Moni Ovadia legge Arrivederci bandiera rossa
Arrivederci, bandiera rossa –
dal Cremlino scivolata giù
non
come ti innalzasti,
agile,
lacera,
fiera,
sotto
il nostro esecrare
sul fumante reichstag,
sebbene
pure allora,
intorno all’asta, truffa si attuasse.
Arrivederci,
bandiera rossa…
eri metà sorella, metà nemica.
Eri
in trincea speranza
unanime d’Europa,
ma
tu di rosso schermo
recingevi il GULAG
E
sciagurati tanti
in tuta da carcerati.
Arrivederci,
bandiera rossa.
Riposa
tu,
distenditi.
E
noi ricorderemo quelli
che dalle tombe
più non si leveranno.
Gl’ingannati
hai condotto
al massacro,
alla strage.
Ricorderanno
anche te –
ingannata tu stessa.
Arrivederci,
bandiera rossa.
Non ci portasti bene.
Grondavi
sangue
e te
noi col sangue togliamo
Ecco
perché adesso
lacrime non ci sono da detergere,
così
brutalmente sferzasti,
con le nappe scarlatte, le pupille.
Arrivederci,
bandiera rossa…
il primo passo verso la libertà
lo
compimmo d’impulso
sulla nostra bandiera
e
su noi stessi,
nella lotta inaspriti.
Che
non si calpesti di nuovo
«l’occhialuto» Živago.
Arrivederci,
bandiera rossa…
Da
te disserra il pugno,
che
ti serra di nuovo,
ancora minacciando fratricidio,
quando
all’asta
si afferra la marmaglia
o
la gente affamata,
confusa dalla retorica.
Arrivederci,
bandiera rossa…
Tu fluttui nei sogni,
rimasta
una striscia
nel russo tricolore.
Nelle
mani dell’azzurrità
e del biancore
forse
il colore rosso
del sangue sarà liberato.
Arrivederci,
bandiera rossa…
Guarda, nostro tricolore,
che
i bari di bandiere
non barino con te!
Possibile
anche per te
Sia lo stesso giudizio:
pallottole
proprie e altrui
ne hanno la seta divorato?
Arrivederci,
bandiera rossa…
Sin dalla nostra infanzia
noi
giocavamo ai «rossi»
e i «bianchi» battevamo forte.
Noi,
nati nel paese
che più non c’è,
ma
in quella Atlantide
noi eravamo,
e noi amavamo.
Arrivederci,
bandiera rossa…
Ora, nel gran bazar d’Ismajlovo,
ti
smerciano per pochi dollari,
alla meglio.
Io
non ho preso il Palazzo d’inverno.
Non ho assaltato il reichstag.
Non
sono un «kommunjak».
Ma guardo la mia bandiera e
piango.
23
Giugno 1992, Irkutsk
EVGENNIJ
EVTUŠENKO
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