PERCHE' LA QUESTIONE-IMMIGRAZIONE VIENE
AFFRONTATA MALE SIA "DA SINISTRA" CHE "DA
DESTRA"
di Giuseppe Angiuli
In una società come quella italica, imbevuta fin nel midollo di moralismo ipocrita da salotto, le tragedie legate al dramma dell’immigrazione clandestina di massa, come quella appena consumatasi nel mare di Lampedusa, lungi dal costituire una occasione proficua per intavolare una seria discussione sul fenomeno, forniscono prevalentemente il pretesto per portare la propria coscienza (individuale e collettiva) in lavanderia: ci si strappa le vesti, si finge di indignarsi, si annunciano misure ed interventi finalmente “risolutivi” ma poi, nella realtà dei fatti, non accade assolutamente nulla.
Nell’opinione pubblica di casa nostra è venuta meno da tempo – se mai vi è stata – quella capacità di sapere leggere e affrontare gli eventi con lucidità e senso critico, mentre qualsiasi questione problematica della nostra epoca finisce molto facilmente per trasformarsi in una discussione da “bar dello sport”, ammantata di partigianeria e luoghi comuni.
E in una società dove “destra” e“sinistra” sono da tempo diventate soltanto due forme complementari di vuoto e astratto identitarismo, quando accade una tragedia come questa, che ha sepolto negli abissi un gran numero di inermi disperati dalla pelle scura, si assiste ad un vero e proprio trionfo di luoghi comuni, per l’appunto “di destra” e “di sinistra”.
Preferisco iniziare dalla descrizione dei luoghi comuni “di sinistra” per il semplice motivo che, provenendo da un percorso personale e politico di quel tipo, ho dovuto primariamente confrontarmi con l’approccio culturale verso il problema dell’immigrazione più diffusamente presente “a sinistra”: la disamina di tale approccio ha fatto scaturire in me degli interrogativi di segno critico, che provo brevemente ad illustrare.
Come si sa, la persona con una sensibilità “di sinistra” è solitamente contraddistinta da un atteggiamento tendenzialmente aperto e tollerante verso il tema dell’immigrazione.
Quante volte abbiamo sentito ripetere, negli ambienti culturali “di sinistra”, che l’immigrazione sarebbe nient’altro che “una risorsa per la nostra società”, che l’affluenza incessante di persone provenienti da altri mondi “non si può ormai più fermare” o che essa, lungi dal crearci problemi sociali finirebbe, anzi, per “arricchire positivamente la nostra cultura”?
Quante volte, dai discorsi di Nichi Vendola o di Laura Boldrini, intrisi di insulso moralismo, abbiamo udito che quello in discorso, lungi dall’essere un problema sociale di immani proporzioni, è un fenomeno che, in quanto inevitabile, necessiterebbe unicamente “di essere governato” tramite una azione combinata di accoglienza e di solidarietà?
Per il medio elettore “di sinistra” che simpatizza per Vendola oppure per il giovane volontario cattolico della Caritas, il quale accorre generosamente nei C.P.T. a prestare soccorso agli immigrati ogni qual volta si fa appello alle sue giovani idealità, la questione dell’immigrazione merita dunque di essere posta e trattata unicamente (o prevalentemente) in questi termini: bisogna prestare accoglienza (si badi bene, un’accoglienza tendenzialmente incondizionata e generalizzata), a tutti coloro che sbarcano ogni giorno sulle nostre coste. Punto e basta.
A mio avviso è qui che si annida il principale vizio del ragionamento socio-culturale svolto dal “buon elettore di sinistra” a proposito del fenomeno dell’immigrazione [Nota 1].
Se l’emigrazione di massa è un fenomeno naturale – come lo sono gli uragani e i terremoti – e se l’emigrazione, anche a volerlo, “non si può più fermare”, tanto vale non porsi nemmeno una fondamentale e semplicissima domanda: perché così tante persone emigrano?
Perché mai ogni giorno così tante persone decidono consapevolmente di abbandonare la propria terra, la propria casa, la società in cui sono nati e cresciuti, mettendosi a bordo di vascelli di fortuna condotti da moderni “Caronte” dallo sguardo feroce, il tutto rischiando la vita per provare a raggiungere le coste di un territorio ostile che tutt’al più riserverà loro lo svolgimento di umilissimi lavori con una remunerazione al limite della sopravvivenza?
Da quando la “sinistra” italiana non ha più un programma politico degno di questo nome, ma è divenuta preda di vaghi sentimenti buonisti in grado di intercettare e attivare soltanto moti emotivi di massa politicamente sterili, essa non si pone più il dilemma di andare a verificare in modo serio e rigoroso, direttamente nei luoghi da cui muovono i “migranti” (neologismo che ben si attaglia ad una visione immanentista di un fenomeno sociale ritenuto a torto ineluttabile), l’origine causale di questo dramma.
Da quando la “sinistra” italiana esprime il meglio di sé nel salotto televisivo del buonista per antonomasia, Fabio Fazio, non le interessa più indagare a fondo le radici del fenomeno immigratorio perché se solo si iniziasse ad indagare in modo un po’ più rigoroso, allora verrebbero fuori tante belle storie che vedono nelle classi dirigenti dei Paesi occidentali e nelle multinazionali predatorie i primi veri responsabili di questo dramma.
La verità più scomoda da apprendere per la nostra opinione pubblica è che né gli africani nè i cingalesi né i filippini avrebbero mai avvertito la necessità di lasciare le loro terre se solo l’occidente avesse lasciato in pace i Paesi del sud del mondo.
L’immigrazione clandestina di massa non avrà mai fine fintantoché l’occidente non la smetterà di praticare le sue forme più o meno occulte di colonialismo, una antica abitudine che invero non si è mai smesso di praticare.
E se il “buon elettore di sinistra” volesse davvero indagare a fondo in particolar modo l’origine del fenomeno migratorio africano, scoprirebbe che gran parte dei carichi di disperati che oggi raggiungono le coste di Lampedusa partono dalla Cirenaica libica (zona di Bengasi) dove operano dei clan di negrieri senza scrupoli che solo la mano ferma del colonnello Gheddafi riusciva fino a poco più di due anni fa, non senza difficoltà, a fermare.
E ancora, se non si fermasse ad una ricerca superficiale sui fatti che hanno coinvolto la Libia a partire dalla famigerata “Primavera araba” del 2011, il “buon elettore di sinistra” scoprirebbe che nella vecchia Giamahiria libica vi era un gran numero di persone originarie dell’Africa sub-sahariana che proprio grazie alle politiche di integrazione volute dal colonnello Gheddafi avevano conseguito in quella terra, poco abitata ma alquanto ricca di materie prime, tanto un lavoro regolare quanto il riconoscimento di importanti diritti.
Sono davvero in pochi a sapere che, proprio con l’avvento della radiosa “Primavera araba”, sono stati i clan di orientamento islamista radicale, che mai avrebbero potuto prendere il potere a Tripoli senza il determinante sostegno delle bombe NATO, ad avere costretto numerosissimi lavoratori di colore, originari della fascia sub-sahariana, a fare le valigie dalla Libia, dopo avere fatto loro patire ogni genere di persecuzione!
Ma qui il discorso sarebbe lungo e complicato e non c’è tempo di approfondirlo a dovere, anche perché si rischierebbe di finire per toccare il vero nervo scoperto dell’ideologia del buonismo ipocrita dell’attuale “sinistra”, che finge di indignarsi per i morti in fondo al mare ma poi si disinteressa totalmente della destabilizzazione di interi Paesi (fino a poco tempo fa) sovrani.
Costituisce peraltro un vero tabù, negli ambienti di “sinistra”, trattare il tema dell’immigrazione sotto il profilo antropologico-culturale, perché si corre subito il rischio di essere tacciati come “razzisti”.
Eppure il problema in discorso è molto serio.
Il mondo ideale in cui tutti dovremmo desiderare vivere è quello in cui se, ad esempio, un giovane italiano si innamorasse di una giovane eritrea e decidesse per questo di trasferirsi a vivere nel Corno d’Africa, nessuno dovrebbe impedirgli di farlo (è ovvio che il discorso debba andare bene anche a parti invertite, laddove cioè sia la giovane eritrea a voler trasferirsi in Italia dopo essersi innamorata di un giovane italiano).
Ma se a spostarsi da un capo all’altro del mondo vi sono milioni di persone contemporaneamente, è ovvio che questo tipo di fenomeno finisca inevitabilmente per avere delle gravi ripercussioni sulla stessa tenuta sociale e culturale di un popolo ed è altrettanto ovvio che di fronte a ciò non può essere più sufficiente richiamarsi al nostro istinto di amore e solidarietà!
E’ bene essere molto chiari sul punto: questo tipo di preoccupazioni devono essere affrontate con lucidità e freddezza giacchè esse non hanno nulla a che vedere con delle tristi visioni di superiorità razziale. Come già detto, questo tipo di preoccupazioni dovrebbero essere evocate anche nell’analoga ed opposta situazione in cui siano milioni di europei (e non di africani) a decidere di trasferirsi, contemporaneamente e da un giorno all’altro, in una determinata zona dell’Africa o dell’Asia.
E allora, il vero tabù che a “sinistra” andrebbe finalmente infranto, perché si possa iniziare finalmente a ragionare in modo serio sul tema, è il seguente: oggi nel mondo sono attivi alcuni poteri decisamente influenti, non a torto definibili come “globalisti”, di cui la citata Boldrini appare una referente politica di primario livello, i quali si sono messi in testa di minare, attraverso il favorimento di una immigrazione incontrollata, le stesse identità etno-antropologico-culturali dei popoli e di condurci a tappe forzate verso una nuova società delmelting pot dove tutto sarà omologato e massificato, da ciò che mangeremo alla lingua che parleremo, dalla religione che ci sarà consentito praticare ai vestiti che ci verranno fatti indossare.
Si dà il caso che questo disegno globalista sia già in fase avanzata di realizzazione e che l’emigrazione (giocoforza indotta) di moltitudini di persone, da una regione all’altra del mondo, è chiaramente funzionale al medesimo disegno di cui sopra: creare caos identitario per poi omologare tutto e tutti all’insegna di presunti “valori” comuni calatici dall’alto.
E poiché lo spazio non mi consente di approfondire un tema così delicato in questa sede, è sufficiente qui affermare che oggigiorno, porsi seriamente il problema della salvaguardia dell’identità etno-culturale di un popolo quale ragione fondante della sua stessa esistenza (come sta facendo saggiamente la Russia di Putin), costituisce tutt’altro che una manifestazione di razzismo, come la propaganda del pensiero unico occidentale tenderebbe a farci credere.
Ma adesso è giunto il momento di dedicare qualche riga ai “luoghi comuni” sul fenomeno dell’immigrazione prodotti da una certa cultura “di destra”: essi non sono per nulla meno gravi o meno stupidi di quelli “di sinistra”, anzi…..
E allora, se ogniqualvolta si parla di immigrazione la persona “di sinistra” trova occasione per esprimere la sua istintiva propensione all’accoglienza verso il “diverso” (forse frutto di una sua naturale fiducia nell’umanità in quanto tale, caratteristica di tutte le visioni filosofiche di segno positivista), ecco che l’individuo “di destra”, viceversa, tende istintivamente ad esprimere la sua “paura” nei confronti dell’immigrato.
“Cosa vengono a fare tutti qui, visto che non c’è più lavoro nemmeno per noi italiani….?”
“Ma non potrebbero starsene dove sono nati…..lì nei loro Paesi…..anzichè venire a dare fastidio a noialtri?”….
“Da quando ci sono tutti questi immigrati sono aumentate l’insicurezza e la criminalità……e non si può più uscire tranquilli la sera…..”.
Sarebbe inutile proseguire con la sequela di tali luoghi comuni di segno idiota, tradizionalmente sfruttati e alimentati dalle forze politiche “di destra” con l’evidente obiettivo di canalizzare la paura del “diverso” in direzione di una cosiddetta “guerra tra poveri”, così utile agli interessi di quegli stessi Poteri Forti la cui azione genocida nei contesti del sud del mondo è diretta causa del fenomeno immigratorio!
E’ così complicato fare capire a certa umanità destroide che - a parte il fatto che, quanto a criminalità organizzata, forse pochi come noi italiani ne hanno esportata altrettanta in giro per il mondo - se così tanta gente è costretta ad abbandonare contesti di guerra, fame e miseria, forse una qualche responsabilità ricade proprio sui nostri Governi e sulla atavica abitudine di noi popoli del nord del mondo di andare da molti secoli a creare scompiglio nel resto del globo?
Ma ciò che è maggiormente irritante, nell’atteggiamento di certa “destra” verso l’immigrazione, è la diffusa tendenza ad individuare in tale fenomeno le presunte cause scatenanti dell’attuale crisi economica che attanaglia i Paesi più vulnerabili dell’Unione Europea: è noto che in Grecia, negli ultimi tempi, il Movimento para-nazista Alba Dorata, poco prima di essere colpito dalla scure della Giustizia ellenica, fosse solito organizzare missioni “punitive” non già all’indirizzo delle sedi degli organismi della Troika (F.M.I. e B.C.E.) ma – udite, udite - in danno dei mercatini ambulanti di vestiario gestiti dagli extracomunitari!
Atteggiamenti analoghi si sono spesso visti anche in Italia, da parte di Movimenti come Forza Nuova e similari, i quali, con questo tipo di gesti e azioni, finiscono per neutralizzare tutto ciò che di buono sembrano volere affermare all’indirizzo dei Poteri bancari e finanziari: che senso ha, infatti, individuare dapprima nei circoli finanziari (soprattutto ebraici) di Wall Street e nella ristretta cerchia di pochi banchieri i responsabili di tanti squilibri economici della nostra società se poi si lanciano messaggi come quello qui sottoimpresso che finiscono inequivocabilmente per indicare nel nero, nell’immigrato, nel “diverso”, l’obiettivo da colpire politicamente?
Può essere frutto di mera ingenuità politica l’individuare nell’anello più debole della catena (ossia l’immigrato) il soggetto da esporre al pubblico ludibrio e verso cui canalizzare tutti gli istinti di frustrazione e di impotenza prodotti nelle nostre fasce popolari dalla nostra società malata? Evidentemente no, non può essere frutto di semplice ingenuità politica.
L’individuazione nel nero sbattuto sul manifesto politico-elettorale dell’obiettivo politicamente da colpire risponde chiaramente ad una logica tutta funzionale ai grandi e vecchi burattinai che già nel recente passato si sono serviti di questo genere di movimenti politici, manovrandoli subdolamente da dietro le quinte.
Se così stanno le cose, lo scenario all’orizzonte è molto inquietante.
Ben pochi, tanto a “destra” quanto a “sinistra”, riescono ad offrirci oggigiorno una descrizione lucida e razionale delle cause del dramma dell’immigrazione clandestina.
Non possiamo che attenderci, ordunque, un proliferare sempre più spinto di tale fenomeno, che è ben funzionale a tutto ciò che abbiamo qui provato a spiegare: da un lato, continuare a perpetrare la rapina economica ai danni del sud del mondo e, al tempo stesso, creare scompiglio sociale nei Paesi più deboli del nord del mondo, dove gli extracomunitari saranno sempre più offerti come agnelli sacrificali in una “guerra tra poveri” mai quanto oggi funzionale ai Poteri Forti.
C’è davvero ben poco da stare allegri.
E quel che è più inquietante è che i due apparentemente antitetici “état de esprit”, per l’appunto quello di “sinistra” e quello di “destra”, potrebbero essere stati costruiti a tavolino all’interno di un unico disegno destabilizzatore, ai cui fautori torna decisamente utile (come è purtroppo ravvisabile anche per temi diversi da quello dell’immigrazione) la costruzione di questa coincidentia oppositorum.
[1] E’assai utile leggere l’intelligente pamphlet scritto qualche anno fa a quattro mani da due intellettuali di solida formazione marxista poi approdati a letture alquanto “fuori dal coro”, Marino Badiale ed il compianto Massimo Buontempelli, dal curioso titolo “La Sinistra rivelata. Il buon elettore di Sinistra nell’epoca del capitalismo assoluto” (Massari Editore 2007). Il libro spiega con pregevole chiarezza come l’insieme di valori a cui si aggrappa quella parte di persone che, nelle società occidentali del XXI° secolo, si definiscono ancora “di sinistra”, sia in realtà un mero guscio identitario vuoto e inconcludente, del tutto scevro da programmi in grado anche solo di contrastare efficacemente l’odierna società del capitalismo globalizzato post guerra fredda.
8 ottobre 2013
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