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sabato 16 novembre 2013

NICHI VENDOLA E LE COLONNE D'ERCOLE di Maurizio Zaffarano




NICHI VENDOLA E LE COLONNE D'ERCOLE
di Maurizio Zaffarano




Non è francamente l'aspetto penale (il Presidente della Regione Puglia è indagato per concussione in concorso con alcuni dirigenti dell'ILVA con l'accusa di aver fatto pressioni sui vertici dell'Arpa, l'agenzia regionale per l'Ambiente, al fine di «ammorbidire» la posizione dell'agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall'impianto siderurgico) quello più interessante della vicenda Vendola – ILVA. Anche se poi, lette a posteriori, certe scelte riformiste, governative, pragmatiche, tanto più quando appaiono irrazionali e fatalmente destinate al fallimento sul piano elettorale spesso rivelano cattive coscienze, scheletri da continuare a nascondere nell'armadio, interessi inconfessabili o comunque la volontà di portare subito all'incasso – in termini di posti di potere, di poltrone parlamentari, di visibilità mediatica, di tranches di finanziamento pubblico –  la popolarità e il gradimento provvisoriamente raggiunti.
L'aspetto fondamentale è invece politico. L'idea di una politica cioè che accetta di restare prigioniera nel recinto costruito dalle compatibilità europee, dai dogmi del mercato, dalle riverenze verso Istituzioni (a partire da Napolitano) che palesemente si pongono in contrasto con i dettami costituzionali, dal fatto che con certi poteri forti – di volta in volta le mafie, gli speculatori, il grande capitale, le imprese criminali e inquinanti, il Vaticano, i partiti pro-tempore più premiati dal consenso elettorale – bisogna pur convivere.
Ciò che si rimprovera politicamente a Vendola non è di non aver risolto il caso ILVA e il suo tragico e forse inestricabile intreccio che si trascina da decenni tra la salute delle persone, le esigenze strategiche dell'industria nazionale, il diritto al lavoro, la non economicità (che richiederebbe comunque investimenti talmenti elevati da costituire oggi solo un miraggio) della messa a norma della produzione ma di aver scelto di navigare a vista, spacciando per risolutivi interventi ambientali solo di facciata e perseverando in un complice servilismo nei confronti dei Riva, cedendo al loro ricatto così come aveva ceduto al ricatto del PD imbarcando nella propria giunta i ras locali Tedesco e Frisullo.
Invece di tentare di dare un'immagine decente alla casa nascondendo la polvere (cancerogena) sotto il tappeto, Vendola (Presidente della Regione Puglia dal 2005) avrebbe dovuto far esplodere il bubbone ben prima della magistratura, denunciando con trasparenza e onestà la propria impotenza, facendone una questione nazionale e costringendo il Governo a farsi carico della questione. E mettendo comunque al primo posto la salute dei cittadini come bene irrinunciabile.
La sinistra che ha perso il coraggio di violare le colonne d'Ercole erette dal capitalismo come limite invalicabile dell'azione politica, che accetta la subalternità al potere economico e finanziario, che non è più capace di essere radicale e rivoluzionaria nemmeno nel linguaggio è la sinistra che si è condannata alla marginalità e al fallimento.




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