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sabato 15 novembre 2014

TENIAMOCI STRETTA L’EUROPA di Renato Costanzo Gatti





TENIAMOCI STRETTA L’EUROPA
di Renato Costanzo Gatti


Iersera, nell’ebdomadario incontro alla Lega dei socialisti di Ostia Antica, ho fatto un intervento che mi ripromettevo di tradurre in un pezzo scritto il sabato mattina, tradizionale spazio per dedicarmi alla scrittura.
Ma stamattina, quasi telepaticamente trovo due pezzi di Riccardo Achilli che rendono ancor più animato il mio pensiero ed attuale la mia risposta. Evidentemente le cose maturano nello spirito dei tempi, o meglio nei cervelli degli esseri pensanti, quasi in contemporanea come una reazione chimica all’ambiente esistente ed ai fatti che si rincorrono. La cosa poi assume note di netta demarcazione perché se da un lato Achilli fa ammenda per aver appoggiato l’euro (o il progetto europeo, questo non si capisce bene) io, al contrario concludo con il titolo di questo pezzo “Teniamoci stretta l’Europa".

Ma andiamo per punti:

·       Riccardo Achilli scrive un meraviglioso pezzo sui fatti di Tor Sapienza, pezzo che condivido al 99% essendo l’1% di dissenso quello sul ruolo di Nicolini che, secondo me, ha unito la città la città: ha unito la città monumentale con la città delle periferie, ha unito la periferia al centro anche decentrando l’estate romana, ma lasciamo perdere. In questo pezzo, magistralmente Achilli disegna una periferia romana, paradigma del Paese in mano al qualunquismo, con cultura da lumpenproletariat, che si avventa contro lo straniero al grido di “W il duce”. Chiaramente è una esagerazione, la periferia oggi non è il sottoproletariato pasoliniano, ma un mare di individui isolati gestiti dall’ideologia dominante del far soldi comunque, essere furbi, fregare il prossimo e il fisco, odiare il senso comunitario, odiare le istituzioni (anche se rappresentate dall’autista dell’Atac). Un individualismo rapace, una riproduzione bastarda dell’ideologia delle classi dominanti del paese. Uno scenario, mi pare, del diciannove dello scorso secolo, pronto a farsi condurre dal primo cavaliere con il cavallo bianco.

·        Subito dopo, ma molto più sbrigativamente Achilli dichiara il fallimento più politico che economico dell’Europa (ripeto dell’Europa) e facendo ammenda dichiara di voler uscire dall’euro (sic).

Ho troppe affinità con Riccardo Achilli per non prendere in seria considerazione i suoi due pezzi. Ma anch’io faccio una piccola riflessione:

·        La crisi della democrazia, dei suoi meccanismi di decisione, dell’incapacità di risolvere i problemi è aggravata dal fatto di essere affondata nel mare di merda della corruzione. Il parlamento applaude a piene mani il discorso del presidente richiamato, che sta dicendo loro che sono degli inetti e degli incapaci. La sordida vagina dell’opportunismo fa digerire, assimilare qualsiasi cosa, anche il più violento antidoto. E tutto continua come prima. Si dice che Renzi sia l’ultima spiaggia e solo dopo 8 mesi il rinviatore di scadenze ravvicinate sta scricchiolando e gioca disinvoltamente al gioco dei due forni minacciando Berlusconi strizzando l’occhio ai penta stellati e subito dopo allisciandosi il cavaliere facendogli intravvedere un nuovo presidente della repubblica  pronto, su ordine di Renzi, a graziare l’ex senatore. La logica conclusione della palude, della paralisi del meccanismo di governance è il rafforzamento dell’esecutivo. Si profila la soluzione di un solo leader che governa la direzione del suo partito, che sottomette i gruppi parlamentari , eletti con un premio di maggioranza e dopo aver eliminato il Senato. La restrizione degli spazi della dialettica democratica sono drammaticamente evidenti. Ma poiché questa manovra fallirà, lo sbocco sarà necessariamente una ulteriore, più grave e perentoria restrizione degli spazi della dialettica politica tacitata a Montecitorio da ubbidienti eunuchi e nella piazza dai manganelli.

·        Con questa prospettiva Achilli, dopo aver perfettamente disegnato la situazione della borgata Italia vede nell’uscita dall’euro (o dall’Europa) la soluzione da tentare. A me pare invece che uscire dall’Europa costituisce la premessa per lasciare spazio libero al cavaliere con il cavallo bianco, che non sarà quello scemotto di Renzi e neppure quell’invasato di Grillo. Vedo più un Lepen italiano che assomiglia a Salvini, ma al di là di chi sarà il nuovo Duce cui leccare il culo, vedo come inevitabile uno sbocco fascista.

Da ragazzino mi chiedevo come fosse stato possibile che fosse nato nel nostro paese il fascismo, come potessero tutti (o quasi) aver portato il cervello all’ammasso rinunciando a tradizioni secolari di umanesimo rinascimentale. Ora lo vedo chiaramente come si può tornare ad un fascismo del XXI secolo; vi si torna come scelta cosciente di poveri e ricchi anche scettici sulle capacità e moralità del capo.

Riccardo, il fallimento del progetto Europa:  d’accordo con te che sia più politico che economico (anche perché questo è conseguenza di quello) non è colpa del PROGETTO EUROPA degli Spinelli e soci, ma altro non è che la sconfitta della sinistra incapace di proporsi a governare l’Europa. Il fallimento non è del progetto, il fallimento è della sinistra.
Ed allora, sarò furiosamente ottimista, sarà perché il mio idolo culturale è Sisifo, la strada è quella di riunire i socialisti europei (basta con quel termine stradale di sinistra) in un'unica azione di RICOSTRUZIONE, di resistenza e di redenzione.
Ho usato volutamente il termine “Ricostruire”, ci hai bombardato con quel programma e con quell’iniziativa che mi hai convinto. Ma è fuggendo dall’Europa e rifugiandosi in quella cloaca che è la borgata Italia che si Ricostruisce.
Riflettendo bene, l’unica garanzia di non diventare completamente fascisti è quella di TENERCI STRETTA L’EUROPA.





La vignetta è del Maestro Mauro Biani







2 commenti:

Vecchia Talpa ha detto...

""ma altro non è che la sconfitta della sinistra incapace di proporsi a governare l’Europa. Il fallimento non è del progetto, il fallimento è della sinistra.""" Ma a me pare che il fallimento del progetto coincida con il fallimento della sinistra riformista. In cosa era diverso quel progetto rispetto a quello che si è realizzato? La differenza sta, a mio parere, che quello era idealismo e questo concretezza. Ossia che si realizzato nelle cose quel che allora e nella cultura reformista della sinistra era solo idealismo. Quel che ha realizzato Prodi, erede dello Siinelli , è alla base di quel che poi si è venuto realizzato. Non è un fallimento , ma pura conseguenza che era nella sostanza delle cose. Cosa ci si aspettava nel fare un cambio a parità fisso fra paesi con economie cosi diverse e disomogenee. Persino Keynes l'aveva bollato come una una bestemmia. I paesi forti sarebbero diventati semprepiu forti e quelli piu deboli sempre piu deboli. E come si può sperare che la Germania o l'Olanda rinunciano alla loro situazione di vantaggio motu proprio? Altro idealismo, altra illusione riformista. Se si continua ad aspettare quell'evento, si arriverà allo sfascio sia dell'euro, sia della UE. Non è questione del se o del teniamoci l'Europa e solo questione del quando avverrà!

Lorenzo ha detto...

Ah... esistono ancora dei socialisti in Europa?

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