La polemica fra vari esponenti
del sovranismo monetario in diverse salse e Bandiera Rossa in Movimento, innescata da un mio articolo
agostano che non è stato capito (per quanto chiarissimo), e sostenuta, dalla
controparte, con atteggiamenti aggressivi, spesso sfocianti nell’insulto
gratuito (tipicamente frutto di una struttura inconscia posizionata fra
fascismo e stalinismo) si arricchisce di un nuovo capitolo.
Dice di me tale Enea
Boria, a proposito di un colloquio con Cesaratto (che peraltro è stato un
colloquio civile) [1] :
“In questo senso non mi soffermo troppo
su Achilli, che vuole evitare la riproposizione di un contesto storico fatto di
paesi che degradino i propri rapporti politici all'interno dell'Europa in
quanto in guerra commerciale reciproca, col sud che attacca con le svalutazioni
competitive. Chiedo scusa, ma una tesi simile è semplicemente incommentabile. In
guerra commerciale ci siamo ORA grazie a questo assetto presente; fino
all'introduzione dell'euro nessuno in Grecia si sarebbe mai sognato di andare a
bruciare svastiche nelle strade durante una visita di stato della cancelliera
tedesca; se questa architettura saltasse non sarebbe il sud ad attaccare con le
svalutazioni competitive ma il nord, e segnatamente i governanti tedeschi, a
dover giustificare 15 anni di politiche restrittive interne coi propri elettori
e cittadini, mentre non potranno far nulla per arginare la normale e naturale
rivalutazione del "neo-marco". Insomma, Achilli dal punto di vista
politico (e forse anche economico, mi permetto) ha capito tutto al contrario.
Inutile dilungarsi.
Il buon Boria poi aggiunge una vera perla di
analisi anti-storica, affermando “E con
buona pace di Achilli il protezionismo è proprio quella via di mezzo di buon
senso, rivolta alla difesa dei ceti popolari, che si situa a metà tra il
laissez faire (che provoca le guerre ) e l'autarchia degli stati
autoritari, che sono le due politiche di destra, liberista o fascista. La
sinistra (udite udite) è protezionista o non è”.
Chiedo scusa io, ma mi sembra
che, semplicemente, Boria non abbia capito assolutamente niente e sia privo dei
fondamentali storici ed economici di base. Analizziamo i suoi argomenti: egli
dice “ se questa architettura saltasse
non sarebbe il sud ad attaccare con le svalutazioni competitive ma il nord, e
segnatamente i governanti tedeschi, a dover giustificare 15 anni di politiche
restrittive interne coi propri elettori e cittadini, mentre non potranno far
nulla per arginare la normale e naturale rivalutazione del "neo-marco".
In verità, se l’architettura
dell’euro salterà, i governanti tedeschi non dovranno giustificare proprio
niente con i loro elettori, che votano e continuano a votare esattamente per i
partiti che quelle politiche di austerità hanno creato e sostenuto (prima la
Spd di Schroeder, poi la Cdu della Merkel). E questo per un motivo molto
semplice: l’elettore tedesco medio ama il concetto di austerità. Può aver
provocato problemi sociali notevoli e distruttivi sulle fasce sociali più
deboli (precari, lavoratori sottoqualificati, pensionati al minimo,ecc.)
tramite i mini-job e le riforme Hartz, ma intanto questi sacrifici sono stati
giustificati politicamente come rimedi necessari per integrare il boccone della
Germania dell’Est recuperando competitività internazionale sui costi, e così
sono stati accettati dalla maggioranza dei tedeschi. Ed inoltre,
nell’immaginario collettivo dell’elettorato tedesco, ancora segnato
inconsciamente dall’iper-inflazione di Weimar e da ciò che ne derivò
politicamente, il debito, le politiche di deficit spending, ecc. sono sintomi
di anarchia economica e politica, che vengono associati ai Paesi
euromediterranei (con qualche ragione, peraltro).
Di conseguenza, i tedeschi non si
aspettano nessuna giustificazione da parte dei loro governanti circa
l’imposizione di politiche di austerità, anche quando queste stanno
distruggendo l’Unione monetaria (a meno di non considerare che la Merkel, che
ancora ieri con il francese Valls ribatteva sul punto “no money, no party” sia
totalmente idiota e politicamente suicida, cosa che non è, visti i risultati
elettorali). Molto semplicemente, l’elettore tedesco medio si aspetta che i
Paesi euromediterranei “facciano i compiti a casa” come li ha fatti il suo
Paese senza agire con svalutazioni competitive per tenere in piedi la sua
competitività di prezzo (che questa idea sia di una idiozia totale nessuno lo
discute, ma la comunicazione politica fa passare anche idee idiote nel tessuto
sociale, altrimenti non avremmo avuto fenomeni come Berlusconi o Grillo). Per
cui, in caso di fine dell’area-euro, l’elettore tedesco, ed il sistema politico
ed economico tedesco, non accetterebbero mai un ritorno a politiche commerciali
che sfruttino la svalutazione competitiva senza reagire. Soprattutto dopo che
il crescente surplus commerciale tedesco è stato reso possibile proprio dalla
fine delle politiche di svalutazione competitiva. Per capirci: nel 1993, dopo
l’uscita della lira dallo SME, il saldo commerciale italiano con la Germania
era positivo per oltre 280 Meuro. Oggi siamo in pesante deficit con la
Germania, al 2013 sfioriamo 400 Meuro di disavanzo commerciale. La cosa più
naturale, quindi, è pensare che la Germania reagirebbe ad una rivalutazione del
marco rispetto alle ripristinate lira, pesata, dracma, ecc., in un mercato basato
ancora sulla libera circolazione delle merci, imponendo barriere, probabilmente
non tariffarie ed indirette, alle importazioni, per non perdere l’elemento
trainante della sua crescita, ovvero la sua competitività internazionale.
E qui veniamo al secondo
argomento di Boria: il protezionismo è
proprio quella via di mezzo di buon senso, rivolta alla difesa dei ceti
popolari, che si situa a metà tra il laissez faire (che provoca le guerre
) e l'autarchia degli stati autoritari. La sinistra è protezionista. Evidentemente,
la storia mondiale insegna, a chi abbia l’umiltà di studiarla, esattamente il
contrario, e cioè che fu proprio il protezionismo seguito alla grande crisi del
1929 ad innescare, in Europa, reazioni nazionalistiche e proposte di politica
economica autarchica, che crearono il brodo di coltura dei vari fascismi, e
quindi della progressiva deriva verso la guerra. E furono le destre ad
utilizzare nel modo più pieno protezionismo ed autarchia. Passare da guerre
commerciali a guerre guerreggiate è molto più frequente e semplice che non
trovare accordi di reciproca coesistenza. Altro che protezionismo di buon
senso!
Pensare che uno scenario di
crescenti tensioni commerciali e politiche, dopo la fine dell’integrazione
monetaria, sia del tutto impossibile, e scartarlo a priori è, mi sembra, un
grave sintomo di ottusità, di fronte ad eventualità future che non conosciamo
appieno che vanno quantomeno prese in considerazione a mente aperta. Ottusità
spesso derivante dal non volersi confrontare con la realtà, che è ben diversa
da schemini teorici sui quali ci si gioca una carriera politica. Non motivare
questa opinione, oppure motivarla in modo ridicolo, come fa Boria, sostenendo
che le Autorità politiche tedesche sarebbero troppo impegnate a difendersi
dalle critiche dei loro cittadini per reagire agli effetti deleteri sulla
propria bilancia commerciale di una svalutazione delle ripristinate monete
euromediterranee, è molto più che ottuso. Le Autorità politiche tedesche
avrebbero, contrariamente a ciò che pensa il Nostro, tutto l’interesse a sviare
l’attenzione della loro opinione pubblica dal fallimento dell’euro, motivato
dalle loro assurde politiche di austerità, verso i Paesi euromediterranei a
valuta debole, a quel punto dipinti come cinici sfruttatori e parassiti, che
esportano svalutando anziché facendo sforzi di riforma strutturale dei loro
mercati del lavoro interni e dei loro sistemi di welfare e di spesa pubblica.
Si chiama “creare capri espiatori”, ed è la strategia politica più antica del
mondo quando si è in difficoltà nello spiegare certe scelte fallimentari ai
propri elettori. La cultura fortemente intrisa di protestantesimo del popolo
tedesco non potrà che facilitare una reazione di questo genere.
Vale infine la pena di ricordare,
non solo a Boria ma a tutti quelli che credono al paradiso fuori dall’euro,
alcuni elementi. Per coloro che parlano di “uscita ordinata” e di ripristino
dello Sme e dei cambi fissi o semi-fissi, in primo luogo, ricordo che persino
il partito euro-scettico tedesco, Afd, nel suo programma elettorale, prevede
che l’uscita dall’euro sia accompagnata da un sistema di tassi di cambio
semi-rigidi, analogo allo Sme pre-euro, o, in caso ciò non sia possibile, da
politiche valutarie basate sulla stabilità del tasso di cambio, associate a
politiche monetarie neutrali rispetto ai debiti pubblici nazionali. Questo è
ciò che la Germania sarebbe disponibile ad offrire in caso di uscita dall’euro.
Si tratta in buona sostanza di una specie di interpretazione dello schema di
Mundell-Fleming a tassi di cambio fissi, che come tutti sanno azzera ogni
tentativo di espansione della massa monetaria, e quindi rende impraticabile
qualsiasi tentativo di monetizzazione, anche parziale, del debito pubblico (che
infatti quelli di Afd aborrono). Si tratta cioè di uno schema in cui, non
potendo svalutare (se non entro una fascia di oscillazione rigida) e non
potendo monetizzare il debito, i Paesi ad alto debito pubblico e bassa
competitività internazionale (come l’Italia) sarebbero costretti a proseguire
in disastrose strategie di deflazione dei costi di produzione interni, cioè,
detta in altri termini, in politiche di massacro sociale peggiori di quelle che
abbiamo già subito. Anche qui c’è un precedente storico. La famosa politica
della quota 90, cioè la fissazione di una regola rigida nel tasso di cambio fra
lira e sterlina, decisa da Mussolini, in assenza di possibilità di manovrare la
politica monetaria, fu attuata mediante la riduzione della domanda interna, la
restrizione del credito e l'abbassamento dei salari, oltre che l’autarchia.
In caso di uscita non ordinata
dall’area euro, cioè unilaterale e non negoziata con la Germania, poi, le
classi lavoratrici pagherebbero il costo economico di fughe di capitali (certo
non frenabili per sempre da misure amministrative-tampone), dell’aumento dei
tassi di interesse (a proposito: non regge il confronto fatto con il 1992-93,
quando i tassi di interesse calarono dopo l’uscita della lira dallo Sme;
infatti, la contestuale adesione al Trattato di Maastricht ed ai suoi parametri
rigidi di politica fiscale e l’avvio di politiche di contenimento dei costi,
come il protocollo Ciampi del 1993, stabilizzarono le aspettative degli
operatori, evitando un aumento dei tassi dovuto ad effetto di richiesta di un
premio di rischio-Paese da parte degli investitori; uscendo dall’euro oggi, con
una economia stremata dalla crisi, non potremmo riprodurre quel sistema di
politiche fiscali restrittive a garanzia della tranquillità degli investitori,
a meno di non scendere ai livelli di reddito pro capite e di diseguaglianza di
qualche satrapia africana; e comunque, nel 1993 il divario tra i tassi
d’interesse fu addirittura triplo, il 13% in Italia contro il 4,4% della zona
euro e il 4,3% della Ue). Ma i
lavoratori pagherebbero anche i costi della rivalutazione del costo del
rimborso della quota capitale di quel 35% di debito pubblico italiano in mano a
soggetti non residenti (certo non disposti a farsi pagare in valuta deprezzata,
dopo aver acquistato titoli del debito pubblico denominati in euro) e di un
aumento dei costi di importazione delle materie prime energetiche (citando l’insospettabile
Bagnai, con una elasticità fra prezzo della benzina e del petrolio del 30%, una
svalutazione del 30% della lira comporterebbe un aumento del 9% del costo
energetico, ceteris paribus, che peraltro andrebbe a combinarsi con l’aumento
del costo del gas, delle materie prime non energetiche importate, ecc. ).
In conclusione, le osservazioni
di Boria riportano nel modo più fedele, perché sono “di pancia”, il vero punto
di arrivo di una strategia di sovranismo monetario: protezionismo, nazionalismo
economico che sfocia in nazionalismo politico, con le sue appendici guerrafondaie
inevitabili, costo economico da fuoriuscita da far pagare alle classi
lavoratrici. Davvero un ottimo risultato.
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