali
le generazioni che ci hanno preceduto hanno affrontato dure lotte
interne e guerre terribili, mettendo a repentaglio la loro stessa
vita, l’unica che gli era concessa.
Il popolo greco ha colto le capacità e la
sincerità del leader, ne ha condiviso la prospettiva, e Syriza, un
partito che è riuscito nella titanica impresa (mission impossible
in Italia) di dare unità ad una serie di sinistre dai distinguo
a volte impercettibili, è stato in grado, nel giro di pochi anni, di
andare al governo, suscitando entusiasmo in molta parte d’Europa,
risvegliando le sinistre assopite e prone di altri Paesi, dando la
sensazione che un’altra declinazione di Unione Europea fosse ancora
possibile.
Il leader poi non è solo, è circondato da altre
personalità di rilievo, studiosi, professionisti ed economisti di
ampia e chiara fama, un’intellighenzia insomma capace e
preparata, in grado di contrastare il pensiero unico neoliberista che
impera nel continente.
Visitando Atene, il mio entusiasmo per questa
città e per il Paese è cresciuto a dismisura.
Atene è un museo a cielo aperto e il fascino
della sua storia millenaria ti avvolge ovunque. Camminare
sull’Acropoli o nell’Antica Agorà dove hanno passeggiato,
riflettuto, discettato Socrate Platone o Aristotele o nel Teatro di
Dioniso dove hanno rappresentato per la prima volta le loro tragedie
Eschilo, Sofocle o Euripide, è un’emozione indescrivibile che
ispira forza e potenza, fiducia nel genere umano.
Il Museo Archeologico Nazionale, dove, tra gli
altri reperti, è esposta la famosa Maschera di Agamennone
ritrovata da Schlimann o il Museo dell’Acropoli, così capace di
coniugare antico e moderno, non sono solo importanti lezioni di arte
e di cultura, ma anche di stile e di perfetta armonia ed
organizzazione degli spazi, luminosi, puliti, opportunamente
vigilati, dove il visitatore può seguire la linea ricostruita dei
fregi del Partenone o verificare, con l’originale della statua
della Kore col peplo ormai sbiadita e la copia a fianco
riprodotta con quelli che erano i suoi colori, la grandiosità
dell’opera e la straordinarietà dell’artista.
I quartieri Plaka e Monastiraki, nonostante
rappresentino soprattutto un circuito turistico, non hanno perso la
loro anima popolare che - se si vuole penetrare a fondo - si può
trovare nei non troppo lontani Mercati generali, magari pranzando
nella taverna Epiro, dove, prima di sederti al tavolo, una signora
gentile, che parla perfettamente italiano, ti fa vedere e scegliere
in cucina le pietanze, - sinceramente greche – spiegandoti gli
ingredienti e la cottura.
La città si gira comodamente a piedi grazie alle
linee di una metropolitana moderna, efficiente, puntuale, linda, dove
i reperti ritrovati durante la sua costruzione sono stati esposti in
teche e possono quindi essere ammirati anche da chi non può o non
vuole recarsi in un museo, creando di fatto un percorso didattico e
di diffusione della cultura squisitamente popolare.
La gente è molto cordiale, sempre disponibile,
pacifica e ho potuto assistere per strada a episodi di solidarietà
che in Italia sono diventati – come si suol dire - più unici che
rari.
Non si può nascondere il degrado di alcune zone,
né la presenza di persone disagiate, ma non più di quanto si veda
in città come Roma, Milano o Napoli o perfino nelle nostre città di
provincia, infinitamente più piccole di Atene. Atene resta comunque
una metropoli sicura.
Certo un soggiorno di sette giorni, sia pure
vissuto intensamente, non può fornire una visione ampia e corretta,
ma la sensazione è stata quella di trovarsi in una città aperta,
che si indaga profondamente, che vuole capire, confrontarsi, che non
ha smarrito i valori e che, nonostante le difficoltà, non ha perso
la sua umanità e il suo interesse genuino verso il prossimo.
In un’intervista, dopo l’esito del referendum,
da una piazza di Atene, Beppe Grillo – con il suo opportunistico
entusiasmo - tuonava su come la Grecia non c’entrasse niente con
l’Europa, che fosse più orientale che occidentale, forse anche per
la sua fede ortodossa.
Non è assolutamente vero. Certo un tratto
orientale è rimasto e la dominazione ottomana ha lasciato qualche
segno, ma Atene e la Grecia in generale sono profondamente europei.
E non potrebbe essere diversamente perché la
Grecia è la culla stessa dell’Europa, è là che tutto ha avuto
inizio.
I Greci sconfissero i Persiani già nello stretto
di Salamina e molti secoli dopo, anche con l’aiuto di francesi,
inglesi e russi, nella battaglia ancora navale di Navarino, si
liberarono dalla dominazione ottomana, imprimendo e consegnando
all’occidente il corso della loro Storia e della nostra, quella di
italiani, ma soprattutto di europei.
Forse anche per questo sono arrabbiati con
l’Organismo Europeo quanto e più di altri popoli: si sentono
traditi, ingannati per aver dato tanto in termini di pensiero e di
cultura, di valori e di ideali di democrazia e di politica senza aver
ottenuto uno scambio pari.
Ero in piazza Syntagma il giorno in cui Tsipras
stava per approvare in Parlamento il secondo pacchetto di riforme
contrattate in modo estenuante con l’Europa.
Mio marito ed io abbiamo aspettato che la
manifestazione dei contrari, indetta da un sindacato del settore
pubblico, prendesse forma e ciò è avvenuto in maniera del tutto
composta e pacifica, nonostante il dispiegamento sempre più ingente
di forze della polizia e dell’ esercito. Il corteo dei manifestanti
è partito da lontano per convergere nella piazza. Si temevano
scontri che non si sono verificati, tranne pochi e isolati casi, ma
le persone in piazza erano centinaia, determinate a ribadire il loro
OXI, il loro NO al 100%.
Ho ancora molta fede in Tsipras e non voglio dire
che abbia deluso o sbagliato.
Se lo ha fatto – se ha sbagliato - lo capiremo e
sapremo più avanti.
A mio avviso ha avuto paura delle conseguenze che
la paventata uscita dall’euro avrebbe comportato per il suo popolo.
Evidentemente considera ancora l’Unione Europea un’opportunità,
sia pure mal declinata.
E’ sincero quando afferma che vuole provare a
cambiarla, dal didentro come un tarlo che erode. Non so se ci
riuscirà e non so ancora dire quanta ragione abbia nell’aver in
qualche modo invalidato la volontà popolare. Perché si può anche
ripetere, con l’intento di convincere, che il voto non fosse
sull’uscita dall’euro, ma per molta parte dell’elettorato il
senso del referendum – non cedendo l’Unione Europea su nodi
cruciali come, ad esempio, il taglio del debito - andava in quella
direzione.
Forse sarebbe stato meglio porre sulla scheda
referendaria un quesito più diretto e dirimente.
Poi, col suo voto in parlamento al pacchetto di
riforme, dapprima negato e poi concesso, si è sfilato, dall’impegno
col referendum, anche l’ex Ministro delle Finanze, Yannis
Varoufakis.
Il suo è stato quasi un gesto eroico – e gli
sarà di certo costato moltissimo – ma ha capito che, diventando un
dissidente e trascinando inevitabilmente altri con sé, avrebbe
assestato un duro colpo all’unità di Syriza, facendo
definitivamente il gioco della potente controparte e del suo sottile
e malcelato “divide et impera”.
Non sono una politologa, non mi avvalgo in questa
analisi di indagini più o meno approfondite, né di dati statistici,
e non voglio essere una giornalista di parte, ma restare lucida,
obiettiva e imparziale anche nei confronti di chi stimo ed ammiro e a
cui voglio continuare a dare la mia fiducia.
Le mie considerazioni sono semplici – forse
addirittura semplicistiche – da cittadina comune che osserva,
riflette e spera che un’occasione unica di sintonia e convergenza
tra elettori ed eletti non sia andata perduta.
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