di Riccardo Achilli
Si è spento il 20 agosto, a 96 anni, Dominku Mintoff, meglio conosciuto come Dom, oppure come “il-perit” (l'architetto) o “tal-pipa” (fumatore di pipa) dai maltesi. Personaggio assolutamente centrale della storia di Malta, ma più in generale dell'intera regione mediterranea centrale, e riverito come padre della Patria dai suoi concittadini, è stato un politico ambizioso, autoritario, paternalista, astuto ed abilissimo negoziatore, estremamente scaltro nell'inserirsi fra le maglie dei conflitti latenti in un'area strategica fondamentale come il Mediterraneo centrale, tanto da ritagliare per il suo minuscolo e povero Paese un ruolo politico immensamente superiore alle sue risorse, che intersecò anche la storia italiana dei primi anni ottanta. Spregiudicato e geloso del suo potere e del suo bacino elettorale, tanto da anteporlo anche agli interessi del suo partito (il partito laburista di Malta) ma anche statista che ebbe veramente a cuore il suo Paese e che costruì le condizioni del suo sviluppo economico e sociale, Mintoff fu una singolare ed interessantissima figura di politico socialdemocratico.
Nasce
nel 1916 a Bormla (Cospicua in italiano) fondamentale base navale della Marina
britannica, e sede di un importante cantiere navale, anche se poco più che un
villaggio. Figlio di un lavoratore civile della Marina britannica, impregnato
della cultura cattolica dominante in tutta Malta, ma particolarmente presente a
Cospicua (il fratello è prete), inizialmente frequenta un seminario con l'idea
di farsi egli stesso prete, ma poi abbandona tutto per laurearsi, nel 1937, in
ingegneria civile ed architettura, vincendo una borsa di studio per un master
presso la Oxford University in scienza ed ingegneria, conseguito nel 1941. In
Inghilterra, conoscerà la sua futura moglie, Moira de Vere Bentink, di origini
nobiliari, dalla quale avrà due figlie. Nel frattempo, dal 1935 è funzionario
del partito laburista di Bormla, scalando rapidamente la gerarchia fino ad
essere nominato segretario generale, ruolo che occuperà fino al 1945, mentre si
occupa della sua carriera di architetto e lavora anche come giornalista,
trasferitosi stabilmente a La Valletta.
Con
la fine della guerra, e l'esigenza della ricostruzione di un Paese
completamente distrutto dai bombardamenti italiani e tedeschi, l'architetto
Mintoff, ben relazionato con i suoi colleghi britannici, divenne una figura
centrale. Nel 1947 occupa il suo primo incarico istituzionale, come componente
del Consiglio di Governo, ma la sua posizione di potere cresce anche dentro il
partito, tanto da farne un potenziale sostituto del leader, Paul Boffa. Con la
storica vittoria elettorale del laburismo alle elezioni del 1947 (vittoria
garantita, secondo molti osservatori, dall'estensione del voto, per la prima
volta nella storia del Paese, alle donne, che fu un cavallo di battaglia
proprio del partito laburista di Boffa), Mintoff viene nominato vice primo
ministro, proprio sotto Boffa, nonché Ministro dei Lavori Pubblici. In tale
veste, dirigerà la ricostruzione delle città maltesi, acquisendo notevole
potere e prestigio fra i lavoratori dell'edilizia e le imprese, grazie
all'enorme budget che gestisce, peraltro inducendo una cementificazione di
Malta che sarà successivamente molto criticata.
Lo
scontro con Boffa per la conquista del partito è inevitabile, ed avviene sulla
spinosa questione dei rapporti con la Gran Bretagna, che è ancora la potenza
coloniale che controlla il Paese. Boffa, infatti, propugna una linea morbida rispetto
agli aiuti alla ricostruzione che i britannici si sono impegnati a versare,
contraria alla posizione più intransigente di Mintoff, che provoca numerose
crisi di Governo, fino al culmine nel 1949 quando, sotto l'influenza di
Mintoff, il partito laburista lancia un ultimatum alla Gran Bretagna riguardo
alle tranche promesse e non ancora erogate di aiuti finanziari per la
ricostruzione (o la Gran Bretagna versa immediatamente le quote di aiuti, o la
base navale sarà girata agli Stati Uniti). Al culmine della crisi politica,
Boffa esce dal partito laburista, e fonda il partito dei lavoratori maltesi,
mentre Mintoff diviene segretario del partito laburista. Tale crisi si traduce
in un indebolimento di entrambi i partiti, che terrà i laburisti, e Mintoff,
lontani dal potere fino alla riconquista alle elezioni del 1955.
Con
la vittoria del 1955, Mintoff diventa primo ministro, e si occupa sin da subito
del dossier relativo ai rapporti con la potenza coloniale. La posta in gioco è
quella di scegliere fra politiche di integrazione, che rendano Malta un
protettorato della Gran Bretagna, fortemente integrato con la metropoli, seppur
dotato di ampie autonomie amministrative, e politiche di indipendenza vere e
proprie. Da questo punto di vista, si consuma una spaccatura dentro l'élite
maltese. La sua componente più legata al business ed agli affari con i
britannici spinge per la semplice integrazione, ed è la posizione dello stesso
Mintoff che, nonostante sia il leader della sinistra, è pur sempre un
rappresentante di quella componente affaristica della borghesia che ha bisogno
di mantenere un rapporto con la Gran Bretagna (egli stesso, come architetto,
guadagnò molto negli anni post bellici dai programmi britannici di ricostruzione
del Paese). L'integrazione è vista, anche dalla sinistra, come un modo per
modernizzare il Paese, seppur in chiave capitalistica, sottraendolo allo
storico dominio della Chiesa e dell'élite terriera.
La
Chiesa, invece, cui è legata l'aristocrazia terriera e nobiliare che discende
direttamente dall'epoca dei Cavalieri di Malta, e la destra politica del partit
nazzjonalista, propugna l'indipendenza: l'integrazione con la Gran Bretagna,
infatti, minaccia la tenuta del cattolicesimo, per possibili, e sempre temute
dalle gerarchie ecclesiastiche, estensioni della religione anglicana. Inoltre,
molti settori dell'aristocrazia maltese vedono l'indipendenza come il modo
migliore per evitare una europeizzazione e modernizzazione del Paese,
mantenendolo nella sua arretratezza, funzionale agli interessi
ecclesiastico/nobiliari (va ricordato infatti che proprio le autorità coloniali
britanniche cancellarono molti dei privilegi feudali ed ecclesiastici nel 19-mo
secolo).
A
dicembre 1955, Mintoff strappa alla Gran Bretagna un trattato di integrazione,
che concede ampia autonomia amministrativa a Malta, in materia di affari locali
(con l'eccezione delle politiche di difesa, fiscali e politica estera, che
avrebbero continuato ad essere gestite da Londra, ma dall'Home Office, e non
più dal Colonial Office, un modo simbolico per riconoscere che Malta passa
dallo status di colonia a quello di protettorato). Inoltre, Malta acquisisce il
diritto di avere i propri rappresentanti nel Parlamento britannico, e Mintoff
strappa una concessione fondamentale per il suo bacino elettorale, costituito
da lavoratori del cantiere navale di Cospicua: ad essi vengono riconosciuti gli
stessi diritti sociali ed economici dei lavoratori britannici.
Tale
risultato lascia insoddisfatta la destra, legata alla Chiesa, così che il
referendum del 1956 per la ratifica popolare dell'accordo di integrazione viene
boicottato, con solo il 59% degli elettori che si recano alle urne. Lascia
insoddisfatti anche molti inglesi: la proposta di accettare rappresentanti
maltesi nel Parlamento britannico solleva quasi una rivolta di parlamentari,
mentre il Ministero della Difesa di Londra contesta la parte dell'accordo che
tutela il cantiere navale di Cospicua, considerato non più strategico dopo la
fine della guerra.
La
miccia che fa saltare l'accordo di integrazione ruota proprio attorno al
cantiere: la decisione dell'Ammiragliato britannico di ridurre la sua presenza
nell'oramai non più strategico cantiere di Cospicua, licenziando 40 lavoratori
maltesi, tutti elettori di Mintoff, ne provoca il ripudio dell'accordo, ed il
sostegno ai violenti scioperi successivi. Egli infatti dichiara che “i
rappresentanti di Malta nel Parlamento britannico non sono più legati ad alcuna
obbligazione nei confronti del Regno Unito”. In questo modo Mintoff riesce a
difendere il suo bacino elettorale personale, ed a assecondare la crescente
voglia di indipendenza dei maltesi.
Ma
viene aggredito dalla potentissima Chiesa cattolica, i cui interessi vengono
danneggiati dall'accordo di integrazione del 1955. Il potente arcivescovo di
Malta, mons. Michael Gonzi, inizia una guerra personale contro Mintoff ed i
laburisti, lanciando un interdetto e giudicando
caduto in peccato mortale, indegno di ricevere i sacramenti e da sotterrare in
terreno sconsacrato dopo la morte, chiunque appoggiasse e seguisse Dom Mintoff
o anche solo chi leggesse giornali laburisti. Nel 1958, quando il
partito laburista sostiene le proteste dei lavoratori del cantiere licenziati,
la Chiesa lo accusa di fomentare la violenza anziché il dialogo. In realtà,
l'accordo di integrazione, che minaccia la rete di potere tradizionale della
Chiesa e dell'aristocrazia ad essa legata, è solo l'ultimo capitolo di una lunga
storia di ostilità fra Chiesa e laburismo, manifestatosi ad esempio sulla
questione del diritto di voto per le donne. Ed è un capitolo dell'ostilità
personale fra Gonzi e Mintoff. Nel 1948, durante una cena, alcuni sostenitori
di Mintoff cantano canzoni anticlericali, nonché Bandiera Rossa, alla presenza
dello stesso Gonzi.
A
causa della crisi politica che segue all'accordo del 1955, all'ostilità della
Chiesa, ed alle sue successive dichiarazioni, Mintoff perde le elezioni nel
1962, passando all'opposizione. Soltanto nel 1971 Mintoff riesce a tornare al
potere. Nel frattempo, la destra del partit nazzjonalista, sostenuta in ciò
dalla Chiesa e da papa Paolo VI, ottiene l'indipendenza completa, seppur
nell'ambito del Commonwealth e con un governatore generale nominato da Londra,
nel 1964, facendo leva sul disinteresse della Gran Bretagna per Malta,
alimentato da una spesa per il sostegno dell'economia isolana giudicata oramai
eccessiva dall'opinione pubblica britannica, e dal fiasco di Suez.
Immediatamente, il governo di destra avvia colloqui per l'integrazione di Malta
dentro la CEE.
Quando
torna al Governo nel 1971, per essere poi riconfermato alle elezioni del 1976,
Mintoff ha le idee molto chiare, e piuttosto radicali. Nonostante una
maggioranza parlamentare inizialmente molto risicata, a causa della campagna
ostile condotta dalla Chiesa, porta a termine una globale ristrutturazione del
Paese. Introduce un welfare state inclusivo, con un reddito minimo garantito,
il potenziamento delle scuole pubbliche (ma le sue due figlie andranno in
prestigiosi istituti privati), l’introduzione di un programma sanitario
pubblico, la garanzia di non discriminazione di genere nel trattamento
economico dei lavoratori, la riduzione a 40 ore settimanali dell’orario di
lavoro, l’introduzione di una imposizione sui redditi fortemente progressiva, un
programma di edilizia popolare ad affitti praticamente prossimi allo zero, aiuti
economici alle famiglie con disabili, aumento delle pensioni, un ampio
programma di nazionalizzazioni di imprese e banche, crea la compagnia aerea
nazionale e la compagnia armatoriale nazionale, oltre che la società nazionale
di telecomunicazioni. Colpisce duramente gli interessi ed i privilegi della
Chiesa: legalizza il matrimonio civile, cancella i reati di omosessualità
e adulterio, abolisce per legge tutti i
titoli nobiliari. Nel 1971, inoltre, abolisce la pena di morte. Eradica di
fatto la endemica povertà che da sempre affligge Malta.
In
politica estera, il Mintoff degli anni Settanta è un chiaro antimperialista, ed
abbandona la precedente linea di integrazione con la Gran Bretagna. Nel 1974,
Malta diviene una Repubblica, con l'ultimo governatore generale britannico che
diviene il primo presidente; nel 1979, al culmine di un lungo negoziato,
scandito dalle minacce di Mintoff di affittare la base navale inglese di
Maltaalla Marina sovietica, il premier maltese ottiene la chiusura della base
navale inglese e l'abbandono delle ultime forze militari britanniche ancora
presenti a Malta, dopo aver ricevuto in pagamento, da parte della Gran
Bretagna, 14 miliardi di sterline all'anno dal 1971 al 1979.
Tali
importanti risultati di politica estera derivano da una scelta di non
allineamento: Mintoff revoca immediatamente il processo di integrazione nella
CEE avviato dal precedente Governo di destra, e stringe relazioni molto strette
con la Libia di Gheddafi e con la Cina (arrivando addirittura, in un eccesso di
entusiasmo, ad elogiare la presa di potere da parte degli khmer rossi).
Gheddafi è molto interessato ad ampliare la sua area di influenza su un Paese
che è al centro delle rotte marittime e delle forniture di petrolio libico
all'Italia, e la stessa Urss potrebbe beneficiare delle crescenti relazioni fra
Libia e Malta, al fine di ottenere la tanto agognata base di appoggio per la
flotta del Mar Nero nel Mediterraneo (infatti, la flotta del Mar Nero non può
intervenire nel Mediterraneo, in quanto bloccata dallo stretto dei Dardanelli,
controllato da Paesi filo-atlantici, come Grecia e Turchia). Mintoff, in questo
modo, ottiene dalla Libia petrolio e gas naturale a prezzi stracciati,
assistenza militare (l'intera forza aerea maltese, in quegli anni, è composta
da piloti e tecnici libici) e finanziaria. Parallelamente agli aiuti ricevuti
da Libia e Cina, le potenze occidentali, preoccupate dalla possibilità che
Malta divenga un avamposto del socialismo e di Gheddafi in pieno Mediterraneo,
finanziano Mintoff per convincerlo a rimanere non allineato, ed a non entrare
organicamente fra i Paesi satellite di Mosca. In pratica, Mintoff sfrutta
appieno il beneficio del non allineamento, che consentì a numerosi Paesi (ad
es. la Iugoslavia di Tito) di ottenere grandi benefici per la loro crescita economica.
Mintoff con Gheddafi
Quando
poi la Libia diventa un partner troppo scomodo, perché scoppia, fra Libia e
Malta, la grana del controllo delle secche di Medina, rivendicate dai due Paesi
e forse ricche di petrolio e perché le accuse di sostegno al terrorismo
internazionale e il coinvolgimento nei fatti del Ciad rendono Gheddafi sgradito
all'Occidente, nel 1980 Mintoff abbandona i libici (forse anche perché reso
edotto, da parte dei servizi italiani, di un fantomatico piano libico di
annessione di Malta, sponsorizzato dall'Urss). Per sostituire l’assistenza e le
forniture petrolifere libiche, interrotte dal 1 giugno 1980, nell’estate di
quell’anno Mintoff stringe un trattato di assistenza con l'Italia, negoziato
dall'allora sosttosegretario agli Esteri italiano, il democristiano
Zamberletti. L'Italia agisce, in quel frangente, come baluardo degli interessi
statunitensi di tenere Malta ancorata ad Occidente, ed in ciò il Governo
Cossiga, che gestisce l'operazione, è un garante di ferro. Il timore degli USA,
infatti, è che dopo l’abbandono britannico della base navale maltese nel 1979,
un Governo socialista, come quello di Mintoff, possa affittare la base alla
flotta sovietica del Mar Nero. Occorre tenere Malta nell’orbita occidentale,
fornendole tutta l’assistenza finanziaria ed economica che Mintoff desidera. Ed
il compito viene affidato all’Italia.
L'operazione
di sostituzione dell’appoggio libico a Malta, invece, non è affatto conveniente
per gli interessi nazionali italiani, che al contrario dovrebbe mantenere una
linea di amicizia con Gheddafi, stanti gli importanti legami con la Libia per
la fornitura di petrolio, per il business dell'ENI nel Paese africano, per le
interessenze azionarie libiche in aziende italiane, come la FIAT, per le
questioni legate ai diritti di pesca e di sfruttamento delle risorse marittime
in acque internazionali, che avrebbero dovuto spingere l'Italia a cercare un
accordo con la Libia sui limiti delle acque territoriali, anziché uno scontro. Inoltre,
l'accordo italo-maltese, che estromette Gheddafi, è contrario agli interessi
italiani anche per questioni di
mantenimento della pace e della sicurezza nell'area. Gheddafi prende molto male
l'accordo italo-maltese: la prima avvisaglia del malumore del rais, a
trattative ancora in corso, a Giugno, si ha con la vicenda della nave italiana
della SAIPEM che cerca petrolio nelle secche di Medina per conto del governo
maltese, e che viene più volte disturbata da navi militari libiche, fino quasi
a sfiorare uno scontro armato fra Marine Militari di Libia ed Italia. La
seconda avvisaglia si verifica con il sequestro, da parte delle motovedette
libiche, degli equipaggi di due pescherecci siciliani che operano in acque
internazionali rivendicate dal Paese di Gheddafi. L’avvisaglia più sanguinosa
si ha con la tragedia di Ustica: il 27 giugno 1980, nel pieno delle trattative
italo-maltesi, un aereo civile italiano precipita, probabilmente colpito da un
missile aria-aria, o da una collisione con un caccia, durante quella che
probabilmente fu una battaglia aerea fra Mig libici e caccia statunitensi
coperti dai radar dell’Aeronautica italiana, indotta da un tentativo di
Gheddafi di intimidire il Governo italiano, per impedirgli di stipulare
l'accordo (l'ipotesi dell'attentato bombarolo è a mio avviso un depistaggio; accanto
al relitto dell’aereo fu trovato un serbatoio di un caccia ed un casco di volo
dell’USAF; un Mig 23 libico, con il cadavere del pilota in avanzata
decomposizione, fu ritrovato 20 giorni dopo dopo sui monti della Sila;
l’Aeronautica italiana non ha mai fornito le tracce radar corrette; è peraltro
interessante notare che un Boeing di Air Malta si trovasse sulla stessa rotta
del DC 9 dell’Itavia, a 10 minuti di volo). E sono pochi quelli che collegano
la data della tragica esplosione nella stazione di Bologna, il 2 agosto 1980,
con la data stessa della stipula del primo protocollo di intesa vincolante del
futuro trattato italo-maltese, e con il fatto che il negoziatore, Zamberletti,
fosse un bolognese.
Nonostante
tutto ciò, il patto di amicizia italo-maltese viene stipulato a settembre di
quell’anno, contro ogni interesse nazionale italiano. Il nostro Paese si
impegna a versare ogni anno cospicui aiuti economici a Malta, pagati dai nostri
contribuenti, che superano i vantaggi economici che Malta ritraeva dal suo
precedente legame con la Libia; viene gettata la base per il pieno
riconoscimento della sovranità maltese sulle secche di Medina forse ricche di
idrocarburi, e la protezione militare italiana dalle intromissioni libiche
viene garantita. Al tempo stesso, Malta vede riconosciuto il suo status di
Paese non allineato, ed il divieto di stabilire sul territorio maltese basi
militari straniere. La vittoria di Mintoff e degli Stati Uniti è totale; inizia
la progressiva emarginazione dallo scenario internazionale di Gheddafi, e
l’Urss subisce la definitiva sconfitta nel suo tentativo di allungare la sua
potenza navale sul Mediterraneo. L’Italia paga con il sangue dei suoi cittadini
e con i suoi soldi e altre possibili opportunità di business il suo ruolo di puro
strumento nelle mani di interessi politici ed economici non suoi.
Tuttavia,
non tutto procede a gonfie vele per Mintoff. Il boicottaggio delle sue politiche,
da parte delle forze conservatrici interne al Paese, è costante ed incisivo.
Egli stesso mette in mostra una svolta autoritaria che non piace affatto ai
suoi concittadini: alle prese con alcune difficoltà economiche dovute alla
crisi generale susseguente allo shock petrolifero del 1974, nel 1977 limita il
diritto di sciopero e rende obbligatorio, e non più facoltativo, il lavoro
straordinario; lavoratori che sfidano il divieto parziale di scioperare vengono
licenziati dalle imprese pubbliche in cui operano; il “corpo del lavoro”, una organizzazione
di civili impiegati in lavori pubblici, viene spesso usata per spezzare gli
scioperi; viene introdotto l’obbligo di alternare periodi di lavoro a periodi
di studio per i giovani che vogliono laurearsi, con il risultato che la possibilità
di studiare, e la facoltà che viene scelta, diventano appannaggio delle
decisioni dei datori di lavoro e non dei giovani interessati. Vengono introdotte
riforme che limitano la possibilità per i cittadini di citare in giudizio il
Governo, ed i tribunali vengono addirittura sospesi per qualche mese.
Il 15
ottobre 1979 Mintoff sfugge ad un attentato contro la sua vita, e come risposta
un gruppo di militanti del partito laburista dà fuoco alla sede del giornale
conservatore The Times ed assalta l’abitazione privata del leader nazionalista
Eddie Fenech Adami, svaligiandola ed aggredendo e ferendo la moglie, la madre
ed i suoi cinque figli. Nonostante una formale deplorazione dell’accaduto,
Mintoff non farà niente per far arrestare e processare i responsabili di questo
gesto, che gli toglie molto consenso elettorale. Numerosi altri atti minori di
volenza contro esponenti o militanti del partit nazzjonalista saranno, in quegli
anni, ignorati dalla polizia e dalla magistratura.
Nonostante
lo shock petrolifero del 1974, grazie agli aiuti finanziari britannici ed agli
aiuti libici nella fornitura di petrolio, i risultati economici complessivi
sono positivi: fra 1974 e 1979, il PIL raddoppia, e il tasso di disoccupazione
passa dal 5,8% al 2,7%, anche grazie al lavoro creato artificiosamente a favore
dei “corpi di lavoro”; per molti anni, il cantiere navale, la principale
attività industriale del Paese, è in utile. La povertà sparisce, ed il tenore
di vita medio si avvicina a standard europei.
Ma la
cappa sempre più autoritaria che Mintoff imprime alla società non piace più a
molti elettori. Di conseguenza, e grazie anche ad un rinnovo della leadership
del partito nazionalista, alle elezioni del 1981 Mintoff perde la maggioranza
assoluta dei voti. Tuttavia, grazie ad una abile manipolazione dei confini dei
collegi elettorali, riesce a mantenere, sia pur di poco, la maggioranza
assoluta dei seggi parlamentari. Il partito nazionalista si rifiuta di
riconoscere il risultato elettorale, e di inviare in Parlamento i propri
rappresentanti, appellandosi al presidente della Repubblica. Mintoff fa il
furbo: dichiara che in queste condizioni non può governare, e che entro sei
mesi saranno proclamate nuove elezioni. Tuttavia, accetta l’invito del
presidente della Repubblica di formare un nuovo governo, e continuerà a
governare per tutto l’arco normale della legislatura, senza mai adempiere alla
sua promessa di indire nuove elezioni. Come conseguenza, i rapporti politici
subiranno un grave degrado, e nei primi anni ottanta la violenza politica nel
Paese crescerà a ritmi preoccupanti.
Solo
nel 1984, sotto le pressioni interne, Mintoff decide di dimettersi da Primo
Ministro e da leader del partito laburista, tornando a fare il parlamentare, ma
imponendo, come condizione del suo passo indietro, il fedelissimo Karmenu Mifsud
Bonnici come nuovo Primo Ministro. Bonnici diventa quindi premier senza esservi
stata alcuna consultazione elettorale, mentre Mintoff, dal suo banco di
parlamentare, rimane il vero leader occulto del Governo e del partito, che ne
determina ogni scelta. Tale atteggiamento, obiettivamente antidemocratico, non
fa che incrementare ulteriormente la violenza politica, anche perché Bonnici,
sotto l’impulso di Mintoff, adotta provvedimenti ostili alla Chiesa, come una
legge per sequestrare senza indennizzo le proprietà ecclesiastiche, o il
tentativo di mettere le scuole cattoliche sotto il controllo governativo. Nel
1984, in una manifestazione di lavoratori del cantiere navale cui presenzia
Bonnici, i locali della curia vengono saccheggiati. Bonnici commette l’errore
di definire i saccheggiatori “élite della classe operaia”.
Solo nel 1987, Mintoff riconosce che la destra
aveva ragione a protestare per i risultati elettorali del 1981, e promuove un
accordo con il leader nazionalista Adami, per modificare la Costituzione al
fine di impedire che si formi una maggioranza
parlamentare senza la maggioranza dei voti. Come conseguenza, alle elezioni del
1987, un Paese stanco del crescente autoritarismo del “perit”, e delle violenze
politiche alimentate anche dall’intolleranza dei laburisti, con un partito
laburista indebolito dai primi sintomi di una lotta di potere interna per
succedere a Mintoff, riconsegna il potere alla destra dopo 16 anni di
incontrastato dominio di “Tal-Pipa”.
Fino
al 1998, Mintoff sarà parlamentare per il partito laburista, quasi sempre all’opposizione,
alle prese con una lotta di potere interna al partito, con il leader emergente
Alfred Sant, esponente di un laburismo di tipo blairiano, che riuscirà a
prendere le redini del partito nel 1992, spodestando Bonnici, il fedelissimo di
Mintoff. Il culmine della lotta fra Mintoff e Sant si verificherà nel 1998,
quando Sant riuscirà ad arrivare al Governo con la promessa elettorale di
abolire la neo-istituita IVA (che poi sostituirà con una tassa equivalente, ma
chiamata in modo diverso). Il Governo Sant, che si regge su un solo seggio di
maggioranza, verrà infatti terminato dal voto contrario di Mintoff ad un
progetto di concessione di un tratto di costa ad un privato, conducendo ad
elezioni anticipate in cui il partito laburista verrà pesantemente sconfitto.
Mintoff, in questo modo, otterrà la testa del suo avversario politico interno
al prezzo di riportare all’opposizione il suo partito. Ed al prezzo di
terminare la sua stessa carriera politica. Alle elezioni del 1998, infatti, per
la prima volta in più di 50 anni, Mintoff non si candiderà. L’oramai anziano
leader evidenzia quindi i chiari sintomi di quel rancore senile distruttivo,
che è forse la naturale evoluzione di una personalità spigolosa e poco adusa al
compromesso.
Disperazione della folla ai funerali di Mintoff |
Solo
nel 2008, quando il suo acerrimo rivale Sant si ritira dalla vita politica,
saranno tentati alcuni approcci per riportarlo dentro il partito laburista, ma
oramai le condizioni di salute sono un ostacolo troppo grande. Al suo funerale,
sarà pianto come padre della Patria dal nuovo leader laburista, Muscat, ma
anche dai suoi avversari politici, e un folla oceanica seguirà il feretro per
l’ultimo saluto. Solo la Chiesa e gli ambienti più retrivi della società
maltese manterranno la loro antipatica ostilità, con articoli sarcastici, dopo
la sua morte.
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