di Lorenzo Mortara
Rsu Fiom-Cgil Rete28Aprile
Premesso
che come R28A, se vogliamo davvero andare lontano, dovremmo almeno
risolvere i problemi più semplici, quali gli interventi dei compagni
alle nostre assemblee. Non è possibile che ancora oggi si ripetano
vecchi errori, e non si abbia un metodo chiaro e trasparente in
merito. Basterebbe annunciare sul sito, con la data e il luogo
dell’assemblea, anche che all’arrivo i compagni troveranno sul
tavolo un foglio su cui iscriversi per l’intervento. Dopo di che,
prima di iniziare la relazione, si annunceranno il numero di
interventi e si dividerà il tempo a disposizione in parti uguali,
così si avranno un’assemblea e degli interventi il più
democratici possibile.
Detto
questo, visto che non ho potuto intervenire direttamente
all’assemblea del 29 Giugno, espongo in forma di tesine
il mio contributo critico, anche come tentativo per
un rinnovamento della Rete28Aprile
stessa.
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1)
AREE INUTILI? –
Non è vero che la lotta di classe si faccia solo nei luoghi di
lavoro, e che la battaglia interna alla Cgil per l’egemonia delle
varie correnti-aree, anche se nella Storia recente non ha prodotto
risultati tangibili, non serva a niente. La lotta di classe comprende
sia quella fatta in basso, dove si lavora e si produce, sia quella
fatta in alto, nell’apparato contro i vertici più burocratizzati.
L’aspetto determinante è senz’altro la lotta nei luoghi di
lavoro, ma la lotta nell’apparato, pur dipendendo dal basso, pur
secondaria, non è affatto superflua. Anzi, una piena lotta di classe
comprende l’interdipendenza dialettica tra lotta in basso e lotta
in alto. Chi rinuncia alla lotta ai vertici, la fa male, cioè in
maniera ridotta e parziale, anche in basso. Perché anche se in basso
combatte strenuamente, nel momento stesso in cui rinuncia alla lotta
in alto, lascia di fatto il sindacato in mano ai vertici più
burocratizzati. Perciò, in vista del prossimo Congresso della Cgil,
chi non lotta nella Rete28aprile, può lottare in basso come vuole,
ma sappia che in alto, lasciandoci soli contro l’apparato, lotterà
di fatto al fianco della linea maggioritaria Camusso-Landini.
2) IL FALLIMENTO DELLE
AREE – Se le Aree non han
prodotto risultati significativi non è perché non son servite a
niente, ma perché erano, in linea di massima, minoranze nelle
maggioranze, minoranze non di vera opposizione, ma di opposizione
di Sua Maestà, proprio
come La Cgil che
vogliamo. A rileggere
oggi il documento alternativo presentato al precedente Congresso,
faremmo una fatica bestiale a scovarvi delle differenze rispetto a
quello di Epifani. E questo vale anche per tutti gli altri documenti
o emendamenti alternativi che abbiamo visto in questi anni. Chi non
ricorda le tesi alternative di Rinaldini nel 2006? Nelle fabbriche, i
lavoratori, si lambiccarono il cervello per capire quali fossero i
termini della discordia tra i nostri dirigenti. Solo i più
smaliziati capirono che non si trattava di vere alternative per loro,
ma di alternative per i dirigenti, di mezze frasi e allusioni in
salsa burocratica in vista di nuovi possibili posizionamenti ai
vertici dell’apparato. La Rete28Aprile ha pagato proprio questo: il
prezzo dei molti che han costituito e disfatto Aree più per motivi
di carriera che altro. Sciogliendosi e mischiandosi coi tanti
aderenti a La
Cgil che vogliamo,
nello scorso Congresso, la Rete28Aprile diluì la sua differenza
nell’indifferenza delle tante correnti che vi confluirono senza
crederci veramente. Oggi, ripristinata la sua unicità, la
Rete28Aprile ha l’occasione storica di presentare un documento
davvero alternativo, un documento cioè che risponda veramente agli
interessi dei lavoratori e non a questo o quel pezzo di apparato
in crisi di carriera.
3) UN’AREA
CORAGGIOSA – Dallo
scioglimento della Rete28Aprile nella Cgil che vogliamo, alla sua
rinascita in un’Area indipendente, abbiamo perso molti compagni.
Difficilmente quindi al Congresso otterremo grandi risultati dal
punto di vista del numero di sostenitori. Proprio per questo, non
potendo fare più di tanto affidamento sulla quantità,
è necessario che la Rete28Aprile arrivi al Congresso puntando tutto
sulla qualità, tenendo
conto che la quantità
massima di sostenitori, la otterremo in base a quanto dei nostri
principi riusciremo a mettere in pratica già al nostro interno. La
paga da operaio per tutti i nostri dirigenti consentirà alla
Rete28Aprile di presentarsi al Congresso come l’incarnazione
vivente e concreta dell’alternativa che vorrebbe rappresentare. È
soprattutto qui che si farà sentire, di fronte ai lavoratori, la
nostra differenza. È con questa mossa che metteremo il massimo di
pressione addosso ai dirigenti della maggioranza. Dalla paga da operaio dipenderanno in
maniera diretta il numero di consensi. In maniera indiretta
dipenderanno invece dalla qualità della nostra proposta. Il
documento alternativo per essere veramente epocale, dovrà farla
finita una volta per tutte con le mezze opposizioni e le mezze
verità. Dovrà tagliare come un bisturi il documento, per sezionarlo
in via preliminare e amputarlo in maniera chirurgica da tutto ciò
che in precedenza s’è presentato come falsa alternativa, come
alternativa purché non troppo, perché sempre ambigua, mai fino in
fondo. In parole povere, la Rete28Aprile dovrà avere, da sola, il
coraggio che tutte le opposizioni messe assieme fin qui non hanno mai
avuto: il coraggio di
dire l’indicibile.
4) ALTERNATIVA
RADICALE – L’alternativa
della Rete28Aprile deve passare da una contrapposizione
radicale a tutte le tesi
fondamentali della maggioranza. Così, solo per fare qualche esempio,
da approfondire poi in fase di stesura del documento, alla
moltiplicazione
di Stato dei posti di lavoro proposta dalla maggioranza,
l’opposizione dovrà proporre la
divisione del
lavoro disponibile a parità di salario tra tutti i lavoratori,
occupati e disoccupati;
alla
ottocentesca centralità
del lavoro
per un Paese felice di esserne ancora schiavo, l’avveniristica
centralità del
tempo libero
per un Paese che entri finalmente nel 2000 col più alto numero di
potenziali artisti e di cittadini sovrani, felici di far lavorare
macchine e tecnologia al posto loro; a una Cgil consigliera pratica
dei padroni per improbabili piani
industriali
comuni, una Cgil per un piano
sindacale
rivolto interamente ai lavoratori e alle loro lotte; all’accorpamento
dei pensionati in un’unica categoria a sé stante, lo scorporamento
che agganci ogni pensionato alla categoria in cui ha lavorato; alla
finta
indipendenza sindacale da partiti e governi, non la vera
indipendenza, ma la cinghia
di trasmissione
con cui ci legheremo pubblicamente a un partito che faccia veramente
i nostri interessi, mettendo fine al continuo scarica barile con cui
sindacati, partiti e governi si rimpallano continuamente le colpe di
tutte le misure antioperaie di cui sono stati complici.
5)
ALTERNATIVA CLASSISTA –
L’alternativa radicale è un’alternativa classista fin nel
midollo. Non dovrà quindi servire per ripristinare la Cgil di Di
Vittorio. In questo senso prende un grosso granchio chi vede chissà
quali modificazioni
genetiche
nell’attuale Cgil rispetto a quella passata. La firma della Cgil
sul Protocollo del
31 Maggio,
che esclude pressoché tutto il sindacalismo di base, non è tanto
diversa da quella sul Patto
di Roma
con cui comunisti, cattolici e socialisti si spartivano alla spalle
dei lavoratori, la rinascente Cgil del 1944, escludendo dai gruppi
dirigenti tutte le altre componenti politico-sindacali. Landini che
parla oggi di passo
avanti
è molto simile al Di Vittorio che presentò come un grande
successo
lo sblocco dei licenziamenti nel 1946. E ci sono molte più affinità
che differenze tra la Cgil della Camusso che incrina il diritto di
sciopero nel 2013, e quella di Lama del 1978 che stronca i consigli
di fabbrica con la svolta dell’EUR. Va detto anche che, in chiave
storica, il danno fatto con la firma di un accordo sulla
rappresentanza nel 2013, non è niente in confronto con l’adesione
convinta all’Unità Nazionale per il deragliamento della
rivoluzione nel 1945. Se le ultime capitolazioni della dirigenza
appaiono a molti come una modificazione genetica del nostro
sindacato, è forse perché avvengono in un’epoca diversa. Di
Vittorio e Lama lavoravano a ridosso del trentennio
glorioso,
l’epoca forse del più grande sviluppo per il capitalismo, la
Camusso è costretta a muoversi in quella della sua seconda crisi più
grave. Più larghi erano allora i margini di manovra per il Capitale,
più larghe di conseguenza erano le possibilità per i vecchi
dirigenti di ammorbidire le loro capitolazioni. Oggi, chiusi tutti
gli spazi per il Capitale, si chiudono anche tutte le possibilità
per i vertici sindacali di camuffare, in un modo o nell’altro, i
loro arretramenti. Ma la verità, fronzoli o meno, è che la Cgil di
oggi è in sostanziale continuità con quella di ieri.
6)
IL DNA DELLA CGIL –
La continuità di fondo tra l’attuale Cgil e quella passata è
l’interclassismo,
la subordinazione sistematica, specie nei momenti cruciali, degli
interessi di classe del Movimento Operaio agli interessi del Paese,
cioè agli interessi irriducibilmente antagonistici della classe
padronale. Documenti e aree alternative fino ad oggi non sono serviti
a niente proprio perché non sono mai stati davvero classisti, anzi
hanno concesso vere e proprie praterie
teoriche
all’interclassismo. Ecco perché, oggi, maggioranza camussiana e
opposizione landiniana, si rimettono insieme, perché
l’interclassismo di fondo che le aveva sempre accomunate è più
forte di tutte le divergenze, anche gravi, che negli ultimi tempi le
aveva momentaneamente divise. Il documento della Rete28Aprile,
dunque, se vorrà essere davvero alternativo, non potrà che essere
classista, e se vorrà essere classista, non potrà evitare di andare
alla radice storica dell’interclassismo, e di fare una volta per
tutte i conti con tutto ciò che l’ha prodotto e replicato fino ai
nostri giorni. E ciò che, almeno in Cgil, l’ha prodotto e
riprodotto fino alla nausea è lo stalinismo.
Lo stalinismo in Cgil non è affatto sparito, i casi di espulsione o
di estromissione da cariche elettive sono lì a testimoniarlo.
Tuttavia, nonostante i casi Bellavita, Como, Doro, il problema della
Cgil non è tanto lo stalinismo
repressivo,
quanto lo stalinismo
come
forma mentis,
come metodo d’analisi e di approccio ai problemi. È questo
stalinismo, lo stalinismo italiano che permea ancora pressoché tutto
il gruppo dirigente, in particolar modo quello della Fiom che ne è
intriso dalla testa ai piedi. Senza una liquidazione definitiva,
chiara e tonda, dello stalinismo italiano da Togliatti in avanti, il
documento alternativo della Rete28aprile sarà abortito sul nascere e
perderà l’occasione storica di aprire la prima pagina di un’epoca
nuova. Non durerà lo spazio di un Congresso, e prima che inizi
quello successivo sarà chiuso e dimenticato per sempre come tutti
gli altri documenti inconcludenti che l’hanno preceduto.
7)
IL PIÙ GRANDE FALLIMENTO STORICO –
Fare il bilancio dello stalinismo, non significa fare la conta dei
morti. Questa è già stata fatta in tutte le salse e ogni ulteriore
conta non potrà che aggiungere qualche dettaglio a un quadro ormai
fin troppo chiaro nella sua aberrante desolazione. Non significa
nemmeno dichiarare fuori tempo massimo, e per tornaconto personale,
la fine di una spinta propulsiva che in realtà non ha mai avuto.
Fare i conti con lo stalinismo significa fare un bilancio
in termini di classe
dell’immane disastro storico che ha prodotto. In breve significa
fare un bilancio
da sinistra,
non da destra per spostarsi definitivamente dall’altra parte come
ha fatto il PCI-PD con la sua parabola. E da sinistra, in termini di
classe, non si può liquidare lo stalinismo, senza nominare
l’innominabile del socialismo: Trotsky. Non si possono fare i conti
fino in fondo con lo stalinismo, senza aderire senza se e senza ma
alle tesi di fondo dell’analisi trotskista. Si può contestare
questo o quel dettaglio ma non si può contestare il corpo centrale
della sua teoria. Senza ammettere che lo stalinismo in tutte le sue
varianti, da quelle europee a quelle cinesi, non ha avuto nulla di
progressivo perché è stato completamente reazionario,
controrivoluzionario e antioperaio, si finirà per dare torto ai
lavoratori, appoggiando in un modo o nell’altro, l’analisi
interclassista della maggioranza Cgil. In parole povere, senza
bocciare tutti coloro che si sono schierati, chi più chi meno, con
il georgiano, saremo da capo. Non so se come Rete28Aprile siamo del
tutto pronti a questo passo. Anzi, ad essere franco, temo di no.
Troppi compagni, per quanto validissimi, fanno ancora fatica a far
propria l’unica analisi compiutamente di classe dello stalinismo,
quella appunto trotskista. Proprio per questo una parte importante
del documento alternativo, dovrà essere dedicata alla formazione dei
militanti, contro la sistematica disinformazione culturale e storica
della maggioranza. Se la Rete28Aprile nel suo complesso non è ancora
pronta per Trotsky, è certo però che è pronta, prontissima, per il
ripristino immediato di Carlo Marx. Se dietro lo stalinismo storico
della Cgil ci sta l’interclassismo, alla radice dell’interclassismo
ci sta il riformismo con tutto il codazzo dei suoi infiniti ideologi.
Le opposizioni passate sono state finte perché tutto erano, tranne
che opposizioni marxiste. Nessun documento è stato così alternativo
dal citarlo, il nostro Marx. Senza di lui le alternative son rimaste
ambigue, perché i documenti si son riempiti di incrostazioni
idealistiche e di soluzioni morali per problemi che morali non sono,
ma economici. L’alternativa della Rete28Aprile dovrà innanzitutto
essere un’alternativa ideologica a tutto questo. E siccome tutto
questo ruota attorno, in linea di massima, a John Maynard Keynes e ai
suoi adepti, da Gallino a Krugmann, il documento della Rete non potrà
che rifarsi a Karl Marx, proponendo che Lord Keynes e seguaci vengano
lasciati finalmente alla rodente
critica dei topi
e all’archivio della Storia che li ha superati, lasciando spazio
all’unico che gli è sopravvissuto: Marx appunto. In sintesi,
all’ennesima alternativa empirica e volgare, nel senso che Marx dà
a questa parola, la Rete28Aprile dovrà proporre, per la prima volta
dal dopoguerra in avanti, la precisione e il rigore di un documento
scientifico. Se prenderemo Marx ed Engels come modello per il
documento, non falliremo la nostra missione storica al Congresso.
Senza l’appoggio dei lavoratori, siamo destinati alla sconfitta
pratica,
dobbiamo quindi ottenere almeno l’unica vittoria che dipende
interamente da noi: quella teorica.
Perché sia schiacciante e tolga alla maggioranza ogni possibilità
di ribattere, lasciandola ammutolita, dovrà essere all’altezza
della Critica al
Programma di Gotha, una
sorta di suo aggiornamento. Di meno, da noi stessi, non dobbiamo
pretendere.
8)
ALTERNATIVA COSTITUZIONALE? – Un’alternativa
radicale per un sindacato di classe deve saper tirare tutte le
estreme conseguenze che una scelta classista comporta. Non si tratta
solo di accettare il metodo della lotta di classe, ribadendo che
senza mobilitazioni dal basso nessun passo avanti può essere fatto
con la sola lotta ai tavoli e l’arte della diplomazia. Si tratta
innanzitutto di comprendere che la lotta di classe si fa per
eliminarle definitivamente le classi, non per migliorare all’infinito
i rapporti tra di loro. Di conseguenza, l’alternativa radicale,
classista, non potrà che essere un’alternativa anticapitalista,
rivoluzionaria, e non potrà avere come asse della sua prassi la
difesa incondizionata del più grande feticcio della Storia
repubblicana: la sua Costituzione. Perché anche la Costituzione è
interclassista e rimanda all’infinito la rimozione delle classi,
come tutte le costituzioni antirivoluzionarie il cui orizzonte è
irrimediabilmente borghese. Perciò, l’alternativa della
Rete28Aprile, senza essere anticostituzionale nel senso criminale del
termine, dovrà pur sempre essere contro la Costituzione, perché non
si potrà mai dare vita ad un’alternativa proletaria avendo come
asse il totem costituzionale dello status quo borghese. Al massimo,
la Rete28Aprile, potrà scendere in piazza a difesa dei suoi fronzoli
socialisti, qualora siano attaccati da destra, ma guai se anche lei
dovesse incatenare il Movimento Operaio, come è stato fatto finora
durante tutta la Storia repubblicana, a guardia della sua
intelaiatura capitalistica.
9)
CONCLUSIONI –
Le lotte condotte contro l’apparato, contro lo stalinismo, contro
la venerazione della Costituzione e contro tutto il resto, sono solo
sfaccettature dell’unica lotta incessante contro tutte le sfumature
e varianti del riformismo. Il documento classista della Rete28aprile
deve fare da apripista alla dura battaglia che ci attende per
rimettere la Cgil su basi di classe, mettendo in seconda linea tutti
i dirigenti riformisti che continuano a deragliarla su basi
interclassiste. Non basta dunque sostituire la sola Camusso. I
lavoratori non otterranno niente fino a quando un solo riformista
occuperà posti da dirigente. E se otterranno qualcosa non sarà
certo per merito dei riformisti, ma per merito loro che saran
riusciti a spezzare, oltre alla resistenza dei padroni, anche quella
dei riformisti che gli hanno fatto da freno. In questa battaglia è
racchiuso tutto il senso del nostro documento alternativo al
Congresso. Perché, per parafrasare il Moro di Treviri, o la Cgil
diventerà rivoluzionaria come la Rete28Aprile, o continuerà a
essere niente come adesso.
(Ad
A. Gramsci)
Stazione
dei Celti
Luglio
2013
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