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i Quaderni di Bandiera Rossa "La Storia è finita" di Norberto Fragiacomo
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martedì 5 aprile 2011

BENTORNATO CARLO MARX! 11 TESI ACCADEMICHE PER IL MARXISMO IN PANTOFOLE


di Lorenzo Mortara




I filosofi hanno soltanto
diversamente interpretato il mondo;
si tratta però di mutarlo.
KARL MARX – XI Tesi su Feuerbach




...la pretesa interpretazione «pura» ha delle conseguenze pratiche:
essa contribuisce, direttamente o indirettamente,
consciamente o inconsciamente, alla conservazione dello status quo.
In altri termini, la contrapposizione suggerita dalla XI Tesi
si pone tra un’interpretazione che contribuisce
alla perpetuazione dello stato di cose esistente
e un’interpretazione critica legata a una prassi rivoluzionaria.
MICHAEL LÖWY – Il giovane Marx





Crollato lo stalinismo, dopo vent’anni di euforia, i padroni del mondo sentono di nuovo lo spettro del comunismo fiatargli sul collo. Con l’arrivo della più grande crisi generale dal crack di Wall Street del 1929, il Capitale di Marx ha triplicato le vendite in Germania. La rivolta greca si è estesa fino ai paesi arabi. Ce n’è abbastanza perché la borghesia corra ai ripari, anche sul piano della propaganda. Per disinnescare Marx nella pratica, ci vogliono gli interventi militari, ma per disinnescarlo sul piano delle teoria ci vogliono gli accademici. Ecco allora che in attesa di veder sbucare all’orizzonte un partito rivoluzionario – la vecchia talpa deve scavare ancora! – dobbiamo accontentarci di veder saltar fuori dalle Università il giovane Diego Fusaro che ha recentemente pubblicato, per i tipi della Bompiani, Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario. Il Fusaro, bontà sua, ha anche condensato in 11 Tesi il libro. È grazie a questa sintesi che possiamo liberarci del libro prima ancora di averlo letto. Senza, confessiamo che non saremmo stati in grado di sorbirci per intero l’ennesima paccottiglia accademica che rivela al mondo di aver scoperto, nel “riorientamento gestaltico” (sic!)1, la vera chiave di interpretazione del pensiero di Karl Marx.
L’interesse del libro non sta tra le sue pagine, ma fuori, in quello che rappresenta, uno dei primi, timidi tentativi dei borghesi di disinnescare Marx sulla via del “rinascimento”. Anche noi, quindi, abbiamo il dovere, di schiacciare i primi insetti parassitari che gli sciamano attorno. Non ci è voluto molto per disinnescare 11 Tesi con altrettante 11 Controtesi2. Quando sarà ora, i denti aguzzi dei marxisti, dovranno cercare altro pane. Nell’attesa comunque, come sparring partner, come aperitivo o come stuzzicadenti, anche il giovane Fusaro garantisce un buon allenamento.
Vediamo dunque le 11 Tesi del novatore del marxismo, nelle quali, mi perdoni l’autore, non son riuscito a vedere né un papero né un coniglio ma solo le orecchie di un altro animale altrettanto familiare...



1) Marx non fu affatto il fondatore del Marxismo, che fu invece fondato da Engels e da Kautsky nella forma di una dogmatizzazione catechistica del pensiero di Marx, pensatore della critica e, per ciò stesso, incompatibile a ogni dogmatizzazione.

Confutazione – Marx ed Engels fondarono il marxismo (come avrebbero potuto non fondarlo?). Naturalmente non lo vararono in una data precisa, semplicemente lo fecero con la loro opera, talmente importante, storicamente, da giustificare, al pari del cristianesimo, del buddismo eccetera, il conio del termine. Chiunque abbia un po’ di buon senso, compresi i marxisti che ne fanno notoriamente a meno, non ha bisogno di mettere in discussione ciò che la Storia del pensiero, grazie alla forza di questi due autori, ha reso immediato per tutti con una parola. Se è per questo non esiste nemmeno il leninismo, il marxismo-leninismo e tanto meno il trotskismo. Leninismo e trotskismo sono solo gli sviluppi più fecondi del marxismo. Se diciamo “marxismo trattino leninismo”, è solo perché ormai l’espressione è entrata, non a torto anche se impropriamente, nel gergo comune di molti militanti (nel mio caso, poi, è addirittura un’espressione che adoro!). Che sia di derivazione stalinista, ma nemmeno poi tanto, visto che Stalin, un doppio zero in qualunque teoria, non inventò nemmeno quello, non cambia il discorso. Solo i sofistici hanno bisogno di farla tanto lunga e complicata. Così come non hanno il buon senso, i marxisti non hanno nemmeno il bisogno di essere sofistici dove non serve.
Né Engels (del quale si parlerà nell’ultima confutazione) né Kautsky fecero di Marx un fossile. Kautsky, finché fu marxista, fu pensatore complesso e originale. Per quanto in lui ci fosse in dosi massicce lo strisciare dell’erudito, non si può parlare della sua opera come di un catechismo. A lui si deve, ad esempio, la tanto discussa teoria della “coscienza importata dall’esterno”, principale accusa poi messa in bocca a Lenin dagli ipocriti in cerca di scuse per non ammettere di essere controrivoluzionari. Sempre a Kautsky dobbiamo il più grande libro marxista sulla questione agraria, vero erede dello scritto di Engels La questione contadina in Francia e in Germania, che ancora oggi, insieme a tanti suoi scritti, ha molto da insegnare a tutti noi (di passata, ce ne fossero di teorici come il primo Kautsky e non solo dei nemici di tutti i teorici come il compagno moscio e di velluto!). Kautsky diventa apparentemente un marxista dogmatico quando, di fronte alla Rivoluzione d’Ottobre, si aggrappa al tradimento di Marx da parte dei bolscevichi, per avere la scusa di non appoggiarla. Non bisogna però prendere lucciole per lanterne. In questo caso, infatti, Kautsky non è dogmatico del marxismo, ma neo-teorico del liberalismo, in quanto col voto ai crediti di guerra da parte della socialdemocrazia tedesca di cui era il capo teorico indiscusso e a cui non si è opposto, è di fatto passato armi e bagagli dall’altra parte della barricata.
E ancora, se si osservassero attentamente le cose, si scoprirebbe che non c’è nulla di meno dogmatico del dogmatismo. Il catechismo di Stalin, per esempio, fu quanto di meno dogmatico si possa immaginare. I comandamenti venivano infranti e stravolti da un giorno all’altro a seconda della bisogna. Se appare dogmatico, lo stalinismo, è solo perché accademici ed eruditi non hanno la benché minima idea di cosa si celi dietro ogni dogmatismo. Ogni teoria è il riflesso mentale di un preciso interesse materiale di una classe sociale o di una sua frazione. Il dogmatismo si manifesta nella bocca di chi, cambiando collocazione di classe rimanendo ufficialmente al suo posto, è costretto per meglio difendere il suo nuovo interesse, a mascherarsi con le parole e i pensieri del suo vecchio schieramento. Le vecchie teorie, però, entrando in contraddizione con la nuova prassi, devono continuamente essere aggiustate e adattate per non scoprire le divergenze. Il pensiero vivo, rigoroso, di un preciso interesse di classe, in sé e per sé non serve più a nulla a una vita che viene sradicata e piantata in un altro. Ecco perché appare dogmatico. Perché chiunque se lo porti dietro come maschera, non avendo più interesse a svilupparlo e a coltivarlo, non può far altro che portarselo appresso come il cadavere di un tronco scheletrito. Di qui l’inevitabile puzza di muffa, nonostante il continuo cambio di versioni che ogni sacerdote fa fare al pensiero che ha deciso ufficialmente di adottare.



2) Marx prese le distanze dal marxismo: “tutto quel che so è che io non sono marxista”, disse una volta e criticò punto per punto il nuovo movimento marxista (“Critica del programma di Gotha”, che si chiude con l’espressione sintomatica: “dixi et salvavi animam meam”).

Confutazione – Marx tenne a distanza, quando possibile anche con dei calci nelle balle da tramortire un elefante, tutti i filistei che cominciavano ad avvicinarsi a lui sicuri di averlo compreso. La frase “tutto quel che so è che io non sono marxista” venne detta da Marx a un gruppo di sedicenti marxisti che si presentarono a casa sua per sottoporgli il loro giornale. Se Fusaro si presentasse da me con buona parte di tutta la paccottiglia dell’attuale letteratura sedicente marxista, per esempio il giornale di Lotta Comunista, il giornale più brutto della Storia, preistoria liberale compresa, anch’io direi: «Se questo è marxismo, io non sono marxista!». Tutto qua! Davanti ai filistei, Marx, ribadiva che lui ed Engels e solo loro, insieme coi pochi che si sforzavano di afferrarli, erano marxisti. Gli altri purtroppo no! La Critica al Programma di Gotha, infatti, altro non è che la critica marxista al programma non marxista ovvero liberale della nascente socialdemocrazia tedesca. A Gotha si erano trovate per la riunificazione in un solo partito, le due componenti del movimento operaio tedesco. L’ala più vicina a Marx, quella di Liebknecht e di Bebel, aveva lasciato praticamente campo libero alle posizioni di Lassalle, un guazzabuglio di empirismo e di ignoranza. Marx rase al suolo l’analfabetismo in materia di economia di Lassalle per tentare di dare dignità scientifica al programma di Gotha. Altro che nuovo movimento marxista!


3) Marx non fu affatto un economista, ma un filosofo, allievo di Fichte e di Hegel: il movimento con cui Marx vuole uscire dalla filosofia per approdare alla scienza (a partire dall’Ideologia tedesca, del 1845-1846) rivela una profonda simmetria con il movimento teorico di Fichte e di Hegel, anch’essi teorici del superamento della filosofia nella scienza, intesa - quest’ultima - come scienza della totalità.

Confutazione – Marx fu il più grande economista della sua epoca e in fondo l’ultimo economista dell’era capitalistica. Non potendo più progredire, l’economia politica borghese, dopo di lui, decise di andare indietro regalando alle scimmie il più grande aborto del pensiero moderno, l’economia marginale, superiore in quanto a pretese intellettuali alla “merda d’artista” e ad altri capolavori d’arte moderna. Nessuno, ebbe a dire Schumpeter di Marx, era in grado di stargli a paro allora, per conoscenza e competenza. Quando si dice che Marx non fu economista, s’intende senz’altro che non fu economista borghese. E in effetti economista borghese non fu neanche in un solo suo rigo. Mentre Marx pensava che al culmine dell’idealismo, con Hegel, la filosofia per continuare ad aver senso avrebbe dovuto sciogliersi nelle varie discipline scientifiche, non c’è borghese che non sia pronto ad ammettere quel che Marx in fondo sarebbe stato disposto a rinnegare: la sua importanza filosofica.
Il borghese non vede l’ora di rimettere Marx nel campo della speculazione filosofica, perché sa che dopo Hegel, la filosofia nelle università che non si sporca le mani con la volgarità della scienza, è cosciente di essere innocua. È perfetta per la ciarliera sua impotenza. Viceversa, il proletariato sa che del Marx filosofo puro se ne può tranquillamente fare a meno, perché l’unica filosofia possibile al proletariato è l’economia politica, o meglio la critica dell’economia politica borghese che fonde nel marxismo gli ultimi punti d’arrivo della miglior cultura dell’800: l’idealismo tedesco in campo filosofico, il liberalismo inglese in campo economico e il socialismo francese in campo sociale.
Ogni filosofia è filosofia di vita, e la filosofia del proletariato non può essere altro che la lotta di classe. Senza lotta di classe, il proletariato muore. Fuoriuscire dalla lotta di classe, per il proletariato, significa uccidere la filosofia. E per questo che Marx una volta abbracciata, non vi uscì più. Fusaro lo vuol fare uscire perché lui non ci è mai entrato, di conseguenza solo così può sperare di incontrarlo.



4) Marx fu un teorico delle individualità libere, non della collettività livellata. La costante preoccupazione di Marx è l’individuo e la sua liberazione dai meccanismi repressivi, schiavistici e alienanti della società capitalistica. Marx mira a realizzare le promesse inevase del liberalismo, prima tra tutte la realizzazione effettiva della libertà del singolo. La quale è possibile solo nella forma di un “libero sviluppo delle individualità” solidali tra loro e titolari di eguale libertà.

Confutazione – La separazione tra individuo e collettività è un fatto storico. È caratteristica delle società divise in classi e specificatamente della società borghese. Marx ritiene che il superamento del capitalismo, ricomporrà anche la separazione classista tra singolo e collettivo. La libera espressione del singolo, sarà possibile perché basata sulla liberazione collettiva dalla necessità. La contrapposizione borghese tra società civile e singolo perderà di senso. Perciò continuare a parlare di singolo e di collettività, significa continuare vedere passato, presente e futuro con l’occhio dualista perché eternamente classista del borghese. Per fortuna, sarà la Storia ad accecare per sempre una simile visuale.
La teoria marxista, inoltre, non muove da una preoccupazione particolare di Marx ed Engels, tanto meno dal desiderio di sedurre gli uomini con chissà quali promesse. Non muove cioè da pii desideri idealistici, ma dalla concreta realtà storica. Il marxismo non promette nulla, si limita ad indicare tendenze già presenti nella società attuale e ad indicare i possibili sbocchi.



5) Marx fu pensatore della critica e non elaborò mai un sistema: il suo è un campo di teorie in fieri, in continua rielaborazione a seconda del momento storico. I titoli delle sue opere lo rivelano in modo inconfutabile: da “Per la critica della filosofia hegeliana del diritto” al “Capitale. Critica dell’economia politica”, passando per “La sacra famiglia. Critica della critica critica”.

Confutazione – Marx fu pensatore della critica proletaria al sistema borghese, non della critica in quanto tale, che per Marx altro non era che la critica critica, la critica incosciente di sé stessa e della sua provenienza sociale. Se fosse stato un pensatore puro della critica, Marx sarebbe stato privo d’ogni spirito critico. La continua rielaborazione di Marx non ha nulla a che vedere con quella sostenuta dal Fusaro. Il Fusaro crede di muovere la rielaborazione marxiana sulla linea del pensiero, senza rendersi conto di spostarla invece sulla linea di classe. La rielaborazione marxiana non si schioda mai dalla lotta di classe e dall’angolo visuale del proletariato. Il borghese fa festa quando vede il cantiere aperto di Marx, perché si sente autorizzato a spostarlo per la bisogna da sinistra verso destra, quando in realtà per Marx i lavori son sì sempre in corso, ma solo per radicalizzarsi e perfezionarsi a sinistra. In termini borghesi: per diventare ancora più dogmatici e chiusi di quanto marxismo già non comandi categoricamente di suo.
Naturalmente, come già visto nella confutazione della Prima Tesi, non sapendo cosa siano, nel dogmatismo, nel rigore e nella ferrea disciplina pretesa dall’analisi marxiana, il borghese vede un attentato alla sua libertà di pensiero, cioè al suo pensiero svolazzante di qua e di là ma sempre rasoterra, al limite dei piedi. Perciò, mentre lancia alte grida contro la fossilizzazione della libera ricerca intellettuale, saluta tutte le sciocchezze e i revisionismi come apporti non dogmatici alla nostra teoria scientifica. Quando poi i revisionismi fanno regolarmente naufragio, il borghese parlerà di bancarotta del marxismo per le cambiali in bianco che la sua stupidità intellettuale ha dato alle interpretazioni più strampalate e screditate.
Per fortuna il dogmatismo marxista non ha nulla a che vedere col catechismo, semmai è l’antidommatismo a pregare sistematicamente per le sue superstizioni. Una volta afferrato il suo metodo, per così dire la sua poetica, il marxismo infonde nell’individuo tutto il suo spirito creativo. Spirito creativo la cui condizione è appunto la fedeltà al canone marxiano. Del marxismo non dogmatico, quello puramente speculativo dei filosofi, della via parlamentare dei riformisti, della democrazia progressiva degli stalinisti o della rivoluzione proletaria basata sui contadini dei maoisti, anche se inizialmente può ingannare qualcuno con qualche effimera vittoria pratica, alla fine non resta niente oltre al fallimento, perché teoricamente non vale un bottone. Soltanto i borghesi non se ne sono ancora accorti. Per noi, solo il dogmatismo marxista è garanzia di un pensiero vitale, stimolante e creativo, l’antidommatismo, anche se si ammanta ogni volta di uno spirito nuovo, è sterile.


6) Marx fu un filosofo della Storia, che lesse il corso degli eventi come una lunga sequenza necessaria e destinata a sfociare nel comunismo come “regno della libertà” (e non dell’uguaglianza). Lo schema hegeliano dell’universalizzazione della libertà (dalla libertà di uno alla libertà di tutti) viene “futurizzato” da Marx, che apre la dialettica hegeliana al “non-ancora”: la libertà di tutti, da Hegel ottimisticamente intesa come già attuata nel presente, è da Marx rinviata al domani comunista. La filosofia della storia di Marx resta la più seducente promessa di felicità di cui la modernità sia stata capace.
Confutazione – L’idea che il comunismo sia il fine della Storia è una leggenda abusata dai borghesi per accusare ingiustamente di meccanicismo finalistico il pensiero di Marx. Marx disse chiaro e tondo che il comunismo non era il fine della Storia umana, ma solo la tappa successiva che si delineava all’orizzonte del capitalismo. Dopo non c’erano elementi sufficienti per stabilire dove si sarebbe diretta l’umanità. Le trattorie dell’avvenire si sarebbero incaricate di trovare nuove e più saporite ricette. Per ora, il convento del libero mercato, passava quello, perché la determinatezza di ogni singolo uomo, e quindi anche di Marx, impediva una prospettiva più ampia. Non soddisfatti, i borghesi che non vedono niente a un palmo di naso, non potevano che rinfacciare a Marx di aver preteso di intravedere tutto.



7) Chi oggi dice che “Marx è morto” lo fa per metterlo a morte, perché sa quanto è ancora vivo e scomodo. “Marx è morto” - questa insopportabile litania - non è allora la presa d’atto di un decesso, ma l’esorcismo volto a mettere a morte un vivo, la cui capacità critica resta, ad oggi, fortissima.

Confutazione – Chi dice che Marx è morto è della stessa specie dei Fusaro che lo vogliono vivo, sì, ma non oltre la Tesi 8 alla quale si rimanda la confutazione della Tesi 7.



8) Non si può tornare a Marx, ma solo ripartire da lui: dalle sue teorie, dalle sue illuminazioni. Da Marx si dipartono molti sentieri che, a seconda di quello imboccato, permettono di addentrarsi nella selva o di perdersi in essa. Proprio perché Marx non ha coerentizzato alcun sistema (Engels) o alcuna religione di stato atea e monopolistica (Stalin), occorre ripartire dal suo “cantiere aperto” per sviluppare nuove teorie critiche in grado di denunciare le contraddizioni di cui è intessuto il nostro oggi.

Confutazione – Anche se il sotterfugio, questa volta, si presenta con lo scambio delle parole ritornare/ripartire, è proprio il ritorno a Marx quello che Fusaro invoca. Bisogna insomma amputare il marxismo di tutto ciò che viene dopo Marx ed Engels, Lenin in primis naturalmente, qui sotto il nome di Stalin. Prima di lui, di fronte alla Rivoluzione d’Ottobre, era già pieno di marxisti a parole che invocavano per pietà, la stucchevole litania del ritorno a Marx. Fusaro vuole Marx vivo, ma mutilato, sulla sedia a rotelle. Solo Marx amputato del suo sviluppo, infatti, non porta alle rivoluzioni che non ha fatto in tempo a vedere. Il ritorno a Marx è il viaggio prepagato dai borghesi a tutti gli intellettuali che li aiutino ad allontanare con le loro operette lo spauracchio della rivoluzione. È, come ho già mostrato, il ritorno al Marx borghese e filosofico, al Marx genio e quant’altro purché non scientifico e soprattutto purché non proletario. In effetti, solo la filosofia dans les boudoir può tornare indietro a piacere; la scienza rettifica, abbandona, ma non torna mai indietro. Nessuno dopo Einstein potrebbe proporre di tornare a Newton senza far ridere i polli. Le galline liberali vogliono tornare a Marx per far regredire la scienza socialista ai loro coccodè superstiziosi. Ma questo significa solo che dopo Marx, con la Rosa Luxemburg, il Lenin, il Trotsky e pochi altri, il socialismo scientifico ha fatto ulteriori passi da gigante.
Che ci sia, al contrario, bisogno di un ritorno al marxismo completo di tutte le sue reali integrazioni, e non delle mutilazioni borghesi, non lo si può negare, sennonché il Fusaro si è dimenticato di chiedersi chi deve tornarci: la casta intellettuale? L’umano indiscriminato genere? Il filisteo piccolo borghese non capisce che il ritorno al marxismo non è un problema di idee o delle loro interpretazioni, ma un problema di lotta di classe. È infatti la classe operaia che deve tornare al marxismo, e riempire il fossato che la separa è compito della sua avanguardia. Senza il ritorno prepotente della classe operaia sulla scena della Storia, il marxismo continuerà a restare in vacanza. Quello che sognano i Fusaro è un ritorno del marxismo che non porti con sé la classe operaia. E se mai, per assurdo, dovesse un giorno avvenire una cosa del genere, troveremmo tutti i Fusaro del mondo a suonare le fanfare in ossequio al Dio Marx resuscitato. Noi, quel giorno, prenderemo l’opera omnia di Engels e Marx e la seppelliremo definitivamente nella spazzatura, consci della bancarotta storica del loro pensiero.
Resta da chiedersi perché la classe operaia si sia allontanata così tanto dal marxismo. L’intellettuale borghese nell’azzeramento del marxismo dal panorama del movimento operaio, scorge il suo fallimento teorico, il marxista invece la sua perfetta coincidenza con la momentanea sconfitta pratica della classe operaia. Il marxismo è la coscienza più che perfetta della classe operaia ed è inseparabile dalle sue vittorie e dalle sue sconfitte. Se la classe operaia vince, il marxismo avanza, se le prende di santa ragione, sparisce dall’orizzonte. Quando la classe operaia si inabissa, il marxismo resta però agganciato alla sua avanguardia.
La classe operaia e con lei il marxismo, si è inabissata dopo la sua più grande vittoria storica. La Rivoluzione d’Ottobre si è girata molto presto in controrivoluzione stalinista pagata a caro prezzo dalla classe operaia su scala mondiale. È stato il marxismo, e nella fattispecie il marxismo di Trotsky, ad anticipare teoricamente il crollo dell’URSS. Nella dinamica delle teoria trotskiana si trova in anticipo lo sviluppo degli ultimi 80 anni di Storia. Questo significa che il metodo marxista ha retto, alla prova dei fatti, molto più di quanto la classe operaia sia stata in grado di dargli ragione. Senza la classe operaia, il marxismo non potrai mai avere storicamente ragione. Ma senza la classe operaia il marxismo deve necessariamente avere ragione teoricamente, perché una teoria corretta è il presupposto perché prima o poi, in qualche punto di svolta della Storia, si riallacci con la pratica. Il marxismo è vivo, la resurrezione della classe operaia, quindi, è solo questione di tempo. È il liberalismo che è morto, perché scambia per vitalità teorica il sostegno che la vittoria pratica della borghesia dà alla sua bancarotta intellettuale.


9) Marx è il più grande critico della società capitalistica (che è ancora la nostra società): chi pretende di spiegare l’attualità usando le sole lenti interpretative marxiane, è certo votato alla miopia; ma chi rinuncia del tutto a indossare le lenti interpretative di Marx, è destinato alla totale cecità. La critica dell’oggi non può non ereditare il codice originario marxiano.

Confutazione – Chi, per indagare la realtà storica economica e sociale, non usa altro che le lenti del marxismo, ci vede benissimo e ha la vista più acuta di un’aquila, non ha bisogno di altro e può buttare a mare ogni altro cannocchiale. Infatti, il Fusaro che crede di averlo arricchito con le diottrie di altri occhi, conferma che ogni volta che si offusca l’unica lente che conti, si diventa peggio che ciechi perché si vede meno di un tubo. Niente in contrario con chi riesce davvero ad arricchire il marxismo con la psicologia (Marcuse, Fromm) o qualunque altra cosa. Ma una cosa è arricchirlo con un’altra pietra del sapere, un’altra pretendere di farlo impoverendolo con la polvere del pensiero. Non è necessario appesantire gli scaffali della mente con la muffa di milioni di libri, meglio tirare a lucido l’unico che valga davvero oro.


10) Marx ha svelato che la schiavitù nel mondo moderno è una schiavitù economica, non politica: gli operai, chi lavora nei call-centers, ecc, sono “schiavi del salario”, soggetti all’estorsione di “pluslavoro”. La nostra non è l’epoca della libertà – come ripete pomposamente la tradizione liberale, da Smith a Popper – ma è semmai una nuova fase della lunga “preistoria” dell’umanità, all’insegna della schiavitù: se ci si spinge sotto l’epidermide della realtà, si scopre che la libertà formale convive con l’asservimento materiale-economico di chi è costretto, proprio perché formalmente libero, a vendersi quotidianamente per potersi mantenere in vita come schiavo del capitale (dagli operai ai lavoratori dei call-centers, ecc.).

Confutazione – Marx ha spiegato che la schiavitù economica del proletariato ha il corrispettivo politico nella dittatura borghese del capitale. La separazione tra fattore economico e fattore politico non ha soluzione di continuità. Non solo, la liberazione dalla schiavitù economica è impossibile senza saldarla a una lotta politica. Di qui la necessità storica per la classe operaia di costituirsi in Partito. Di qui anche gli strali lanciati da Marx, e poi ripresi anche da Rosa Luxemburg in particolare, contro tutti quegli opportunisti che volevano ridurre la lotta dei lavoratori al semplice economicismo. La separazione del fattore economico da quello politico viene fatta dagli anarchici in buona fede, per comprensione al rovescio della lotta di classe, e in malafede dai borghesi, per comprensione piena del loro interesse. Separando i due momenti, politico ed economico, i borghesi sanno, infatti, che il proletariato non si libererà né della schiavitù economica né di quella politica. Sanno cioè che la loro dittatura resterà ben salda. Per fortuna, come ha spiegato Rosa Luxemburg, ci penserà la lotta di classe, nei suoi momenti di massima asprezza, a ricongiungere due fattori dialetticamente interdipendenti.
Non è nemmeno preciso dire che la nostra non sia l’epoca della libertà. La nostra è infatti l’epoca della massima libertà borghese. È la libertà per una sola classe, fondata sulla schiavitù dell’altra. Con l’ascesa del proletariato al potere, sparirà con la borghesia anche la sua forma di libertà.


11) Marx non è responsabile delle tragedie compiute in nome di Marx, esattamente come Cristo per quelle compiute in nome di Cristo. Marx sta al comunismo novecentesco come Cristo sta alle crociate. O anche: Marx sta al marxismo come Cristo sta al cristianesimo; Engels sta al marxismo come Paolo di Tarso sta al cristianesimo.

Confutazione – A nessuno più di Marx si deve quanto avvenuto nel recente passato. È Marx il protagonista indiscusso del Secolo Breve, e questo a riprova della superiorità del suo pensiero rispetto a teorie anarchiche o terroristiche o non violente della rivoluzione. I marxisti che si sono pentiti di quel che è accaduto, sono appunto marxisti da condannare in blocco. I marxisti senza sensi borghesi di colpa, invece, sono fieri di tutto quanto successo in nome di Marx, perché sanno che a lui si deve solo la parte rivoluzionaria, non quella controrivoluzionaria. Ma a differenza dei non marxisti alla Fusaro, i marxisti sanno anche che la parte controrivoluzionaria non è dovuta al revisionismo, ma è il revisionismo che è dovuto alla lotta di classe e cioè alle sconfitte storiche del movimento operaio. Visti gli orrori dello stalinismo novecentesco, Fusaro da piccolo borghese corre a salvare Marx nell’illusione che siano le idee a fare la Storia e non la lotta di classe a fare la Storia, compresa quella delle idee. Di conseguenza, inventa un revisionismo senza preoccuparsi di agganciarlo a un qualche interesse di classe. Engels avrebbe stravolto il marxismo per un capriccio della sua testa. Per la verità, che Engels abbia molto cambiato il pensiero di Marx, non è una teoria nuova. Fusaro è solo il primo, che io sappia, che lo accusi di averlo addirittura stravolto. Questo non fa di lui un pensatore particolarmente originale, ma solo il più ottuso degli accademici.
A grandi linee si può dire questo: tutti coloro che restano nel campo della rivoluzione, scostandosi solo di qualche grado dal marxismo, finiscono sempre per vedere chissà quali differenze tra Marx ed Engels. I marxisti che non si spostano di una virgola dall’ortodossia, invece, pur sapendo che non sono due fotocopie, ritengono del tutto intercambiabile il pensiero dell’uno con quello dell’altro.
Ammesso però per un momento che Engels abbia dirottato il marxismo verso altri lidi, resterebbe sempre da spiegare in termini marxisti, per quale interesse l’abbia fatto. Fusaro il problema non se lo pone neppure, eppure il revisionismo del cristianesimo di Paolo di Tarso va di pari passo con la crescita di una casta sacerdotale che, attraverso la fondazione di una Chiesa, anelava a ritagliarsi uno spazio tra i privilegiati dell’Impero Romano. Analogamente, dietro il revisionismo di Kautsky e Bernestein, c’era la burocrazia socialdemocratica e sindacale che stava troppo bene in parlamento e sue dependance per arrischiarsi in una rivoluzione. Dietro Engels chi ci starebbe? Non trovandoci nessuno, possiamo concludere che a revisionare il marxismo non fu Engels, ma semplicemente il Fusaro fulminato su non so quale via.
Kautsky, revisionando il marxismo, esprimeva in forma teorica, l’interesse praticamente borghese della burocrazia socialdemocratica. Lenin e Trotsky ripristinarono il marxismo ortodosso, raddrizzando la lotta di classe dalla parte del proletariato con la Rivoluzione d’Ottobre. Lo stalinismo lo piegò definitivamente a destra fino ai nostri giorni ad esclusivo interesse della burocrazia sovietica. Ciò non avvenne dall’alto delle idee o dal comando centrale di un pugno di uomini chiusi nella stanza dei bottoni rossi. Avvenne dal basso dall’azione e reazione combinata di milioni di uomini su scala mondiale, di cui i bolscevichi erano solo il terminale, e pure russo, non chissà quale punto di partenza. Questo gli intellettuali borghesi non lo capiranno mai perché disprezzano troppo la massa per considerarla protagonista in positivo o in negativo degli eventi. Preferiscono girare al contrario la Storia per scaricare sui suoi elementi migliori le cause negative che si contrappongono all’effetto progressivo venuto fuori unicamente dalla loro spinta particolare.
Lo stalinismo, sconfitto il marxismo, cominciava a far tornare indietro la ruota della Storia. I Fusaro non immaginano che anche in questa sconfitta il marxismo si mostri in tutta la sua potenza. Mutilato, storpiato e infine liberalizzato, mentre la Storia tornava indietro, sulla spinta primigenia della Rivoluzione d’Ottobre, il marxismo riusciva a portare lo stesso a casa altre rivoluzioni. Distorte fin che si vuole, ma sempre dannatamente reali, cioè superiori a tutte quelle ideali. Anche da reduce di una guerra perduta, il marxismo portava a casa una rivoluzione con le stampelle contadine del maoismo. E non sarebbe stata l’ultima. Nessun altra corrente di pensiero è stata in grado di arrivare a tanto con un semplice, labile soffio delle sue idee. Anche soffiando con tutta la forza che avevano nei polmoni, alle altre correnti anticapitalistiche non è mai riuscito di alzare il vento della rivoluzione.
Per forza! Perché non sono mai state in grado di farla volare.
E non saranno 11 Tesi come quelle del Fusaro a tarpare le ali del marxismo.
L’impresa si è dimostrata impossibile. La bandiera rossa è più forte e resistente del vento della controrivoluzione.
Chissà che 11 controtesi non possano servire per far spuntare almeno un’ala marxista tra le soffici piume del pensiero liberale del giovane Fusaro.


1 Così il fusaro presenta il suo libro: «Il Marx che troverete nel mio "Bentornato Marx! Rinascita di un pensiero rivoluzionario" (Bompiani, 2009, DIEGO FUSARO: "BENTORNATO MARX! R INASCITA DI UN PENSIERO RIVOLUZIONARIO" ) è integralmente incompatibile con tutte le tradizionali maniere di intendere Marx. Il mio Marx è filosofo, libertario, allievo di Fichte e di Hegel, non marxista ma idealista, pensatore non del collettivo ma delle singole individualità liberate dall’alienazione, e così via. Tutti i paradigmi inerzialmente accettati volano gambe all’aria. Quello che io propongo è, in definitiva, un “riorientamento gestaltico” di Marx: in ciò che finora abbiamo visto un papero, proviamo a vedere un coniglio! Nel 1845 Marx scrive le famose 11 Tesi su Feuerbach. Mi permetto qui di enunciare le mie undici tesi su Marx, che troverete sviluppate (e argomentate) nel libro».

2 In parte questo lavoro è già stato fatto da un compagno davvero meritevole che in un forum di discussione ha scambiato un paio di battute con l’autore, demolendolo. Il forum si trova a questo link: http://forum.politicainrete.net/comunismo-e-comunita/41881-11-tesi-su-marx.html

6 commenti:

Olympe de Gouges ha detto...

quanto segnalate al 2. punto, non trova riscontro documentale:nessun giornale ecc., il contesto in cui fu pronunciata la frase è tutt'altro:
http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/01/je-ne-suis-pas-marxiste.html

ad ogni buon conto quello che dite di fusaro risponde al vero

Lorenzo Mortara ha detto...

Grazie della precisazione. Per la verità io sono andato un po' a memoria, basandomi anche su altre fonti, in particolare Alan Woods: "Una volta Marx, dopo aver letto gli scritti di alcuni sedicenti marxisti, protestò che se quello era marxismo allora lui non era marxista" ("I marxisti e la rivoluzione venezuelana" in "la rivoluzione venezuelana" libro pubblicato a cura dei compagni di Falcemartello. Mi pare che leggendo il suo articolo, il contesto sia effettivamente diverso, ma non cambi il senso del discorso, anzi venga confermato.
Pubblicheremo comunque presto il suo articolo che mi pare ottimo. La invito anche a unirsi alla nostra redazione se ha idee anticapitaliste e la voglia di scrivere. Una presenza femminile a noi farebbe davvero comodo. Un saluto,

Lorenzo

Anonimo ha detto...

1) Marx non fu il fondatore di un bel niente, Marx con il suo amico Engels, analizzarono, studiarono e criticarono il sistema, infatti il pensiero di Marx come fa notare Fusaro, ma altri prima di lui, non è mai stato "coerentizzato" fino in fondo, leggendo i testi di Marx si trovano tante teorie che cambiano da un testo all'altro. Che poi Engels, lo abbia un minimo "coerantizzato" con Kausty al fine di poterlo utilizzare per un partito che avesse un programma sicuro questo è più che naturale e ci mancherebbe, quindi è giusto fare una distinzione tra il pensiero marxiano di studio e critica e il pensiero marxista "coerentizzato" per fini di partito! Che poi il pensiero di Lenin sia la continuazione di quello di Marx è un idiozia, basta leggere entrambi per rendersene conto, della modificazione sostanziale che ha fatto del pensiero marxiano ma dello stesso marxismo. Non è caso di essere sofisti per accorgersene, basta solo un po' di onestà intellettuale e conoscenza.
2) Marx come lei ha fatto ben notare prese le distanze da gruppi che cercarono di "modificare" il suo pensiero (forse non è l'espressione migliore per spiegare la cosa quella che ho appena usato!), quindi a rigor di logica (come penso abbia fatto Fusaro stesso), questa frase potrebbe essere estesa a molte parti del marxismo passato e recente.
3) Nulla da obbiettare condivido la cosa!
4) Molto ben spiegata. Secondo me Fusaro ha espresso quel concetto riferendosi al "comunismo novecentesco" (come lo definisce lui) e non all'idea originale. Proprio per questo ha voluto esaltare il concetto di libertà rispetto a quello di livellazione,come è stato ben visibile ad esempio nella Cambogia di Pol Pot
5) Chiunque abbia letto le opere di Marx si è reso conto che le elaborazioni teoriche e non critiche cambiano da testo a testo e se ne possono trovare innumerevoli. Questa apertura verso forme diverse è stata necessaria in quanto non voleva limitare gli apporti ad un linea rigida in quanto lui "non creava ricette per il futuro", e avendo dato una regola rigida ne avrebbe create. Proprio per questo il dogmatismo è sbagliato, la critica e fondamentale sempre per migliorarsi altrimenti si diventa come i cristiani chiusi in sette che danno per giusto un libro e l'unica verità!
8) Il ritorno a Marx è fondamentale, ma non per questo sono da amputare ed eliminare gli altri teorici come Lenin, Luxemburg, etc..., perchè anche loro hanno apportato elementi sempre utili e sempre nuovi per il marxismo, arricchendolo. D'altra parte bisogna saper riconoscere anche i limiti di diverse realtà storiche e teoriche, com'è giusto che sia, altrimenti restiamo come i cani che cercano di mordersi la coda non ottenendo nulla.
10) In parte la ritengo giusta, ricordiamoci però che la politica dovrebbe portare alla luce il bambino (l'economia) oramai pronto alla vita e non causare dei parti prematuri.
11) Affidare a Marx il ruolo nel secolo breve è abbastanza un idiozia, in quanto la sua teoria non si è affermata (vedi Lenin) e ci sono state un sacco di modificazioni del pensiero marxiano trasformandolo in diversi marxismi (possiamo definirli asiatici). Quindi se un marxista avesse un po' onestà intellettuale sarebbe capace di rilevare le differenze e le modificazioni tra il pensiero marxiano e il marxismo del '900 e di oggi, e questo è anche un bene in quanto il mondo si è evoluto e molte cose sono cambiate rispetto all'800 di Marx. Se non ci fosse una modificazione ed elaborazione nuova, noi saremo come un esercito con arco e freccie che combatte contro uno armato di fucili automatici!
Cordiali saluti Andrea

Olympe de Gouges ha detto...

ad Andrea ho risposto qui:

http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/07/marx-prima-di-tutto-un-rivoluzionario.html

cordiali saluti

Anonimo ha detto...

Appunto, riparti dal punto 8 (OTTO). Liberati da 100 anni di pregiudizi, liberati la mente da bandierine dogmi e quant'altro, riparti da Marx. Leggi magari qualche libro, magari quello scritto da Marx stesso, oltre che quello scritto da da Fusaro, visto che lo critichi senza averlo letto... . Studia, impara, sviluppa idee , ma vere idee rivoluzionarie contro l'unico nemico che è il capitalismo e il neoliberismo dei mercati e degli stati uniti. Ma che non siano le solite stantie e ammuffite idee anarchico radical chic post comuniste che hanno fatto tanto comodo a questo potere neoliberale che sta governando il mondo adesso. E' di gente come voi che il capitalismo affonda le sue radici. Invece di criticare Fusaro, o magari manifestare contro qualche trenino…… incominciate a criticare e a combattere contro quello che dovrebbe essere il nemico comune. Allora si che potrò chiamarti "compagno", altrimenti, per me, resterai solo un fascista stalinista.

Simone ha detto...

Il concetto di confutazione, per chi scrive il post mi sembra coincida con quello di negazione della tesi! Ebbene, per criticare un filosofo ci vuole a mio parere qualcosa di più!

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